il Rimino Sottovoce 2018

Tiberio, del suo Ponte si parla sempre

Il 2 aprile 2018 su "http://www.riminiduepuntozero.it" è apparso un articolo di Giovanni Rimondini, intitolato "Tre gravi errori alla base dei progetti al ponte di Tiberio".

Nel 1990 lo stesso autore sul "Carlino" di Rimini denunciava una costosa "riminizzazione" del manufatto romano, come ebbi modo di scrivere sul settimanale "il Ponte" del 2007, dove ricordavo che Rimondini amava definirsi un intellettuale "euforico" cioè ottimista. Aggiungevo che lo faceva "perché nelle singole situazioni cerca di vedere sempre e soprattutto gli aspetti positivi. Però, parlando di Rimini e della nostra storia recente, egli sottolinea più i dati negativi che gli altri di segno opposto. Colpa sua, o dei fatti, i quali alla fine gli danno ragione? La città è quella che è, l'abbiamo sotto gli occhi con tutti i misfatti urbanistici che non concedono attenuanti".
Riproduco qui sotto integralmente la pagina del 2007.

Giovanni Rimondini è un nome ben noto ai nostri lettori, perché la sua firma è già apparsa sulle colonne del "Ponte". Di lui, inoltre, abbiamo avuto occasione di parlare a proposito dei lavori di "sistemazione" del ponte di Tiberio. Nella "Settimana" del 18 febbraio 1990, abbiamo citato un servizio polemico, scritto da Rimondini per il "Carlino", dove si denunciava una costosa "riminizzazione" del manufatto romano, che alla fine lascerà nei bilanci un 'segno' "di molti miliardi".
Rimondini si definisce un intellettuale "euforico" cioè ottimista, e non "depressivo", perché nelle singole situazioni cerca di vedere sempre e soprattutto gli aspetti positivi. Però, parlando di Rimini e della nostra storia recente, egli sottolinea più i dati negativi che gli altri di segno opposto.
Colpa sua, o dei fatti, i quali alla fine gli danno ragione? La città è quella che è, l'abbiamo sotto gli occhi con tutti i misfatti urbanistici che non concedono attenuanti.
Rimondini accusa soprattutto giornalisti e politici, che non conoscendo la storia, scrivono o parlano a vanvera. Senza questa base di cultura storica, non si opera nel presente, non si capiscono i problemi dell'attualità, egli sostiene. E dobbiamo dargli ragione, perché ignorare le radici della storia, significa non comprendere come il presente si è generato. Rimondini ha ragione anche per un altro fatto. Spesso le cronache sulla vita della città, sono condotte alla garibaldina, come si suol dire, senza un minimo di documentazione. Al proposito, il Nostro cita giustamente il caso delle alghe, non una novità di oggi, ma un evento già accaduto nel passato. (Del problema storico delle mucillagini, il "Ponte" ha parlato, sempre nella "Settimana", il 1º aprile 1990, e… non tragga in inganno la data: ricordavamo in una pagina monografica sull'argomento, che "nel 1744, lo scienziato e naturalista riminese Giovanni Bianchi scriveva del fenomeno a Lodovico Antonio Muratori parlando di un "rio delle sporchezze"").
Rimondini ha presentato se stesso e le sue idee, cioè la metodologia che segue nelle indagini di vario tipo che ha condotto o sta svolgendo su Rimini, agli incontri "Lettura della città", dove era in programma il suo documentario di cento diapositive su Rimini dal 268 a.C. al 1968.
Il testo del documentario è stato poi pubblicato dal Museo Civico in un quaderno (anch'esso intitolato "Lettura della città"), pregevole anche per la parte documentaria allegata e le indicazioni bibliografiche rivolte ad un approfondimento del tema.
Rimondini, che vive da molti anni a Rimini, dove insegna storia della filosofia in un liceo statale, conosce alla perfezione tutti i risvolti segreti delle vicende cittadine. Quindi, le sue parole nascono sempre da una documentazione attenta, alla quale egli aggiunge un acuto spirito critico che percorre inquieto vari itinerari, dai testi classici dell'antichità, alla psicoanalisi ed alle più svariate ricerche storiche dei nostri giorni.
Un' altra fresca fatica di Rimondini è il catalogo ragionato per la Mostra storica sui 150 anni della Cassa di Risparmio (svoltasi all'Arengo fino all'8 dicembre con il titolo "A pubblico e proprio decoro"), in cui è descritto un esempio di quei misfatti urbanistici citati. E' la sistemazione di piazza Ferrari nel 1905, con la demolizione di tre presunti "tuguri": il convento delle Celibate (ex casa di Isotta degli Atti e principale residenza civile malatestiana), il convento Cuor di Gesù e la chiesa di san Tommaso. Nel 1911, questa distruzione venne giustificata da Cesare Fagnani: "Le cose vecchie sono una gran bella cosa… ma lo spazio, l'aria e la luce sono anche meglio".

È invece del 1995 questo mio "Tama" (n. 565, Ponte n. 43, 3 dicembre) dedicato al Ponte di Tiberio.

Mi sfarfalla da tempo un ritaglio di «Chiamami città» intitolato «Parla Chicchi». Ricordate? «Silenzio. Parla Agnesi». Obbediamo, la parola al Sindaco: «Il ponte di Tiberio. Entro la legislatura si faranno due cose: sistemazione definitiva dell'invaso e realizzazione del passante stradale attraverso il parco, che permetterà di pedonalizzare il ponte».Il primo progetto di sistemazione dell'invaso risale a circa 30 anni fa. Doveva venir realizzata una piscina olimpica. Se ne è fatta una valle paludosa da affidare al WWF. Allorché quel primo progetto venne esposto in piazza Cavour, sotto un ‘pallone gonfiato’ che fungeva da stand, a chi avesse proposto di pedonalizzare il ponte di Tiberio, invadendo con un «passante stradale» il parco Marecchia, chissà quali contumelie sarebbero giunte. Non esagero. Porto una documentazione legata a questa rubrica, e che è a disposizione nel volumetto «Quanto basta», voluto nel 1992 dall'allora direttore del «Ponte» Piergiorgio Terenzi. Cito da pag. 32. Quando nel Borgo San Giuliano viene introdotto il senso unico sul ponte di Tiberio, per protesta i borghigiani vogliono assediare Palazzo Garampi: «Si respira meglio, ma la gente è tanto assuefatta all'ossido di carbonio ed al piombo della benzina, che non assorbendone nel sangue la vecchia dose, va in crisi d'astinenza». Dalla sezione del pci di San Giuliano, «continuano a brontolare anche contro il necessario, nuovo semaforo alle poste di via Matteotti, in un incrocio da kamikaze. Abituati agli scarichi delle auto, sono anche assetati di sangue?». Nella stessa pagina, citando una polemica tra pci e dc in cui venni coinvolto, mi chiedevo perché l'anello mediano tra vecchia e nuova circonvallazione fosse rimasto incompiuto: «Volontà pubblica od interessi privati?». Quell'anello avrebbe risolto molti dei problemi che oggi dobbiamo ancora affrontare con il «passante stradale» sul parco.Arriviamo all'oggi. Il 19 novembre «Mattina», sorellina locale dell'«Unità» nazionale, ha pubblicato un sondaggio sull'eventuale pedonalizzazione del ponte di Tiberio dividendo curiosamente le risposte (effetto del maggioritario) tra elettori «di centrodestra» e «di centrosinistra». Le differenze tra i due schieramenti non sono abissali come lo sarebbero state dieci anni fa. «Mattina» conclude: «…se sulle pietre ripulite del fondo torneranno a cadere le gocce d'olio dei motori Rimini sarà più povera». Dieci anni fa «l'Unità» non avrebbe osato tanto. Dietro il cambiamento, ci sono la svolta della Bolognina, il pianto di Occhetto, la nascita del pds? Oppure anche i blocchi ideologici del 1986 sono stati ripuliti dal buon senso?


Nel marzo 2017 ho raccolto una serie di miei articoli dedicati al caso dell'anfiteatro romano di Rimini.



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