Sigismondo Pandolfo Malatesti 1417-2017.



Sigismondo difeso nel 1718
dal sacerdote Garuffi


Il concittadino Giuseppe Malatesta Garuffi (sacerdote e direttore della Biblioteca Gambalunghiana dal 1678 al 1694) nel 1718 contesta il padre francescano Lucas Wadding (1588-1657), professore di Teologia e censore dell'Inquisizione romana, accusandolo di aver scritto nel 1628 calunnie contro il Tempio. Wadding sostiene che Sigismondo dedica il Tempio a san Francesco, ma lo riempie di immagini con miti pagani e simboli profani, aggiungendovi un mausoleo per la sua amante con un epitaffio pagano: "Dedicato alla divina Isotta".
Pio II aveva accusato Sigismondo d'aver ripudiato la prima moglie, avvelenata la seconda, strangolata la terza. Garuffi difende Sigismondo: la prima moglie era la figlia del Carmagnola, egli rifiutò di sposarla dopo la condanna a morte del futuro suocero (1432). Per Ginevra d'Este, la seconda (ma in realtà la prima ad essere impalmata), il sospetto di una morte per veleno fu diffuso dai parenti del Carmagnola. Circa Polissena Sforza, Garuffi spiega che se anche l'avesse fatto, Sigismondo avrebbe agito "per giusta ragione di Stato" avendo lei rivelato al padre, in lettere intercettate dal marito, "alcuni militari segreti del consorte". Infine Garuffi scrive che Isotta era stata sposata da Sigismondo, quindi non era sua amante.
Garuffi passa alla difesa del Tempio, con la descrizione delle singole cappelle, riservando la conclusione al problema della scritta sulla tomba d'Isotta: "D. Isottae Ariminensi B. M. sacrum. MCCCCL". Quel "D." sta ad indicare "Dominae" e non "Divae" come aveva interpretato Wadding. Ma se anche fosse come proponeva lo storico francescano, spiega Garuffi, non ci sarebbe nulla di male, perché chiamare "diva" Isotta significava soltanto usare un titolo degno per la moglie di un principe, senza alcun "sentore di gentilesimo", cioè di paganesimo. (Sul "B. M." gli studiosi si sono sbizzarriti: beata o buona memoria, oppure benemerita.)
Fortunatamente Wadding non sapeva quanto scoperto nel 1912 da Corrado Ricci. La discussa iscrizione per Isotta era stata sovrapposta ad un'anteriore, ancora più compromettente: "Isotae ariminensi forma et virtute Italiae decori. MCCCCXLVI". Era di un'audacia scandalosa quel "decoro d'Italia" riservato ad una giovinetta come Isotta che aveva circa tredici anni nel 1446, quando fu sedotta da Sigismondo mentr'era ancor viva la moglie Polissena.
Isotta nello stesso anno concepì da Sigismondo un figlio, Giovanni, che morì in fasce il 22 maggio 1447.

Antonio Montanari

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