il Rimino - Riministoria

Ettore Masina.
Appello a Romano Prodi per la Palestina (2.4.2002)

Signor Presidente,
sessant’anni fa Dietrich Bonhoeffer, poi martire per la libertà, scrisse che non si poteva cantare il gregoriano se non si gridava per gli ebrei.

In questi giorni pasquali molti cristiani hanno sentito che la loro preghiera era come ferita dalla mancanza di azione a favore di un altro popolo, prima, per cinquant’anni, umiliato e oppresso e adesso colpito da un’enorme macchina militare. Parliamo, naturalmente, del popolo palestinese.


Nei 18 mesi passati dall’arrogante irruzione del presidente Sharon sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme, sono morte decine di bambini israeliani colpiti dalla follìa del terrorismo dei disperati e centinaia di bambini palestinesi abbattuti con armi da guerra dall’esercito di Israele.

Noi, glielo assicuro, piangiamo con la stessa tenerezza gli uni e gli altri; ma notiamo poi che migliaia di bambini palestinesi sono stati feriti o mutilati nelle spietate punizioni collettive inflitte dal governo israeliano in totale contrasto con ogni norma di diritto internazionale e con pieno disprezzo per i diritti umani

Migliaia di bambini palestinesi sono stati arrestati o deportati nel corso degli ultimi 18 mesi, e nel corso delle ultime settimane il loro numero è enormemente aumentato.
Onorevole Prodi, il primo firmatario di questa lettera, essendo nel 1991 presidente del Comitato per i diritti umani della Camera dei deputati, ebbe l’onore di guidare, su invito dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, una delegazione di parlamentari italiani in una visita ai campi profughi palestinesi. Al ritorno, i deputati (di molti gruppi, dal MSI a Democrazia Proletaria) firmarono una relazione nella quale concordemente affermavano di avere riscontrato una generalizzata continua violazione dei diritti umani dei palestinesi da parte sia dell’esercito israeliano che dei coloni inseriti come spine irritative nel tessuto delle zone che più tardi sarebbero state riconosciute come aree dell’Autorità palestinese.

Da allora, con la pausa degli accordi di Madrid, la situazione della Palestina è andata peggiorando e centinaia di migliaia di palestinesi sono state consegnate dalla politica israeliana al fanatismo degli estremisti, che genera il terrorismo.


Signor presidente, le immagini della violenza militare israeliana sono sotto gli occhi di tutti, e per questo i giornalisti (che hanno pagato un alto tributo di sangue alla causa della verità) vengono allontanati dalla zona di Ramallah, così come i pacifisti europei (italiani compresi) e israeliani: d’ora in poi vedremo ciò che Sharon avrà deciso che noi dobbiamo vedere.

Le risoluzioni dell’ONU continuano ad essere sprezzantemente ignorate dal governo israeliano come accade da cinquant’anni. Il terrorismo dei disperati aumenterà. Le armi non fanno che servire ideologie di violenza. La sicurezza del popolo israeliano che a noi appare tanto importante quanto quella del popolo palestinese non può essere assicurata se non da una pacificazione degli animi. che, a sua volta, non può avvenire se Israele non si ritira dai territori occupati prima che sia troppo tardi. Le minacce ad Arafat sono una miccia accesa sotto una bomba geopolitica. La stessa stabilità dei governi arabi è minacciata.


Noi non ci rassegniamo all’inazione, davanti a tanto orrore. Mentre studiamo le possibilità di solidarietà umanitaria con le popolazioni colpite dalla repressione, come cittadini non possiamo che rivolgerci alle persone cui abbiamo affidato, con il voto, la nostra rappresentanza.

Molti di noi nutrono per Lei, signor presidente, consenso politico; tutti noi Le portiamo stima. Ma noi pensiamo che Lei e noi saremo ricordati dalla storia per ciò che avremo fatto (o non avremo fatto) in queste ore per la difesa del popolo palestinese così violentemente colpito.

L’Europa, che si porta dietro tante responsabilità nella orrenda persecuzione degli ebrei e che ha rovesciato sui palestinesi la sua ansia di riparazione, non può adesso rimanere a guardare il massacro delle libertà di un altro popolo.

Noi riteniamo, signor presidente che una sua missione a Gerusalemme e a Ramallah avrebbe un grande significato e potrebbe dare un altissimo contributo ai tentativi di pace.

Gradisca, signor Presidente, i nostri cordiali saluti

Ettore Masina

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