STORIA DEGLI INDIANI D'AMERICA
di Philippe Jacquin Introduzione - Ed. Mondadori
Tra il 1960 e il 1965, gli Stati Uniti conoscono, come
tutti i paesi capitalisti avanzati, una crisi sociale senza precedenti,
segnata da lotte di minoranze che rimettono in discussione i valori della
società americana. Queste lotte hanno origine dall’attenzione rivolta
ai conflitti del Terzo Mondo in cui gli Stati Uniti intervengono, sia
finanziariamente sia militarmente, come in Corea e nel Vietnam, e rendono
coscienti i gruppi minoritari americani della loro stessa oppressione.
La gente di colore analizza l’oppressione culturale ed economica cui è
sottoposta e rivela l’esistenza " dell’altra America ", quella della povertà
e della miseria psicologica.
Questa America, che è la negazione del mito d’un paese prospero in cui
tutti hanno uguali possibilità, spinge numerosi intellettuali e studenti
a interrogarsi sul ruolo da essi svolto nella società dei consumi. Gli
studenti protestano contro le manipolazioni intellettuali e psicologiche
di cui sono oggetto nell’ambito dell’Università.
L’assassinio del presidente Kennedy, la violenza repressiva durante le
rivolte razziali e studentesche, infliggono un severo colpo all’idealismo
dei giovani studenti di Berkeley e Stanford. Alcuni si tuffano nell’attivismo
rivoluzionario, altri ritornano alla terra e, ispirandosi alle dottrine
orientali, danno origine al movimento " hippy ".
Gli hippy insorgono contro la repressione della sensibilità e dell’amore,
sono pacifisti e antimilitaristi e riaffermano la validità dei sentimenti
dell’individuo. L’indiano spesso serve loro da modello, e del tribalismo
e dell’amore verso la natura ne fanno una vera filosofia. Contemporaneamente,
molti americani si rendono conto che il loro paese dagli immensi spazi
e dalle ricchezze naturali inesauribili comincia a mancare delle risorse
naturali atte a mantenere la crescita della società industriale.
Anch’essi allora rivolgono la loro attenzione verso i primi abitanti del
Nuovo Mondo, che per millenni hanno vissuto in armonia con la natura.
E’ in tale contesto di lotte e rimessa in causa dei valori d’una società,
di questo ritorno alla natura, che si può capire il titolo apparso nel
1967 sul settimanale Life: " Ritornano gli indiani! ".
La popolarità dell’indiano si traduce in un considerevole numero di opere
e di film. Numerosi settimanali pubblicano le foto ingiallite di Curtis
e fotografie del XIX secolo. L’editoria americana inonda il mercato d’opere
il cui eroe non è più il cowboy o il pioniere, bensì l’indiano che difende
la propria terra. La maggior parte di questi libri si ispirano a precedenti
pubblicazioni, tra il 1929 e il 1930, di antropologi quali A. Lesser,
M. Mead, Darcy Mac Nickle, Mac Gregor, Goldschmidt e J.G. Jorgensen. Alcune
di queste opere diventano dei best seller e vengono tradotte in Europa,
come Seppellite il mio cuore a Wounded Knee, di Dee Brown.
Tra il 1969-1970, anche il cinema americano dà un suo attestato di attualità
alla questione indiana. Gli americani, segnati dalla guerra del Vietnam
e dalle rivelazioni di massacri come quelli di My-lai, guardano con occhio
diverso " la conquista del West ".
Il cinema ha tuttavia contribuito dagli inizi del XX secolo a forgiare
questa leggenda del West in cui regna l’indiano " crudele e selvaggio
". Il mito del West e delle guerre indiane era già stato immortalato da
pittori quali F. Remington o E. Paxons. Quest’ultimo con il suo famoso
Custer’s last stand, eseguito nel 1899, l’ultima battaglia di Custer a
Little Big Horn, monumentale dipinto del combattimento che fa entrare
Custer nella storia. Inoltre numerosi film " racconteranno " quest’ultima
battaglia di Custer; bisognerà aspettare il film di Arthur Penn, Piccolo
Grande Uomo, per far cadere l’eroe dal suo piedistallo, e lo stesso dicasi
per le famose " giubbe blu ".
Con film come Un Uomo Chiamato Cavallo, Willie Boy, Soldato Blu o Jeremiah
Johnson, l’americano medio scopre un volto dell’indiano più vicino alla
realtà di quello propinatogli da decine e decine di western confezionati
per mezzo secolo. Come per il Vietnam, le guerre contro gli indiani assumono
la forma del genocidio; i valori di cui gli " eroi " del West sono l’incarnazione
ne escono fortemente intaccati.
Da qualche anno antropologi e storici s’interessano alla storia dei popoli
cosiddetti primitivi. L’etno-storia si sforza, utilizzando l’ecologia,
la demografia e l’antropologia, di " svelare la storia dei popoli senza
storia " e il loro rapporto con il mondo del bianco. Per molto tempo la
storia dei popoli sottomessi alla dominazione bianca è stata scritta dal
punto di vista del bianco, con tutte le deformazioni che tale visione
comporta.
Si insisteva " sull’avventura " dell’esplorazione e della conquista, dimenticando
di menzionare che per gli indiani tutto ciò fu un genocidio senza precedenti;
si ignorava la società indiana, " selvaggia e incolta ", per analizzare
la società coloniale, poi la società americana. Lo studio della civilizzazione
indiana verteva sugli aspetti più spettacolari, i monumenti e la vita
dei re.
Nelle civilizzazioni precolombiane, si trascurava lo studio dei miti,
delle religioni, delle abitudini di vita della grande maggioranza dei
popoli indiani. ( … ) Durante questi secoli di lotta, gran parte delle
tribù conoscono dapprima un periodo iniziale di contatto con gli invasori,
nel corso del quale la resistenza indiana alle leggi dei bianchi induce
questi ultimi a usare la forza. In seguito, individui sradicati dalla
loro società tradizionale sono costretti ad acquisire le tecniche e le
abitudini sociali del bianco.
Ne adottano la religione, vanno alla scuola del missionario, assimilano
valori e caratteristiche della cultura bianca. Infine, compare un nuovo
tipo di resistenza: l’indiano ritrova la sua identità, supera le divisioni
tribali e riprende la lotta per la sua liberazione, come accade appunto
nel XX secolo. Queste differenti tappe talvolta si accavallano nella storia
del mondo indiano, ma si possono ritrovare in tutti i popoli.
Con il XIX e il XX secolo compare anche un nuovo fenomeno: gli americani
impongono l’ordine urbano alla società indiana, con tutte le conseguenze
sociali e psicologiche che l’urbanizzazione comporta.
Tratto da " Storia degli Indiani d’America " di Philippe
Jacquin Introduzione - Ed. Mondadori