Post segnalati Blog Stampa, 2007

Post segnalati Blog Stampa, 2006-2010

Un'esperienza indimenticabile

02/07/2007
Paolo e Francesca
Quella di Paolo e Francesca non è una storia d’amore, ma un delitto politico. L’ho sostenuto l’anno scorso in una conferenza malatestiana, il cui testo intero è leggibile qui.
Ne riproduco il passo centrale.
Giovanni e Francesca sono stati promessi nel 1275. L’accordo (XX, p. 45) comprende anche un altro futuro matrimonio: tra Bernardino fratello di Francesca, e Maddalena Malatesti, sorella minore di Giovanni e Paolo. Secondo Boccaccio, il matrimonio fra Giovanni e Francesca riconosce la fine di una lunga e dannosa guerra tra i Malatesti e i Da Polenta.
Paolo verso il 1269 ha preso in moglie la poco più giovane quindicenne Orabile Beatrice, figlia di Uberto di Ghiaggiolo che gli dà due eredi, Uberto jr. e Margherita, nata dopo l’uccisione del padre. Anche Uberto jr. sarà ucciso (1323). Dal cugino Ramberto, figlio di Giovanni. (Ma su ciò dovremo ritornare.)
Anche questo matrimonio è politico. Orabile, ultima erede dei conti di Ghiaggiolo rimasti senza discendenza maschile, è costretta a sposare il figlio di un nemico del padre (Pari, Donne I, 151). D’altro canto Malatesta non voleva perdere l’investitura di Ghiaggiolo ricevuta tra 1262 e 1263, e contestatagli da Guido da Montefeltro anche a nome della stessa Orabile Beatrice di cui era zio. Infatti Guido da Montefeltro aveva sposato Manentessa sorella del padre di Orabile Beatrice.
Il 1271 è un anno nero per i ghibellini. Sono espulsi da Rimini. Guido da Montefeltro, mentre sta battendo i guelfi di Malatesta nelle Marche, cade da cavallo ed è catturato: «Sic victor a victo devictus est», scrive un cronista piacentino (I, p. 100, nota 193). I Malatesti liberano Guido, forse per intercessione di Orabile Beatrice.
Nel 1274 le parti si invertono. Malatesta è sconfitto due volte. Da Ravenna nel 1275, Guido Da Polenta per cacciare i Traversari chiede l’intervento di Malatesta che gli invia cento fanti guidati da suo figlio Giovanni. Nei pressi di Faenza avviene la disfatta dei guelfi. Orabile Beatrice sa che la sua gente di Ghiaggiolo è andata contro suo marito Paolo Malatesti.
Le convenienze dinastiche e le preoccupazioni politiche reggono (spesso dolorosamente) le sorti collettive delle famiglie. E regolano i destini dei singoli personaggi. Su questo sfondo, irrompe il fattaccio reso celebra da Dante, la tragedia dell’uccisione di Paolo e Francesca per mano di Giovanni.
Possiamo collocarla ragionevolmente tra il febbraio 1283 (ritorno di Paolo a Rimini) ed il 1284. Luigi Tonini data al 1286 il nuovo matrimonio di Giovanni con Zambrasina che gli darà almeno altri cinque figli [III, pp. 256-8]. Come ha giustamente osservato Silvia Pari, bisogna lasciare un poco di tempo tra il delitto ed il nuovo sposalizio dell’omicida (I, p. 150, nota 308). Quindi il delitto non può essere accaduto dopo il 1284.
Questi calcoli cronologici sono ininfluenti da un punto di vista generale. Sono invece molto utili se non necessari per una duplice osservazione sulla “verità” storica particolare della vicenda malatestiana.
[1.] Mancano documenti che la attestino. Il passo di Dante nel quinto canto dell’Inferno, è l’unica fonte esistente. Una fonte oltretutto letteraria e non cronachistica. Posteriore a Dante (e da lui derivato) è il racconto di Marco Battagli (1343): «Paulus autem fuit mortuus per fratrem suum Johannem Zottum causa luxuriam» (Donne, p. 52).
[2.] Nessun indizio autorizza a formulare altre ipotesi. Delitto d’onore, delitto d’amore, racconta Dante. Ma se invece fosse stato un omicidio politico? Lo Sciancato aveva i suoi buoni motivi per odiare il Bello. Il primogenito Giovanni, non «causa luxuriam» ma per invidia, avrebbe potuto progettare l’eliminazione fisica del fratello minore Paolo, diventato protagonista stimato della scena nazionale come attesta l’incarico fiorentino affidatogli dal papa.
In questo caso, la tresca amorosa sarebbe stata soltanto una messinscena diabolica di Giovanni, un alibi che travolgeva anche l’innocenza di sua moglie.
Quanto accade fra Giovanni e Paolo si ripete con i loro eredi, come abbiamo preannunziato. Il figlio di Giovanni, Ramberto, il 21 gennaio 1323 uccide a Ciola il cugino Uberto jr. figlio di Paolo. Uberto jr. era stato ghibellino, poi guelfo ed ancora ghibellino.
A sua volta Ramberto è ucciso a Poggio Berni il 28 gennaio 1330 dai parenti di Rimini, come punizione del suo tentativo di conquistare la città.
La mancanza di testimonianze sul delitto è più compatibile con un fatto politico piuttosto che passionale. Dal 1295, come abbiamo visto, i Malatesti hanno il potere a Rimini. E chi comanda controlla i documenti meglio che le situazioni concrete. Il silenzio calato sulla vicenda, potrebbe quindi essere il frutto di una direttiva di governo, finalizzata ad oscurare un episodio compromettente per la buona fama dei signori della città.
All’interno di questa ipotesi, come estrema conseguenza, si potrebbe immaginare pure la sublimazione del fatto politico nella vicenda amorosa, onde allontanare dalla famiglia un marchio d’infamia rispetto all’autorità religiosa e temporale della Chiesa.

04/07/2007
Non è una bulla
Se le agenzie di stampa fossero un po' più attente alle notizie buone che riguardano i giovani, piuttosto che alle solite storie fritte e rifritte del bullismo su Internet, i giornali nazionali avrebbero parlato (magari in due righe) di Mia Causevic, 20 anni, pallavolista della Teodora di Ravenna.
Mia ha bloccato nella città dove abita, il pirata della strada che ha ucciso un giovane di 29 anni.

14/07/2007
Giovinezze
Gad Lerner su «Repubblica» di stamani ha composto un editoriale che, a chi ha 65 anni come il sottoscritto, desta una certa preoccupazione. Detto in breve, ma molto in breve, sembra che tutti i mali della società attuale e futura (per i prossimi due decenni come minimo) dipendano dall'esistenza e circolazione dei «vecchi». Che sono troppi, e costano e costeranno sempre più al resto del popolo italiano.
Tra gli argomenti addotti da Lerner a sostegno della convinzione che sta dietro al ragionamento articolato nel suo pezzo, c'è anche la statistica degli incidenti stradali provocati dagli anziani. Forse a Lerner sfuggono le statistiche delle stragi del sabato sera. Con giovani ubriachi e drogati.
Alla fine Lerner propone di estendere il suffragio universale anche ai neonati. Benissimo. Nulla da obiettare. Una testa, un voto. Regola classica.
Ma in tutto questo gran parlare che si fa per un nuovo patto generazionale, sfugge un particolare che c'è già nella nostra Costituzione, quello della solidarietà sociale.
Se a qualcuno viene in mente di fare i calcoli dei costi delle cure per particolari patologie che affliggono o i giovani o gli anziani, ne potrebbe anche ricavare l'estrema conseguenza di un ritorno al monte Taigeto, quello da cui a Sparta si gettavano i bambini nati deformi.
Senonché, con il progredire della civiltà, da Sparta a Roma, attraverso anche quella Roma dei "fatali colli" su cui splendeva il sole dell'impero al canto di «Giovinezza, primavera di bellezza», qualcuno potrebbe concludere che prima dei neonati da gettare in qualche discarica legale e votata dai signori parlamentari che soffrono se non hanno il gelato a metà pomeriggio, si gettino quelli che hanno una certa età, soffrono di certi disturbi oppure costano troppo al servizio sanitario nazionale.
So che Lerner nel suo "retropensiero" non aveva queste intenzioni forzate che ne deduco maliziosamente. Ma occorre essere consapevoli che le idee del deforme da cacciare o annientare non sono poi tanto strane in una società che fa del 'successo' fisico l'unico metro di valutazione accettato.
Caro Lerner, una confidenza. Conoscevo bene un "32" della Massoneria, a cui è stata anche intestata una loggia: con il massimo candore sosteneva la teoria del monte Taigeto. I suoi confratelli oggi lo venerano come grande mente illuminata. Forse non aveva mai loro confidato quel pensiero che riservava a noi amici.
La mia generazione a vent'anni doveva rispettare i vecchi. Adesso che siamo entrati noi in quella categoria, dobbiamo temere ritorsioni sociali (per usare un eufemismo) solo per il pregiudizio dell'età?
Condivido e sottoscrivo quanto espresso dal prof. Giovanni Sartori nel suo fondo di prima pagina del «Corriere della Sera» di oggi, circa la proposta di Carlo Azeglio Ciampi (eletto a 79 anni presidente della Repubblica), di far chiudere a 55 anni ogni carriera politica.
Sartori sostiene: «Ho conosciuto moltissimi maestosi imbecilli di tutte le età, così come persone che restano intelligenti a 90 anni». Un'aggiunta di carattere generale. Chi ha concluso una onorata carriera ed ottenuto una rispettabile liquidazione in enti privati, non vada ad occupare cattedre universitarie in materie che non ha mai né insegnato né conosciuto, ma lasci il posto ai giovani studiosi competenti in quelle materie.
Questo è il vero scandalo che tutti vedono ma nessun vuol denunciare. Le mafie di ogni tipo e colore esistono, basta guardare alla vicenda delle cattedre bolognesi di cui si parla da qualche mese. Non facciamo però finta che non esistano, queste mafie.
Prima di parlare delle persone anziane che guidano male le auto, raccontiamo queste cronache di ordinaria corruzione che affliggono atenei ed istituzioni culturali nazionali.
Post scriptum. Tanto per esser chiaro, nella mia famiglia siamo in due, ed entra soltanto la mia pensione di insegnante statale. Notoriamente una cifra da nababbo.

01/0/2007
Tasse. Che predica!
Gli italiani non pagano le tasse?
Prodi ha un rimedio: le prediche della messa domenicale dovrebbero invitare i fedeli ad adempiere l'obbligo civico.
Abbiamo raccolto alcuni pareri.
Bertinotti: «Il Papato dovrebbe ammettere di predicare bene e razzolare male».
Berlusconi: «Abbiamo già rogne con i preti per le doppie o triple mogli, ci mancherebbe che ci sfilassero anche i soldi dal portafogli per le tasse in chiesa».
Fini: «D'accordo con Prodi se le prediche sono in latino».
Casini: «D'accordo con Fini, se lui è d'accordo con me circa l'obbligo di essere d'accordo con Prodi il quale dovrebbe mettersi d'accordo con Berlusconi».
L'on. Prodi in tarda serata si è detto tranquillo. Se tutti sono d'accordo, ha precisato il suo portavoce, siamo a posto, non cambia nulla. Ed il governo dura.

03/08/2007/
Servono anche le serve (i blogger)
Nell'intervista a Piero Bassetti, pubblicata da «La Stampa» ieri, si legge che i blog «rappresentano oggi un po' quello che per noi una volta si diceva 'Radio serva'...».
Di recente è uscito un bel libro di Robert Darnton, «L'età dell'informazione. Una guida non convenzionale al Settecento» (Adelphi, 26,50 euro), un cui capitolo è dedicato alla diffusione delle notizie a Parigi.
Dove attorno all'albero di Cracovia, un castagno che doveva il suo nome forse alle discussioni accesesi alla sua ombra durante la guerra di successione polacca tra 1733 e 1735 (p. 42), si radunavano le più svariate persone, tra cui anche i servitori che divulgavano notizie segrete sul conto dei loro padroni.
Queste voci pubbliche («bruits publics») non erano del tutto trascurate se all'albero di Cracovia i diplomatici stranieri mandavano loro agenti a raccogliere o seminare notizie... (p. 43).
Come si vede, alla fine della storia, anche servi e serve svolgono un loro ruolo. Così speriamo di noi blogger.

23/09/2007
Sotto Veltroni, il papa
Alcune cose lette od accadute nelle ultime ore.
1.
Il caso di Bologna nato dall'accordo tra il sindaco Cofferati ed An sul tema della sicurezza, fa vacillare la giunta comunale ma spiazza Fini a destra favorendo Storace.
2.
Velletri. Il papa parla: «La vita è in verità sempre una scelta: tra onestà e disonestà, tra fedeltà e infedeltà, tra egoismo e altruismo, tra bene e male».«È necessaria quindi una decisione fondamentale: la scelta tra la logica del profitto come criterio ultimo nel nostro agire e la logica della condivisione e della solidarietà». Per Benedetto XVI, «la logica del profitto, se prevalente, incrementa la sproporzione tra poveri e ricchi, come pure un rovinoso sfruttamento del pianeta. Quando invece prevale la logica della condivisione e della solidarietà, è possibile correggere la rotta e orientarla verso uno sviluppo equo, per il bene comune di tutti».
Questo appare dal testo della Stampa.web delle ore 11:28.
Su Televideo Rai delle 13:20 appare questo comunicato:
«Pd, Veltroni: serve un programma chiaro.
Il Pd nasce per evitare che in futuro possa esserci una coalizione che si presenta davanti ai cittadini "senza chiarezza di proposta", perché gli elettori"non capirebbero e non ci seguirebbero". Così Veltroni, sindaco di Roma e candidato alla segreteria del Pd. Quindi rimarca la necessità che il Pd abbia "un programma schiettamente riformista, in grado anche di immaginare valori carichi di radicalità del cambiamento"."Solo così potremo rilanciare l'azione del governo e superare la crisi di rapporto tra l'Unione e il Paese"»
Probabilmente Veltroni si è sentito spiazzato dal papa che ha parlato criticamente del capitalismo, dichiarando necessaria «la scelta tra la logica del profitto come criterio ultimo nel nostro agire e la logica della condivisione e della solidarietà».
Veltroni deve essersi sentito spiazzato a sinistra dal pontefice. Ed allora è andato a rispolverare una sua lettera apparsa su «Repubblica» il 2 settembre 2006. Un anno fa.
L'unica differenza tra il comunicato di oggi e la lettera del 2006, è che la parola radicalità ha perso le virgolette che ne attenuavano la portata, per non fare apparire l'autore del testo troppo estremista. Adesso Veltroni deve recuperare in salita ed invoca la «radicalità del cambiamento».
Deve aver pensato Veltroni: se anche il pontefice dice cose negative sul capitalismo, è ora che mi svegli anch'io...
3.
Articolo di stamani di Barbara Spinelli, sulla «Stampa»: leggetelo e conservatelo.
Già il titolo dice tutto: «Il vero antipolitico? È il Palazzo».
Sotto un diverso profilo tecnico-letterario, prosegue il discorso avviato dalla Jena-Barenghi il 17 scorso. Barenghi sosteneva che ormai la politica deve prendere atto di «un fatto doloroso ma ormai palese: cioè di essere essa stessa l'antipolitica».
Barbara Spinelli scrive che «l'antipolitica nasce prima di Grillo, e non a causa di Mani Pulite ma perché Mani Pulite non è riuscita a eliminare immoralità e cinismi ma li ha anzi dilatati. Il male dell'anti-politica è cominciato con la Lega, per culminare nell'ascesa di Berlusconi e nel patto d'oblio che egli strinse con parte dell'ex-Dc, dell'ex-Psi, dell'ex-Pri (oltre che con la sinistra nella Bicamerale). È un male che ha contaminato parte della stampa e televisione...».
Non voglio fare un riassunto del fondo di Barbara Spinelli, va letto tutto, tuttavia riporto un altro passo per sottolineare il taglio che l'articolo ha ricevuto, ovvero lo studio del contesto in cui il fenomeno Grillo è nato, e la serietà che anche i comici possono indossare in determinati momenti della storia (o della cronaca se si vuol volare più basso...): «La figura del buffone che dice la verità senza esser creduto perché appunto considerato buffone è già nell'Aut-Aut di Kierkegaard. "Accadde, in un teatro, che le quinte presero fuoco. Il Buffone uscì per avvisare il pubblico. Credettero che fosse uno scherzo e applaudirono; egli ripetè l'avviso: la gente esultò ancora di più. Così mi figuro che il mondo perirà fra l'esultanza generale degli spiritosi, che crederanno si tratti di uno scherzo"».
4.
Grillo suggerisce: "Tutti in Comune a controllare cosa fanno i politici".
Io modestamente nel mio piccolo l'ho fatto. Ma non essendo Grillo qualcuno si è adirato bene, come ho già raccontato sotto il titolo di «Liberi di tacere?».
5.
Mia semplice conclusione che non serve altro che a render chiare a me stesso le mie idee...
Il web diventerà sempre più importante, i blog saranno al servizio della politica come i giornali venti o trent'anni fa.
Lo pensa anche Barbara Spinelli: «Né la politica né le televisioni né i giornali hanno il potere di estromettere il nuovo mondo della comunicazione e della denuncia che si chiama blogosfera».
Il fenomeno in Italia è condizionato da tre fattori, aggiunge l'editorialista, tra cui il primo è «la complicità che lega il giornalista classico al politico, e che ha chiuso ambedue in una sorta di recinto inaccessibile: il giornalista parla al politico e per il politico, il politico parla al giornalista di se stesso e per se stesso, e nessuno parla della società, che ha l'impressione di non aver più rappresentanti».
Sarà necessario che i blog siano sempre pià attenti al «local» che al «global».
Avranno 'voglia' gli editori dei blog di accettare questa linea?
Circa il fondo di Eugenio Scalfari su «Repubblica», l'immagine della «prova d'orchestra» (dall'omonimo film di Federico Fellini») con «pifferi e tromboni», è molto bella.
Ma non credo che la condizione attuale sia quella dello sfascio del 1919.
Chiudo per non farla troppo lunga, dopo aver dato una risposta ad un lettore che mi chiede perché abbia scritto: "...il vero antipolitico è lo stesso Prodi che vive a Palazzo Ghigi perché non vogliamo che vi ritorni il Cavaliere».
In breve. Ho scritto «non vogliamo» per allargare la fascia dalla maggioranza attuale a parte di quella precedente.
Berlusconi non lo accettano più come leader né Casini né Fini né Bossi. I primi due aspettano l'occasione propizia e non traumatica per rompere ed andare verso il «grande centro», il terzo va per conto suo, ogni giorno, è incontrollabile.
Il bello sarà quando nel grande centro appariranno altri personaggi come Dini (che ha già in corso le pratiche di separazione da Prodi) e Mastella (che smania di saltare il fosso e non lo nasconde).
6.
Dimenticavo. Leggete Mina di oggi sulla «Stampa». Ormai Grillo, scrive la signora Mazzini, «parla con la voce di milioni di persone che, finalmente, hanno capito le urgenze che riguardano tutti quanti». Per cui «sarà dura metterlo a tacere».

10/10/2007
Le ragioni di Flavia Prodi
Una semplice verità, quella enunciata ieri da Flavia Prodi, circa le avances veltroniane alla signora Veronica Berlusconi. Tra i due poli, ci sono troppe differenze: «Una cosa è il rapporto costruttivo tra maggioranza e opposizione, una cosa è dire che non ci siano più contenuti propri nei due schieramenti. E visto che siamo qui a parlarne, basti pensare all'idea di welfare dell'opposizione, molto diversa dalla nostra». Così nell'intervista apparsa stamani sulla «Stampa».
Semplice verità che ovviamente desterà scandalo in quanti mirano all'unità dei cattolici all'insegna della facile etichetta del «bene comune» già al centro del mondo ecclesiastico italiano da tanto tempo. E ritornato alla ribalta anche per un complicato editoriale di ieri di «Avvenire», riassumibile nel sottotitolo: «Neoliberismo e neostatalismo sono come una morsa che toglie spazio a una vera sussidiariete ad un'attenzione alla persona che non sia solamente retorica».
Le poche parole della signora Prodi agiteranno più di qualche monsignorino della Segreteria di Stato.
Non me lo invento io, ricalco semplicemente un testo di don Gianni Baget Bozzo («il Giornale», 11 agosto 2006): «Prodi fa parte della corrente dossettiana, ostile all'unità dei cattolici nella Dc, e ha creato a Bologna un centro culturale cattolico contrario alla direzione vaticana della Chiesa italiana».
Aggiungeva Baget Bozzo: «La Chiesa è impegnata in una battaglia culturale sui temi della vita e della famiglia: e, rispetto a questi, Prodi compie la scelta del "cattolicesimo adulto". La Civiltà Cattolica, nel suo ultimo editoriale, ha condannato i cattolici "adulti" come una espressione del laicismo nella società italiana. Non a caso Prodi ha dato di sé quella definizione andando a votare in occasione del referendum sulla procreazione assistita».
La signora Prodi non rientra in nessuna delle due categorie teoriche enunciate da «Avvenire», neolibersimo e neostatalismo, ma in quella non presa in considerazione dal quotidiano milanese: la categoria del buon senso che vede le differenze che invece don Gianni Baget Bozzo ed i suoi monsignorini non vogliono sottolineare, auspicando un'unità dei cattolici che si è dimostrata impossibile nei fatti. Quando i più strenui difensori dei valori della famiglia, erano quelli che la dottrina della Chiesa definiva un tempo «pubblici peccatori» per le loro storie sentimentali.
Sono convinto che ognuno abbia diritto a fare quello che vuole se non offende la legge, tra le mura di casa. Ma non si spaccino per libertini i tipi i coniugi Prodi.
Le differenze fra i Poli esistono, come dice la signora Flavia. Nessun editto emesso tra le mura leonine potrà eliminarle.
Il teorico del «bene comune» (che trova seguaci in capolista regionali della lista Veltroni!) aveva scritto anche che «l'unità dei cattolici si ricrea attorno ad una nuova cultura politica».
Ovviamente quella cultura politica, negando differenze di interessi e di traguardi, farebbe un frullato in cui non si distingue ciò che anche evangelicamente occorre tener distinto.
Lo ha detto il papa il 23 settembre a Velletri: «La vita è in verità sempre una scelta: tra onestà e disonestà, tra fedeltà e infedeltà, tra egoismo e altruismo, tra bene e male». I papisti non lo ricordano?

09/10/2007
Nuovi nonnismi
Riproduco qui un commento che ho inserito in un blog della nostra testata. A proposito dei "bamboccioni".
In Italia c'è un fenomeno preso poco sul serio: il nonnismo. Non nel senso antico degli scherzi da o di caserma.
Ma nel senso del potere dei nonni.
Potere delegato dalle famiglie che ne hanno bisogno, per i motivi che conoscono tutti.
Potere che si trasforma in un condizionamento psicologico dei nipotini che, se non vengono viziati, cade il mondo.
Basta vedere i quasi neonati al supermercato che reclamano dalla nonna la merendina 'supergrassa', e la ottengono immantinenente senza nessuna opposizione.
Non ci sono più le nonne di una volta, che i dolci li facevano in casa facendo risparmiare al portafoglio ed alla salute...
Non prendetemi per un passatista. Ma pensate anche a tutti i cambiamenti che avvengono, e dei quali i signori ministri non parlano perché loro in casa con gli stipendi che si ritrovano, hanno baby sitter e cameriere, e non hanno le necessità di noi gente comune.
Quasi 50 anni fa il mio professore di Pedagogia all'Università, Giovanni Maria Bertin, scriveva in un trattato sul carattere, che la maturità di una persona si vede da tre scelte: politica, professionale, matrimoniale.
Dobbiamo credo renderci conto di come sono inguaiati i giovani di oggi tra lavoro precario od assente, mille partiti che cantano al vento, ed un'idea di famiglia ancora da definire: non è quella dei nonni (ferrea), né quella dei padri (di certi padri o di certe madri del '68) libera, libertina, da «comune» come dicevano allora i 'cinesi' (da non confondere con Cofferati di oggi).
Come giudicare maturo un giovane oggi?
Che cosa scriverebbe un pedagogista oggi in un trattato come quello uscito 50 anni fa?
Sarei curioso di leggere queste vostre opinioni...

15/10/2007
Votare fa buon sangue
Dunque, la parola d'ordine per Veltroni è «innovazione». Auguri. Ma si ricordi il segretario del Pd che deve rispettare la promessa. Se, come osservano i commentatori sui quotidiani di stamane, la voglia di politica dimostrata ieri è la negazione dell'«antipolitica» paventata o ipotizzata nelle settimane passate, non c'è nulla di peggio di una delusione dopo uno slancio generoso (almeno stando alle cronache di queste ultime ore).
Ha osservato Federico Geremicca sulla «Stampa» di stamani che «il grande successo delle primarie aiuta a ridimensionare il cosiddetto fenomeno dell'antipolitica».
Ha scritto Ezio Mauro su «Repubblica» che il voto «separa la protesta di questi mesi dalla sua frettolosa definizione: non era antipolitica, infatti, ma richiesta di una politica "altra", radicalmente diversa».
Dunque, la responsabilità di Veltroni è ancora maggiore perché una delusione sarebbe catastrofica non per lui ma per il Paese.
Aggiunge Mauro che «nel cosiddetto popolo della sinistra c'è ancora una disponibilità alla speranza, a ripartire e a riprovare».
Il problema è che non sappiamo quanti globuli di sinistra siano capaci di sostenere la circolazione del sangue nel nuovo partito. Cioè quanti saranno gli eletti veramente «di sinistra» messisi nelle liste sotto l'ombrello di Veltroni. Ci vorrà del tempo, ma ci accorgeremo che anche la lista Veltroni vincitrice, soffre di anemia. E non vi è nulla di più drammatico di un leader forte e di un sèguito in periferia che non ha le sue stesse intenzioni, origini e mete.

21/10/2007
Cappucci & politica
Il titolo dell'editoriale di Andrea Romano, sulla «Stampa» di stamane, «La politica col cappuccio», mi ha suggestionato.
Quando l'ho letto ho immaginato che il «cappuccio» di cui si parlava fosse quello solito di certi gruppi che lo usano in altrettanto certi rituali.
Poi l'attacco dell'articolo sul «veltroniano mascherato» mi ha fatto ricredere, e mi sono detto: hai sbagliato tutto.
Successivamente, la frase: «La politica con il cappuccio è quella di Silvio Berlusconi», mi ha provocato un sussulto e riandare col pensiero a certe tessere di logge coperte (ovvero P2).
Dunque, titolo suggestivo, ma fuorviante la mia interpretazione, ammetto la colpa. Però ho un'attenuante.
Avevo appena letto un'intervista su «Repubblica» al pm Luigi De Magistris. Dove si trovano queste parole chiare: «Faccio le corna, ma dopo che mi hanno tolto le inchieste resta solo l'eliminaziione fisica».
Ma se davvero dietro la vicenda di Catanzaro, ci fosse «La politica col cappuccio»?
Grazie al cielo, capisco poco o nulla di queste cose, e le mie domanda restano senza risposta.

22/11/2007
Certe nonne
Edmondo Berselli nel suo ultimo libro, «Adulti con riserva», fa una gustosa ricostruzione autobiografica ed un brillante affresco dell'Italia nei primi anni Sessanta.
Ci sono due passi che desidero riprendere, ricollegandomi al post di ieri, «Stato e Chiesa».
Eletto papa Montini, la nonna materna di Berselli, «vecchia socialista timorata di Dio, andò apposta a confessarsi dal parroco in persona per confidare che la addolorava molto, il signor parroco non aveva idea di quanto le dispiacesse, ma questo papa non le piaceva proprio, e non sapeva che farci» (pag. 52).
Poche righe dopo, nella pagina successiva, Berselli parla in prima persona di un mese mariano e di un frate predicatore che dal pulpito tuonava contro le tentazioni moderne offerte ai giovani. Gote accese ed occhi infiammati il frate si lancia «in un'intemerata contro i peccatori moderni, i nuovi eretici», individuando la causa di tanto scandalo nella «fotografia di quello sgorbio ermafrodito e rosso... Rita Pavone!» posta al luogo dell'immagine della Vergine nelle camerette dei ragazzi, sopra i loro letti.
Ecco. Davanti ad episodi come questi, possiamo immaginarci le reazioni dei teologi ufficiali, cioè quei tipi che «giudicano e mandano» all'Inferno un po' come Giuliano Ferrara dai suoi pulpiti cartacei e televisivi.
Una severa punizione corporale alla nonna timorata di Dio ma socialista, alla quale non piaceva Paolo VI succeduto a quel buontempone di papa Roncalli. Il rogo per le foto scandalose della cantante tentatrice e corruttrice, secondo il frate predicatore.
Berselli scherza. Ma non troppo. Lo dimostra la perfetta ricostruzione storica che sulla «Stampa» di stamane fa Barbara Spinelli, nella seconda puntata della sua inchiesta sulla «Chiesa in Italia, oggi».
Non mi permetto di riassumere, cito un passo, a proposito del pontefice attuale: «Tanta inflessibilità non nasce tuttavia solo da sicurezza, come tutte le inflessibilità. È una forza che impressiona e trascina ma scaturisce da un pessimismo che in Benedetto XVI è profondo, e sul quale più volte viene richiamata la mia attenzione. I miei interlocutori mi parlano di vere angosce (alcuni usano la parola ossessioni) che non riguardano solo l'Italia».
Una postilla, che non vuole essere irriguardosa ed è senza alcuna pretesa da parte mia, magari intendetela soltanto quale riempitivo per arrivare alla conclusione...
Se le «angosce» fanno parte integrante della metafisica, le ossessioni sono un altro paio di maniche. Il teologo può essere angosciato? Ma direi proprio di no, sennò la speranza che virtù teologale è? Tanto meno può essere ossessionato, perché si finisce con l'accennare ad una patologia che contraddice il presupposto metafisico della teologia stessa (vedi la speranza di cui sopra).
Ed allora? Se la preoccupazione 'romana' è molto terra-terra («La Chiesa e le tentazioni del dopo-Dc», riassume il titolo dell'inchiesta di oggi), cioè riguarda come fare a raggiungere certi scopi che era più facile conseguire con lo Scudo crociato, non vedo motivi di preoccupazione alcuna.
Tra baciapile d'antico e nuovo stampo, teo-con in cui la fede è soltanto un trucco ridicolo per prender voti, con una opposizione che non c'è, con un giro di giochi di prestigio (e non nel senso morale di prestigio...) in cui nessuno sa più chi è, Roma non ha nulla da temere.
Hanno sfottuto Prodi perché si era definito «cattolico adulto». Oggi Spinelli spiega che «la parola era stata usata già nel '65, ai tempi del Concilio Vaticano II».
A molti degli atei devoti e dei sepolcri imbiancati che pretendono di dettare le leggi in nome del Vaticano, bisognerebbe dire che è meglio essere cattolici adulti che adulteri, dato che essi (gli adulteri) vogliono imporre agli altri una morale che poi loro stessi non rispettano. [22.XI.2207]
Una seconda postilla [23.XI.2007] per farvi proseguire il discorso sulla speranza, in relazione ad un drammatico fatto di cronaca: andate al post del 23.XI, Certe disperazioni.
«Una notizia proveniente da Pesaro dà la dimensione delle tragedie in cui la speranza non ha più posto, e lo cede alla disperazione. Forse covata lungamente nel silenzio di un colloquio con la propria coscienza». Il testo prosegue qui.

01/12/2007
Il televisore non c'entra

Il vecchio apparecchio tivù si brucia. Ne arriva uno nuovo. Entusiasmo. Bellino, a cristalli liquidi. Lo accendo e vedo un'immagine che mi fa pensare: ma questo aggeggio non funziona.
Chiamo il venditore. Gli dico: ma che fanno i cristalli liquidi, cambiano il mondo? Mi chiede perché. Gli spiego: ho visto Berlusconi stringere la mano ad un «cumunista», il sindaco Veltroni. Dev'essere senz'altro un disturbo dell'apparecchio, aggiungo.
Il venditore spiega che il nuovo arrivato va benissimo.
Se Berlusconi ha stretto la mano a Veltroni, la colpa non è dell'aggeggio elettronico.
Non è un disturbo fra le onde elettromagnetiche, un'illusione ottica, una menzogna delle reti (tutte) «cumuniste» della Rai.
Le cose sono andate veramente così. Anche i cristalli liquidi hanno un cuore, e raccontano la verità.l vecchio apparecchio tivù si brucia. Ne arriva uno nuovo. Entusiasmo. Bellino, a cristalli liquidi. Lo accendo e vedo un'immagine che mi fa pensare: ma questo aggeggio non funziona.
Chiamo il venditore. Gli dico: ma che fanno i cristalli liquidi, cambiano il mondo? Mi chiede perché. Gli spiego: ho visto Berlusconi stringere la mano ad un «cumunista», il sindaco Veltroni.
Dev'essere senz'altro un disturbo dell'apparecchio, aggiungo.
Il venditore spiega che il nuovo arrivato va benissimo.
Se Berlusconi ha stretto la mano a Veltroni, la colpa non è dell'aggeggio elettronico.
Non è un disturbo fra le onde elettromagnetiche, un'illusione ottica, una menzogna delle reti (tutte) «cumuniste» della Rai.
Le cose sono andate veramente così. Anche i cristalli liquidi hanno un cuore, e raccontano la verità.

19/12/2007
Santa ipocrisia

Ricevo da un collega blogger questo bel biglietto d'auguri: «Caro Antonio, nel laico dubbio che uno sia cristiano oppure no io ricorro spesso alla formula "Buone Feste di Fine Anno", che dovrebbe andar bene per tutti».
Grazie di cuore del messaggio ed anche dell'attenzione.
A me va benissimo il Natale con relativo riferimento augurale. Considero la nascita di Cristo un evento fondamentale nella storia del mondo.
Non per nulla nel presepe davanti a tutti stanno i reietti del tempo, i pastori.
Educazione e sentimenti religiosi, mi piace però onestamente tenerli separati dall'idea dell'impianto politico della società: ecco perché molto spesso scrivo invocando il nome della laicità. (È nel Vangelo che si trova la distinzione fra Dio e Cesare...)
L'ultimo spunto al proposito è dato da un articolo di Miriam Mafai su «Repubblica» di ieri e dalla risposta odierna alla Mafai di Walter Veltroni.
L'episodio è esemplare. «Prima sconfitta per il Pd» intitolava ieri il quotidiano romano il pezzo della Mafai sul fatto che nel consiglio comunale capitolino non è stato possibile arrivare a deliberare l'istituzione di un «registro» delle unioni di fatto (semplifico molto per riassumere la discussione).
Miriam Mafai parlava di «una sconfitta per chi aveva scommesso su una possibile convergenza e unità di due riformismi, uno di origine popolare, l'altro di origine socialista».
Oggi Veltroni smentisce la Mafai, sostenendo che nulla è stato compromesso perché il problema non riguarda il consiglio comunale di una città in cui in questi anni «i diritti sono stati tutelati e rafforzati». Ma tocca la politica che deve dare «risposte legislative adeguate e moderne» per realizzare «la laicità delle istituzioni repubblicane».
Sotto l'aspetto formale, Veltroni ha ragione. Ma è la questione sostanziale che va esaminata. E la questione sostanziale è quella denunciata dalla Mafai ieri, e da Scalfari di recente («laicità è sinonimo di democrazia»): le pressioni d'Oltretevere sui politici del Pd...

27/12/2007
Pirata
Veltroni passa la palla a Prodi: è la politica che deve dare «risposte legislative adeguate e moderne».
Non può cavarsela, WV, dicendo che lui come sindaco di Roma governa una città tollerante.
Non basta. Lui è il segretario del Pd. Due ruoli, due parti sono utili se servono a sommare la forza del personaggio.
Ma se il personaggio si sdoppia, fingendo che non ci siano state le pressioni vaticane su quel «registro» (considerato indegno per la città «sacra»), allora ha ragione Miriam Mafai nel sostenere che la vicenda capitolina è stata una sconfitta per tutto il nuovo partito prodiano-veltroniano-rutelliano (e... vaticano).
Allora ha ragione il ministro Emma Bonino quando oggi denuncia «l'intromissione giornaliera, petulante delle gerarchie» cattoliche. E dichiara: «Qui è una saga di baciapile, ce ne fosse uno che ha una famiglia normale, sono pluridivorziati e va benissimo, però poi non vadano a predicare il contrario».
Uno dei cardini su cui si regge lo spirito evangelico, è quello della testimonianza. Ovvero della coerenza fra le cose credute e quelle praticate. Ma quella coerenza non esiste nei tanti predicatori che ci affliggono con le loro litanie finalizzate soltanto a raccogliere voti. Possibile che le gerarchie ecclesiastiche non vedano? Finisco qui perché non vorrei essere scambiato per un teologo, anzi peggio per un teologo del dissenso, come si diceva una volta.
Adesso è tutto consenso. Chi racconta le balle più grosse è premiato. Contenti loro... Speriamo che ci permettano di non essere d'accordo con la santa ipocrisia.
Circa la mossa di WV di passare la mano alla «politica» (che deve dare «risposte legislative adeguate e moderne» alla laicità dello Stato), sono da leggere con attenzione le parole di Riccardo Barenghi sulla «Stampa» odierna, proprio sul doppio scacco politico del governo e quindi di Veltroni come segretario del Pd per il decreto sulla sicurezza e per la legge elettorale («ha sbagliato il metodo»).
Conclude Barenghi che «nel suo partito non sono pochi quelli che non vedono l'ora di sgambettare il leader e ridimensionarlo. Figuriamoci nel resto del Palazzo»

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