lettera p

Mori e Guido Pini

Guky Polleri

Carlo Pedivella

Sandro Pastorino

 

 

Presenze 2000

Sandro Pastorino

 

Margherita Levo è un'artista che preferisce creare spazi e itinerari visivi nuovi da attraversare per gestire condizioni percettive che alludano ad ambienti assoluti, piuttosto che programmare di riempirli con oggetti: tale processo mette in scena nuove rappresentazioni in cui la realtà assume differenti codici di lettura, uscendo dai campi dell'immanenza e della finitezza per entrare in quello del possibile, del virtuale e del simbolico.

Molti suoi lavori sembrano indagare il conflitto esistente nei rapporti tra interiorità ed esteriorità, tra materialità e trascendenza, tra sanità e malattia, tra vita e morte dove ciascun osservatore può intervenire con una personale soluzione.

In questa mostra intitolata "Traduzioni", realizzata con Sandro Pastorino al circolo culturale Leonardi V _ Idea (piazza Campetto 8, fino al 20 marzo), curata da Marisa Vescovo, entrambi gli artisti lavorano nel principio della riduzione oggettuale per favorire campi allargati di indagine in cui l'ambiente sfonda nella dimensione di algida epifania che svela e ri-vela spazi percettivi ridefiniti . In questo senso si scoprono suggerimenti per chi vuole partecipare alla rivelazione dell'opera.

Il lavoro di Margherita Levo intitolato "La stanza dei bottoni", risulta particolarmente significativo nella realizzazione di quel "particolare" in cui uno spazio illusorio viene "incorniciato" da lesene di stucco, capaci di aprire uno scorcio di spazio attraverso effetti ottico-percettivi: infatti il pavimento "virtuale" di tale sito è ricavato da uno specchio triangolare riflettente il pavimento "reale" della galleria.

Nell'alzato di questo ambiente un grande bottone (ricostruito con materiale radiografico), banale oggetto d'uso quotidiano, campeggia isolato sulla parete bianca, richiamandone altri sparsi nell'area circostante. Nasce così una fulgida metafora della "porta-bottone" -a forma di cerchio come simbolo della sfera celeste - quale soggetto/oggetto capace di schiudere o bloccare accessi che possono condurre all'"interiorità" dell'essere umano" per procedere, in un secondo momento, in un percorribile processo d' illuminazione.

Attraverso varie tecniche di distorsione, Sandro Pastorino interviene su forme primarie ed oggetti industriali contraddicendoli nella loro stessa costituzione per far sì che il frammento smentisca l'intero, la precarietà le certezze, allo stesso modo come il particolare si oppone all'universale.

Nel disordine del cosmo, l'artista cerca un ordine, ma la ragione è continuamente perforata dall'accidente della casualità così come l'immanente evoca il trascendente e il profano ciò che è sacro.

Nel grande lavoro a parete intitolato "Quadrato bianco", dagli evidenti richiami all'azzeramento formale compiuto da Malevic, Pastorino usa l'oggetto industriale dei bastoni da tenda, dipinti di bianco, posti parallelamente in orizzontale , entro cui si dispongono verticalmente altri bastoncini più piccoli , in modo da comporre visivamente la forma del quadrato. Nella purezza delle forme, nella geometria delle soluzioni , nei giochi ottici prodotti dall'intersezione delle ombre, si possono riscontrare chiari riferimenti a Malevich, a Mondrian e alle ricerche visive optical, ma queste ascendenze vanno a braccetto con il pensiero duchampiano in cui l'oggetto tolto dal contesto assume altre connotazioni: come nella rarefatta e selettiva operazione compiuta dall'artista genovese in questo spazio espositivo.


Carlo Pedivella

Nella splendida cornice dell'antica abbazia di San Nicolò del Boschetto sulle alture di Cornigliano, fondata nel 13oo dai Grimaldi e diventata in seguito cenobio per opera dei monaci Benedettini, si è inaugurata la mostra di pittura "Pensieri in libertà" (fino al 6 aprile, tutti i giorni dalle I3 alle 18,3O), organizzata dal centro cattolico d'arte LA SPIGA, composta da opere realizzate da giovani e meno giovani che hanno in comune una creatività risolta in termini figurativi.

Gli oli di Federica Fusco propongono un linguaggio consapevole e immediatamente comunicativo, capace di avvalersi di esperienze storiche morandiane o impressioniste, creando osmosi continue tra la concretezza strutturale della natura morta e lo spazio in cui essa vive. Il tempo dell'esistenza si accompagna in questo senso al tempo del vissuto: i registri freddi dei toni variano la frequenza delle proprie onde luminose in rapporto alle forme che si aprono nello spazio secondo arcuate e seducenti fattezze.

Raffaella Bisio si esprime con la tecnica della pirografia su legno per incarnare processi metamorfici condotti sulle trasformazioni della figura umana evolventesi in corpi di animali e di vegetali, processi propri di simbologie popolari e mitologiche suggerenti un metaforico abbraccio tra le infinite energie cosmiche della creazione.

Nicoletta Arcella nel passato recente indagava sulla figura umana partendo dallo studio sull'immagine fotografica riproposta in pittura: oggi l'attenzione si sposta nell'universo scientifico del microcosmo riflettendo sui rapporti cromatici e cromosomici del magmatico mondo biologico.

Tra gli artisti meno giovani si distinguono: Marcella De Ferrari per la singolare e delicatissima incisione su ardesia raffigurante fantastiche composizioni segniche capaci di accendere candidi paesaggi nel buio della materia; Dirce Bigazzi che tratta la ceramica creando un repertorio iconografico altamente simbolico dove la lucentezza degli smalti sottolineano gli stati dell'essere come la vita e la morte, la gioia e il dolore, l'infanzia e la vecchiaia, la guerra e la pace; Elsa Cebocli in grado di materializzare visionari paesaggi ad olio provocatoriamente giocati su registri cupi, richiamanti atmosfere incombenti nell'atto di risucchiare lo spazio esterno in dimensioni più propriamente intime; Giuliana Petrolini per la scelta linguistica dell'inchiostro a spruzzo con cui sa allacciare rapporti preferenziali con seducenti immagini femminili (in questo caso raffiguranti le stagioni rese nella tecnica della fotografia serigrafata) e con paesaggi liguri, liberati dal peso della gravità per dare luogo a sottili giochi di trasparenze e di leggerezza.

Altrettanto bravi gli artisti presenti: Vasco Luppi, Leonardo Caruso Rosalba Niccoli, Dario Re, Giorgio Malveni, Ivo Vassallo, Carla Costellano, Carlo Pedivella in arte Delisa, Giuseppina Mancuso e Gimmi.


Guky Polleri

Guky Polleri, vice presidente esecutivo della gloriosa Associazione Italoamericana (associazione culturale fondata nel '46 che organizza impegnativi dibattiti, conferenze, concerti, mostre e corsi di inglese), è riuscito con tenacia e sacrifici a riaprire la nuova sede in via Caffaro 2A, sostitutiva della precedente (in piazza Portello 2) chiusa l'estate scorsa.

Polleri inaugura la nuova sede con una sua mostra personale di pittura riproponendo i temi a lui cari del paesaggio, marino e campestre.

Si tratta di guaches realizzate con colori acrilici e strutturate secondo un taglio prospettico inconfondibile: quasi tutta la superficie del quadro è dipinta a cieli profondi mentre l'elemento acqueo o terrestre costituisce solo una minima parte in basso. Si attua quindi un'originale quanto personalissimo taglio visivo composto da forti densità nuvolose, (sovente chiarissime e luminose) o da profondi strati aerei cristallizzati in cromie azzurre (velate da sottili biancori), che si fanno protagonisti di scena.

Una scena che se per la maggior parte è connotata dalla solennità della volta celeste, nella parte restante è occupata a riprenderne le caratteristiche, nella qualità di un tempo che esce dalla quotidianità per acquisire le dimensioni illimitate del sogno.

Infatti le numerose barche a vela che solcano i mari - fusi simbioticamente coi cieli tanto da non distinguerne le specificità - riflettono le loro forme nelle ondulate e serpentine vibrazioni acquee : da qui si percepisce la diversa natura dei due elementi e lo sconfinamento dell'uno nell'altro per materializzare un unico grande universo del desiderio in cui la memoria storica di un'epoca (la nostra) ritrova la sfera delle emozioni e può vivere, felice, una dimensione naturalistica agognata.

Anche i paesaggi coi filari orizzontali di piccole case rivelano le caratteristiche dei riflessi acquei: la dimensione realistica sconfina allora nell'onirico e la centralità del soggetto si decostruisce nell'anonimato di un paesaggio simbolico.



Mori e Guido Pini

Sempre nell'ambito della rassegna "Dieci più dieci", espongono oggi alla galleria Ellequadro (vico Falamonica 5 r, fino al 30 luglio) Maria Mori e Guido Pini, entrambi pittori che sanno descrivere emozioni liriche mosse da una sensibilità che aspira ad una personale adesione alla natura.

La scelta iconografica di Maria Mori si rifà ad un lontano informale, specie nei dipinti precedenti, ricchi di sensazioni umorali e di brillantezze cromatiche secondo uno stretto rapporto fisico-percettivo con una natura naturans. Oggi l'artista ha azzerato la scala pittorica per materializzare spazi neri mediante colorazioni bituminose: si tratta di spazi siderali dove l'atmosfera è dissipata e le profondità della notte diventano carta carbone capace di registrare i turbinii delle stelle, le rotazioni delle galassie, le esplosioni di corpi celesti, le scie di brulicanti vie lattee, gli ellittici percorsi di meteoriti infuocate e le girandole di pianeti nei vortici dell' universo cosmico.

In questi universi, in bilico tra partecipazione emotiva e tecnica interpretativa, Maria Mori espone una problematica cognitiva attraverso cui la volta celeste si fa metafora del proprio universo interiore: le impronte calcinate bianche di mani e piedi confermano questa ricerca del senso e della propria identità, volta alla conoscenza dell'essere.

La pittura come ordine di verità sembra ispirare il lavoro di Guido Pani, un ricercatore di immagini virtuali, illusorie, ambigue, immaginifiche dove il falso sembra più reale del reale. In realtà l'artista attraverso una tecnica di simulazione pittorica riesce a realizzare immagini come se fossero particolari fotografici che mettono in evidenza la struttura della materia, sia essa di natura calcare come di consistenti liquidità.

Con pazienza infinita, Guido Pani dipinge frammenti di materia coi bordi dove il rilievo è dipinto ma alla percezione risulta in aggetto, tanto che le mani si protendono per coglierne la fisicità proprio perché la resa virtuale stimola i sensi della visione e della tattilità.

Tali effetti digitali di una pittura assolutamente piatta giungono all'invenzione di una sintassi linguistica dove l'identità della natura rappresentata , slegata dalla riproduzione realistica del dato reale, diventa ideale modello del vero immaginato e perciò espressione virtuale di un reale fantastico.

Qui, la maniacale e certosina tecnica di simulazione , a differenza del soft tecnologico, riesce a creare inganni visivi con l'esclusiva tecnica a mano rivelando il presente della natura come "luogo della pittura".



Hosted by www.Geocities.ws

1