Antonio Montanari

Galeotto di Pietramala, cardinale "malatestiano"

Premessa e dedica ad Ezio Raimondi.

Queste pagine voglio dedicare, con la gratitudine di antico allievo, alla memoria di Ezio Raimondi (scomparso il 18 marzo 2014), consapevole dei miei limiti e del valore degli insegnamenti ricevuti in anni lontani nel tempo, ma sempre presenti in quella zona che va dalla psiche alla memoria per non dire della coscienza. La quale cerca onestamente di rammentare il valore delle esperienze culturali compiute con Maestri come Raimondi, Paolo Rossi, Gina Fasoli, Giovanni Maria Bertin, Luciano Anceschi, Enzo Melandri.
Era il Magistero bolognese di una grande stagione culturale, nella prima metà degli anni Sessanta, in cui il nostro desiderio di imparare trovava la risposta dialettica e dialogica in quei Maestri.
L'argomento di queste mie pagine riguarda l'ultima stagione del Trecento, la grande e drammatica stagione che avverte gli echi petrarcheschi, ed intravede le immagini di un umanesimo che, al contrario della politica e delle armi, intende unire l'Europa, recuperando l'eredità latina e rilanciandola come occasione di analisi storica e culturale.
In un antico saggio (1956), che resta fondamentale ancor oggi, «Quattrocento bolognese: università e umanesimo», Raimondi va alla ricerca di un'identità specifica dell'umanesimo universitario cittadino, chiedendosi se esso abbia avuto «una fisionomia problematica più o meno individuata», e se sia stato «indipendente dagli organismi della cultura tradizionale».
La risposta che Raimondi offre, va oltre l'aspetto che potremmo definire enciclopedico (come serie di nozioni nuove da diffondere tra studenti e/o studiosi), ma soprattutto s'incentra nella questione metodologica che l'autore compendia in modo aperto, problematico, ovvero non sentenzioso o dogmatico: «Queste pagine sono nate dal proposito di dare una risposta» alla domanda sulle caratteristiche dell'umanesimo universitario bolognese.
Raimondi conclude: «Qualora la prospettiva che è venuta emergendo corrisponda sul serio a una storia di uomini impegnati e quasi costretti a vivere nel loro tempo, è doveroso concludere che quell'umanesimo è esistito…».
Quindi, ecco la lezione di Raimondi, da tener presente quando si legge e soprattutto si scrive. La documentazione raccolta permette di dare risposte a domande mai poste in precedenza, ed obbliga a rimettere in discussione presunte verità pigramente ripetute.
Questo significa soprattutto che nessuno possiede la verità storica in tasca per grazia divina; e che le prospettive si costruiscono attraverso ipotesi di lavoro che non sono stravaganze da salotto, ma strumenti operativi che è facile tralasciare, o vilipendere, se si pretende di sentenziare soltanto in base a quello che si sa tra le proprie mura domestiche, con finestre ridicolmente chiuse sul divenire del mondo e della cultura.
(Cfr. E. Raimondi, I sentieri del lettore, I, Da Dante a Tasso, a cura di A. Battistini, Bologna 1994. Le citazioni sono riprese da p. 240.)

Una postilla.
In un volume di scritti di Ezio Raimondi (Tra le parole e le cose, ottobre 2014, pp. 218-219), dove sono raccolti i suoi interventi per la rivista bolognese «IBC. Informazioni commenti inchieste sui beni culturali», si legge questo passo (pubblicato nel 2010): «... la memoria non è un deposito di oggetti e di immagini ma un processo critico, una volontà di comprendere che sia giudizio, confronto, conoscenza, valutazione. Il passato rivive perché lo si interroga e lo si indaga, perché le sue tracce illuminate dalla ricerca della verità giovino a definire il presente e il suo farsi senso, evento, ragione di vita».
Aggiungo questa citazione per due motivi.
Essa non è strettamente legata al tema di queste pagine, ma rimanda per contrasto alla città in cui vivo, dove lo studio della Storia non è per nulla inteso come «confronto».
E poi perché mi conferma nell'opinione sopra espressa su quanti in questa stessa nostra città pretendono «di sentenziare soltanto in base a quello che si sa tra le proprie mura domestiche, con finestre ridicolmente chiuse sul divenire del mondo e della cultura».
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Antonio Montanari
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Pagina 2021, creata 08.04.2014. Agg.: 30.10.2014