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Roberto Martone

Giovanna Morgavi

Mauro Manfredi

EMANUELE MAGRI

Museattivo

Roberto Merani

PLINIO MESCIULAM

 


PLINIO MESCIULAM



" Vero antico e nuovo falso", quotidiano e trascendente, sfondamento e aggetto in superficie, citazione e attualità, astrazione e figurazione sono alcuni tra gli ossimori che abitano l'opera del grande <sperimentatore> Plinio Mesciulam, artista genovese (Genova 1926) attualmente in mostra al centro culturale Satura ( piazza Stella 5, fino al 18 ottobre).

Infinito deposito di eccellenti icone, l'opera di questo instancabile e appassionato artista continua a slittare nell'ipersignificante contemporaneità, scivolando morbida nel gioco infinito di spostamenti linguistici atti a codificare affabulate narrazioni oscillanti tra ricerche innovative e patrimoni plurieclettici... Mentre il disincanto e le paralogie forgiano l'idea di "una felicità del fare" con la ricchezza del ricamo pittorico, il senso di un destino al contempo gravido e giocoso si accompagna all'oscuro presentimento del senso di morte laddove la degradazione della carne si attua nel disfacimento della forma. Allo stesso tempo la sapienza progettuale riesce a circoscrivere l'orrore dell'afasia e il discorso euforico-catastrofico prosegue per i corollari domestici e metafisici dell'esperienza.

Numerose e significative tappe inchiodano l'avventuroso cammino dell'artista: dalla sua adesione al MAC ('48 - '52) alla fondazione del gruppo COND ('65); dalla "Macroscopia del segno precario" ('73) alla partecipazione della "Nuova scrittura" ('75), nascono in quell' anno le "Epifanie Ostensibili"; e ancora, la pubblicazione di "Mohammed" ('76) e la fondazione nell'anno successivo del "Centro di Comunicazione Ristretta", per giungere infine al sistema "Selframing Paintings" ('79), ove la pittura si dilata in complesse e scenografiche strutture architettoniche.

In seguito maturano le cifre espressive delle "Finestre", degli "Horrores", delle "Prigioni", delle "Lande Urbane", dei "Paesaggi di neve", degli "Emblegrammi", della "Ghost-Art" e, ultima, dell"Ombra".

Infatti, se "La storia è il nostro referente perduto", come dichiara il filosofo postmoderno Baudrillard, Mesciulam ne ricupera invece l'ombra. Attraverso di essa, l'artista riesce a rappresentare la seduzione di un'identità perduta, della sua aura e dell'elisir segreto d' una grazia sfuggente.

I misteriosi vincoli amorosi di "Album di famiglia" (composto da 13 tavole costrutte del "Progetto Arnolfini" commentate dall' ottimo testo filosofico di Giorgio Gargani) si proiettano sulla superficie dissestata e complessa del reale mentre squame di pittura invadono fibrillazioni di campi energetici, quasi a voler fissare la precarietà dell'esistenza nel piombo della storia.

Un'apologia dell'<eterna giovinezza>...

Miriam Cristaldi

Roberto Merani

"Percorsi paralleli e in crociati. Undici artisti del Premio d'Arte Duchessa di Galliera" è il titolo della mostra inaugurata presso il museo di Villa Croce , che presenta le opere di giovani, sotto i 35 anni, col vincitore Roberto Merani e gli artisti selezionati Alessandro Bruno, Patrizia Buldrini, Lino Di Vinci, Loredana Galante, Marcello Mogni, Federico Palerma, Stefano Sommariva, Renza Tarantino, Luca Tardito, Alberto Valgimigli. 

La giuria è composta da Marzia Gallo Cataldi, Guido Giubbini, Franco Sborgi, Raimondo Sirotti, Sandra Solimano, e quest'ultima ne è anche la curatrice. Corredano il bel catalogo a colori testi scritti di Matteo Bianchi, Marco Goldin, Laura Safred, Angela Tecce.

Questa manifestazione, lodevole per le proposte di giovani, nasce all'insegna della polemica, tant'è che alcuni artisti selezionati hanno dato forfait e si sono auto esclusi dal Premio, in segno di protesta riguardo la conduzione della mostra.

Infatti, Franco Arena, Antonella Spalluto, Sabrina Boidi e Stefano Patrone, tutti selezionati, hanno poi rinunciato alla loro presenza e sono stati sostituiti da altri quattro.

Se Patrone sintetizza in catalogo la sua opinione quando spiega: "La decisione è stata presa dopo aver valutato e confrontato il mio lavoro con quello pittorico degli artisti partecipanti...", Arena adduce motivazioni diverse riguardo a divergenti punti di vista nei confronti dell'organizzazione.

Emerge il desiderio che le mostre organizzate dai rappresentanti di Villa Croce, della facoltà universitaria di Arte contemporanea, dell'Accademia Ligustica e dell'assessorato alle Politiche giovanili siano propositive con artisti a rotazione evitando le presenze fisse.

Nella mostra attualmente allestita a palazzo Ducale "Arti Visive 2" ( concorso nazionale che ha selezionato giovani under 35), non troviamo nessuna presenza del Premio Duchessa di Galliera, se non l'auto escluso Franco Arena.

Nei "Percorsi paralleli e incrociati" di Villa Croce, si evidenzia la bravura pittorica e installativa di Renza Tarantino (appartiene al gruppo ME.TA.ME) : grandi formati e strisce di pittura incastonate da sbarre metalliche esprimono una forte energia cosmica che rende l'universo molecolare proiezione di sentimenti ed emozioni intime, ribollenti di indomita grinta.

Se la quasi totalità delle opere abbraccia l'ambito della pittura non priva di qualità, a volte arricchita da collage, interventi fotografici, graffitismi ecc., come in qualche modo l'opera di Merani - dignitosa e vicina ad esperienze pittoriche giacomettiane e a certa pittura lombarda di Ossola - alla più giovane Loredana Galante (28 anni) spetta la scelta di un cammino diverso, ancora acerbo ma promettente, seguendo la lezione di Duchamp. L'oggetto è il luogo dell'evento e l'abitare uno spazio altro può conferire nuove identità: scarti di frammenti industriali sono catalogati in "vetrine" in funzione di altre categorie visive percepite dall'osservatore. Piccole gabbie argentee vuote, se si esclude la presenza di micro-oggetti, sembrano proporsi come misteriose casse armoniche, diffondenti musiche arcane...

Miriam Cristaldi


Museattivo

Spazio per l'evocazione



Evocare, da ex-vocare = "chiamare da...", significa ri-vivere, ri-chiamare in vita esperienze passate in contesti diversi, arricchite di potenzialità espressive nuove.

Questo ulteriore spazio dovrà essere "abitato" dalle opere di artisti contemporanei (circa tre per ciascuno) quali Jean Dubuffet, Vincent Van Gogh, Wassilli Kandinsky, Paul Klee e Antonio Ligabue affinché permettano di evocare, e quindi ri-chiamare in vita l'esperienza estetica degli artisti scomparsi in un rinnovato e creativo contesto di attualità.

La scelta di questi "grandi" è stata operata in base ai rapporti che tali personalità hanno allacciato con il disagio psichico, sia come esperienza del proprio vissuto che come materia di studio per la prassi processuale della loro ricerca, o col disegno infantile come espressione inconsapevole e incolta da cui trarre una possibile verginità d'immagine.

I lavori esposti possono essere percepiti anche come richiami culturali capaci di fornire arricchimenti per la comprensione del Museattivo Claudio Costa.

"... Miracolo dell'evanescenza impressa, assestarsi dell'ombra nel dominio della luce... eccesso di visione, moltiplicazione della luce... tocca il punto di dissoluzione mentre il mondo scompare..." così scrive Marco Goldin sulla pittura di Raimondo Sirotti che di recente ha inaugurato alla galleria Rotta con la mostra "La luce dello spirito". 

Proprio la luce è eletta protagonista assoluta del linguaggio poetico dell'artista: una luce che sprofonda negli abissi dell'oscurità, squarcia cieli tempestosi, insanguina acque stagnanti, illumina fronde fradice, rarefà atmosfere calcinate, liquefa pietre calcaree.

La sua pittura si condensa in vorticosi gesti che concorrono alla definizione di un' immagine quale frutto di un rapporto con la natura: un rapporto diretto, "en plein air ", testimoniato da veloci schizzi eseguiti sul posto per realizzare in un secondo tempo, nel raccoglimento dello studio, grandi quadri filtrati dal ricordo della memoria.

Sovente l'emozione del gesto pittorico supera l'evento emozionale scaturito dal diretto contatto con l'ambiente.

E allora si sprigionano forze ossimoriche: la bellezza apollinea dei grappoli di glicine, di magnolie in fiore, di sfavillanti cieli perlacei, si sposa con la visceralità dionisiaca di una natura tormentata dai venti, quasi imbevuta da spirito dissolutore.

In questo senso pacate campiture con preziose e raffinate tonalità interagiscono con effetti brillanti e pungenti di verdi cromie, rese con gestualità incisive e scomposte cosicché romantici esiti impressionistici si fondono con ruvide gestualità espressionistiche.

Sempre meno l'artista sembra preoccuparsi di riprodurre sulla tela la realtà del paesaggio mentre ora, seguendo in modo più cosciente la dinamica del pensiero, secondo urgenze di energie interiori, l'attenzione si concentra più sulla resa di profondità spaziali mediante connotazioni segniche di forte impatto visivo capaci di azionare svariati campi di linee direzionali. 

Ne è un esempio l'opera "Chiaro di luna: nubi marine" in cui è visibile anche il rovesciamento degli elementi: il cielo di qualità aerea è reso plumbeo e pesante come pietra mentre la liquidità marina è un vibratile gioco tra bagliori sussultori e oscurità eteree; lame di luce suggeriscono infinite profondità astrali mentre splendori lunari sfondano la materia e si fanno luce dell'anima.

La lezione dell'Informale Naturalistico degli anni '5O si sposa con quella dell' Espressionismo Astratto americano di quegli anni e Raimondo Sirotti ne fa tesoro anche se la pittura di questo artista genovese (nato a Bogliasco nel '34 , oggi direttore dell'accademia Ligustica di belle Arti) guarda a tutta la storia della pittura, compresa quella inglese di Turner e Constable.

E' Raimondo, un pittore capace di "... credere ancora che riempire i colori della tela sia l'unico atto che ci salverà... e sa dipingere una luce che non è più solo della Liguria, e forse, non lo è mai stata...".



Miriam Cristaldi


EMANUELE MAGRI

Oggi, nell'attuale scena dell'arte priva di stili e tendenze specifiche, la creatività non trova un terreno fecondo forse perché vengono a mancare le spinte innovatrici capaci di mettere criticamente in discussione la cultura dominante (sono cadute le poetiche e le ideologie) dato che assistiamo ormai all'esaurimento dell'ultimo pensiero postmoderno e non s' individua ancora un nuovo pensiero politico-culturale se non quello strisciante della performatività che è appannaggio della tecnologica.

Forse il vero potere difficile da affrontare oggi è quello del sapere performativo che ci omologa tutti in un unico villaggio globale.

Da qui l'attuale mancanza di contestazioni costruttive e, in arte, di pensiero innovativo mentre assistiamo al fenomeno di una diminuzione della socialità in favore di una esasperata individualità.

Riccardo Ferrari , con la mostra "Contemporanea-mente" supportata da catalogo in cui descrive una periferia dell'arte che tra l'altro "... va avanti con i crismi di una marginalità in cui la ricerca sembra aver imboccato la via di un'astinenza creativa...", presenta 8 giovani artisti non accomunati da un tema specifico ma liberi ciascuno di proporre il proprio lavoro allargando il canonico contesto della galleria (in questo caso Rosa Leonardi V-Idea, piazza Campetto 8) per muoversi contemporaneamente anche in altri spazi attigui come quello delle Politiche Giovanili a palazzo Ducale, del Centro Iniziativa di Sottoripa e quello eterogeneo della strada.

Questi giovani di varie regioni italiane tentano in qualche modo di interagire tra loro con rinnovato spirito di socializzazione mediante interferenze operative coinvolgendo anche gente anonima del tessuto urbano e procedendo alla desimbolizzazione dell'oggetto in virtù della creazione di nuovi statuti.

EMANUELE MAGRI gioca sul doppio significato delle parole e sulla tautologia realizzando performance in cui modelli viventi ripropongono stilemi di sapore Fluxus , di carattere concettuale. LORENZO BIGGI dispone la "quadratura del cerchio" attraverso pannelli in movimento concentrico per simbolizzare una difficoltosa ricerca condotta sullo spazio e sulla sua funzione. CARLO BUZZI occupa pareti murarie dedicate alle affissioni pubblicitarie con fotografie personali di grande formato su cui lascia intervenire gli occasionali passanti quale segno significante del proprio lavoro. PIERLUIGI FRESIA blocca il dinamismo futurista di un aeroplano da guerra raggelandolo in una gigantografia "perfettamente" combaciante col piano del tavolo chiedendosi: "Che argomenti può avere la perfezione"? LUCA SCARABELLI spoglia il significato dell' oggetto per sviarne le funzioni nell'ambito "infruttuoso" del non senso. DARIO MOLINARI con una complessa messa in scena antepone e pospone l'andamento logico di un evento rovesciandone i parametri spazio-temporali. MAURIZIO BOLOGNINI e ANGELO CANDIANO intendono mettere l'accento sull'abbrutimento dell'arte in un sistema di relazioni dissipate attraverso il brevetto "Oltrearte" capace di marchiare il lavoro di ciascun artista presente.

Miriam Cristaldi


Mauro Manfredi

Con la mostra "Progetto di strumento musicale" realizzata allo Spaziodellavolta negli anni '90, si è creato un gruppo di artisti che in seguito hanno lavorato sul tema musicale come atto evocativo di strumenti e suoni immaginari, slegato da funzioni specifiche dello strumento stesso per risolversi più propriamente nell'ambito dell'arte visiva. Oggi, nello stesso spazio, con "L'idea del suono" (piazza Cattaneo (26/3, fino a metà giugno) sono esposte opere che si riferiscono a concetti musicali attraverso immagini in assoluta libertà.

I violini di Fernando Andolcetti, materializzati con carta di spartito musicale, pare esprimano una delicatissima armonia generata da impercettibile fruscìo di pagine aperte, armonia sempre presente nel lavoro di questo autore.

I poetici oggetti-strumento di Sergio Borrini nel momento in cui richiamano il suono lo rifiutano: se le corde smollate sono impossibilitate a suonare la fantasia compositiva del lavoro riesce ad esprimersi come intima , interiore musicalità dell'anima.

Cosimo Cimino produce un cortocircuito tra immagine e suo significato: quando il martello vuole produrre suono pressando del materiale, questo ironicamente non può "suonare" perché composto da silenziosi elementi cartacei.

Anche gli strumenti di Piergiorgio Colombara idealizzano il concetto di suono che nell'opera viene negato: le trombe sono coinvolte in arabeschi simmetrici e perdono la loro funzionalità diventando eleganti oggetti "senza ombra di uno squillo".

I tronchi di cono capovolti di Mauro Ghiglione evocanti strumenti a fiato traducono la musicalità intrinseca nella virtualità di forme primarie come il cerchio e la croce, capaci di suscitare arcaiche simbologie cosmiche.

Vittoria Gualco, con aeree e trasparenti forme in plexiglas, vetro e cristallo riesce a suggerire il concetto di una melodia dello spirito dove la materia si trasforma in algida luce.

Con Mauro Manfredi tubi in plastica trasparente, a guisa di sonde, sembrano indagare nell'interiorità dell'essere facendo risuonare le "parole" racchiuse in essi.

Nadia Nava attraverso disegni iperrealisti descrive immagini di spartito sfogliate da mani di persona nell'atto di leggere: una misteriosa armonia sembra sciogliersi dalle pagine e invadere lo spazio.

Fori di chitarra dipinti a spruzzo da Riri Negri evocano questo strumento nel rigore del bianco e del nero: pittoricismo ricco di vibrazioni e fasci di luce astrali.

Berty Skuber attraverso navette in legno di telai a mano riesce a codificare nuovi oggetti-strumento capaci di effondere magici suoni attraverso la presenza di efficienti corde musicali.

Miriam Cristaldi



Giovanna Morgavi

In occasione della cena di beneficenza , inaugurata il 24 ottobre nell'ex ospedale psichiatrico di Genova-Quarto ( via Giovanni Maggio 6 ), a favore dell'"Istituto Materie e Forme Inconsapevoli" ( forma di volontariato nato nel 1988 attualmente guidato da Gianfranco Vendemiati) affinché possa proseguire le sue attività di sensibilizzazione e supporto al disagio psico-fisico , si è contemporaneamente allestita un'importante rassegna nella "sala-mostre" dell'Istituto stesso, sita nel palazzo del Presidio socio-sanitario dell'ospedale .

Con questa esposizione s' inaugura l'anno I997-'98, arco di tempo in cui si alterneranno mostre di artisti professionisti con opere provenienti dagli ateliers di arte-terapia .

L'intento di tali mostre non risiede tanto nello scopo di stabilire i gradi di artisticità delle opere , quanto nel favorire l'uso dei mezzi dell'artisticità per consentire una "cultura del dialogo" attraverso l'approfondimento di un vicendevole scambio esperienziale , creativo , razionale ed emotivo tra persone sane e persone portatrici di disagi psico-fisici.

In questo senso è da intendere la dinamica espositiva dei lavori , provenienti dall'atelier arte-terapeutico dell' ospedale di Ge-Quarto (diretto da Margherita Levo Rosenberg), insieme alle opere pittoriche delle artiste e arte-terapeute volontarie, Giovanna Morgavi e Serena Olivari.

Gli elaborati dell' atelier , sotto il titolo "Guardare dentro di sé", spaziano tra la figurazione esemplificata della natura con paesaggi sciolti nelle linee compositive e autoritratti spesso essenzializzati in forme geometriche fornite di dettagli, così da suggerire attitudini segrete dell'autore ; ma si accompagnano anche vaste campiture cromatiche tese a immaginare spazi infiniti dove piccoli interventi segnici sembrano coordinare un mondo interiorizzato.

"Tra il corpo e la mente" è il tema cui ruotano attorno i dipinti di Giovanna Morgavi : una pittura figurativa con accenti neo-espressionistici, vicina a certe deformità beconiane, che rappresenta corpi acefali, sanguinolenti - resi nei toni vividi dei rossi in contrasto coi neri e con le terre- quale possibile metafora delle difficoltà della persona a cogliere la totalità , scissa tra gli istinti emotivi, la dimensione razionale e l'anelito alla trascendenza.

Col titolo "Ai piedi della montagna" si snoda sulle tele di Serena Olivari un racconto pittorico composto da linee purissime, concentrate in segni minimi, alternate a trasparenti campi cromatici atti a strutturare scenari mitopoietici e personalissime fantasie, sviluppatesi a livello sapienzale fin dai primissimi esordi dell'artista.



Miriam Cristaldi

Roberto Martone

Con la mostra "Delle magie e dei miti - presenze nell'arte contemporanea in Liguria", inaugurata a Palazzo Ducale, si realizza la seconda biennale "De fabula" a cura di Franco Ragazzi (fino al 15 maggio) - organizzata dall'associazione culturale omonima - nata da un progetto avviato nel '96 con il volume di ricerche etnografiche ed una mostra d'arte allestita nella Commenda di Pré, .

Una cinquantina di opere , tra dipinti, sculture e installazioni, testimonia il lavoro di dieci artisti liguri che nel corso del loro cammino si sono imbattuti in temi mitologici e magico-favolistici 

Il lavoro di Claudio Costa - artista scomparso a cui la mostra dedica un omaggio - nasce da premesse duchampiane ma se ne discosta per collocarsi in una dimensione antropologica rivolta ai riti e ai miti dell'uomo primitivo o verso una visione alchemica del mondo che si è sviluppata verso la fine degli anni '7O per concludersi nell''86 . 

Erano quelli , gli anni in cui imperava la "Transavanguardia" con il brusco ritorno alla pittura che azzerava le precedenti esperienze. 

Costa trovò il significato di una pittura nella descrizione di iconografie alchemiche che esaltavano il mistero e la magia, procedendo inoltre verso la ricerca dell'interiorità dell'Essere. E' esemplare l'opera "Il museo dell'alchimia" esposta in questa mostra: in un grande mobile-vetrina sono esposti oggetti dipinti che esaltano la trasformazione del colore e della materia propria del concetto alchemico assumendo l'aspetto di inquietanti presenze attuate nella scioltezza dell'invenzione compositiva.

Di Piergiorgio Colombara campeggia una raffinata installazione in metallo e vetro che evoca l'immagine della nave, già ricorrente in altri lavori quale simbolico veicolo di comunicazione. Giovanni Job ha condotto ricerche sulle storie di paura qui presenti con l'opera "La nascita di una fé" dove un allarmante corpo femminile scolpito giace nell'acqua reale.

Walter di Giusto, sempre interessato a citazioni di rocce con mimesi antropomorfe, presenta un'originale visione speculare in cui si sposano mito e tecnologia. Anna Ramenghi propone il mito di Orfeo e Euridice nella teatralità di un appassionato romanticismo dove la freschezza delle carni trasmuta nell'appassire dei fiorif. Roberto Martone cita la storia, narra il mito e visualizza il presente con una pittura, ora ricca di tonalità accese, ora trasparente nelle cromìe sfocate, capace di dichiararne il senso intrinseco. Aurelio Caminati descrive "Leda e il cigno" citando la pittura di Leonardo che egli sa adattare alla modernità con grande spirito inventivo caratterizzato da una sapiente tecnica pittorica.

Ugo Sanguineti dipinge un mondo grottesco al limite della caricatura dove la bruttezza della forma viene riscattata da preziosi cromatismi. La mostra si conclude con opere di Marcella De Ferrari - raffinatissime immagini incise su ardesia - e con Rosalba Niccoli - fantasiose iconografie su vetro - entrambi fondatrici dell'associazione De Fabula.




 

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