Diario italiano Il Rimino 173, anno XII Maggio 2010 Tama 996, 30.05.2010 Quel pavone del ponte Un ardito simbolo di Rimini Sul ponte di Tiberio tempo fa c'era un simpatico pavone. Si esibiva con grazia in una scena felliniana. Ad un forestiere che mi chiedeva il perché fosse presente proprio alla porta antica della città, risposi che era un ardito simbolo di Rimini, che ama appunto pavoneggiarsi soprattutto quando non ne ha il più pallido motivo. A riprova della mia opinione, posso portare esempi ricavati da un itinerario che (partendo proprio dal ponte di Tiberio) risale sino alla rocca malatestiana. Sulla vecchia circonvallazione incontriamo l'edificio della Mutua, come la chiamano i riminesi (il nome burocratico è Dipartimento cure primarie), che dovrebbe essere abbattuto per far posto al mercato. Il quale mercato dovrebbe essere trasferito dalla porzione di piazza Malatesta destinata ad essere trasformata nel fossato della rocca, in origine profondo otto metri. Ma chi deve pagare il fossato, già da tempo dichiara che esso non è una priorità. Mentre chi vuol vendere il palazzo della Mutua ha spiegato ai cittadini (2007) che esso è frequentato da pochissime persone. Ovviamente la competente autorità amministrativa non era ben informata. Perché la cifra di 50 prelievi al giorno dichiarata allora alla stampa, non corrisponde alla verità dei fatti che sono sotto gli occhi di tutti: chi entra in quell'edificio (prima del 2007 sottoposto a lunghi e costosi lavori di manutenzione), non lo fa per errore. Guidati dal dolce ricordo del pavone del ponte di Tiberio, volgiamo le spalle alla rocca ed al suo futuro fossato olimpico di otto metri (che immaginiamo con annessa scuola navale per vogatori), e diamo un'occhiata al cosiddetto teatro Galli. Il nostro pensiero si rabbuia. Tanti soldi sono stati spesi nella telenovela dei progetti, non si sa da dove verranno quelli necessari per ricostruirlo (con le macerie del Novelli?), e soprattutto nessuno ha la più pallida idea né in città né in regione di quanto verrà a costare la gestione di un vero e proprio teatro che funzioni non soltanto come sede del consiglio comunale (a Rimini siamo capaci di tutto). Il mio pessimismo parte dall'amara constatazione che nulla è successo negli ultimi anni per il tanto celebrato palazzo Lettimi, lasciato al Comune da quella famiglia per la scuola di musica, e dal Comune trasferito all'Università per la sua sede di rappresentanza. Rudere era, resta, e per tanto tempo ancora resterà. Lo stesso dicasi per la biblioteca di San Francesco, al Mercato coperto. [996] Dossier. Una lettera di Lina Azzalli al Corriere di Rimini, 2007 Faccio riferimento all'interessante pagina apparsa sul «Corriere» del 25 ottobre 2007, e relativa all'edificio dell'Azienda Sanitaria di Rimini, posto in via Circonvallazione Occidentale e sede del presidio Cup, Punto prelievi-visite, eccetera. Mi permetto di suggerire una correzione circa la cifra iniziale dei cinquanta prelievi giornalieri. Per lunga esperienza personale, so che le cifre sono molto più consistenti. Ve le può fornire la stessa Azienda sanitaria per permettere ai cittadini di aver un dato incontrovertibile circa l'attività della stessa sede. Che adesso il Comune vorrebbe demolire. Sempre in base alla mia esperienza personale, posso informarvi che di recente la sede di cui stiamo parlando, è stata sottoposta a lunghi e costosi lavori di manutenzione. Se l'edificio dovesse essere abbattuto, questa cifra andrebbe perduta. Con questa mia lettera sono a pregarvi di pubblicare l'ammontare esatto delle spese effettuate per quei lavori. Spesa il cui totale ovviamente io non conosco, e che l'Azienda sanitaria è tenuta ad indicare, dopo questa mia richiesta, essendo i cittadini la fonte economica delle spese pubbliche. So di dire un'ovvietà, ma spesso sono proprio le cose scontate ad essere dimenticate. Infine desidero segnalare che la sede di via Circonvallazione è molto importante ed utile per il centro della città di Rimini e per la sua zona Nord. Già alcune delle vostre interviste hanno sottolineato la serietà dei problemi di una fetta sempre più consistente della popolazione anziana, che sarebbe svantaggiata da uno spostamento della struttura. Sono consapevole che amministrare una città è difficile. Ma non capisco le lamentele del vice-sindaco Melucci che in un recente convegno ha segnalato alcuni problemi tutti riminesi (detto in pillole, nessuno è mai contento di niente e ci vogliono decenni per realizzare certi progetti). Rimini ha costruito palazzi, incrementato villaggi, ma non ha pensato alle strade. Adesso che, per realizzare un fossato (per quanto malatestiano) e per spostare il mercato, si debba distruggere un presidio sanitario (con indispensabile parcheggio annesso), è veramente un primato che andrebbe segnalato a «Striscia la notizia». Alla quale vedo far riferimento (senza la citazione della trasmissione) in un intervento apparso lo stesso 25 ottobre, dove si parla dell'Italia in generale e di carceri, ospedali e di altre infrastrutture pubbliche avviate e non completate. La demolizione della sede sanitaria sarebbe un fatto scandaloso, al pari di quelli denunciati dal Gabibbo. Lina Azzalli © RIPRODUZIONE RISERVATA[/COPYRIGHT] Tama 995, 23.05.2010 Se Rimini fa acqua Il ponte di Tiberio resiste alle beffe dei pubblici amministratori che non sanno dove deviare il traffico Sino al 2009 ogni opera di pulizia nel letto del Marecchia fra il ponte del borgo San Giuliano e quello di legno, salvaguardava integro l'isolotto che sorgeva dopo la diga verso la foce, e che era un paradiso per i pescatori e per la fauna. Quell'isolotto (ora ridotto ed abbassato) serviva a rallentare la corsa dell'acqua nei momenti di piena del fiume. Nel 1966 a novembre, una di quelle piene danneggiò i pilastri del ponte che collega il borgo San Giuliano alle Celle. Negli anni successivi quell'isolotto fu lasciato, almeno così dicevano i tecnici a noi cronisti, appunto per frenare il corso del Marecchia. Nel 1966 a novembre, una di quelle piene danneggiò i pilastri del ponte che collega il borgo San Giuliano alle Celle. Negli anni successivi quell'isolotto fu lasciato, almeno così dicevano i tecnici a noi cronisti, appunto per frenare il corso del Marecchia. Quando di recente il fiume tracimò nel parco che collega l'argine destro con il ponte di Tiberio, furono accreditate autorevolmente due leggende. La prima è che si trattava di una esondazione eccezionale. Bugia. Quel terreno destinato a parco è naturalmente disposto per accogliere simili fenomeni che non sono eccezionali ma normali, quando le condizioni meteorologiche provocano la piena. Seconda leggenda. Ovvero che si trattava di una delle cosiddette piene secolari del Marecchia. La storiella delle piene ogni cento anni non ha nessun fondamento scientifico né statistico. Essa fu formulata nella seconda metà del 1700 per opera di un medico specializzato in Anatomia. Città posta sull'acqua, Rimini non ha però chiara intelligenza dei problemi che ne derivano. La più limpida dimostrazione di un modo allegro di concepire le soluzioni per quei problemi, è nella storia del ponte di Tiberio. Alla fine degli anni 1960, assieme alla monorotaia, fu progettata la piscina olimpica nell'invaso a monte del manufatto romano. Erano i tempi in cui si doveva demolire mezza città per costruirne una tutta nuova. I sognatori non sono soltanto patetiche figurine stilizzate nei film di Fellini, ma realtà drammaticamente politiche. Il canale del porto quante beghe ha dato? Quanti miliardi di lire sono stati buttati a mare (è proprio il caso di dirlo) tra riforme e controriforme? Comprendendovi le banchine portuali sommerse dall'acqua nei giorni di forte tramontana, quando il mare non riceve (come dicevano i vecchi riminesi); quella diga che non serviva a nulla e che è stata rimossa; e quel pannolone un tempo sistemato fra la diga e il ponte. Spero che la rimozione dell'isolotto da cui sono partito, non provochi guai nei prossimi autunni o inverni. Intanto il ponte di Tiberio resiste alle beffe dei pubblici amministratori che non sanno dove deviare il traffico. [995] © RIPRODUZIONE RISERVATA[/COPYRIGHT] Tama 994, 16.05.2010 Antonio Montanari 6 maggio 2010 Egregio Andrea Gnassi, perdona la confidenza, che azzardo essendo un elettore del tuo partito. L'hai fatta grossa, parlando del rischio di "fattoidi" a proposito della mafia e della camorra in Riviera, e definendoli "fatti evocati e denunciati ma difficilmente rintracciabili" (Corriere, 4.5.2010). Tu prendi in prestito la parola dal rimpianto Edmondo Berselli, uno scrittore che conosco bene. Nel suo libro "Sinistrati. Storia sentimentale di una catastrofe politica" (2008), Berselli a p. 75, trattando del "catalogo virtuale di Berlusconi" e delle sue invenzioni "funzionali al mantenimento del carisma", scrive che l'amato premier "addita la sinistra come un altro fattoide, una cometa perversa, un'altra entità maligna". Berselli commenta: "Converrebbe prenderlo sul serio. In fondo, meglio essere cattivi che cretini". Torniamo a Rimini. Non definirei fattoidi le denunce (1994) del senatore Carlo Smuraglia (Pds) della Commissione antimafia che spiegava: "In Romagna è ben presente la mafia che lavora in camicia e cravatta", più difficile da combattere di quella che spara. Smuraglia fu estensore per la Commissione antimafia del dossier sugli insediamenti mafiosi in "aree non tradizionali". Era, ripeto, il 1994. Cordialità. Antonio Montanari Antefatti della lettera ad Andrea Gnassi. 7 marzo 2010. Nei miei blog pubblico questo post "Rimini ricicla". Eccone il testo. «La crisi della squadra di calcio batte la presenza locale della mafia in Riviera Prima pagina del "Corriere di Rimini", unico giornale locale leggibile. Titolo su tutte le cinque colonne: "La fine del calcio. Acquistare il Rimini è impossibile", sostiene un costruttore. Sotto, molto in basso, tre colonne su cinque, e tra virgolette: "Mafia a Rimini grazie all'evasione". Un occhiello sempre tra virgolette avverte: "Siamo diventati la capitale del riciclaggio". Alegher, dunque. Alle pagine 6 e 7, un sottotitolo aggiunge: "A Locri ci hanno detto: datevi da fare nella vostra città, sta diventando la capitale italiana del riciclaggio". Parlano dei giovani volontari che cercano di illuminare da soli l'opinione pubblica. Qualche ente locale tempo fa non distribuì nelle scuole materiale della Commissione antimafia. Così, per non far fare brutta figura alla città e non gettare discredito, oltre che procurare allarme. Il 10 agosto 2008 avevo scritto una lettera allo stesso quotidiano che non fu pubblicata. La presento integralmente, qui. Precisando che le notizie in essa contenute le ho quasi tutte ricavate da un mio libro, intitolato "1987-1996, Fatti personaggi e idee di Rimini e provincia dalle cronache de "Il Ponte"", consultabile su Internet.» Ecco la lettera cestinata dal "Corriere di Rimini" nell'agosto 2008. «Presidente della Provincia e sindaco di Rimini si sono detti notevolmente preoccupati per notizie che "configurano un quadro di infiltrazione malavitosa in diversi settori del tessuto economico-imprenditoriale" locale. Ma il problema non è nuovo, come documentano alcuni dati "storici". Nel 1993 il presidente dellAntimafia, Luciano Violante, dichiara: "La mafia in Riviera ha vestito i panni puliti della intermediazione finanziaria, ma è ben presente". Gli usurai hanno "i colletti bianchi": a gennaio sono stati eseguiti nove arresti, e quattro società dal credito facile sono finite sotto inchiesta con laccusa di truffa ed associazione a delinquere. Nel 1994 il prof. Giancarlo Ferrucini, occupandosi del "balletto dei fallimenti", ipotizza che vi sia interessata anche la mafia, con quelle infiltrazioni denunciate dalla Commissione parlamentare antimafia, che "potrebbero attecchire più facilmente nei settori dellabbigliamento e della ristorazione, dove fra laltro si verificano frequenti turn over nella titolarità delle aziende". Nello stesso anno il senatore Carlo Smuraglia, estensore per la Commissione antimafia del dossier sugli insediamenti mafiosi in "aree non tradizionali", spiega che "in Romagna è ben presente la mafia che lavora in camicia e cravatta, quella che è più difficile" da combattere rispetto a quella che spara e prepara stragi. Sempre nel 1994 la sezione riminese della "Rete" che fa capo a Leoluca Orlando, in occasione dellassemblea nazionale tenutasi a Riccione, lancia pesanti accuse alle Giunte di sinistra che avrebbero sottovalutato il fenomeno mafioso in Romagna. Dicembre 2005, infine. Il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso spiega: anche per Rimini vale il principio che il denaro si accumula al Sud e si investe al Nord".» © RIPRODUZIONE RISERVATA[/COPYRIGHT] Tama 993, 09.05.2010 Antonio Montanari Tama 992, 02.05.2010 Antonio Montanari I post precedenti. Diario italiano, indice. Anno XII, n. 173, Maggio 2010 Date created: 02.05.2010 - Last Update: 23.05.2010, 18:35/ All'indice delle notizie- Mail- Info: 0541.740173 "Riministoria" e' un sito amatoriale, non un prodotto editoriale. Tutto il materiale in esso contenuto, compreso "il Rimino", e' da intendersi quale "copia pro manuscripto". Quindi esso non rientra nella legge 7.3.2001, n. 62, "Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416", pubblicata nella Gazzetta Ufficialen. 67 del 21 marzo 2001. Riministoria-il Rimino-antonio montanari nozzoli |