Antonio Montanari

Carlo Malatesti antiumanista
1397, demolita la statua di Virgilio a Mantova

Nel quadro della questione umanistica e dei rapporti culturali tra Italia e Francia, c'è un episodio che si colloca sul finire della vicenda umana di Galeotto da Pietramala, e che lo riguarda da vicino perché coinvolge suo zio Carlo Malatesti.
Nel 1397 «magnificus dominus Carolus Malatesta», come scrive Coluccio Salutati al letterato bolognese Peregrino Zambeccario legato alla cerchia petrarchesca ed «uomo insigne nelle belle lettere» (G. Fantuzzi, «Notizie degli scrittori bolognesi», VIII, Bologna 1790, p. 231), fa demolire «de mantuano palatio venustum venerandumque nostri Maronis simulacrum».
La rimozione della statua di Virgilio è un gesto più politico e religioso che 'semplicemente' culturale. Con esso Carlo ha voluto soltanto segnalarsi al potere ecclesiastico. (Vedi Alle origini di Rimini moderna, 11.)
Carlo è capitano della lega antiviscontea. Se Coluccio Salutati ritiene quel fatto oltraggioso verso la poesia, Pier Paolo Vergerio, in una «Invettiva» (composta in Bologna e diretta a Lodovico degli Alidosi signore di Imola) lo considera indegno d’un principe che pretenda di amare gli studi e la storia.
Scrive F. M Colle, nobile bellunese, nel IV vol. della «Storia scientifico-letteraria dello Studio di Padova», Minerva, Padova 1825, p. 46, che Carlo Malatesti «inveì con barbara scortesia contro la statua del venerabile Poeta, facendola demolire e sommergere nel Mincio col pretesto, che le fosse reso dai Mantovani superstiziosi un culto gentilescamente profano».
Quando Carlo mira a cancellare un ricordo pagano, dimentica il significato che l'autore dell'«Eneide» aveva assunto attraverso l'autore della «Commedia».
Dai suoi canali d'informazione, Galeotto dovette apprendere quella notizia che lo poteva confermare nella scelta avignonese e nella prospettiva d'indagine sul presente e sul passato non come sequela di condanne od approvazioni, ma come esaltazione di una cultura rivolta ad avvicinare piuttosto che a dividere.
E purtroppo i fatti accaduti a Costanza con i roghi di Hus (1415) e Girolamo da Praga (1416), gli avrebbero dato torto, perché sempre la violenza del potere nega il dibattito, il confronto, anzi purtroppo la Storia non è altro che ipertrofia del potere che vuole eliminare ogni dissidenza non dico politica ma semplicemente culturale.
Il gesto di Carlo Malatesti a Mantova è uno di quei fatti politici che poi si dimenticano, non volendo segnalarne la gravità.
Aveva ragione G. P. Dossena, brillante ed eretico narratore, quando nel III vol. della sua «Storia confidenziale della letteratura italiana», 1990, p. 46, osservava che il gesto di Carlo Malatesti è «una scena di iconoclastia anti-"umanistica" che ci dà l'aria dei tempi e che ci prepara a quel che» succede nel 1405.
Nel 1405 un domenicano scrive contro l'umanesimo un trattato, la "Lucula noctis", e si chiama Giovanni Dominici. Tre anni dopo diventa cardinale (p. 55).
Al concilio di Costanza rappresenta come suo nunzio papa Gregorio XII, lo stesso che incarica di andare a Costanza Carlo Malatesti quale suo procuratore speciale «ad sacram unionem perficendam».

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Pagina 2022. Creata 10.04.2014