Takako Saito

 

“I miei lavori sono quasi tutti giochi. Sono oggetti, disegni, libri con i quali si può giocare, partecipare e talvolta anche modificare l’opera. Ciò che mi interessa particolarmente è coinvolgere altre persone e interagire completando così il mio lavoro…” spiega l’orientale Takako Saito, artista  Fluxus. E’ un movimento, questo, internazionale nato nei primi anni ’60  - fondato da Maciunas -  e caratterizzato da massima libertà espressiva, multimedialità e interdisciplinarietà  allo scopo di rompere con la tradizione per aprire un nuovo capitolo dove l’arte fa equazione con la vita.

In pratica, un’arte totale che si occupa di piccoli accadimenti del quotidiano, fluida, invasiva come l’acqua per penetrare nelle pieghe del mondo e liberare la creatività di ciascun individuo. Con la mostra “Takako mercato” l’artista ha voluto creare una specie di mercatino di piccole cose costruite con le sue mani attraverso paziente manualità, quasi maniacale, di spirito Zen.

Sono presenti, tra l’altro, micro-dadi in carta bianca, note musicali ottenute con coralli e conchiglie, un gioco di dama composto di  piccolissimi zoccoli in legno, bicchierini trasparenti con all’interno luccicanti lettere dell’alfabeto, semi, pietrine …

“Mi interessa anche molto l’idea dello scambio, come nei giochi infantili: io ti do questo foglietto, tu che mi dai?” aggiunge Takako. Particolarmente efficace, a carattere interattivo, la performance da lei realizzata il giorno dell’inaugurazione, giovedì scorso, nella piazzetta antistante la galleria “Unimediamodern, (Palazzo Squarciafico, via Limonda 3), diretta da Caterina Gualco e Anna Ragnoli.

Una performance che è consistita in un delicato e lento disfacimento del vestito indossato da Takako Saito, composto da fasce di tessuto che si staccavano attraverso il tiraggio di fili attivato dal pubblico a cui, questi (i fili), erano stati fissati in precedenza con una spilla da baglia.

L’allontanarsi dell’artista ha quindi permesso il disfarsi delle provvisorie cuciture della veste attivata  dall’azione interattiva del pubblico a lei collegato attraverso l’oggetto minimo del filo.

Azioni minime, dunque, ma coinvolgimenti complessi.

Sabato 14 ottobre, alle ore 16,30, nel giardino del Museo di Villa Croce,  Takako Saito realizzerà una performance dal titolo “Game Fashion Show” con il coinvolgimento di molte persone. In pratica, si tratta di una “sfilata di moda”  con vestiti da lei cuciti che favoriscono gioco, scambio e interazioni. La performance promossa dal Museo, si avvale della collaborazione dell’Istituto di Storia dell’Arte Contemporanea dell’Università di Genova e del supporto di Amici del Museo di Villa Croce.

 

                                                           Miriam Cristaldi

 

traverso

 

Per tutto il tempo delle manifestazioni della resistenza (fino ai primi di maggio) a Palazzo Ducale (piano terra) e poi, probabilmente nella sede storica della Resistenza (sopra la biblioteca Berio), sono in visione le opere pittoriche di Giacomo Traverso, artista genovese che è sfuggito per vero miracolo all’eccidio della Benedicta, del 1942.

Un monastero, la Benedica, vicino a Voltaggio, nell’entroterra ligure dove un centinaio di giovanissimi, partigiani e non (ragazzi sui 14, 15 anni), completamente disarmati, sono stati uccisi dai tedeschi. Tra questi, si è salvato (tra i pochissimi che si contano sulle dita di una mano) Giacomo Traverso, allora quattordicenne, che ben ricorda la terribile strage e che col tempo ha tentato di rimuovere.

Ma oggi, dopo numerosi decenni, cosciente di voler testimoniare il sacrificio di questi ragazzi, ha dedicato un’intera mostra sui particolari di quel lontano e truce avvenimento dando un volto, un segno, un gesto a chi è scomparso. Il dramma, lo strazio, non sono particolarmente esibiti ma interiorizzati attraverso una dimensione gestuale fortemente aspra, quasi violenta, a volte galoppante nel suo evolversi, a volte interrotta come per prendere fiato e caricarsi di nuova energia capace di incidere ulteriori immagini. Il tutto velato da un pulviscolo azzurrino, il colore dell’inconscio dove i fantasmi prendono corpo. “Una mostra - spiega l’artista - che avevo nel cuore da tempo e che mi è stato difficile realizzare soprattutto per il dolore e la sofferenza che il risveglio di certi ricordi mi hanno procurato”.

 

                                   Miriam Cristaldi

Trevisani

 

 

“La scultura mi permette di disegnare una realtà ipotetica in cui assodare la mia analisi dove è basilare la forma autonoma che assume la materia, dando sostanza alle immagini del pensiero” spiega il ventiseienne Luca Trevisani, in mostra con “Clinamen” alla galleria Pinksummer (Palazzo Ducale, piano terra, fino a settembre), che nel suo complesso cammino di ricerca non fa mistero di attingere all’estetica dell’artista romano Francesco Lo Savio, meteora isolata degli anni ’60 e fondatore di un privilegiato rapporto tra spazio e luce. Partendo da studi sulla rifrazione, intensità e variazione della luce, egli intendeva l'oggetto artistico come “un dispositivo mediante il quale interagire con i fenomeni luminosi, modificandoli ed evidenziandone le coordinate spaziali”.
Approfondimenti e analisi in tal senso confermano le intuizioni espressivo-formali di Luca Trevisani, incuriosito inoltre dalle teorie filosofiche di Epicuro secondo cui “gli atomi si raccolgono e si disperdono senza alcuna legge precisa” e da cui “tutti gli eventi del mondo accadono liberamente, non vi è alcuna necessità o predeterminazione in essi ma ogni cosa accade casualmente”.

Nasce così il lavoro del giovane artista, senza ancoraggi emotivi e senza certezze in cui tutto è fluido e fluttuante e che qui, nell’esposizione genovese, si articola tra varietà di oggetti e video.

Il video è stato girato in uno skatepark facendo scivolare una manciata di piccole sfere di ghiaccio sul pendio artificiale di pattinaggio registrandone le immagini e i suoni: “una sfera di ghiaccio è un Filtro, è una porzione di spazio che si condensa e analizza la luce che lo attraversa… “ ha occasione di sottolineare Trevisani. Tra alcuni delicati calchi in resina (di opere di Lo Savio) citiamo quello della “Maison au soleil” (plasmata in resina scivolosa) che, ad uno sguardo frettoloso può apparire come un candido skatepark in miniatura, appunto una parete in pendio sdruccevole ove non si fissa l’attenzione ma tutto scivola come lo è la superficie dell’Essere e come sfuggenti sono anche i contorni della coppia di sfere che tentano di misurare il moto della luna attorno alla terra; anche in questo caso un passaggio da luce ad ombra, un movimento di sfere generato da energia secondo un ritmo ondulatorio senza fine…

 

                       

 

                                  

Per Repubblica:

 

“Sono portato a pensare e quindi a concepire i miei lavori come una serie di livelli e di strati sovrapposti il cui legame è frutto di ragionamenti arbitrari e contradditori, ma che sono capaci di condurre verso strumenti visivi efficaci.” spiega il ventiseienne Luca Trevisani in esposizione da “Pinksummer” (Palazzo Ducale , piano terra, fino a settembre) con “Clinamen”, una mostra composta da una serie di oggetti e da un video.

Un’operazione complessa, questa, che per certi versi si rifà a quella meteora romana degli anni ’60 che è stato Francesco Lo Savio, artista che ha lavorato unicamente sul rapporto spazio-luce e che intendeva l’oggetto artistico come “… un dispositivo mediante il quale interagire con i fenomeni luminosi modificandoli ed evidenziandone le coordinate spaziali”. Teorizzazioni utilizzate come conferma e supporto per la ricerca del giovane Trevisani orientato verso la concezione “della vita della materia e dell’esistenza come un flusso ininterrotto fatto di pulsioni di diverse intensità”, senza ancoraggi emotivi e senza certezze in cui tutto è fluido, precario e fluttuante.

Per questo motivo l’artista chiede aiuto anche al pensiero di Epicuro, filosofo secondo cui “gli atomi si raccolgono e si disperdono senza alcuna legge precisa” e da cui “tutti gli eventi del mondo accadono liberamente, non vi è alcuna necessità o predeterminazione in essi ma ogni cosa accade casualmente”. In mostra alcuni calchi in resina che riproducono certe forme di Lo Savio come “Maison au soleil” (plasmata in resina traslucida) che, ad uno sguardo veloce può apparire come un micro-skatepark: una bianca e sdruccevole parete in pendio ove tutto è scivoloso come lo è la superficie dell’Essere e come sfuggenti sono anche i contorni della coppia di sfere, a terra lì vicino, che tentano di misurare il moto della luna attorno alla terra. Anche in questo caso un passaggio da luce ad ombra con un movimento di sfere generato da energia secondo ritmi ondulatori casuali ed ininterrotti.                       

 

Miriam Cristaldi

 

 

 

 

                                  

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