Riministoria© Antonio Montanari

I Lincei riminesi di Iano Planco, 1745

Cap. 7. Le dissertazioni accademiche. II. De monstris…

 

Dissertazione n. 5, del 28 febbraio 1749, di Planco: epistola De monstris ac monstrosis quibusdam, poi pubblicata a Venezia in due edizioni, nello stesso anno [111]. Essa è indirizzata a monsignor Giuseppe Pozzi, di Bologna, archiatro pontificio straordinario e presidente dell’Accademia dell’Istituto delle Scienze di quella città [112]. Questo studio, al di là degli aspetti più o meno teoricamente validi ancor oggi sotto il profilo scientifico [113], merita considerazione per una questione che sta alla base della problematica trattata da Bianchi, cioè il concetto di Natura così come emerge attraverso il sistema della classificazione scientifica da lui usato. Planco osserva che i mostri si possono dividere in tre specie: quelli che "in Utero Animantium oriuntur ictu vel casu quodam alio"; quelli che derivano "ex conformatione naturali, sive ex plastica quadam vi naturæ, sive a natura ipsa ludente" [114]; infine quelli che nascono "ex morbo in Animantibus". Bianchi dà per scontato che la perfezione naturale, presupposta dai filosofi, sia smentita da questi fenomeni. Sulla loro origine, egli formula ipotesi che oscillano tra il discorso rigorosamente scientifico ed affermazioni che, in apparenza, sembrano negarlo, quando presuppone che alcuni di quei casi siano provocati "a natura ipsa ludente". Quello che ancor oggi noi chiamiamo "lo scherzo di natura", per indicare qualcosa fuori dell’ordinario, ci rimanda etimologicamente al "ludus" quale gioco o scommessa, cioè ad esempio alle possibilità combinatorie dei dadi, per dimostrare appunto che la realtà, tra le possibili sue varianti, ha oltre la perfezione anche l’errore, il mostro o la mostruosità. Infine può esistere un’altra variante di significato: "ludere" come ingannare, quasi a sostenere che la natura voglia prendersi beffa degli uomini, violando le regole che essa stessa ha imposto.

L’Encyclopédie, alla voce "monstre (zool.)", spiega che trattasi di "animal qui naît avec une conformation contraire à l’ordre de la nature". In questo "ordre de la nature" è fatto coincidere dalla vecchia Filosofia il presupposto metafisico-teologico capace di spiegare tutta la realtà. Nello stesso "ordre de la nature", il nuovo pensiero scientifico identifica invece le regole generali, ammettendo però che da esse si differenzino le eccezioni dimostrate mediante l’osservazione dei fenomeni.

Eccezioni e fenomeni sono tanto evidenti, da non poter essere negati, come spiega questo scritto planchiano, il quale documenta quella che abbiamo definito la scelta eretica di Bianchi a favore della fisica di Gassendi. Forse proprio per questo motivo, tale scritto fa convogliare sul medico riminese le prime avversioni romane, alle quali non dovettero essere estranei gli ambienti ecclesiastici riminesi che, date le concezioni scientifiche di Bianchi appena considerate, non potevano gradire troppo il suo modus operandi come gestore dei Lincei.

La fretta con cui si giungerà, tre anni dopo, nel 1752, alla sentenza dell’Indice per l’Arte comica, non può spiegarsi soltanto in relazione al tema controverso in essa trattato, un tema allora importante, tanto da essere al centro di durissime polemiche [115], quindi di stretta attualità, però in definitiva marginale rispetto alle più fondamentali questioni di Filosofia e di interpretazioni teologiche e metafisiche della Natura. Un tema, soprattutto, non sviluppato così duramente da Bianchi sotto il profilo dottrinario, come avrebbe invece dovuto richiedere, quale giustificazione, la stessa condanna romana, per apparire plausibile.

 

 

NOTE AL TESTO

 

111. Come osserva De Carolis, Il medico al lavoro, in Giovanni Bianchi, Medico Primario…, cit., p. 58, "la storiografia medica più recente è concorde nel ritenere degni di nota", tra tutte le opere d’argomento medico pubblicate da Bianchi, "solo i suoi studi teratologici", tra i quali "l’opera più importante" è appunto il De monstris. Il testo ms. è in fasc. 185, FGMB. L’opera, come si è detto, esce in due edizioni. La prima reca (nel testo) la data del 30 aprile 1748. La seconda contiene due Appendici, datate al primo dicembre 1748, di cui dà conto Lami nelle Nov., n. 12, 20 marzo 1750, coll. 179-183: la prima "descrive un uovo coll’immagine del Sole impressa nel ventre di esso, il qual uovo nacque in Rimini"; la seconda edizione riguarda invece "la sezione del capo d’un Cavalierino di Cesena di nove in dieci anni, il quale era figliuolo unico del Sig. Conte Alessandro Pilastri": questo è l’argomento di cui Bianchi parla alla dissertazione n. 21, del 28 maggio 1751. L’anticipazione dell’uscita del De monstris è data dalle Nov. n. 42, 18 ottobre 1748, col. 667, all’interno della lettera del dottor Giovanni Calvi da Cremona, dove Bianchi è detto "uomo di celebre dottrina" che aveva scoperto un vitello bicipite ma con un corpo solo ed un gatto bicorporeo ed una testa: "Può essere, che questo grand’Uomo faccia stampare una sua lettera che ha intitolato De Monstris, ac de Monstruosis quibusdam, la quale non può essere se non molto buona". Una recensione dell’opera è nelle Nov. del 1749, nn. 30, 31, 33, coll. 477-480, 489-492, 518-521.

112. Nelle Nov., n. 23, 8 giugno 1753, coll. 353-362 è commemorato monsignor Giuseppe Pozzi (scomparso l’anno precedente): in una nota da Bologna, si cita una lettera di Pozzi a Bianchi del 1726 sui "canali cistepatici", alla quale Bianchi rispose con altro testo. Lettera e risposta sono stampate a Bologna nel 1726 ed in Olanda due anni dopo, in appendice ad un’opera di G. B. Morgagni, Epistulæ anatomicæ duæ. Nello stesso articolo, leggiamo, col. 355: "Bianchi avea parlato in quella Accademia [di Bologna, n.d.r.] nel mese di Febbraio di quell’anno per l’occasione della sezione del cadavere di una donna morta d’idropisia di petto, avendo egli fatta una Dissertazione sopra di quel male". Le Nov. ricordano poi che Bianchi aveva dedicato a monsignor Pozzi il De Monstris, ma dimenticano quanto avevano scritto nel n. 12, 20 marzo 1750, coll. 179-183, cioè che esistevano due diverse edizioni dello scritto planchiano. Nel 1753 le Nov. infatti riferiscono: "Questa Pistola [il De Monstris, n.d.r.], benché sia stata stampata in Venezia l’anno 1749 con tutto ciò essa è in data dell’ultimo dì d’Aprile dell’anno 1748 alla quale, perché la stampa indugiava a farsi, il Signor Bianchi aggiunse una poscritta in data del primo dì di Dicembre del medesimo anno 1748". Come si è già visto le due Appendici, datate al primo dicembre 1748 sono presenti soltanto nella seconda edizione.

113. Su questi aspetti si sono soffermati vari studiosi, cfr. De Carolis, Il medico al lavoro, cit., p. 58.

114. Ecco quanto spiegano le Nov., n. 30, 25 luglio 1749, col. 477-480, di questa seconda specie: sono mostri "prodotti nell’uovo ab initio da Domineddio secondo la sentenza degli sviluppi; oppure che una qualche virtù plastica abbia prodotte, e vada producendo queste parti di più, che si trovano ne’ Mostri", che hanno un dito, un braccio, un piede o qualche altro membro o viscere in più. La recensione delle Nov. prosegue nei nn. 31 e 33, 1 e 15 agosto 1749, coll. 489-492 e 518-521.

115. Rimandiamo ad una nota successiva per i termini cronologici ed i riferimenti bibliografici su tali polemiche.

 

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