Ferruccio Luppis, dannunziano ferrarese a Rimini.
Contro il turismo "bottegaio", un contestore d'inizio '900.

Archivio 2013

Esiste nel nostro dialetto una parola Il ferrarese Ferruccio Luppis (1880-1959) è stato completamente dimenticato a Rimini, dove approdò come turista all'inizio del secolo, e dove visse avventure d'arte e d'altro genere, affezionandosi ad una città in cui costruì anche la villa per le vacanze. La riscoperta di Luppis è fatta da Lucio Scardino nel n. 31 di "romagna arte e storia" diretta da P. G. Pasini.
"Ambiguo ma affascinante personaggio in bilico perenne fra Avanguardia e Reazione", lo definisce Scardino che elenca le componenti dell'esperienza culturale di Luppis: "dandysmo e populismo, edonismo ed accademia, socialismo e nazionalismo gravido d'umori "superomistici"". Insomma, "un "libero pensatore"… vicino forse agli esempi di Malaparte o Comisso, ma soprattutto di D'Annunzio".
A Ferrara, Luppis riceve lezioni di pittura dal riminese Giuseppe Ravegnani, che insegnava in quella civica scuola d'arte. Poi si iscrive a Lettere a Padova, aderendo alla corrente positivistica di Roberto Ardigò.
Le vacanze a Rimini nel 1900 lo annoiano, soprattutto per colpa della "società bottegaia" che frequenta il Kursaal. Neppure l'amore per una cantante straniera, di nome Kamma, lo consola. Ripensando forse alla celebre pagina goldoniana della fuga da Rimini sulla barca dei comici, Luppis s'imbarca "su un trabaccolo dell'armatore Voltolini diretto a Trieste, e il viaggio, compiuto con una ciurma dai sani principi "proletari", lo guarisce miracolosamente dal tedium vitæ e dalla passione amorosa. Si laurea con una tesi sulla satira, e si sposa con una cantante polacca, Wanda Maruzewska. Siamo nel 1908, a Luppis è appena nato il primo figlio, Franco: "in questo periodo della sua vita si inserisce l'importante capitolo riminese". La madre di Luppis vuol regalare al neonato una… villa.
"Il lido di Rimini si estendeva allora a cinque o seicento metri dal Kursaal", scrive Luppis: "noi scegliemmo, a due chilometri di distanza, un luogo completamente deserto per costruirvi la nostra villa, su progetto dell'amico architetto Gaspare Rastelli", sulla via Litoranea.
Rastelli (ben noto a Rimini per aver ricostruito il Palazzo dell'Arengo), è in quegli anni una figura di primo piano: il suo progetto s'indirizza verso lo stile "tosco-emiliano", con un campionario di finestre neo-quattrocentesche, che appaga il dannunzianesimo di Luppis.
"Oggi di quella villa, che fu costruita con nobili intendimenti e che ospitò in cordialità di spiriti gente chiara nel mondo dell'arte, del pensiero e della società migliore" aggiunge Luppis "non rimane che un simulacro ingigantito per scopo speculativo e tronfio, come le fortune che molto hanno saputo svilupparsi sull'altrui buona fede e per l'astuzia di abili speculatori". La villa Luppis è oggi un albergo, l'Augustea, in viale Regina Elena.
Quando nel 1910, Luppis fonda a Ferrara una rivista ("Schifanoia"), crea a Rimini una redazione estiva. Nello stesso anno, nella villa Luppis, espone il pittore Lorenzo Viani, allora influenzato da ideali anarchici. Dello stesso periodo, è il ritratto di Ferruccio, Wanda e Franco Luppis eseguito da Alberto Bianchi, figlio della signora Sangiorgi che gestiva allora a Rimini una rinomata "fabbrica di ricami".
La villa di Luppis si trasforma in una specie di galleria d'arte. Al piano superiore, vengono affittate stanze ai turisti. Nel '12, Luppis è tra i firmatari di un documento, in cui si propone la costituzione di un consorzio riminese "fra i proprietari di ville, di alberghi, restaurants affini e industriali", con lo scopo di curare l'immagine pubblicitaria di Rimini.
Nel '20, il secondo figlio di Luppis, Nicolò Sigismondo (!), nasce nella villa riminese. Nel 1929, Luppis stampa presso la tipografia Garattoni di Rimini la sua Marfisa, leggenda per musica. In quei giorni, fra Rimini e Riccione, un'altra figlia di Luppis, Kalina, nata nel 1914, si fa notare per "il vivace comportamento tenuto al "Savioli" e in altri locali della riviera".
L'articolo di Scardino si conclude con questa nota: "Curioso è rilevare come Rimini abbia dimenticato questo famoso personaggio. Una lettera inviata al sottoscritto da Umberto Bartolani, cultore di memorie riminesi, dopo avermi erroneamente informato che la villa Luppis era andata distrutta… e che nulla di concreto era emerso sulla presenza di Luppis a Rimini, concludeva: "Probabilmente non era il nominato un personaggio di spicco, nemmeno come artista"".
Il n. 31 di "romagna arte e storia" contiene anche: "Cani da ferma e cacce borghesi in Romagna sullo scorcio del medioevo" (U. Zaccarini), "Il "formaggio di fossa" in due inventari medievali" (O. Delucca), "Teatro a Cesena dal XVI al XVII secolo" (S. Monaldini), "Per il Guercino in Romagna" (P. G. Pasini & L. Muti), "Elisabeth 1790: uno storico bagno di mare" (F. Farina), "L'origine dell'industria peschereccia a Cesenatico" (B. Ballerin).
Antonio Montanari

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1939, 01.11.2013.
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