Paolo Rossi Monti
Un ricordo per un grande Maestro

Ieri ha chiuso la sua esistenza terrena il prof. Paolo Rossi Monti, che mi era stato docente di Storia della Filosofia al Magistero di Bologna. Discussi con lui la tesi di Laurea per il corso di Pedagogia, il 22 febbraio 1966.
Già in passato, in altri scritti apparsi sul web, ho ricordato l'importanza del suo insegnamento e della sua frequentazione.
Con gratitudine commossa, riproduco qui le vecchie annotazioni.

2002, in occasione della morte di Giovanni Maria Bertin.
Nel 1960 mi iscrissi al corso di Pedagogia della Facoltà di Magistero di Bologna. La Cattedra di Pedagogia era tenuta da Giovanni Maria Bertin che era anche Preside di Facoltà. Furono anni di grandi Maestri al Magistero. C'erano Ezio Raimondi per Letteratura italiana, Gina Fasoli per Storia Medievale e Moderna. Sarebbe poi arrivato in Storia della Filosofia, quando frequentavo il terzo anno, Paolo Rossi il quale avrebbe quasi subito abbandonato Bologna per Firenze. Estetica era affidata a Luciano Anceschi. Enzo Melandri tenne le lezioni del mio secondo corso (al quarto anno) di Filosofia teoretica, parlando di Logica. (Con Rossi 'presi' la tesi, sull'Irrazionalismo italiano nelle riviste del primo Novecento, avendo come controrelatore l'italianista Raimondi, il quale nel frattempo mi fece pubblicare un breve saggio nella rivista «il Mulino», dedicato al volume di Luigi Barzini junior, «Gli italiani».)
Bastano questi nomi per fotografare il clima intellettuale della nostra 'piccola' Facoltà, i cui allievi erano considerati di grado inferiore rispetto agli altri universitari perché usciti dall'Istituto Magistrale che era più breve di un anno dei due Licei (dai quali si riteneva sortisse la crema della cultura nazionale).

Dalle mie "memorie" intitolate Viva la squola.
Al Magistero bolognese.
Il mio docente di Pedagogia era stato Giovanni Maria Bertin. Furono anni di grandi maestri al Magistero. C'erano Ezio Raimondi per Letteratura italiana, Gina Fasoli per Storia medievale e moderna. Sarebbe poi arrivato in Storia della Filosofia, al mio terzo anno, Paolo Rossi il quale avrebbe quasi sùbito abbandonato Bologna per Firenze. Estetica era affidata a Luciano Anceschi, Sociologia ad Achille Ardigò (che aveva un assistente terribilmente dongiovanni). Enzo Melandri tenne le lezioni del mio secondo corso (al quarto anno) di Filosofia teoretica, trattando di Logica simbolica, subentrando ad un collega che la carità di patria cancella dal ricordo. Con Rossi presi la tesi, sull'Irrazionalismo italiano nelle riviste culturali del primo Novecento, avendo come contro-relatore Raimondi, il quale nel frattempo mi fece pubblicare un breve saggio nella rivista «il Mulino», dedicato ad un libro di Luigi Barzini junior, «Gli italiani». (Ne «Il Giorno» del 18 gennaio 1966 Alberto Arbasino raccontava della scuola di critica letteraria bolognese al Magistero guidata da Raimondi. Il quale degli allievi diceva: sono «attratti dal metodo 'scientifico' in quanto contrario sia alla pedanteria scolastica sia allo sfarfallamento sentimentale che perde di vista il testo».)
Bastano questi nomi per fotografare il clima intellettuale della nostra 'piccola' Facoltà, i cui allievi erano considerati di grado inferiore rispetto agli altri universitari perché usciti dall'Istituto magistrale che era più breve di un anno dei due Licei (dai quali si riteneva sortisse la crema della cultura nazionale). Noi delle Magistrali di Rimini provenivamo poi da una scuola comunale, in cui non sempre i docenti erano il meglio della piazza, se li confrontavamo con quelli dei due Licei cittadini. La nostra era una preparazione in genere modesta, tutta centrata su di un apprendistato intellettuale svolto con molta superficialità, anche per colpa dell'indisciplina delle classi. Alla quale doveva far fronte il preside Ermenegildo Prosperi, latinista autorevole (e temibile in certe interrogazioni impreviste, quando sostituiva insegnanti assenti).

Dal volume di Antonio Bianchi sulla storia di Rimini, curato da me, la mia nota finale.
Nel concludere un lavoro di ricerca e di analisi, che ancora una volta (come dimostrano le parti sul collegamento tra il pensiero di Antonio Bianchi e le opere di Lodovico Antonio Muratori), mi ha ricondotto allo studio del Settecento, ho riaperto vecchi libri dei miei lontani giorni universitari, ripensando a chi me ne aveva ‘imposto’ la lettura. Il ricordo della prof. Gina Fasoli, docente al Magistero di Bologna negli anni Sessanta, si associa a quello di tante scoperte fatte allora, prima delle quali un amore verso la Storia, materia che la prof. Fasoli insegnava con alta passione e somma competenza, unite ad un vigore didattico che intimoriva e stimolava; e poi il fascino della cultura illuministica, che ebbi modo di approfondire anche con il prof. Paolo Rossi, docente di Storia della Filosofia, materia nella quale poi discussi la mia tesi di laurea. A tanti anni di distanza, desidero testimoniare qui gratitudine per gli insegnamenti da loro ricevuti, non tralasciando di citare i nomi di due altri illustri docenti del Magistero di quel tempo, Luciano Anceschi ed Ezio Raimondi (che mi chiamò a collaborare alla rivista Il Mulino): a loro debbo un'impronta rimasta indelebile come metodologia di lavoro sia nell'attività didattica sia nello studio. Riservo ovviamente a me stesso e alla mia pochezza quanto, nelle pagine precedenti, possa non aver soddisfatto il lettore.
Antonio Montanari

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