il Rimino del 10 settembre 1999.
A proposito di "Bandiera rossa sul litorale".

Nel primo numero de "il Rimino", datato 10 settembre 1999, appare una recensione di Bandiera rossa sul litorale, ricerca storica di Paolo Zaghini sul Pci riminese.
Eccola integralmente.

Bandiera rossa sul litorale.
Ricerca storica di Paolo Zaghini sul Pci riminese


L'editore Pietroneno Capitani e l'Istituto Storico della Resistenza hanno appena pubblicato la storia della Federazione comunista riminese dal 1949 al 1991, a cura di Paolo Zaghini. Il volume ha un grande merito ed un piccolo difetto. Cominciamo dal primo.
Esso ripropone vecchi saggi ed articoli, apparsi nel 1986 su "Storie e Storia", e nel 1991 nel "Messaggero" e nella "Gazzetta di Rimini", oltre a presentare elenchi sulle elezioni amministrative e sull'archivio del Pci cittadino.
Il piccolo difetto sta proprio in questo riprendere cose già note che appaiono datate soprattutto in certe parti. Se il saggio del 1986 è ormai ben consolidato, per cui non crediamo che nulla di nuovo possa aggiungersi (riguarda la nascita della Federazione comunista a Rimini e copre gli anni dal 1946 al '49), la stessa cosa non può forse dirsi per gli altri articoli stesi in un tempo ormai troppo lontano.
Possibile che dal '91 ad oggi, non siano cambiati giudizi e discorsi?
A darci ragione, a pagina 144 del suo testo, sembra essere lo stesso autore che, riferendo di una vecchia vicenda dell'83, ma allora molto clamorosa ("I chiacchierati"), scrive che "la storia complessa" di quei fatti e dei loro molti protagonisti, "è ancora tutta da scrivere". Sinceramente, fa un certo effetto leggere un testo storico e trovare un rimando al futuro per chiarire un argomento in esso trattato. Oppure ci sono cose che ancora oggi per spirito di fratellanza non si vogliono (o possono) dire?



Aggiungo qui questo"Commento del 2012".
Il mio articolo del 1999, "Bandiera rossa sul litorale", Zaghini se lo dev’essere legato al dito. Ora che presiede l’Istituto storico della Resistenza, non mi ha fatto presentare il libro di Guido Nozzoli su Bulow, che ha la mia scheda biografica dell’autore, richiestami dall’editore stesso.
Non gli è andato giù poi ciò che circa tale Sergio Wolmar Zavoli, ho riproposto in sede giornalistica (sul Ponte nel 1989) e nel libro "I giorni dell'ira" (1997).
Del capitolo XIV del libro "I giorni dell'ira", cito questo passo:

Qualcuno ricorda Zavoli in compagnia di Tacchi, al tempo del "falò riacceso". Ha scritto Elio Ferrari: "A Rimini chi non lo vedeva in divisa e con il mitra a tracolla (teste Stelio Urbinati) pure alla colonia Montalti?", sede del fascio repubblichino.
Amici di Zavoli spiegano che egli fu "costretto" a finire tra le file di Salò. Aggiunge Ferrari che Zavoli "è stato tranquillo, facendo l’avanguardista, il soldato nella Repubblica sociale, libero di andare dove voleva".
"Libero" anche di trovarsi a Coriano nell’aprile ’44, come rammentarono in quel paese quando, in anni ormai lontani, giunse una troupe della Rai per un’inchiesta televisiva sul fascismo diretta da Zavoli. Gli operatori non furono però guidati dallo stesso Zavoli, ma da un giornalista della sede Rai di Bologna. Nell’aprile ’44 a Coriano avvenne la cattura di due "disertori", Libero Pedrelli e Vittorio Giovagnoli, poi affidati al tribunale tedesco che li fece fucilare il 18 maggio ad Ancona.


Senza citare Zaghini come faccio ora, ho già scritto di tutto ciò sul Rimino lo scorso anno (2011): vedere nell'Appestato Documenti fatti sparire e nel Rimino un discorso più approfondito.
Quando ci siamo incontrati vari mesi fa, in un'occasione ufficiale al Museo, mi disse che mi avrebbe telefonato. Lo avevo contattato dicendogli che era una vergogna che Rimini non si ricordasse di Nozzoli che oltretutto aveva salvato San Marino....
Vedi al cap. X de "I giorni dell'ira":

Gli Alleati intanto avanzano verso Rimini. Da San Marino, alcuni partigiani riminesi scendono verso la loro città nel pomeriggio del 19 settembre, mentre si combatte la battaglia per la presa di Borgo Maggiore. Li comanda il sottotenente Guido Nozzoli: "Il nostro era il primo nucleo partigiano che l’Ottava armata incontrava sulla Linea gotica. Avvicinai un ufficiale per informarlo sul disfacimento delle difese tedesche a San Marino e sulla drammatica situazione dei civili rintanati nelle gallerie, ed ebbi la sensazione che non mi ascoltasse neppure. Mi ero ingannato".
Ad un ufficiale dell’Intelligence Service, "avvolto in una nube di profumo", Nozzoli ripete più minuziosamente il racconto. L’indomani mattina un sottotenente confida a Nozzoli "che il Comando aveva accertato l’esattezza" delle informazioni fornite sullo schieramento tedesco e sulla ubicazione dei campi minati, "rinunciando al bombardamento di spianamento di San Marino programmato prima" dell’arrivo di quel gruppetto di partigiani. Il Titano era salvo con le sue migliaia di rifugiati.


Mai ricevuta la chiamata di Zaghini. Non fa nulla. Non credo alle storie addomesticate ed alle autobiografie inventate. Ricordo soltanto che io e mia madre avremmo dovuto, secondo gli epuratori, andare a mangiare l'erba nei fossi. Ecco la vicenda personale di mio padre Valfredo, a cui mi sono richiamato nel 2001, Tama 788, intitolato "Compromessi politici (e mafiosi) del Dopoguerra". Qui scrivevo:
Ne ripresento il testo completo.


La mostra che l'amico pittore Armido Della Bartola ha allestito, prima di Natale, con opere dedicate alla Rimini distrutta dalle bombe del 1943-44, mi ha suggerito alcune considerazioni. Sono nato nel 1942, di quei giorni non ricordo dunque nulla. Nella memoria e nell'animo sono rimaste però le parole raccolte nei successivi conversari casalinghi. Il ritorno alla normalità fu aspro. Mio padre che era impiegato comunale, tesserato fascista sino al 25 luglio 1943, caduta di Mussolini, quindi senza alcuna adesione alla repubblichina di Salò, fu sottoposto ad epurazione. I nuovi arrivati nella Pubblica amministrazione gli dissero di andare con moglie e figlio a mangiare l'erba ai fossi. L'umiliazione inferta a mio padre resta non soltanto come piaga mia ma pure quale testimonianza della perfidia delle persone che per bassi motivi (ovviamente, fregargli il posto a favore di qualche protetto), oltraggiavano un uomo innocente.
Uscendo dalla mostra di Armido, incontrai altri amici, più anziani di me, che raccontavano del Dopoguerra. Proprio qui sul Corso, davanti ad una libreria, un compagno prese a ceffoni un altro compagno per aver quest'ultimo militato nella repubblichina come guardia del corpo del 'terrore di Rimini'. Come mai, chiedo, la vigilanza rivoluzionaria dei compagni si era allentata tanto, al punto di accogliere l'ex repubblichino, attorno al quale poi il partito avrebbe fatto quadrato per decenni, mentre un uomo qualunque come quell'impiegato comunale dovette essere sottoposto al Tribunale della Storia perché tesserato fascista sino al 25 luglio 1943? Non ricevo una risposta razionale. Uno scrittore mi obietta che i casi personali non contano, che il racconto dei fatti deve depurarsi da essi, per poi essere affidato alla serenità del giudizio degli Storici.
Qualche giorno dopo ho letto che la moglie di Antonio Gramsci era una spia dell'Nkvd (il Kgb del tempo). E che la cognata Tania, ritenuta sempre un Angelo Custode di Gramsci e come tale eternamente celebrata, era pure lei una spia di Mosca. Giuliano Gramsci, figlio di Antonio, non ha mai voluto vedere né parlare con la zia Tania: lo ha confidato Olga, figlia di Giuliano, a Massimo Caprara nel libro "Paesaggi con figure". Al citato scrittore incontrato sul Corso, se avessi fiducia nella razionalità umana, vorrei chiedere: anche quella di Antonio Gramsci è una vicenda personale di cui non tener conto?


Sul tema, vedere questa scheda (del 2011) intitolata "Documenti spariti e storie non narrate".
Su Sergio Zavoli, vedere la puntata n. 5 di "Rimini ieri", "1946. Dal Rubicone all'Ausa" e la relativa Scheda [2011]. E questo capitolo (il XIV) de "I giorni dell'ira".

Al sempreverde Zavoli rinnovo i miei auguri del 2009.
Al lettore aggiungo: al convegno recente sulla guerra a San Marino, ovviamente non hanno trattato dell'azione politica di Nozzoli.
Viva la democrazia, la Storia seria, la correttezza politica, professionale, umana di Lor Signori.

Riproduco il "Fuori Tama 1092" dove tocco l'argomento relativo ai fatti dimenticati o cancellati del 1944.
Nel Tama 1092 abbiamo ricordato due processi, uno vero ed uno finto. Qui parliamo di fatti veri accaduti a Rimini in tempo di guerra.
In un recente articolo apparso sul Ponte, citavo vicende locali del 1944. Ci sono tre uccisioni compiute dai soldati di Salò in quell'anno, e rimaste dimenticate per ammissione degli stessi repubblichini. C'è poi la successiva scomparsa dalla nostra Biblioteca Civica Gambalunga dei primi due numeri del "Garibaldino", organo dei partigiani, dove forse si trovavano cronache imbarazzanti per personaggi noti passati sull'altra sponda, da neri a rossi, come si diceva allora.
Oggi chi occupa posti di responsabilità in sede politico-storica, se la prende con chi, come il sottoscritto, ha presentato fatti veri. Ne ho già parlato, in una pagina presente sul web dal 21 dicembre 2011.
Certo, alcuni libri come i miei "Giorni dell'ira" possono dar fastidio, ed allora non si conservano di essi tutte le copie consegnate, in certe biblioteche. Speriamo che quella sopravvissuta non venga bruciata...
I nostri politici ed intellettuali (spesso le due realtà si sovrappongono per troppa stima di se stessi) possono far sparire i libri che di alcuni argomenti parlano "apertis verbis". Ma non possono cancellare le memorie collettive che si tramandano nelle singole persone.
A questo patrimonio "parlato" appartiene anche la notizia secondo cui, il 20 marzo 1944, nella stazione ferroviaria di Rimini ci fu un attentato politico contro un avversario del fascismo, e che ci scappò il morto che però non fu l'obiettivo della sparatoria. Ne ho riferito in quella pagina del 21 dicembre 2011.
Oggi qui ho aggiunto soltanto due particolari inediti, la precisazione che l'attentato avvenne alla stazione ferroviaria il giorno 20 di quel mese di marzo 1944 di cui avevo genericamente parlato in quella pagina.
E sempre in tema di Giustizia, resta per quel tempo una certezza: che i responsabili dell'uccisione dei Tre Martiri alla fine andarono assolti... Con tanta soddisfazione del "Carlino" degli anni post-bellici che dimenticò quanto si sapeva bene.
Nell'agosto 1944, Tacchi era fuggito al Nord, ci disse un partigiano: «Non si è mai ricordata l'attività criminale che Tacchi svolse a Modena con la brigata nera 'mobile' Pappalardo» che aveva sede a Concordia ed era comandata dal medico bolognese Franz Pagliani, uno degli autori della strage di Ferrara, squadrista fanatico inviso agli stessi tedeschi.
L'ambiente della brigata nera modenese Pappalardo, nel quale la testimonianza inedita da noi presentata inserisce la figura di Paolo Tacchi, è uno dei più terribili dell'Italia di Salò. Mai (come ci ha dichiarato quel partigiano), si è parlato di questa fase emiliana delle avventure politiche di Tacchi, dopo la sua fuga da Rimini.
Rimini ieri. Cronache dalla città [1936-1946]. Indice
Giorni dell'ira, articoli sul "Ponte".
Giorni dell'ira, libro.

Su Sergio Zavoli, vedere il capitolo "Giovinezza" addio dei miei Giorni dell'ira.

Rimini ieri. Cronache dalla città
Indice

Antonio Montanari

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