Una lettrice in Gamba...lunga


Confidenze: un Tama ed una postilla
su «quella» biblioteca «vicina»
[il Ponte n. 44, 8.12.2002]

Tama 852. Confidenze
Dalla Virginia, scrivono giornali solitamente bene informati, un Grande Fratello americano sorveglierà il mondo raccogliendo tutti i dati della nostra vita quotidiana. Lo guiderà un personaggio non proprio cristallino, coinvolto tempo addietro in uno scandalo relativo ad armi vendute illegalmente in Iran. Questa è già una garanzia: il Grande Fratello sarà qualcosa di losco, come le premesse relative al suo direttore garantiscono. Anni fa ci assicurarono: dall'Inghilterra un Grande Orecchio spia il mondo, sa tutto di quanto viaggia sui fili del telefono e di Internet. Il dramma dell'11 settembre ha dimostrato la balla. Ci auguriamo che esso non si ripeta.
Per spiarci, bastano ed avanzano i delatori. Parola che lo storico Mimmo Franzinelli usò lo scorso anno come titolo di un volume dedicato a «Spie e confidenti anonimi: l'arma segreta del regime fascista». Chi ha la mia età, ricorda la famosa storia dei fascicoli del Sifar (servizi segreti, anni Sessanta) che ufficialmente furono bruciati: erano strumenti di ricatto politico, non di controllo su persone pericolose per l'ordine pubblico. C'è sempre qualcuno nella vita che vuole fregarti a suo vantaggio: Grande Fratello ma Piccolo Cervello.
Ricordi personali. Superiori pii e devoti di mio padre, che lavorava all'Azienda di soggiorno, progettando di sostituirlo con raccomandati di partito, fecero fare a suo carico tre indagini dalla Guardia di Finanza: quel Comandante lo rassicurò, non avevano trovato niente sul suo conto. Un altro mio congiunto, giornalista a Milano, impegnato nella «controinformazione» dopo la strage di Piazza Fontana (1969), fu anch'egli rassicurato dal Questore della sua città: «Non siamo mai riusciti ad incastrarla». Mio suocero (1973) fu denunciato dai Vigili Urbani di Rimini per evasione fiscale: figurava come proprietario di un box all'ortomercato nel quale invece lavorava come unico dipendente.
La scorsa estate, in una biblioteca vicina, dove gli antichi documenti si consultano sotto l'occhio di una telecamera, una mattina mi fu riservato improvvisamente il privilegio esclusivo di un controllo anche di persona, per ordine di una giovane addetta alla quale qualcuno si sarà divertito a dire qualcosa contro di me, indicandomi come tipo sospetto. Non mi piace guastare la vita al prossimo, perciò non mi sono lamentato con nessuno del suo comportamento. Lei, ancora prima di me, è stata vittima della stupidità di qualche Piccolo Cervello. [852]

POSTILLA
Il testo della mia nota settimanale termina qui, per ragioni di spazio. Non posso superare le 2.450 battute.
Voglio però aggiungere in questa sede, dove non ho limiti se non quelli imposti dalla correttezza e dalla discrezione, qualche riga per spiegarmi ulteriormente.
Ho ritenuto molto offensivo il comportamento attuato nei miei confronti in «quella» biblioteca «vicina», di cui non farò il nome.
Avevo preso il solito fascicolo di carte di un fondo settecentesco, per completare una mia ricerca che ho poi presentato a Cervia-Milano Marittima in ottobre, sui rapporti tra Rimini e Venezia nel 1700.
(Dico solito, perché è da più di una decina di anni che consulto quei documenti. Quindi in «quella» biblioteca non sono del tutto sconosciuto, e mai in essa hanno avuto di che lamentarsi della mia correttezza: come dimostra il fatto che ogni volta che ho trovato documenti non bollati con il timbro di ferro della stessa biblioteca, mi sono preoccupato di avvisare chi di dovere perché esso fosse apposto.)
Stavo avviandomi nella «sala riservata» dove c'è la sorveglianza con telecamera, quando l'addetta alla distribuzione (che mi aveva consegnato quel fascicolo di carte da esaminare), mi ha seguito sino al bancone dei donzelli da dove ha fatto spostare una signora che è venuta nella sala riservata, ponendosi nel tavolo di fronte al mio per fingere di guardarmi mentre ricopiavo brani di quei documenti confluiti poi nel mio testo che sarà pubblicato dalla «Società di Studi Ravennati».
Rendo pubblico l'episodio, oggi 29 novembre, perché se qualche scherzetto dovesse essere compiuto ai miei danni da qualche «Piccolo Cervello», si sappia che lo prevedevo, avendo uso di mondo e sapendo che ci sono sempre degli imbecilli dietro le porte.
La discrezione di cui dicevo sopra, mi obbliga a non precisare (neppure con una precisa indicazione cronologica) chi sia la responsabile della scorrettezza nei miei riguardi, anche se debbo ammettere che sarebbe forte in me la curiosità di venire a sapere da chi può essere stata consigliata a mettermi sotto osservazione.
Ma spesso queste curiosità sono inutili perché esse possono essere annullate da una semplice attività logica che cerchi nella concatenazione dei fatti anteriori, delle circostanze collaterali, e nelle conoscenze emerse in precedenza, il filo che possa portare a formulare ipotesi che hanno buona probabilità di essere corrispondenti al vero.
Per farla breve, non voglio qui parlare di tutto questo, se non accennando ad un episodio che ha qualche somiglianza con quanto sto narrando sulla vicenda della biblioteca «vicina».
Anni fa per un'associazione istituzionale dovevo comporre la biografia di un personaggio settecentesco sul quale ho scritto 'qualcosa', sempre di originale, non rimasticando il «già visto» e già letto. Ebbene, il lavoro mi fu scippato: della cosa non potevo lamentarmi perché non avevo ancora ricevuto se non un invito orale, non esistono quindi documenti ufficiali, oltre a qualche testimonianza di chi era stato informato che quel lavoro sarebbe stato affidato a me.
Mi sarebbe piaciuto apprendere soltanto quali ragioni lo scippatore ha addotto all'associazione di cui ho detto, per far spostare la scelta dalla mia persona: non credo che abbia fatto ricorso soltanto all'argomento gerarchico, lui docente universitario; conoscendolo bene, posso pensare che abbia inventato delle accuse specifiche circa la mia preparazione, ed i lavoro prodotti, soltanto per difendere il possesso l'argomento come suo feudo esclusivo, nel quale nessuno avrebbe dovuto azzardarsi di mettere piede.
Fatto sta che il suo lavoro riprende poche cose già pubblicate, con omissioni, errori e quant'altro di negativo si può trovare in chi usa l'arroganza per imporsi agli occhi altrui, e non la scienza per documentare la propria preparazione. E che non si è azzardato minimamente di citare nel suo scritto quanto su quell'argomento io avevo prodotto per molti anni in varie pubblicazioni.
Avendo il medesimo partecipato ad un convegno di quell'associazione, io fui l'unico a non essere invitato a presentare un mio contributo 'locale' , soltanto perché esso avrebbe potuto essere relativo al tema che mi era stato scippato.
Un organizzatore mi disse che c'era un eccesso nel mio disappunto. A lume di logica, la definizione di eccesso, non cancella l'esistenza del disappunto, ed anzi lo si accetta come espressione legittima.
Fatto sta che d'ora in avanti non metterò più piede in «quella» biblioteca perché a volte la perfidia umana, a cui quella giovane addetta sembra essere stata convinta da qualcuno, non si arresta nemmeno davanti all'evidenza dei fatti.
Per completezza d'informazione, in «quella» biblioteca altre persone capaci di infastidire il prossimo, per senso di gelosia e di rivalità, ci sono oltre a quella descritta. Ne cito una soltanto, specializzata nel venire ad origliare mentre si parla con qualcuno, per 'controllare il territorio'. Anche nell'ambiente di lavoro dal quale proviene lo conoscono per queste sue abitudini.
E come si legge nei titoli di coda dei film, ogni riferimento a fatti e persone reali è puramente casuale.
Antonio Montanari


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