Diario italiano
Il Rimino 170, anno XII
Febbraio 2010

07.01.2010
Dopo l'Ulivo, il Cipresso
Di Pietro non si pente del passato, ma vuol cambiare, la signora D'Addario sì e non può cambiare

Quale sarà il simbolo elettorale della Nuova Alleanza Pd-IdV? L'Ulivo è stato abbattuto. Resta il Cipresso. Quello di Bolgheri e del duplice filar. Quello che, toccandosi, Bersani and C. dovranno digerire per placare Di Pietro.

Non tornano i conti in casa Idv. Tutti motivi politici. L'ultimo: la comparsata da tv ghediniana, di un signore con la sua teoria delle finte ferite del premier a Milano.
Poi ci sono stati gli applausi a Vendola. E l'accettazione del candidato regionale, non troppo gradito in un primo momento a Di Pietro. Ed in un secondo tempo poco gradito al rivale-erede De Magistris: "Ho letto le carte del suo rinvio a giudizio". Tant'è.
Il candidato regionale sostiene: "Sto con la povera gente", mica con i "cafoni arricchiti" (del Pd).

Di Pietro non si pente del passato, ma ammette che non basta urlare in piazza.
La signora D'Addario si pente, invece, ed ammette: "Non lo rifarei più". Che cosa? Ha visitato di sera il premier a palazzo Grazioli, ha registrato le loro voci (e non erano quelle di Giovanna D'Arco), ha consegnato i relativi nastri magnetici alla magistratura.

Dopo ha subìto un tentativo di stupro in casa, ed è stata fatta salire "con la forza" in un'auto.
Dopo ancora, un settimanale di casa Mondadori-Berlusconi ha parlato di lei come parte di un "complotto contro il premier".

Di Pietro fa marcia indietro, "Non basta la pancia, non basta la piazza".
Oltre la pancia c'è di più, pretendono, poverette, le escort deluse. Neanche un incarico politico hanno ottenuto, era il loro sogno.
La signora D'Addario è stata candidata per il Comune di Bari, in una lista apparentata con il partito del cavaliere. Anche lei aveva chiesto un voto di testa. Si sono ricordati soltanto di altre parti del suo corpo. Che l'hanno resa immortale.

Per un voto di testa contro Di Pietro, dopo i giornali vicini al premier, è scesa in campo pure la Rai, secondo canale tv, con tutto il Paragone possibile, dedito a processare l'ex pm. Se questo non è complotto...
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06.01.2010
Feltri, tranquillo
Per l'occhio nero a Boffo, non corre rischi. Chi vorrà guardare che cosa bolle in pentola?

Per il caso Boffo, il 22 febbraio Vittorio Feltri, direttore de "il Giornale", sarà ascoltato dall'Ordine dei giornalisti.
Feltri può stare tranquillo. La pubblicazione di quel falso documento relativo a Boffo "attenzionato" dalla polizia, non avrà conseguenze.

Per due motivi:
1. Gli Ordini professionali vivono dei loro iscritti, quindi sono portati in linea di massima a proteggerli. Quale mamma sana di mente divora le sue creature?
2. Feltri ha rovesciato la frittata. Con l'abilità di chi ha persino convinto Vittorio Messori, non certo cattolico "progressista".

Messori ha chiesto ("Stampa", 5.2.) "che la Chiesa renda finalmente pubblici gli atti del processo di Terni in cui è stato condannato Dino Boffo".

Tutto il resto che succede nei sacri palazzi, è grasso che cola per Feltri.
Feltri aveva fatto certe accusa. Per smentirlo si è mosso un cardinale, Giovan Battista Re ("è assurdo pensare che in qualche ufficio vaticano sia stata progettata tutta la messinscena", "Repubblica, 3.2.). Re ha rischiato il posto per il caso Wielgus, tre anni fa. Merita credito, ma c'è questo precedente (illuminante?).

Poi il papa, messo sul chivalà proprio dal caso Wielgus e poi da quello del vescovo lefebvriano Richard Williamson nel gennaio di un anno fa, "avrebbe" chiesto una relazione dettagliata sulla vicenda Feltri-Boffo.

Ieri, una voce ufficiale, il direttore della sala stampa vaticana, ha dichiarato: "E' ovvio che il papa sa".

Tutti sanno, ma nessuno parla. Per cui i giornali sono pieni di retroscena e confidenze raccolte qua e là.
Più vicini al vero, nelle notizie relative al "fuoco amico", sembrano i cronisti di "Repubblica".
Se mercoledì 3 febbraio hanno intitolato "Fra il premier e la Santa Sede congiura doppia su Avvenire", oggi sintetizzano la vicenda lasciando intravedere scenari inquietanti: "Governo e Santa Sede alle grandi manovre. Berlusconi offre un patto di non belligeranza".

Intanto "qualcuno" ha aperto un nuovo fronte, accusando Di Pietro per un certo assegno da 50 mila dollari... Mai riscosso! Di qui alle elezioni regionali ne vedremo delle belle. Anche per questo, Feltri può dormire tra due guanciali.

Circa gli Ordini professionali. Cane non morde cane. Una avvocata scrisse una lettera diffamatoria, penalmente perseguita. Fu assolta dal suo Ordine: lei aveva messo soltanto la firma, il contenuto offensivo era stato steso da un collega. Che però non è punibile perché non ha firmato. La logica fila... E poi ci chiamano il Paese del Diritto.
Per questo motivo scrissi alla ministra avv. Gelmini: "Se dovessimo stilare una graduatoria della pericolosità sociale, proprio per questo, (voi legali) rischiereste di finire in testa a tutti, anche a quelli che difendete...".
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05.01.2010
Riccione, non basta la parola
Rodolfo Francesconi racconta tempo e spazio tra Romagna e Marche

A "Riccione nella Romagna" Rodolfo Francesconi dedica un ricco volume di ricerca storica (476 pagg., Raffaelli editore Rimini). Spiega nomi e caratteri geografici della città e del suo territorio, collegato a quelli che lo circondano anche dalla parte marchigiana. "Riccione nella Romagna" è soltanto la seconda parte del titolo, che inizia con "L'intelligenza del luogo". Ovvero un viaggio nel tempo, come osserva Piero Meldini nell'introduzione, alimentato "da una curiosità intellettuale onnivora".

Si parte dalla preistoria e si arriva al 2008, quando Riccione onora un suo figlio illustre, Igino Righetti, ben noto in tutt'Italia e non soltanto a Rimini, riservandogli una piazzetta. E cancella il nome di don Emilio Campidelli, che era stato posto ad un viale. Don Campidelli era stato cappellano a San Lorenzino nella parrocchia retta da don Giovanni Montali, e poi suo successore dal 1959 al 1981. Quando gli subentrò sino al 1994 il primo direttore de "il Ponte", don Piergiorgio Terenzi.

Una curiosità del 1969. Arriva in Consiglio comunale la proposta (8.9.) di intitolare la via Flaminia al polacco Jan Palach, il giovane uccisosi a Praga per protestare contro i sovietici che avevano invaso la sua patria. Il 25.11. via Jan Palach ridiventa via Flaminia (pp. 420-422). Ovvero il trionfo dello stalinismo puro e duro.

Il volume di Francesconi colloca ogni notizia locale nel contesto nazionale od internazionale. Ad esempio, ampio spazio è dato alla rivoluzione francese per meglio comprendere quanto allora successe a Rimini e dintorni.

Circa i nomi delle località, consideriamo il San Lorenzino citato, ovvero San Lorenzo in Strada. In Romagna, spiega Francesconi, di San Lorenzo con qualche aggiunta ce ne sono altri 12, mentre quelli "lisci" sono 6. Altri casi hanno alle spalle storie più complesse. Un solo caso. Dai "curopolates", i bizantini addetti al palazzo, deriva Corpolò.

Il progetto del libro è spiegato dall'autore con la volontà di raccogliere nella mappa dei nomi lo spazio dei luoghi e lo sviluppo della storia nel tempo. E' un'idea molto moderna. Vi ritroviamo riflessi il gusto vertiginoso per le liste di Umberto Eco, e le più moderne teorie di chi propone di leggere il tempo nello spazio. Per questi due elementi, molti lettori e non soltanto quelli non specializzati, dovranno essere grati a Francesconi per la sua fatica.

Ovviamente l'autore non è responsabile della bontà di tutte le citazioni. In certi casi, ad esempio sulla storia medievale, preferiamo ricordare vecchie letture (come quelle di Antonio Carile, 1975), meno portate a semplificazioni fuorvianti.
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04.01.2010
Incenso e veleni
Boffo, le spie, "il Giornale" e certi misteri

La storiaccia che a Dino Boffo è costata il posto di direttore all'Avvenire, non si chiarisce per nulla dopo le presunte rivelazioni che accusano certi personaggi e certi settori del Vaticano.
C'è puzza di bruciato (incenso bruciato male). Abbiamo parlato subito di "fuoco amico". Ma passare dalla formula generica all'identikit dei colpevoli, ce ne passa.
Crediamo alla "smentita" del cardinale Re fatta ad Orazio La Rocca su "Repubblica" di ieri: è assurdo pensare che in qualche ufficio vaticano sia stata progettata tutta la messinscena. E crediamo pure che il cardinale Re abbia ragione quando sostiene: "Temo che tutta questa manovra sia stata fatta per tentare di nascondere i veri mandanti" e chi ha passato "le false carte" al "Giornale" di Feltri (e Berlusconi).
Giuseppe D'Avanzo, su "Repubblica" di ieri, ha precisato che "secondo fonti vicine a Boffo" lo spione andrebbe identificato in un professore della Cattolica di Milano.
A noi, sul blog della "Stampa" è capitato di ricevere un duplice commento da parte di tale Andrew che si proclamava "laico", e poi abbiamo appurato che usava un server della stessa Cattolica. Allora la cosa comincia a puzzare...
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04.01.2010
Gelmini in linea
Meno ore di insegnamento? Peggiora la didattica

La ministra Gelmini ha rispettosamente osservato la linea dei suoi predecessori di qualsiasi colore politico. Quella di rovinare tranquillamente la scuola.
Ha detto che non conta il numero delle ore di insegnamento di una materia, ma la qualità della didattica. Balle. Prendete una classe di trenta alunni, dovete svolgere il programma in due anziché tre ore (facciamo un esempio), potrete fare le stesse interrogazioni che fareste con il vecchio calendario? Anche la verifica è didattica. Quindi per favore raccontiamoci cose serie, non balle, signora ministro. Due ore alla settimane sono un trenta e passa per cento in meno, e questo lei me lo chiama un invito a migliorare la didattica.
Per cortesia, torni a fare l'avvocato, avendo lei sostenuto gli esami fuori sede, in quel profondo Sud che, come le scrissi pubblicamente, non le piace troppo.
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02.02.2010
Effetto Ulivo
Prodi rifiuta Bologna, ed accusa. L'ex sindaco Vitali: cambiare strada, basta arroganza e presunzione

Romano Prodi ha ottima memoria, recita bene la sua parte di padre nobile del Pd, parla cortesemente con i cronisti, telefona con affetto a Bersani, baci abbracci e tanto sorriso con tutti, ma poi arriva la stoccata, come in classico monologo teatrale.

A Marco Marozzi di "Repubblica" ha fatto un bilancio freddo e impietoso: "Nessuno ha mai avuto la pazienza di pensare all'Ulivo come ad un'occasione straordinaria, che aveva bisogno di fatica, capacità di costruire e aspettare".

L'argomento era una sua possibile candidatura a sindaco di Bologna, in sostituzione di quel Delbono dimessosi, che era stato una sua invenzione sia politica sia accademica. Prodi ha letto anche il malizioso retrogusto della proposta avanzatagli: ci hai dato il tipo che ci ha inguaiato, adesso arrangiato "mo" tu a cavar le castagne dal fuoco.

Prodi ha svicolato, facendo un discorso giusto, quello sull'Ulivo, in un'occasione in cui il problema dell'Ulivo, vecchio ormai ma sempre attuale, c'entrava poco. C'entrava soltanto per ricordare che, se oggi lo invitano a fare il sindaco di Bologna, è perché gli hanno sfilato da sotto il sedere la poltrona di presidente del Consiglio.

Un vecchio sindaco di Bologna Walter Vitali, ora con Franceschini, è raccontato nell'edizione bolognese di "Repubblica" da Mauro Alberto Mori. Il problema di Bologna è dato dalla rabbia e dallo sconcerto, ci vuole una risposta politica che non passa soltanto attraverso le candidature. Agli elettori bisogna fare "un discorso di verità": bisogna abbandonare "l'arroganza e la presunzione... e occorre avere l'umiltà di riconoscere che c'è qualcosa che va oltre la vicenda giudiziaria che ha portato alle dimissioni del sindaco".

Un carissimo amico, ottimo osservatore e giornalista, mi scrive: "In questo paese manca la politica, quella vera, con la maiuscola. Si è applicato un meccanismo perverso per il quale chiunque voglia impegnarsi per il bene comune finisce emarginato. Ragion per cui i giusti e volenterosi, se non votati al martirio, fanno un passo indietro lasciando spazio a chi fa politica convinto di non far politica, quindi libero di brucare l'erba del vicino che, come sappiamo, è sempre più verde".

Ha ragione il "vecchio" Vitali, bisogna abbandonare "l'arroganza e la presunzione".
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01.02.2010
E dopo ci sono le indagini
Storie di questo mondo. I morti di Favara e Santa Severa. Senza lavoro a Faenza. E poi Tremonti

Favara, Sicilia. Due sorelle di 3 e 14 anni, sono state uccise dal crollo della loro abitazione. Che doveva essere ispezionata dal 2002, dopo una demolizione operata dai Vigili del fuoco per il crollo di un edificio vicino. Laura Anello ha scritto da Favara su "La Stampa" che "Non ci sono soldi per le scuole ma il sindaco spende 35 mila euro per il suo ufficio". Poi ha spiegato dove in tutta la Sicilia "finiscono i soldi che mancano per scuole ed abitazioni". Il nuovo simbolo grafico della Regione è costato 216 mila euro. La Regione paga ai suoi consiglieri quasi 20 mila euro lordi al mese, contro i 9.672 della Toscana.

Santa Severa, Roma. Due signori di 82 e 91 anni muoiono bruciati vivi da un corto circuito. Nella casa di riposo a cui versavano una retta mensile di 1.700 euro. Affetti da malattia che li privava di lucidità, alla sera per non farli disturbare gli altri ospiti, li trasferivano nel deposito degli attrezzi del giardino, 14 metri quadrati. E chiusi a chiave dentro.

Ignazio Marino, chirurgo e presidente della Commissione d'inchiesta del Senato (nei cui banchi siede per il Pd) sul Servizio sanitario nazionale, dichiara al "CorSera" che in tutta Italia nel 2008 sono state chiuse 30 case di riposo, dopo 1.481 ispezioni con "474 infrazioni di rilevanza penale". L'osservazione più amara: "Le ispezioni non possono essere annunciate". Con l'aggiunta: "Se non vogliamo che queste tragedie si ripetano, la politica deve intervenire. Senza più rimandare a domani".

Sullo stesso giornale, Isabella Bossi Fedrigotti osserva che oggi la più diffusa e sprezzata debolezza in Italia, è la vecchiaia. Troppi anziani ci sono, ciò significa fastidio ed indifferenza verso di loro, ed affari per le "case di riposo, sempre troppo poche, sempre troppo care".

Altre storie. Faenza, la Omsa chiude, Daniela Ghiselli, da 25 anni in fabbrica ed un figlio di 18, resta senza lavoro: torna a vivere dai genitori per poter mangiare. Ne ha parlato Concita De Gregorio, direttore de "l'Unità". A Milano, a 54 anni una prof resta sola, senza casa ed in miseria ("CorSera"). Una volta alla settimana s'incontra in una parrocchia con una coetanea, avvocato in carriera, che la serve in tavola, e si chiama Nicoletta Masucci.

Sono storie di questo mondo. Il ministro dell'Economia Tremonti ha spiegato che per salvarlo dalla banche, ci vuole l'impegno della politica. Speriamo sia consapevole che lui è un politico.
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Anno XII, n. 170, Febbraio 2010
Date created: 02.02.2010 - Last Update: 07.02.2010, 18:55/
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