* Classe VII - FOSFATI
Vanadati idrati, probabilmente, con altri anioni - cationi di media dimensione
"VESBINA" foto (78)
Molto si è detto circa questo minerale, ma fino adesso ancora non si è riusciti a dipanare le perplessità sulla vera attribuzione della specie. Il minerale fu scoperto e descritto per la prima volta da Arcangelo Scacchi (1879), che lo rinvenne sotto forma di incrostazioni giallastre sulle cosiddette "lave del 1631". L'Autore lo denominò vesbina dall'antico nome del Vesuvio (Vesbium); per la verità, Scacchi aveva pensato che il minerale fosse costituito da un nuovo elemento: il vesbio. Spetta a Zambonini (1910) il merito di avere accertato l'identità del vesbio con il vanadio. Un'analisi di questo materiale effettuato da De Luise (1914) aveva dato come risultato una miscela di descloizite e volbortite. Studi successivi di Zambonini e Carobbi (1926a) accertarono che la vesbina era un vanadato di piombo e rame, dove tracce di piombo e rame vengono sostituite dai metalli delle terre rare (La, Ce, Nd, Y, Er), mentre una parte del manganese e del cobalto erano da considerarsi vicarianti del rame. Secondo questa ipotesi il minerale doveva considerarsi come descloizite nella quale il rame sostituiva lo zinco. Successivamente c'è stato chi l'ha considerata una mottramite e chi una vesignieite. Più attendibile, comunque, è che possa trattarsi di una volborthite ricca in piombo: Cu3+2V2+5O7(OH)2*2H2O (Carobbi, 1971). Ulteriori ricerche andrebbero condotte al riguardo. La "vesbina" si presenta in patine amorfe di colore giallo o giallo-verde, quasi sempre frammiste ad hausmannite ed atacamite. Si rinviene, non frequentemente, sulle cosiddette "lave del 1631" di Villa Inglese e Camaldoli della Torre; a Terzigno, è stata trovata anche sulle lave del 1868. La genesi di questo minerale è simile a quella dell'hausmannite e dell'atacamite: per deposizione gassosa durante la fase terminale del raffreddamento del magma, essenzialmente lungo le fratture di contrazione delle lave.
[ Mineralogia Vesuviana ]