Riministoria-il Rimino
San Giuliano, un borgo anzi due.
Quello «nuovo» medievale distrutto nel 1469.

Il borgo di San Giuliano nella memoria dei visitatori forestieri richiama il nome di Federico Fellini, per i numerosi murales che rappresentano il regista riminese, le scene dei suoi film più famosi ed i personaggi che ne sono protagonisti. Per i riminesi d'un tempo era «il borgo della merda», stante l'abitudine dei suoi abitanti di non attendere al mattino la visita della botte dei pubblici liquami, e di scaricare dalla finestra delle case direttamente nelle strade (o sulla testa dei viandanti) il contenuto dei loro vasi da notte. Politicamente i suoi abitanti sono sempre stati accesi oppositori di ogni potere politico costituito. A confermarli nel loro spirito anarchico contribuiva anche l'amministrazione civica, disattenta totalmente alle loro più elementari necessità. Nella seconda metà dell'Ottocento il repubblicano e garibaldino Achille Serpieri (1849-1909) scrive che il borgo di San Giuliano (1.878 abitanti nel 1871 sul totale di 9.747 residenti nel centro della città), era «minacciato da un lato dalle fiumane, dall'altro dai flagelli dei mostri dove si annidano signore la tisi, la scrofola e il tifo». Una condizione questa del resto comune a buona parte della città, come osserva nel 1873 Domenico Francolini (1850-1926), un borghese prima repubblicano, quindi socialista ed infine anarchico: le «abitazioni dei Poveri» erano «semenzai di miasmi pestilenziali, case che avvelenano per tutta la vita il sangue, massime ai bambini con la scrofola e colla tisi»: «angustia tale che le celle dei condannati sono assai più comode». Gli «abitatori di queste bolge infernali, massime i ragazzi» apparivano «squallidi, macilenti, cogli occhi infossati e col pallor della morte sul viso».
Rimini si mostrava orgogliosa del turismo e dei suoi aristocratici simboli. Il 30 agosto 1888 il re Umberto I visita il lido ed il Kursaal, e pronuncia queste parole: «Qui può venire chiunque». Ci viene pure Gaetano Bresci (1869-1901), l'anarchico giunto dall'America, passa da Rimini prima di recarsi a Monza per regolare domenica 29 luglio 1900 i suoi conti con lo stesso sovrano. Lo ospita proprio nel borgo San Giuliano l'oste Caio Zanni (1851-1913). Bresci con la rivoltella portata da Paterson (New Jersey) si esercita nel cortile di palazzo Lettimi sotto gli occhi di Domenico Francolini e della di lui moglie, donna Costanza Lettimi (1856-1913). Zanni, noto alle autorità come anarchico, fu arrestato dopo il regicidio e trasferito al carcere di San Nicola di Tremiti.
Il borgo è sempre stato protagonista nei momenti di maggior tensione. Durante la «settimana rossa» (1914) i rinforzi militari vi sono presi a fischi e sassate. Il 27 giugno 1920 ignoti sparano cinque colpi di rivoltella contro un camion carico di carabinieri che entrano in città. Nel 1921 mentre il foglio cattolico giustifica il fascismo («ove esso è sorto, è frutto di violenze subìte e di provocazioni continuate»), una spedizione punitiva culmina nell'incendio al circolo anarchico del borgo. Il 25 giugno gli squadristi invadono San Giuliano ed occupano il municipio. Il prefetto dichiara di non poter garantire l'incolumità alla Giunta rossa, la quale esorta «a non reagire per non compromettere la stagione dei bagni». Preso il potere il fascismo nel 1929 avvia il risanamento di San Giuliano, con un'operazione politica e poliziesca per «spezzare quell'unità di popolo» che rappresentava «un pericolo continuo di rivolta ed un centro di sobillazione contro la dittatura» (Conti). L'operazione non fu però completata e ci si limitò soltanto all'apertura di viale Tiberio e all'abbattimento, per intero, della schiera di case che dal ponte di Tiberio, sul lato monte» arrivava all'inizio di via San Giuliano, il famoso 'curvone' delle Mille Miglia verso la chiesa. Il ponte sul Marecchia (1935) deviato con lavori conclusi dopo dieci anni nel 1938 (la diga è del 1942, il collaudo del 1946), allarga l'antica geografia del borgo sin dal medioevo circoscritta dal ponte romano e dalle mura malatestiane nei pressi della chiesa omonima.

Sul tema, cfr. Rimini moderna, 1429-1469;
e Alle origini di Rimini moderna. 3. Mappe tra politica e cultura.
Antonio Montanari

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