Ceal Floyer

“Il lavoro di Ceal Floyer trasmette la medesima sensazione di freschezza che si ottiene bevendo il succo d'ananas, una sensazione di fare bene (dicono sia disintossicante): le sue opere oltre ad essere compiute e perfette come sillogismo, producono in chi guarda una riflessione che può essere assimilata a una sorta di ginnastica passiva per il cervello” scrivono nella presentazione della mostra della giovane artista di fama internazionale (già stata invitata a biennali veneziane)le due titolari di “Pinksummer” (Antonella Berruti e Francesca Pennone), la vivace galleria che quest'anno si è trasferita a Palazzo Ducale nel cortile maggiore (fino a marzo).

L'avvicinamento alle opere di CealFloyer non è facile perché ogni trascendenza si dispiega in

ricchezza simbolica della materia-oggetto, quasi come coda di pavone dove il reale si dispiega a ventaglio nella pluralità del senso. Per questa mostra , l'artista ha scelto una dimensione tutta risolta nell'orizzontalità: una grande rete da trapezisti si stende sull'intera superficie della galleria ad quasi del soffitto, appena sotto le vele della volta. Dunque qui è spostato il senso della sua funzione naturale protettiva per acquisirne uno più sottilmente interiore. Quasi una fragile pelle che avvolge, proteggendolo, l'intero spazio dell'arte, lasciato assolutamente vuoto pere ogni mistica riflessione. Al contempo la rete può proporsi come oggetto plastico (nello spazio) di assoluta autoreferenzialità. Una tautologia linguistica: come a dire una rete è una rete. Così recita infatti il titolo dell'opera “Sofety net” (rete di di sicurezza).

Così come il lavoro intitolato “End”, in un'altra sala, dove una serie di e commerciali (&) , raddoppiate e poste in sequenza orizzontale andando a configurare alla percezione visiva una sorta di elegante greca, di carattere astratto-decorativo.

“...che non si dica poi che l'arte, ogni forma d'arte, sia astratta ed elucubrativa perché l'astratto, se non proprio l'assurdo, dimorano altrove, spesso in quella che definiamo a sproposito normalità”.

                                   Miriam Cristaldi

Galleria EllequadroFlorescu

 

Nuova, scicchissima sede per la galleria Ellequadro, spostatasi quest’anno nell’ampio spazio di Palazzo Ducale (porticato, fino al 10 novembre), in cui sono esposte per “Start” (operazione che apre la stagione artistica genovese) opere di Ileana Florescu, originaria della Romania.

Un’artista cosmopolita, questa, che - dopo un’infanzia trascorsa tra Marocco, Francia, Inghilterra e Svizzera - giunge a Firenze per laurearsi in lettere e filosofia. Saggista e assistente del pittore romano Giuseppe Gallo, approda qui nel campo dell’arte attraverso il linguaggio fotografico, dovuto anche all’incontro determinante con il fotografo Arturo Patten.

Scrive del suo lavoro fotografico il critico cinese Peishuo Yong : “Sipari della natura con l’acqua come sfondo celeste, come pennello, come filtro… cascate che paiono far affiorare pietre leggiadre…”. In effetti Ileana con semplici scatti unici riesce a comporre luminose immagini acquee in cui la materia sembra perdere peso, dematerializzarsi, per scivolare eterea, come scia di luce, in liquidità bluastre.

Appaiono allora come possibili “villaggi subacquei”, fragili stratificazioni decomposte in  vibranti oscillazioni sottomarine. Prendono corpo striature pittoriche mobilissime (“Sogno lavico”) colte sul punto di sciogliersi per comporre nuove, mobili e trasparenti densità capaci di tramare un tessuto in cui il reale si fonde con il sogno e l’invisibile può farsi visibile.

 

                                                                       Miriam Cristaldi

 

Ti ho recensito questa bella mostra perché Takako Saito della galleria Unimediamodern la recensisce Fochessati. Cari saluti e a presto, ciao.

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