lettera v

Rodolfo Vitone

villaggio globale

valente

 

valente


Una pelle grumosa, viscida, traslucida, tendente al rosso, si organizza in svettanti forme fallocratiche o in morbide cavità, quasi a richiamare la funzione originaria di una possibile, ideale, germinazione capace di prolificare infiniti microcorpi. Sono questi, i “Virus”, strutture plastiche rivestite con gocce di silicone (mescolate al rosso carminio) che abitano l’ambiente espositivo della galleria attraverso un’ossessiva presenza occupante la superficie piana del pavimento.

Quasi una folla di giocose e coloratissime sagome in mastice (di diverse altezze), vibratili e gommose, tenere al tatto, ma, allo stesso tempo, portatrici di pericolose insidie: aghi da siringa, punte, lame sono conficcati in quest’arrendevole materia creando nell’osservatore la doppia sensazione di giocosa ilarità e di spinosa sofferenza.

Alla neonata galleria Art Progress, via Caffaro 20r, tel 01024616171, è possibile visitare la mostra “Virus” (fino a tutto luglio) realizzata da Vittorio Valente, artista che, insieme ai genovesi Francesco Arena e Antonella Spalluto, ha fatto parte dal ’90 al ’92 del gruppo “Arte come Evocazione” la cui caratteristica era quella di creare installazioni al di fuori di spazi canonici per l’arte.

La sua ricerca sul silicone, usato come derma artificiale che riveste strutture precostituite, è diventata linguaggio significante autonomo e personalissimo. Questa materia sintetica e duttile, all’apparenza inoffensiva, si fa metafora della condizione umana odierna, cioè di quelle trasmutazioni in atto create dalla biogenetica e dalle tecnologie computerizzate che pur nell’enfasi e nell’entusiasmo delle scoperte più avanzate non mancano di nascondere pericoli, dando così corpo ad allarmanti paure che da sempre accompagnano il difficile cammino dell’uomo. 



Miriam Cristaldi



Articolo in parte pubblicato su Repubblica-Lavoro dell’11 agosto 2001

villaggio globale

In questo "villaggio globale", termine coniato dal pensatore Mc Luhan che sta a indicare una nuova comunicazione planetaria realizzata attraverso l'uso delle tecnologie più avanzate, noi siamo quotidianamente bombardati da diluvi di immagini digitali, che se da un lato arricchiscono le nostre capacità di segnare e simbolizzare il mondo e ci permettono di conoscere in tempo reale tutto ciò che sta accadendo nell'universo, dall'altro generano comportamenti cognitivi di carattere superficiale in cui non è possibile trovare spazio per una riflessione personale. 

Infatti proprio questi mezzi performativi, causali di immagini elettroniche ininterrotte, impossibili da bloccare, pena la perdita dell'evento visivo in corso, risultano mancanti di pause che possano permettere al "navigatore" del villaggio planetario un'introiezione profonda di tale evento, come invece può avvenire nello spazio temporale della lettura di un libro.

Uno dei mezzi per aiutare a riflettere attraverso immagini che escano da questa logica di "cascata visiva ininterrotta" è quello dell'artisticità con cui alcuni operatori provano a fornire icone fortemente simboliche ed isolate nella loro contesto di unicità.

Nello spazio "Contaminazione" gestito da giovani artisti genovesi e curato da Clarco Giuria, in vico Colalanza 12r, tutti i giorni dalle 14,30 - 19,3O fino a metà marzo, Matteo Lo Monaco e Valeria Di Mito presentano il loro lavoro basato su immagini digitali e fotografiche.

Lo Monaco, nato nel '72, di professione fotografo pubblicitario, unisce la tecnica tradizionale della fotografia a quella digitale del computer: le foto scattate dall'artista, tutte a colori, vengono manipolate con tecniche di sfasamento, di sovrapposizione (con applicazioni di campiture cromatiche), di solarizzazione con risultati effettuali di immagini stranianti e decodificate dal mezzo.

Particolarmente felice è l'opera dal titolo "Marta Castagna", del '99 , in cui uno svelto e al contempo classico profilo di ragazza - dalle preziosità di un Pisanello- si staglia nitido su fondo nero e il cuoio capelluto , con abilissima tecnica computerizzata, appare rivestito da un verde casco di ricci di castagna, capaci di simulare un'ispida capigliatura riccioluta rifacentesi al nome.

Valeria Di Mito, nata nel '63, anche attrice teatrale, presenta opere fotografiche in bianco e nero: il colore viene mortificato per evidenziare il gesto e il segno che costruiscono l'intensità espressiva e formale dei volti stampati, di cui alcuni esempi abbiamo potuto vedere nella selezione dei giovani artisti italiani esposta in "Arti visive 2" a Palazzo Ducale lo scorso anno.

Significative appaiono quelle immagini dove Valeria agisce tra fotografia e pittura gestuale: laddove sulla carta sparge col pennello il liquido per impressionare l'immagine, risultano gestualità permissibili della formazione di frammenti fotografici che interagiscono con le tracce "pittoriche" corrispondenti. In questo senso il processo sperimentale diventa distintivo mezzo arricchente del linguaggio artistico.



Miriam Cristaldi

Rodolfo Vitone

Artista, performer, critico d’arte, giornalista, grafico pubblicitario, insegnante, interessato ai mezzi di comunicazione visiva e di massa, Rodolfo Vitone, genovese d’oc (Genova ’27, in mostra alla galleria Il Vicolo, salita Pollaioli 27r), fin dai primi anni ’60 ha elaborato un linguaggio concettuale fondato essenzialmente sulla forza e sull’uso delle lettere quali segni verbali che si contaminano con altri segni e materiali diversi mediante una fitta e invisibile rete di connessioni.

Infatti, attraverso un sincretismo segnico allora fortemente innovativo, l’artista ha saputo arricchire il materiale verbale con un’incredibile gamma di altri elementi linguistici.

Così assistiamo a un immaginario visivo dove la lettera (ingigantita, rimpicciolita, raddoppiata, rovesciata, ecc.) interagisce attivamente con materiali i più eterogenei come rose secche, fili spinati, carte veline, cuciture di lana, cuori, serrature, terra rossa, fiori finti, immagini pubblicitarie, elementi meccanici, impasti pittorici, frammenti scritturali, variopinti collage, timbrature, macchie…

Rodolfo Vitone, insieme a Ugo Carrega, Anna e Martino Oberto, è protagonista a Genova nei primi anni ’60 della “Poesia visiva”, allora movimento emergente in Italia e all’estero. Nel ’63 fonda la rivista di cultura contemporanea “Marcatrè” diretta da Eugenio Battisti (ne fa parte anche Germano Celant) e nel ’65 con Ugo Carrega pubblica “Tool, quaderni di scrittura simbiotica” mentre nel ’71 allestisce al “Pourquoi Pas” la sua “Proposta di incidente” quale evento sperimentale.

Il suo, è un universo originale, creativo e fantastico, dove una sottile ironia, unita a raffinatezze formali, sa decantare il quotidiano per fornire scarti mentali e impalpabili inquietudini. Reliquie del passato si fondono allora con un vivace presente mentre forme dell’universo banale si alternano a invenzioni.

Miriam Cristaldi



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