Diario italiano
Il Rimino 176, anno XII
Agosto 2010


25.08.2010
Tama 1005, 29.08.2010
Fondazione Fellini. Fatto riminese, scena nazionale

La vicenda della Fondazione Fellini non è una periferica lite di cortile. Per il livello dei suoi protagonisti, ha risonanza nazionale. Il 17 agosto il sindaco di Rimini ha accettato le dimissioni presentate dal direttore Vittorio Boarini per denunciare il rovesciamento dei buoni propositi fatti balenare dagli enti interessanti. Il sindaco ha manifestato la speranza che Boarini in futuro eviti colpi di coda "velenosi".
Tutto il veleno possibile è già stato distillato negli ultimi mesi, non contro la Fondazione Fellini ma proprio verso Rimini nel suo complesso, dalle autorevoli voci che elenchiamo. Ha cominciato il 4 giugno Pupi Avati, presidente dimissionario, confidando a Manuela Angelini del Corriere Romagna che i riminesi hanno la cattiva abitudine di dare ragione a chi parla con la voce più alta.
Il 12 agosto sulla Stampa, Fulvia Caprara ha raccontato che il regista Giuliano Montaldo, candidato presidente, era giunto a Rimini soltanto per fare il gran rifiuto, avendo letto cose poco simpatiche sull'età sua e del futuro presidente onorario, Ermanno Olmi: "Ci hanno dipinto come due vegliardi". Caprara chiudeva il suo lungo pezzo con l'amara constatazione: "Il quadro è desolante".
Su "Repubblica" il 14 agosto Boarini si sfogava con Brunella Torresini, accusando Comune e Provincia di voler fare tabula rasa della Fondazione, indebitata per 340 mila euro. La Provincia due giorni prima per bocca del suo presidente Stefano Vitali parlava di pressappochismo gestionale e di una commedia all'italiana circa il rifiuto di Montaldo. Il 14 agosto il titolo del Corriere Romagna diceva tutto del veleno in circolazione, "Boarini: non resto in una simile città". Il 22 agosto si è appreso che l'ultimo (per ora) ad andarsene dalla Fondazione, è il prof. Mario Sesti, regista e critico, considerato molto vicino agli eredi di Fellini.
Rimini non ha nessun amore particolare per Federico. Lo sosteniamo da molto tempo. Nel novembre 1998 scrivemmo: ai riminesi, di Fellini, non è mai interessato nulla, perché essi sono così 'pataca' proprio come il grande regista li ha ritratti in "Amarcord" (che non è pura autobiografia, ma soprattutto la feroce descrizione di un carattere collettivo).
Aggiungevamo che una conferma veniva dalla decisione della Fondazione Fellini di trasferire nel 1998 da Rimini a Bologna l'annuale convegno dedicato al regista, perché quello del 1997 qui non aveva visto alcun interesse aldilà dei soliti addetti ai lavori. [1005]

Antonio Montanari
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23.08.2010
A proposito di Rimini e massoneria [2000]

A proposito di Rimini e massoneria, e di quanto appare in una precedente nostra pagina, ecco altri due testi.

Tama 785 [10.12.2000]
Caduta massi

Voi non lo sapete, ma il Tempio Malatestiano fu dedicato ad un culto massonico. Non impazzisco, il discorso è serio, la teoria è di una persona che, stando a voci circolanti in città, dovrebbe allo scopo produrre il suo bravo libro, con la dimostrazione che anche Sigismondo era iscritto ad una qualche Loggia, come alcuni nostri contemporanei.
Non sono un esperto dell'argomento, ma ora ne so qualcosa di più grazie ad un bel volume appena pubblicato anche a spese del nostro Comune, cioè gli Atti del Convegno su Aurelio Bertola, tenutosi due anni fa. Tutto quanto, o quasi, si trova in questo testo è un inno alla Massoneria. Vedere ad esempio il secondo saggio dove si citano riflessioni non del nostro poeta ma che “debbono averlo accompagnato tra Pavia e Milano” (in mancanza della Settimana enigmistica): qui leggiamo che nel 1785 la Chiesa era accusata di non far più miracoli e che lo Spirito Santo dopo, aver abbandonato i preti, attraverso percorsi nascosti, aveva illuminato la Massoneria.
Il gioco è pesante e scoperto in quasi tutta l'opera. Innegabilmente, Bertòla è stato uno dei massoni del 1700, ma nello stesso tempo era un uomo religioso, per quanto egregio peccatore. Perché si dimenticano gli aspetti religiosi delle sue “Notti” in onore di papa Ganganelli? Perché crollerebbe la mitologia massonica, e di conseguenza cadrebbe la falsificazione del suo discorso.
L'avanzata massonica non si limita ai discorsi elevati per gruppi ristretti, ma si estende ai mezzi di massa come la televisione. Da poco arriva in Romagna il segnale di Rete 9 attraverso Telemare. Qui tutti i sabati alle 20 appare l'avvocato Mario Bacchiega che sparla della storia della Chiesa con una frenesia da curva sud durante un derby.
Per saperne di più ho fatto alcune ricerche su Internet (e poi dite che è inutile): Mario Bacchiega pubblica libri nella collana intitolata Biblioteca massonica. Il proprietario di Rete 9 di Padova è tale filosofo Robi Osti, come ho ascoltato dalla sua emittente. Se è lo stesso Roberto Osti che due anni fa vinse una causa contro il Ministero PT quale titolare dell'antenna ATR di Rovigo, e se risiede ancora a Rovigo, risulta essere un amministratore condominiale. Potrebbe trattarsi di un'omonimia, ma a Padova non appare in elenco nessun Roberto Osti. Ma forse costui è un seguace di Diogene, vive in una botte e non usa il telefono. Come si dice, basta il Pensiero.

Tama 786 [17.12.2000]
Perseverare

Il libro (pressoché massonico) su Bertòla, del quale ho parlato la settimana scorsa, sarà presentato sabato 16 dicembre, in un incontro pubblico il cui titolo è tutto un programma: "Amante più dei salotti e delle alcove che dei chiostri...". La sacrosanta verità biografica rischia di tramutarsi in uno slogan da filmetto porno, mettendo in ombra figura, ruolo e caratteristiche del grande poeta concittadino. Pazienza, così vanno le cose nella società dello spettacolo.
Passo ad un altro libro, di un conterraneo dei nostri giorni, Pier Luigi Celli, direttore della Rai, che ha scritto "Passione fuori corso". Ad Alain Elkan (su "Specchio") ha confidato: "Credo di avere alcune passioni. Una è certamente dire quello che penso, e questo può portare dei guai".
Avere questa passione, è un guaio di per sé. Parlo per esperienza: permettetemelo, in una specie di bilancio non soltanto di fine anno, ma di chiusura di secolo. Se dovessi scrivere una pagina autobiografica al proposito, l'intitolerei "Cattiva educazione", per spiegare che quando ci hanno allevato al non dire bugie, a rispettare sempre e soltanto la verità, ad essere sinceri, a fuggire le ipocrisie, le falsità, le invenzioni mentali, hanno compiuto un'opera di corruzione morale, presentandoci un'immagine del mondo ed offrendoci istruzioni per l'uso, che non corrispondono a gran parte della realtà.
In ormai diciannove anni di stesura di questa rubrica, credo di essere stato sempre limpidamente aperto nell'esprimere le mie opinioni, senza secondi fini o scopi nascosti. Quando nel settembre 1982 accettai la proposta di don Piergiorgio di comporla settimanalmente, ho commesso un errore della cui gravità mi sono dovuto accorgere lentamente mentre passava il tempo. Se il lettore scorre queste righe, e si diverte o s'arrabbia, resta un fatto privato tra noi due, me e lui. Ma c'è sempre un terzo, un Grande Fratello che s'impersona in varie sedi, in quelle sedi che, per fare un giornalismo decente e non da tappetino scendiletto, si vanno a punzecchiare, disturbare o semplicemente a citare, provocando reazioni nascoste, carsiche, che prima o poi riaffiorano. Credetemi. Non disturbare il manovratore, era un motto della Buonanima. Che ha tuttora seguaci numerosi e convinti nel ritenerlo una Verità Assoluta che tutti dovremmo rispettare. Poiché l'errore che ho compiuto è irreparabile, non mi resta che perseverare in esso?

Antonio Montanari
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22.08.2010
Due testi inediti su cattolici e massoneria.
2003 e 2007

2003 (marzo), al “Ponte”
Signor direttore,
le chiedo un piccolo spazio per aggiungere qualche notizia retrodatata all'interessante articolo apparso nel numero del 2 marzo del «Ponte», e relativo a «Quei 'muratori' del Grande Oriente».
La ricostruzione parte dal 1972. Le considerazioni sull'attualità arrivano al recente convegno sul Tempio, alla presenza dell'assessore alla Cultura del nostro Comune in carica. Ecco, tra questi due estremi intercorrono molti altri fatti sui quali sarebbe noioso per il lettore che mi dilungassi analiticamente.
Mi permetta quindi un riassunto estremamente ridotto, condensato in tre punti soltanto.
1. Esiste un ruolo politico-amministrativo della Massoneria in città, che non è soltanto il folklore dei convegni esoterici. Questi convegni sono possibili perché la Massoneria è presente nelle varie istituzioni locali, più occultamente che apertamente (come anche il suo giornale ebbe occasione di specificare in occasione delle giornate riminesi del Grande Oriente).
Se non si ha questa influenza, non si possono esprimere poi certe teorie, con l'impudenza di chi crea dei falsi e con il beneplacito di chi consente che essi vengano spacciati come verità.
2. Senza questo ruolo politico-amministrativo della Massoneria a livello cittadino, non ci sarebbe stato nel 1998 un convegno (appunto massonico) organizzato dal Comune attraverso i suoi canali istituzionali quando l'assessore alla Cultura non era diessino ma un cattolico, preso ovviamente senza sua colpa nella rete di un tranello politico. Ma come c'insegna il Libro, occorre vigilare.
Un amico massone allora mi confidò: per fortuna che ci siamo noi, altrimenti Rimini non avrebbe fatto nulla per un poeta così grande ed importante come Bertòla. Va dato atto al Ponte che di questa iniziativa ha parlato con chiarezza, dicendo pane al pane, e Massoneria alla Massoneria in processione con il povero Bertòla.
3. Infine, una ventina di anni fa, la Dc presentò nella propria lista e riuscì a far eleggere quale consigliere comunale un noto avvocato riminese, massone, docente universitario a Bologna, uno dei ventiquattro reggitori dell'Accademia dei Filopatridi di Savignano, e ben conosciuto per la precedente appartenenza politica sua (e di tutta la sua influente famiglia) alla Destra che allora non si chiamava liberale tout court ed in blocco come oggi, ma si dichiarava con tutta legittimità missina (ed era ritenuta dagli avversari con altrettanta legittimità come neofascista).


2007, al “Corriere di Romagna”, 12.07
Il 12 luglio, su «Repubblica», Michele Serra ha parlato del «maglio dogmatico» abbattutosi sul mondo cattolico apostolico romano, eliminando ogni voce dissonante. Serra ha perfettamente ragione. Non esiste più quel «ricco dibattito intellettuale, in grado di coinvolgere e appassionare anche i non credenti».
Ogni fenomeno ha le sue cause più vicine o lontane, secondo l'ampiezza dell'analisi che tenti di descriverle. Nella Chiesa italiana ha preso piede da oltre un decennio un'idea di apertura multiculturale fra le varie correnti intellettuali esistenti sul territorio come semplice ma inavvertito (e subdolo) cavallo di Troia delle posizioni più retrive che lentamente si sono fatte strada, ed hanno guadagnato posizioni di prestigio con la pretesa di essere le uniche in grado di difendere la Tradizione e la Verità della Chiesa di Roma. L'operazione è nata gettando fumo negli occhi con l'illusione del dialogo. Invece ha mirato unicamente ad imporre il monologo di certe realtà legate politicamente alla destra anche più estrema.
Di queste cose ha parlato anche Umberto Eco nella «Bustina di Minerva» sull'«Espresso» di venerdì 6 luglio, nel pezzo intitolato «Guerre di religione». Eco osserva fra le altre cose: «… non è chiaro se siano i sanfedisti che hanno messo in movimento gli anticlericali o viceversa». E conclude che, come unica certezza, c'è «l'uso politico della religione fatto da fondamentalisti di segno diverso».
La cosa che maggiormente impressiona e meraviglia in questa situazione, è la mancanza della proverbiale accortezza da parte delle Curie nel rendere potenti personaggi politicamente pericolosi non rispetto a linee di centro o centro-sinistra o addirittura di un moderatismo di centro-destra o persino di destra, ma proprio per la loro non nascosta simpatia verso istanze che contrastano direttamente con la Costituzione repubblicana.

Antonio Montanari
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18.08.2010
Alcune citazioni da Francesco Cossiga, per ricordarlo.

1994. Nei Servizi segreti, oltre le persone competenti, c'è "la massa degli imbecilli: figli, cugini, nipoti, pronipoti: di generali, prefetti, sottoprefetti".


2008. Cossiga respinge le critiche di Rosy Bindi alla prossima trasmissione di Gelli. Su di lei il presidente emerito sentenzia: "Credevo fosse brutta ma intelligente, mentre è brutta, cattiva e cretina".

2008. "Bisogna infiltrare gli studenti con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine, mettano a ferro e fuoco le città [...] Dopodiché, forti del consenso popolare, [...] le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano".


Antonio Montanari
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15.08.2010
Un "Tama" del 1994. Censurato perché difendevo Citaristi...

Ecco il testo completo che avevo presentato in redazione.


Per una di quelle stranezze che la vita ci rivela sotto forma di impensabili coincidenze, poche ore dopo la fuga dal supercarcere padovano del «boss del Brenta», quasi a pareggiare i conti presso un'opinione pubblica sempre più forcaiola, è stato posto agli arresti domiciliari Severino Citaristi, ex senatore ed ex tesoriere della dc, 73 anni e 74 avvisi di garanzia.

Il personaggio lo conosciamo, tant'è passato in televisione con il suo fare serio di persona che non ha negato nulla, non ha intascato niente per sé, ha soltanto ammesso di aver ceduto per un attimo a quella lusinga che gli aveva fatto De Mita, dicendogli: sei stato bravo ad organizzare un convegno nella tua città, vieni a darci una mano a far quadrare i conti del partito.

A Roma il sen. Citaristi è arrivato già anziano, con una sua posizione raggiunta nella vita civile. Roma l'ha rovinato nella reputazione e nel fisico. Ora è gravemente ammalato. Dopo mesi di presenze nei tribunali, deposizioni, colloqui con i magistrati, la Giustizia temeva che il vecchio politico lombardo scappasse o inquinasse le prove. Lo hanno rinchiuso in casa. Da dove ha detto ad un cronista: «Ho commesso le mie colpe ed è giusto che paghi, ma è giusto che qualcun altro paghi per le colpe di natura politica. Non voglio essere un capro espiatorio». Gli hanno telefonato vecchi amici di squadra come Scalfaro, ma anche militanti di Rifondazione comunista per esprimergli solidarietà. Per quello che conta la voce di un misero cronista di provincia, mi associo, con un augurio: di essere sereno, in mezzo ai tanti imbroglioni che ci circondano.

Il suo caso, sen. Citaristi, è esemplare: l'avevano nominata «responsabile» degli affari di partito, ed intanto decidevano tutto e soltanto gli altri. Lei per spirito di corpo, doveva come quelli della Benemerita «obbedir tacendo»: sapeva che cosa costava la gestione, sapeva che qualcuno le procurava i fondi degli «amici», e sapeva che non doveva sapere perché come «responsabile» non poteva e non doveva dire nulla. La sua onestà arriva a farle dire: «Ho commesso le mie colpe». Ma in politica, come in guerra, ognuno pensa alla propria pelle: forse lei resterà l'unico capro espiatorio. Non si illuda che qualcuno le venga in aiuto.

La vita è quella strana cosa, per cui se non sai far nulla o lavori male, pochi ti biasimano. Ma se dimostri di riuscire a cavartela, se ci prendi gusto a far le cose per bene, non tanto per soddisfazione personale, ma perché credi che quando si lavora sia nostro dovere dare il meglio, allora troppi cercano di fregarti: gelosie, invidie, piccinerie idiote di chi si diverte a tendere tranelli, diventano fatti d'ordinaria amministrazione. Quando fu arrestato Enzo Tortora, un innocente che sarebbe poi morto di galera, ci fu chi brindò.


Antonio Montanari
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15.08.2010
Ricordi da cronista, 1992.
Il senatore Alici voleva querelarmi.
Per quello che aveva detto lui alla radio nel 1983

Giugno 1992, puntata 444 di "Tam-Tama": «... proprio cinque minuti fa, dalla redazione m'hanno informato che l'ex senatore Alici ha comunicato, in modi per la verità un tantino bruschi, di volermi querelare per l'ultimo "Tama", dove riproponevo una sua intervista radiofonica di ben nove anni fa, citata nella mia rubrica del 3 aprile 1983 e nel recente "Tamario"».

Apro una prima parentesi. L'ultimo "Tama" ovvero quello precedente riportava questo passo: «L'ex senatore Alici che parla di "Troppi arricchiti... Politici, fuori i redditi" (titolo del "Carlino", 4.6.1992", è lo stesso che, nel 1983, allora non ex, giustificò le "tentazioni" dicendo che i politici sono messi in stato di bisogno dallo Stato, per cui essi non hanno "la forza morale di rifiutare i milioni che costituiscono le tangenti o le bustarelle"?».

Apro una seconda parentesi, con il testo del 3 aprile 1983 riproposto nel "Tamario" (pag. 10, "Tamario" in "Quanto basta", ed. il Ponte, Rimini 1992).


«Relatività o giù di lì
La teoria della relatività mi è stata sempre spiegata con l'immagine dei due treni affiancati: se sei in quello fermo, e te ne passa vicino un altro, ti illudi di essere tu a spostarti, e consideri fermo quello che al contrario sta transitando. Per formularla, Einstein ha impiegato 50 anni.
Il concittadino sen. Francesco Alici (pci), ha invece impiegato pochi minuti, in un'intervista al GR1, per spiegare mirabilmente che anche per l'onestà dei politici può verificarsi l'illusione del treno. Se un qualche pubblico amministratore si lascia sedurre da bustarelle e simili, la colpa non è sua, ma dello Stato che lo costringe a vivere nelle misere condizioni in cui è più facile abboccare all'amo e compromettersi. Chi cede alle tentazioni, secondo Alici, è colpevole soltanto in minima parte, perché agisce in stato di necessità: "In queste condizioni, quanti sono quelli che hanno la forza morale di rifiutare i milioni che costituiscono le tangenti o le bustarelle?".
Ammesso e non concesso, come diceva Totò, che le regole morali possano divenire facili compromessi con se stessi e con gli altri, viene da chiedersi: l'onestà è un principio valido per tutti, oppure è stata dichiarata decaduta d'autorità? Questa "regola" giustificativa espressa dal sen. Alici, è valida per tutti i partiti? E in che misura? Secondo i voti riportati nelle ultime elezioni? Quali, poi: le amministrative o le politiche?
Fortunatamente, Alici ha parlato alla radio con quell'accento romagnolo che incanta sempre, evocando immagini di cibi gustosi, vini frizzanti e vita balneare, per cui forse egli è stato scambiato, da qualche ascoltatore disattento, per uno di quei suadenti intrattenitori che, al mattino, accompagnano il risveglio degli italiani con varie amenità. Insomma una specie di Roberto Benigni, quello del film "Tu mi turbi". [1983


Ritorniamo al testo del 1992, puntata n. 444, "il Ponte" n. 24 del 21.06.1992.

«Non avendo nulla d'importante da scrivere, mi diletto a ripescare vecchie cose. Vedremo come andrà a finire. Dico questo anche perché, proprio cinque minuti fa, dalla redazione m'hanno informato che l'ex senatore Alici ha comunicato, in modi per la verità un tantino bruschi, di volermi querelare per l'ultimo "Tama", dove riproponevo una sua intervista radiofonica di ben nove anni fa, citata nella mia rubrica del 3 aprile 1983 e nel recente "Tamario".
Da persona vagamente esperta del mondo et delli homini, l'intervallo di nove anni (un numero perfetto che faceva impazzire il divino Alighieri, e che ora sembra dover agitare me, che non sono né divino, né di vino, né di acqua minerale, né carne né pesce cioè), tale intervallo mi sembra che sia più che sufficiente a definire tardivo quell'intervento su parole che ho ascoltato con le mie orecchie, e che ho appuntato perché non sono abituato a inventarmi le virgolette ed i loro relativi contenuti. Informerò il lettore sugli sviluppi del caso che mi fa pubblicità gratuita.
Dunque, in cerca forse di altre rogne, e quindi ancor più propenso a riproporre l'inizio dell'articolo come l'avevo già preparato ("Caro lettore, non so se questo dovrà essere l'ultimo mio appuntamento..."), rileggo un mio pezzo del 20 maggio 1990, che poneva un interrogativo: "Ci sarà un pentapartito per tutta la legislazione, o sarà solo di transizione, in vista di altri eventi a Sinistra?", e che riportava le parole del segretario del pci, Sergio Gambini, il quale prometteva, in caso di Centro-sinistra vincente, "un'opposizione aspra, ma moderna: il psi, abbracciato alla dc, sarebbe il nuovo partito della conservazione".
Il mio pezzo venne contestato con una lettera, il cui firmatario si sentiva "estremamente confortato dalla recente dichiarazione dei Vescovi della nostra Regione dai chiarissimi giudizi su alcuni partiti tra cui il pci" ("Ponte", 27.5.1990). Nel frattempo il pci è diventato pds, mi pare.
Due anni fa, Renato Capacci (psi) garantiva che il pentapartito viveva su "voti certi". Il segretario del psi Tommaso Berti assicurava di voler far crescere l'autonomia dell'area laico-socialista.
Come non detto. Tutto ciò non c'entra con la nuova Giunta (pds, dc e psdi) e con il nuovo sindaco Chicchi (pds) che ha coronato il suo progetto dopo due anni di attesa, in cui tante cose sono cambiate.
Dopo Tolomeo è arrivato Copernico. ("Caro lettore, non so se questo dovrà essere l'ultimo mio appuntamento..."). Saluti cari.»

Cito ora dalla puntata 449 del "Tama" 449, "il Ponte n. 29, 02.08.1992

«[...] Ho su di me poche certezze, al contrario di quel quotidiano che, confermandoci in un'opinione d'altronde largamente diffusa, assicurava domenica 19 luglio, nel titolo di "spalla": "Un'estate tutta da ridere col Carlino". (Ma perché ridurre l'effetto ai soli tre mesi del solleone? Troppa modestia).
Ho cominciato a dubitare di me stesso nell'87, quando "Tazebao" mi definì "il Saggio che scrive sul "Ponte" e risponde (quasi sempre) al nome di Antonio Montanari...", facendomi sentire sospeso tra finzione e realtà, al pari di un personaggio pirandelliano. Quel "quasi sempre" era un segnale criptico per dirmi: "Ti conosciamo mascherina!". (Come a teatro, anche nel giornalismo c'è sempre un suggeritore...).
Secondo fatto. Un on. dc scaricò su di me la colpa di una "linea discriminatoria" attuata (a suo dire) dal "Ponte" in articoli che non avevo scritto io. Era il maggio '90. Fu allora che cominciai a capire tante cose: ad esempio, che molti cacciatori, pur con regolare porto d'armi, non hanno però una gran mira se sparano al primo fesso che passa. La cosa sconsolante appariva questa: quel fesso ero proprio io.
Terzo episodio. Nel dicembre '90, un on. del psi accusò una mia battuta di essere "freudianamente illuminante". Era un'indelicata e pubblica accusa, rivolta a me, di disagio psichico. Ognuno avrebbe diritto di grattarsi in pace le proprie rogne, soprattutto nel piccolo mondo della provincia, ripiccoso, allergico (alle critiche) e urticante (verso il prossimo).
Infine, fresco, l'evento polemico che ha visto un ex on. dell'ex pci, dirmi che mi nascondevo dietro uno pseudonimo, nonostante la dichiarazione di paternità del "Tamario" apparso all'interno del "Quanto basta" inviato in omaggio agli abbonati.
La mia "crisi di identità" è stata ulteriormente aggravata da chi, amico da lunga data, mi ha affettuosamente attribuito un recente articolo (uscito senza firma), che non ho scritto, e che ha suscitato polemiche, tra cui la replica del locale segretario del psi, il quale sul "Ponte" del 19 luglio ha commentato: "L'anonimo e semiserio professore" ha dato "voti "semi"" e fatto "commenti "seri"". Se con quel "professore", si accennava a me, centro mancato!
(Come prof, finché ero a scuola, ho solo dato voti "seri". Mentre, per usare la grafia acerba di certi ragazzini, "semi" tutt'al più possono apparire questi miei commenti. Vero, dottor Freud?)».

Commento. Il "suggeritore" a cui accennavo nel pezzo, era un collega di redazione.


Antonio Montanari
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Anno XII, n. 176, Agosto 2010
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