lettera q

"Quarto di Raggio"

Spazio per l'evocazione

Al Museattivo Claudio Costa

 

Quarto di Raggio

"Quarto di Raggio"



Al Museattivo Claudio Costa è stata inaugurata la mostra di Davide Raggio (fino al 18 novembre) intitolata "Quarto di Raggio", organizzata dall'Istituto per le Materie e Forme Inconsapevoli nell' ex ospedale psichiatrico di Genova-Quarto, in via G. Maggio 6.

Gli ultimi dipinti, selezionati per questa mostra, s'ispirano agli spazi dell'ex manicomio: qui Davide sembra aver trovato il suo "giardino delle delizie" : una sorta di border line tra le boscaglie e le aiuole che circondano le fatiscenti architetture ospedaliere, interpretate con smaglianti colori, sovente sottolineate da rapidi tocchi neri.

I grandi spazi sono il referente di un immaginario magico-narrativo, caratterizzato da poderosi palmizi simili a robuste colonne, da figurine di degenti che scompaiono tra l'intrico degli alberi, da pali-spauracchio ingarbugliati da cascami di fili elettrici e da occhieggianti padiglioni ottocenteschi, oggi in via di smantellamento, un tempo emblematiche "cattedrali della follia".

In questo senso i disegni e i dipinti di Raggio si fanno preziosa testimonianza, diario, segno, cifra di un universo ospedaliero in via di estinzione.

Nasce un codice essenziale non costituito da arabescate morbidità, ma da gesti aspri risolti in durezze rettilinee o in metallici ritmi arcuati. Questi si rincorrono incalzanti e vitalistici e tutto contribuisce a rendere l'idea di una natura madre-matrigna, al contempo gioiosa e terribile, quale ruvido grembo entro cui sciogliere emozioni e asperità.

Al contrario, le silhouette di automobili parcheggiate tra i viali, le sagome degli amici-degenti e i profili delle architetture sono spesso disegnati senza colore così da apparire fragili fantasmi tra le robuste selve della struttura pubblica.

Ma la peculiarità di Davide Mansueto Raggio sta nel cercare sempre nuovi linguaggi: l'ultimo esempio, già sperimentato nel '95, consiste nel recuperare scatole di cartone: esse vengono disfatte e ricostruite per fornire parvenze di personaggi-guerrieri in rilievo, con relativi denti ringhianti, ritagliati a maschera.

In tal modo si concreta l'universo magico di un uomo che sa cogliere, in tutto ciò che si offre alla visione, un aspetto antropomorfo capace di tradurre in spalancati occhi e sgranate bocche la meravigliata seduzione di un'inesauribile poesia del cuore.



Miriam Cristaldi

Al Museattivo Claudio Costa

Al Museattivo Claudio Costa è stata inaugurata la mostra "Segnalàti - Segnàlati - Segn'alati ", organizzata dall'Istituto Materie e Forme Inconsapevoli che si prolungherà fino al 3 febbraio nella sede dell'ex ospedale psichiatrico in Via G. Maggio 6.

Si tratta di un'ampia collettiva composta da artisti, che in qualche modo hanno avuto contatti con l'IMFI (Istituto Materie e Forme Inconsapevoli, presieduto da Gianfranco Vendemiati) e che hanno promosso in quest'ambito una qualsiasi forma creativa di comunicazione (non è esclusa qualche involontaria dimenticanza), e da alcuni degenti che da tempo si applicano nelle attività terapeutiche. 

Lo scopo di questa collettiva è in primo luogo quello di veicolare nell'ex manicomio, oggi in radicale via di trasformazione, il più ampio numero possibile di operatori artistici e di visitatori affinché si attivi sempre più quel fertile scambio esperienziale tra forze esterne e interne alle istituzioni; un secondo aspetto è quello di sollecitare un arricchimento interpersonale attraverso stimolanti attività creative non disgiunte da una rinnovata socialità.

Gli invitati a questa esposizione, circa una settantina, hanno ciascuno realizzato un'opera consistente nell'elaborazione di una antica, scaduta e mai utilizzata "scheda " che, prima della riforma Basaglia, serviva per "segnalare" i casi manicomiali. Da qui il gioco di parole del titolo, su cui gli autori , con impegno e con particolare delicatezza d'animo, hanno espresso il loro pensiero, le loro intenzioni, le proprie emozioni, le personali riflessioni.

Tra gli gli elaborati, tutti particolarmente convincenti, si evidenziano: un emblematico mattone spaccato (metafora dell'ex manicomio?) da cui sembra "scendere" uno sparuto manichino; un'aerea impronta di mano metaforizzante un'ala d'uccello; corpi femminili dipinti o incisi con veli avvolgenti che s'involano leggeri nelle volte architettoniche; la sagoma d'una "finestra" nell'atto d' incurvarsi alla pressione d'uno spazio dolente; il contorno di un' algida mano indicante lo spazio cosmico d'energia blu; la frattura d'una grafite turchese capace di simbolizzare il totale cambiamento di stato; una foto della scuola elementare mostrante la regressione nel tempo dell'incanto; semi naturali di cereali che circondano sofferenti volti femminili, espressi nelle diversità della "fame" fisica e psichica; la pittura di un paesaggio d'archeologia industriale che inscena lo sconquasso di un recente passato in estinzione; l'immagine di un giardino di fiaba rievocante gli spazi perduti di una infanzia felice...



Miriam Cristaldi



Museattivo Claudio Costa.

Spazio per l'evocazione



Evocare, da ex-vocare = "chiamare da...", significa ri-vivere, ri-chiamare in vita esperienze passate in contesti diversi, arricchite di potenzialità espressive nuove.

Questo ulteriore spazio dovrà essere "abitato" dalle opere di artisti contemporanei (circa tre per ciascuno) quali Jean Dubuffet, Vincent Van Gogh, Wassilli Kandinsky, Paul Klee e Antonio Ligabue affinché permettano di evocare, e quindi ri-chiamare in vita l'esperienza estetica degli artisti scomparsi in un rinnovato e creativo contesto di attualità.

La scelta di questi "grandi" è stata operata in base ai rapporti che tali personalità hanno allacciato con il disagio psichico, sia come esperienza del proprio vissuto che come materia di studio per la prassi processuale della loro ricerca, o col disegno infantile come espressione inconsapevole e incolta da cui trarre una possibile verginità d'immagine.

I lavori esposti possono essere percepiti anche come richiami culturali capaci di fornire arricchimenti per la comprensione del Museattivo Claudio Costa.

"... Miracolo dell'evanescenza impressa, assestarsi dell'ombra nel dominio della luce... eccesso di visione, moltiplicazione della luce... tocca il punto di dissoluzione mentre il mondo scompare..." così scrive Marco Goldin sulla pittura di Raimondo Sirotti che di recente ha inaugurato alla galleria Rotta con la mostra "La luce dello spirito". 

Proprio la luce è eletta protagonista assoluta del linguaggio poetico dell'artista: una luce che sprofonda negli abissi dell'oscurità, squarcia cieli tempestosi, insanguina acque stagnanti, illumina fronde fradice, rarefà atmosfere calcinate, liquefa pietre calcaree.

La sua pittura si condensa in vorticosi gesti che concorrono alla definizione di un' immagine quale frutto di un rapporto con la natura: un rapporto diretto, "en plein air ", testimoniato da veloci schizzi eseguiti sul posto per realizzare in un secondo tempo, nel raccoglimento dello studio, grandi quadri filtrati dal ricordo della memoria.

Sovente l'emozione del gesto pittorico supera l'evento emozionale scaturito dal diretto contatto con l'ambiente.

E allora si sprigionano forze ossimoriche: la bellezza apollinea dei grappoli di glicine, di magnolie in fiore, di sfavillanti cieli perlacei, si sposa con la visceralità dionisiaca di una natura tormentata dai venti, quasi imbevuta da spirito dissolutore.

In questo senso pacate campiture con preziose e raffinate tonalità interagiscono con effetti brillanti e pungenti di verdi cromie, rese con gestualità incisive e scomposte cosicché romantici esiti impressionistici si fondono con ruvide gestualità espressionistiche.

Sempre meno l'artista sembra preoccuparsi di riprodurre sulla tela la realtà del paesaggio mentre ora, seguendo in modo più cosciente la dinamica del pensiero, secondo urgenze di energie interiori, l'attenzione si concentra più sulla resa di profondità spaziali mediante connotazioni segniche di forte impatto visivo capaci di azionare svariati campi di linee direzionali. 

Ne è un esempio l'opera "Chiaro di luna: nubi marine" in cui è visibile anche il rovesciamento degli elementi: il cielo di qualità aerea è reso plumbeo e pesante come pietra mentre la liquidità marina è un vibratile gioco tra bagliori sussultori e oscurità eteree; lame di luce suggeriscono infinite profondità astrali mentre splendori lunari sfondano la materia e si fanno luce dell'anima.

La lezione dell'Informale Naturalistico degli anni '5O si sposa con quella dell' Espressionismo Astratto americano di quegli anni e Raimondo Sirotti ne fa tesoro anche se la pittura di questo artista genovese (nato a Bogliasco nel '34 , oggi direttore dell'accademia Ligustica di belle Arti) guarda a tutta la storia della pittura, compresa quella inglese di Turner e Constable.

E' Raimondo, un pittore capace di "... credere ancora che riempire i colori della tela sia l'unico atto che ci salverà... e sa dipingere una luce che non è più solo della Liguria, e forse, non lo è mai stata...".



Miriam Cristaldi


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