il Rimino 2009


Il Rimino 165, anno XI
Settembre 2009
Diario italiano

30.09.2009
P(er) D(ispetto)

Tra i due litiganti il terzo gode. Un bersaniano "gioca" per il cavaliere
Vicenda molto antipatica, appare quel balletto che vede da una parte il coordinatore nazionale bersaniano sfiduciare Franceschini dopo i risultati delle votazioni nei circoli del Pd, e dall'altra Rutelli annunciare un'uscita dal partito con la sicurezza di chi fa l'oroscopo al passato.
Le votazioni dei circoli, non sono i risultati delle primarie prossime venture. Anzi, i giochi sono tutti da fare. Il coordinatore è stato smentito dal suo coordinato. Bersani ha garantito a Franceschini "piena collaborazione".
Ma si sa come vanno queste cose. Una cosa è il galateo che obbliga all'uso di formule di cortesia. Un'altra è la dura legge della giungla in cui sono da sempre costretti a vivere i nostri partiti.
Farsi i dispetti qui ed adesso, nel contesto drammatico in cui si trova la società italiana con questo governo, è un delitto.
Ieri Anthony Giddens terminava un editoriale su "Repubblica" prospettando per il centro-sinistra la ricerca "di un nuovo pensiero politico" e "la capacità di unire tutte le sue forze, mettendo fine alle divisioni tra moderati e radicali".
Invece sembra che l'unica "uscita di sicurezza" per i nostri eroi del Pd sia una comica corsa al centro già affollato da troppi concorrenti.
Casini è un pezzo che vi ha piantato la sua tenda. Se vi arriva Rutelli farà da chierichetto al celebrante investito da Santa Madre Chiesa. A maggior gloria di un centro-destra che non sa cosa vuole e non sa dove andare, come dimostra lo "scontro" di Fini con Bossi e Berlusconi. Ma che trova tutte le strade libere per proseguire la sua corsa grazie all'inettitudine dell'opposizione. Per ora Berlusconi può scherzare ringraziando Santoro ("Mi porta voti"). Sarebbe molto triste se sul serio il Pd nel suo travaglio alla ricerca di identità, favorisse nei prossimi mesi l'attuale capo del governo.
Si comincia scherzando e si finisce tremando. Ora il cavaliere la prende allegramente. Domani il Pd potrebbe recitare un triste ed amaro mea culpa. Ovvero la vecchia storiella che tra i due litiganti il terzo gode.

29.09.2009
Camicette azzurre

Sembrano le camerate di "Amarcord" o le compagne di "Don Camillo". Chiuse al libero arbitrio
Non le indossano realmente. Sono un loro abito mentale. Le fedelissime di Berlusconi le esibiscono con orgoglio, le camicette azzurre. Che le costringono come certi busti delle caricature sulla moda ottocentesca. Una specie di camicette "di forza" (Italia), per evitare ogni deragliamento dal verbo del cavaliere.
La biancheria del Popolo della Libertà non è fatto soltanto di oggetti del desiderio sessuale.
Quelli li usano fanciulle che, parole loro, si offrono una prospettiva ancorata al bivio amletico fra politica e spettacolo. Questo o quella per lor pari sono.
Consapevoli, le poverine, che qualcuna prima di loro ha dato prova di eccellere nel corpo a corpo televisivo, mostrando le proprie grazie, per salire infine su qualche poltrona pubblica.
Le camicette azzurre obbligano chi le ha accettate come correttivo del proprio (ed altrui) pensiero, a credere che soltanto "lui" non sbaglia mai. E che gli altri è inutile che parlino, tanto sono nell'errore.
Non credono ai dati di fatto. Fingono di non sapere che è stata la moglie del capo a denunciare in pubblico le di lui frequentazioni di minorenni e la di lui "malattia".
Le "camicette azzurre" fondano club in onore del loro idolo politico.
Passi per quel "Meno male che Silvio c'è" (titolo di un inno composto in suo onore).
Ma quel "Silvio ci manchi" è qualcosa che, se il loro leader fosse nato non nell'operosa Lombardia ma nello scaramantico Sud d'Italia, porterebbe a ripetuti toccamenti contro la jella che il titolo del circolo potrebbe far temere.
Settantuno anni fa l'ambasciatore inglese a Roma riferiva al suo governo che il capo dello Stato italiano era stato colpito da un "fortissimo esaurimento fisico" per colpa della signora Claretta Petacci.
Mussolini, aggiungeva l'ambasciatore qualche mese dopo, era stato costretto a cambiare amante, aveva ora una "placida tedesca", "meno eccitante" della Petacci.
Chi aveva operato la sostituzione, secondo il diplomatico britannico, era stato "il Vaticano". (Ne ha parlato domenica 27 settembre Filippo Ceccarelli su "Repubblica").
Ma anche la "placida tedesca" ha i suoi effetti negativi se un rapporto del 6 ottobre 1939 parla di "durissima prova" a cui Mussolini è stato sottoposto sia da lei sia dalla Petacci. L'Europa è già in guerra da un mese.
Il bello delle "camicette azzurre" è che non si rendono conto di quale e quanto sputtanamento abbiano provocato all'Italia non alcune notizie segrete come quelle su cui si basa il diplomatico inglese inventando un ruolo del Vaticano per procurare amanti a Mussolini. Ma pubbliche informazioni che dalle "camicette azzurre" sono qualificate gossip, mentre sono semplice conseguenza di una denuncia (altrettanto pubblica) della moglie del premier italiano.
A cui i cronisti "legati" al marito, hanno risposto con un "Senti chi parla, te che mostravi le tette sul palcoscenico". Con tanto di foto per documentare che si dicevano cose vere.
Gad Lerner, ieri mattina su "Repubblica" e ieri sera in tv a "L'infedele" su "La7", si è chiesto se questa Italia del 2009, che Berlusconi presume di incarnare, sia dominata dalla "cultura ereditata dall'Italia delle case chiuse degli anni Cinquanta".
Le "camicette azzurre" ospiti di Lerner iersera sono state rispettose del copione che dovevano recitare. Tanto di cappello.
Ma, signore mie, che fatica dovete aver compiuto in tutti questi mesi od anni per rinunciare al libero arbitrio ed assumere quel ghigno alla Ghedini pieno di "gran dispitto" verso chi non la pensa come vuole il capo. Anzi, il Capo.
Se volete vedervi allo specchio, ci sono certe scene di "Amarcord" con le ispettrici del fascio che sembra essere non la vostra caricatura ma il vostro autoritratto. O certi passi del "Don Camillo" di Guareschi con le compagne del Pci, formatesi alla scuola di Mosca, che sembrano vostre sorelle. Non è un gran risultato per il "Partito della Libertà".
Niente di strano, anche la dittatura comunista della Germania orientale si riteneva democratica.
Auguri, "camicette azzurre", che la vostra strada per arrivare alla scoperta del "vero" sia molto più breve e veloce.
E se amate davvero la Politica, mandate a quel paese (con doverosa ineleganza maschile), le fanciulle che sono afflitte, frequentando il vostro signore, dall'atroce dubbio: se a loro si confaccia più lo spettacolo senza veli od un seggio in parlamento senza capo né coda.

28.09.2009
Darla a bere

Discoteche, alcol un'ora in più. Con quale logica?
Anticipazione del "CorSera" di oggi: "L'alcol nelle discoteche, si potrà bere un'ora in più". Lo stop alle vendite sarà portato dalle 2 alle 3 di notte.
"Il nuovo compromesso" potrà diventar legge entro breve tempo, spiega Lorenzo Salvia.
Il provvedimento appare così irrazionale che non aggiungiamo nessun commento. Ci permettiamo soltanto una domanda, partendo dai dati forniti dal quotidiano di via Solferino.
Si potrà bere di più forse perché gli incidenti ed i relativi decessi sono in calo? "Soltanto" 942 morti sulle strade dall'inizio dell'anno (meno 220) nei fine settimana. Fra cui 345 giovani sotto i 30 anni (meno 92) nei 35.134 incidenti (meno 10,6%) sempre e soltanto di fine settimana.

27.09.2009
3 ottobre 2009

"I giornali italiani si censurano in anticipo", Barbara Spinelli
Va bene. Niente da dire, oggi come oggi, abbiamo "una democrazia sotto comando". Lo scrive Edmondo Berselli su "Repubblica" di stamane. Abbiamo la "mala informazione" di cui ha trattato su "La Stampa" Barbara Spinelli il 17 maggio scorso. Abbiamo giornali  "prigionieri" di un modo di fare informazione basato "più sui retroscena di Palazzo che sull'analisi politica" (Piero Ostellino, "CorSera", 25 maggio 2009).
Ma c'è qualcosa d'altro. Non lo dico io. Le parole sono ancora di Barbara Spinelli, da un'intervista concessa a "l'Unità" di oggi: "La stampa di oggi è in pericolo non solo a causa di Berlusconi... [...] Spesso si ha l'impressione che i giornali italiani si censurino in anticipo, temendo chissà quali ritorsioni".
Che dire d'altro? Il potere non ama le "notizie". Mai. Il potere nell'Italia del 2009 non solo non ama le notizie, ma concentra nelle mani di uno solo qualcosa che esiste soltanto dove non c'è la democrazia.
Quindi va bene che il 3 ottobre ci si appelli all'opinione pubblica per contestare e contrastare quella che Berselli chiama "la potenza di fuoco del governo e del sistema berlusconiano".
Ma il 3 ottobre tutti quelli che oggi sono all'opposizione, da quanti stanno in prima fila agli ultimi dei cortei politici locali, tutti, debbono cominciare a pensare che se li si critica per loro pubblici atti, non si commette alcun reato di lesa maestà.
E poi, chi lavora nei giornali dovrebbe smettere di chiedere favori a chi siede nei Palazzi della politica. O, rovesciando il discorso, i signori dei Palazzi della politica dovrebbero cessare di ingraziarsi i cronisti offrendo loro piaceri.

26.09.2009
Scajolate

Parole in libertà. Scajola contro Santoro, Maroni contro i magistrati
Claudio Scajola, ora ministro dello Sviluppo economico, un posto di disonore nella Storia italiana se lo è già conquistato, quando definì "rompicoglioni" il prof. Marco Biagi, ucciso dalle bierre.
Qualsiasi cosa faccia in più, da sette anni è del tutto inutile. Ora rallegra colleghi e compagni di partito, promuovendo un'istruttoria contro "Annozero" e Michele Santoro. Ma non acquista gloria alla sua poltrona.
Scajola non è solo. Altro giro, altro ministro. Roberto Maroni, dagli Interni, ha attaccato i magistrati: "La legge sulla clandestinità è chiara, la capisce anche un bambino di sei anni. Non possiamo accettare che i magistrati la interpretino in un modo o in un altro". Evidentemente Maroni non conosce i meccanismi che possono portare un magistrato a dubitare sulla costituzionalità di una legge.
Peggio di Scajola e di Maroni messi assieme, ha fatto il presidente emerito Francesco Cossiga quando, a proposito di Marco Biagi, ha detto a Claudio Sabelli Fioretti che le telefonate minatorie che riceveva se le faceva fare da conoscenti e amici.
Testuale: "Biagi era un rompicoglioni. Nessuno, né la polizia né i carabinieri hanno mai creduto, sbagliando, che l' avrebbero ammazzato. Anche loro lo consideravano un rompicoglioni. E ancora di meno ci credette il questore di Bologna quando scoprì che le lettere e le telefonate anonime che dicevano che lui era in pericolo erano opera dei suoi assistenti e dei suoi amici. Per questo non gli diedero la scorta".
Dopo Giorgio La Malfa pure Marcello Pera si dichiara deluso da Berlusconi, in una lettera al "CorSera" di oggi.
Parla di un "effetto di spaesamento" provato dai tanti che "si sono raffreddati, ritirati, o semplicemente messi in silenzio e in attesa".
Già il 30 dicembre 2008 aveva parlato, sulla "Stampa", di un sistema politico italiano ormai non più democratico.
Conclude oggi Pera che ci avviciniamo al compimento del "ventennio berlusconiano", e che è fuori luogo ogni facile ironia: "È meglio per tutti discutere piuttosto che ironizzare, perché chi vuole ridere oggi rischia di piangere domani".
Se La Malfa è stato sempre nascosto dietro la foglia dell'Edera, glorioso simbolo di un partito decaduto con lui, Pera ha svolto ruoli ben più importanti. Dopo tre lustri soltanto si accorge che è tutto sbagliato, è tutto da rifare. Deve avere dei riflessi piuttosto lenti. Od una vista un poco offuscata.
Si è svegliato di recente (febbraio 2009) dal torpore berlusconiano anche Paolo Guzzanti, l'antico imitatore telefonico di Sandro Pertini. È partito dalla critica degli amorosi sensi fra Putin e Berlusconi, per concludere che in Italia la democrazia parlamentare sta vivendo una "condizione pre-agonica".
Tutti questi signori, mai che facciano un mea culpa.
Guzzanti ha detto a "Repubblica" che per certe dichiarazioni recenti sulla "mignottocrazia" (suo neologismo), non ha paura di essere denunciato dal cavaliere (e si dichiara pronto a rivelare le sue fonti). E poi ha accennato ad uno splendido autoritratto: "Mi lascio attraversare dai cambiamenti della politica".
Per ogni apertura naturale c'è il suo rimedio specifico. Una vecchia signora si lamentò col farmacista dell'amaro che le lasciava in bocca quella medicina che le aveva dato. "Ma sono supposte...", rispose il farmacista.
Ecco, Guzzanti esimio, quale terapia adotta per il suo attraversamento da parte della politica? Da quale apertura naturale principia. Perché la sapienza popolare non dice, di uno fregato da un amico, che l'ha preso in bocca. Sono sempre gli antipodi che ci rovinano.

25.09.2009
Meno lavoro? Non importa

Da Pittsburg, la ripresa non porterà occupazione
Il modello italiano funziona, abbiamo meno lavoro, avremo ancora più disoccupati, ma le cose vanno bene. Parola di Silvio Berlusconi da Pittsburg, dove i Grandi discutono del futuro del mondo.
Lucia Annunziata sulla "Stampa" di oggi riporta queste parole di Obama: "Il settore finanziario preferisce la ricchezza al lavoro, pratica l’egoismo invece che il sacrifico, e l’avarizia invece della responsabilità".
Lucia Annunziata spiega che la mossa di Obama è "anche una mossa propagandistica mirata al sostegno di un settore elettorale per lui decisivo: la classe operaia. Il voto operaio in America è tendenzialmente democratico, ma esposto a oscillazioni".
Se si possono paragonare le dichiarazioni del premier italiano e del presidente degli Usa, si constata che, propaganda per propaganda (come succede sempre e comunque in politica), Obama è più razionale: perché guarda alle cose, ai fatti, ai problemi.
Federico Rampini osserva oggi su "Repubblica" che l'occupazione "è il dramma del momento, e lo resterà chissà per quanto tempo ancora". La ripresa che verrà "non porterà con sé creazione di lavoro".
Gli esperti possono girare la frittata come vogliono. I leader politici pure. Resta soltanto un fatto: che la disoccupazione crea miseria e mille altri problemi.
Dire che nessuno sarà lasciato indietro, come fa Berlusconi con i suoi ministri, significa usare uno slogan che non tiene conto del costo degli aiuti a chi ha bisogno. Chi li pagherà? Gli evasori fiscali?
La crisi italiana sarà aggravata da altri fattori tutti nostri. Dalla minaccia del federalismo fiscale ai voli pindarici della Lega che ha rappresentato politicamente sino alla crisi il modello dell'esportazione delle attività industriali nei Paesi dell'Est, a basso salario e ad alto profitto.
Nel momento in cui globalizzazione e povertà dei Paesi del Terzo Mondo impongono un occhio attento ai problemi generali dei rapporti fra gli Stati, l'Italia ha dovuto registrare come grande tema quello del culto dei dialetti e dei sentimenti particolaristici, proposto sempre dalla Lega. Che, anche nei rapporti con la Chiesa, è diventata una specie di ago della bilancia negli equilibri governativi. Dove possiamo pretendere di arrivare con questa politica, con questi politici?

24.09.2009
La Malfa boccia SB

Da marzo voleva andare "a sinistra". Oggi lascia il cavaliere
Dopo quindici lunghi anni, Giorgio La Malfa scopre la verità. Berlusconi non ha cambiato nulla nella vita economica italiana, per cui non vale più la pena di continuare a seguirlo.
La Malfa aveva tempo fa manifestato qualche pallido dubbio (il 29 marzo dichiarava di essere in attesa che si potesse "riportare il partito repubblicano in un alveo di sinistra"). Adesso è arrivato ad una certezza quasi teologica, che suona strana in lui uomo decisamente laico.
Per quindici anni il cavaliere è stato il suo idolo, il suo traguardo, il suo sostegno spirituale. Adesso La Malfa si batte il petto platealmente, scrivendo al direttore del "CorSera": esiste "il declino italiano che dura da quindici anni", ed "occorre preparare un degno futuro per i nostri giovani".
Come? Occhio: "è necessario aprire una riflessione" per realizzare "la svolta politica".
Se quindici anni sono serviti per scoprire il nulla, quanti ne occorreranno per ipotizzare l'uscita dalla crisi?
Una volta si diceva, "tempi biblici". Adesso potremmo parlare di "tempi lamalfiani". Fra il primo e secondo atto della rappresentazione, i giovani che voglio sopravvivere alla lentezza del leader repubblicano, sono pregati di uscire dalla sala, e di arrangiarsi da soli. E' la cosiddetta politica fai da te.
Post scriptum. Mentre La Malfa molla la presa berlusconiana, Brunetta recupera un vecchio suo maestro socialista. Gianni De Michelis, una volta famoso per capigliatura e balli in discoteca.
Ieri ad Aldo Cazzullo, De Michelis ha detto di essere come un padre che torna ai suoi figli. Fin qui nulla da preoccuparsi. Nostalgia canaglia, direbbe l'Italia canterina. Meno rassicurante il parallelo fra Craxi e Berlusconi. Craxi aveva a disposizione servizi segreti e carabinieri, ed avrebbe potuto chiudere il caso di "mani pulite" in due mesi.
Berlusconi invece è messo meglio: ha "un cane da guardia come Brunetta", e quindi non finirà come Craxi.
Ecco, sul confronto abbiamo qualche dubbio: "un cane da guardia come Brunetta" vale davvero più dei servizi segreti e dei carabinieri?

24.09.2009
Pio testamento

Bossi da Bertone. Benedizioni in vista di elezioni
Altro che biotestamento. Siamo al pio testamento. Con tanto di messale padano. Il cardinal Bertone, segretario di Stato del Vaticano, ne ha parlato con Umberto Bossi, uno che si è messo in concorrenza con Berlusconi (e Casini) nel ricevere benedizioni politiche da usare nelle urne regionali del 2010.
Fini si batte per la libertà di coscienza? Bossi fa tutto il contrario. Gli attriti ci sono, fra i due antichi firmati di una legge sull'immigrazione, anche per la "cittadinanza breve". Non ci sono vincoli di coalizione, ovvero non obbedisco agli ordini di partito, protesta Fini.
Qualcosa di simile succede pure in casa Pd. Dove Franceschini ordina di adeguarsi alla linea del partito che sinceramente non si capisce quale sia, sulla questione dell'indagine circa la pillola Ru486.
L'unico a parlar chiaro è stato Paolo Giaretta il quale ha spiegato che gli hanno rotto quella parte del corpo che rende necessaria la predetta pillola.
Circa il Vaticano e le sue beghe intestine, registriamo che sul caso del perdono ai lefebvriani, un vescovo svedese ha fatto gravi dichiarazioni alla stampa: sul negazionista Richard Williamson il papa sapeva tutto.
Il vescovo svedese è stato smentito dalla Sala stampa vaticana. Il papa non sapeva nulla. Torniamo da capo. Ma è peggio aver saputo o non aver saputo?

24.09.2009
Labi...Rimini

Caos nel traffico. Organizzato dal Comune. Che dà la colpa agli automobilisti
Se una città crea un labirinto vero, rendendo impossibile la circolazione stradale, non merita di essere segnalata Urbi et orbi?
Ieri a Rimini è partito un esperimento. Al centro cittadino si accede provenendo dalla via Emilia (lato Cesena, insomma). Ad un certo punto, nel Borgo San Giuliano, c'è una biforcazione. A destra si prosegue verso il romano ponte di Tiberio e poi verso la rocca malatestiana. A sinistra si va al ponte sul canale del porto.
Ieri mattina è stato chiuso l'accesso sul ponte di Tiberio, e tutto il traffico è stato avviato su quello del canale.
Poco dopo l'avvio della sperimentazione il ponte di Tiberio è stato aperto per scaricare il traffico. Ma dove? Subito dopo il ponte sul canale... sull'unica strada che porta verso il centro e addirittura all'ospedale.
Per ore, nella zona si sono ascoltati motori rombare ed imprecazioni di automobilisti, ciclisti e pedoni.
Scopo dell'esperimento? Chiudere al traffico la vecchia circonvallazione dal ponte di Tiberio alla rocca malatestiana, per spostarvi il mercoledì ed il sabato il tradizionale mercato ambulante.
Spiegano che il trasferimento si rende necessario per costruire un fossato in fac-simile a quello antico attorno alla rocca. Ma la banca che dovrebbe finanziare i lavori ha detto pochi giorni fa (in conferenza stampa) che il fossato non è una priorità in questo momento.
Sabato prossimo, si dovrebbe riprovare. I cittadini che abitano nella zona hanno promesso di stendersi in mezzo alla strada (quella libera, aperta al traffico) per far fallire anche la seconda prova.
Un assessore ha cortesemente dichiarato che i riminesi debbono imparare a lasciare a casa le auto.
La nostra irriverenza potrebbe spingerci a chiedere a tecnici ed a politici di non lasciare a casa la testa quando in Municipio debbono pensare a come (non) farci circolare.
Post scriptum. C'è un altro caso a Rimini di decisione presa e poi "ritirata". Hanno fatto costruire la nuova Questura. Adesso non la vogliono più. Ma quell'immenso edificio che è fuori delle regole edilizie imposte ai privati, che fine farà? Coliandro o Gabibbo, dove siete?

23.09.2009
Rispetto

"Una nuova era basata sul rispetto", propone Obama. Vale anche per noi?
"Dobbiamo impegnarci per il reciproco rispetto e dobbiamo farlo da subito". Questa è la "direzione nuova" che Obama ha suggerito dalla tribuna dell'Onu oggi pomeriggio.
Possiamo applicare l'invito di Obama anche alla situazione del nostro Paese? Dove l'offesa agli oppositori da parte del capo del governo e di qualche ministro, non è più l'eccezione alla regola, ma una regola costante.
Ce lo chiediamo nella speranza di non dovere leggere domani che Obama ha detto cose già suggerite a lui ed agli altri capi di governo stranieri dal premier Berlusconi.

22.09.2009
Degrado italico

Parola del cardinal Bagnasco. Ma se è messo male lo Stato, anche la Chiesa... Parola del papa
Bagnasco dixit. In Italia c'è un "allarmante degrado" nel vivere civile. La Cei se ne è accorta dopo l'attacco a Dino Boffo per opera della cannoniera berlusconiana di Vittorio Feltri. Verrebbe da suggerire umilmente che la denuncia dell'eminenza arriva troppo tardi.
Il cardinale Bagnasco ha aggiunto un'osservazione inquietante: il discorso ecclesiastico rivolto all'Italia è fatto "in tutta trasparenza, e fuori da ogni logica mercantile".
Rovesciando il calzino, si constata amaramente che è una risposta molto dura a chi (il governo) pensava di mettere a tacere tutto sul caso Boffo, promettendo alla Chiesa mari e monti.
L'altro aspetto che si nasconde dietro il drammatico discorso di Bagnasco (si veda ad esempio il passo sulla "sobrietà" dei politici in sintonia con la nostra Costituzione), riguarda le tensioni interne alla Chiesa di Roma. Abbiamo avuto occasione il 10 settembre di ipotizzare "incendi curiali".
Da una parte c'è la Segreteria di Stato vaticana, dall'altra la Cei, hanno ricostruito poi gli esperti di cose religiose. Uno di loro, Sandro Magister, ieri ha addirittura ipotizzato la manina del direttore dell'Osservatore romano dietro un articolo contro Ruini. Quell'Osservatore Romano che nel settembre 2005 aveva accusato Romano Prodi di voler distruggere l'unità della famiglia.
Gli esperti dovranno spiegarci perché tanto tempo hanno impiegato gli eminentissimi a comprendere che il mercato delle vacche con il governo Berlusconi era qualcosa di cui vergognarsi. Sin dall'inizio.
Davanti alle parole di Bagnasco sul degrado dell'Italia, viene da chiedersi se non sia un po' grave che a denunciarlo sia un'autorità morale e non politica, proprio nel momento in cui chi fa opposizione è gratificato dal premier di essere "fieramente antitaliano".
Ci vorrà un altro discorso di un altro illustre esponente di Santa Romana Chiesa per spiegare al cavaliere che in una democrazia moderna l'opposizione fa opposizione e basta?
Circa gli "incendi curiali", un'ultima annotazione. Il 12 settembre è stato lo stesso papa a dire che all'interno della Chiesa ci sono uomini egoisti che pensano solo a se stessi, ai propri vantaggi, al successo, alla carriera, al potere, a se stessi trascurando gli altri, il prossimo. Ovvero il Vangelo.

21.09.2009
In camera caritatis

Casa Letta è una specie di casa Vianello della politica. Lontano dagli occhi per una gestione padronale del partito
Dicevano i nostri vecchi, per alludere ad una cosa discussa senza darne alcuna pubblicità, che tutto era stato fatto "in camera caritatis".
Anche Fini e Berlusconi si sono incontrati "in camera caritatis". Presso casa Letta, divenuta una specie di "refugium peccatorum" lontano dagli occhi della democrazia e vicino al cuore degli interessati alle gestioni "proprietaria" della politica.
Narrano le cronache che casa Letta (una specie di casa Vianello della politica, senza offesa per il comico Raimondo e la signora Sandra Mondaini), ha nelle proprie stanze ospitato vari incontri importanti. A partire dal famoso "patto della crostata" sulle riforme istituzionali del giugno 1997.
I tempi intanto sono cambiati. L'advocatus fidei berlusconiano, Vittorio Feltri, ha sostituito alla crostata di Letta la prostata del presidente per difenderlo dalle cronache rosa dei cosiddetti festini. Dicendo che è impotente e che quindi certe cose non le può fare.
Il "patto della prostata" nasconde i problemi. E Fini nonostante tutto il recente clamore, ha portato il suo contributo negativo. Nessun dibattito pubblico. Un incontro appunto "in camera caritatis" che è agli antipodi di una concezione democratica della vita di un partito. Tutto va bene, signor marchese, si potrebbe canticchiare al presidente della Camera (caritatis) Fini.

20.09.2009
Ucciso. Senza onori

Muratore laureato, 49 anni, suicida. Non avrà onori di Stato, il morto ammazzato dalla crisi
Ucciso dalla crisi. Ma si dice correttamente: "suicida". Aveva 49 anni, era un muratore laureato in matematica e fisica di Sora (Frosinone). Era rimasto da domani senza lavoro, con moglie e due figli a carico. Non avrà onori di Stato ai suoi funerali.
La notizia prendetela dal lato che volete. La storia insegna che nel 1929 in America molti furono i casi come i suoi.
La cronaca contemporanea registra un parallelismo che spaventa. Quell'uomo si uccide, e la notizia non gira molto. Al contrario delle frasi di un ministro che manda a morire ammazzati i suoi oppositori politici. Aggiungendo di volere "un'Italia gentile".
Scandalo nello scandalo, un ragionamento che dovrebbe riguardare lo Stato stesso, ed i suoi ministri. Questo Stato investe capitale per far laureare una persona in matematica e fisica, e poi la costringe a fare il muratore per sopravvivere a 49 anni.
Anche lui aveva scelto la sua strada dell'onore e della volontà. Non si chiamava fare la guerra, sognare di morire combattendo (come ci hanno spiegato in tv), ma soltanto fare scuola. Poi ha fatto case. Neanche quello gli hanno più permesso. Rimasto senza lavoro, si è sparato.
Non avrà funerali di Stato. Non ci saranno onoranze solenni con discorsi aulici, retorici, equilibrati perché ne va di mezzo anche la politica estera. Lo dimenticheranno presto, anzi lo hanno già dimenticato. Una storia, la sua, che non ha trovato ascolto. Una storia scomoda. Ma proprio per questo non da dimenticare.

19.09.2009
Soliti famosi

Sono famosi e vincono la gara. Ma chissenefrega. La rivoluzione dei blog c'è stata, a dispetto di chi non ci crede
Solo chi è già famoso sta in vetta alle classifiche dei blogger. La conclusione di Davide Frattini, in una nota apparsa sul "CorSera" di oggi, conferma che mai nulla di nuovo c'è sotto il sole.
Frattini rimanda ad una testata americana che si è chiesta se davvero si sia realizzata sul web la "democratizzazione" preannunciata.
Da vecchio inutile cronista (che mai si è illuso sul fatto che il potere lo mantiene saldamente chi lo ha, senza spartirlo con nessun altro che venga "da fuori"), ritengo che anche l'ultimo in classifica il quale possa esprimere liberamente un'opinione senza controlli superiori o censure preventive, è già un fatto concreto di democrazia.
Per cui sono ottimista. Il resto appartiene ai giochi economici. Più una testata è cliccata, ci hanno insegnato, più raccoglie pubblicità.
A chi scrive da vecchio inutile cronista, basta sapere che qualcuno non gli dà del fesso, in mezzo a tanti che s'agitano per primeggiare.
Frattini conclude: "Tanti parlano e pochi hanno la possibilità di farsi sentire". Il bello del web, è tutto in quel "tanti parlano". Senza blog, quanti di noi avrebbero potuto parlare?

19.09.2009
Ai talebani le mine del Pil

L'indice del Pil non serve a nulla, ma resta un idolo dei politici
Spiega Luciano Gallino: "Sui limiti del Pil si discute da decenni". E ciononostante "quasi tutti i tentativi di mandare il Pil in soffitta non hanno finora avuto buon esito".
Esiste, aggiunge Gallino (su "Repubblica" di oggi) anche l'Isu, Indice di Sviluppo Umano. Ma non è mai stato preso in considerazione "nella predisposizione di concrete politiche pubbliche".
Dalla Francia arriva la proposta di Sarkozy di valutare "la misura delle prestazioni economiche e il progresso sociale" al posto del Pil.
Non sappiamo quando e come la proposta francese avrà uno sbocco. Per l'Italia possiamo constatare tristemente soltanto che nessuno ha imparato la lezione di Robert Kennedy (1968), citata da Gallino: a fare il dato del Pil concorrono anche le armi vendute e "i programmi televisivi che glorificano la violenza allo scopo di vendere giocattoli ai nostri figli".
Le mine italiane Tc6 sono quelle che i talebani preferiscono, s'è letto anche in questi giorni. Qualche esperto è in grado di indicarci quale incidenza quella che una volta si chiamava l'industria delle armi ha sul Pil nazionale? Perché vendiamo queste mine? E "come"? Speriamo che nessun fantasioso ministro confermi che anche quelle mine servono al nostro Pil.

17.09.2009
Se Obama sapesse

Altro che America maleducata. Da noi è farabutto chi dissente. Ma "il Giornale" conforta: parola senza il veleno dell'opposizione
America maleducata, è il rimprovero che fa Obama agli States. Non si riferisce soltanto a quella frase rivoltagli dal repubblicano Joe Wilson nell'aula del Congresso: "Obama, bugiardo!".
Se Obama sapesse quello che succede in Italia, altro che Paese maleducato ci definirebbe! Il capo del governo infatti dà dei "farabutti" agli oppositori. Ha sostituito l'argomentazione dialettica con l'offesa diretta.
Tutti gli uomini del capo del governo sono stati mobilitati a smobilitare l'accusa: "Farabutto è attributo che riverbera assenza di acredine, di odio - velenosi sentimenti dei quali si nutre invece l’antiberlusconismo - nell’animo di Berlusconi (…). Farabutto lo si dà anche con benevolenza (…) e in certi casi con un sentore di ammirazione (…). Insomma, anche stavolta Silvio Berlusconi l’ha imbroccata". Firmato Paolo Granzotto, ne "il Giornale" di Milano e di Paolo Berlusconi.
Dove l'omelia feriale contiene anche questo passaggio: "E quando Berlusconi dice che ci sono troppi farabutti in politica, stampa e tv egli sa quel che dice (e se è per questo lo sappiamo bene anche noi che in quegli àmbiti la concentrazione di farabuttaggine ha superato il livello di guardia). Quel che s’intende sottolineare è che la scelta dell’attributo riverbera l’assenza di acredine, di odio - velenosi sentimenti dei quali si nutre invece l’antiberlusconismo - nell’animo di Berlusconi".
Insomma dobbiamo stare tutti tranquilli. Bisogna farlo sapere ad Obama e cercare che non gli traducano "farabutto" come offesa ai dissidenti.
Dobbiamo stare tranquilli anche per un altro piccolo fatto. L'Avvocatura dello Stato ha difeso il "lodo Alfano" come necessario alla tranquillità dell'Italia, che nel caso di un pronunciamento contrario alla legge dovrebbe sopportare "danni in gran parte irreparabili".
Dunque, anche l'Avvocatura dello Stato si è mossa per il bene dello Stato stesso. Per puro caso ne beneficerebbe Berlusconi. Il quale oggi è colpito, dice la stessa Avvocatura, dalla "disfunzione del sistema per un certo modo in cui oggi operano i media".
Insomma, occorre tutelare lo Stato, che nel caso specifico è Lui, Berlusconi, il cavaliere coraggioso costretto ogni giorno ad affrontare quei cattivoni del "sistema in cui oggi operano i media". Cattivoni? Pardon, farabutti.

17.09.2009
I vezzi di Tremonti

Clamoroso errore del ministro Tremonti nella citazione del principio ideale della "rivoluzione americana": senza voto, nessuna tassa.
Tremonti si eccita citando. E' forse l'effetto di quelli che Giuliano Ferrara ha definito i suoi "vezzi cattedratici". Ma occhio a non citare a sproposito.
Intervistato il 15 settembre da Aldo Cazzullo per il "CorSera", il ministro ha detto che l'Italia è "fuori dal vincolo democratico fondamentale".
Il quale consisterebbe in questo aureo principio, "No taxation without rappresentation". Ovvero, nessuna tassa senza rappresentanza parlamentare (cioè senza diritto di voto).
1. Aspetto serio dell'errore di Tremonti. Quel principio fu affermato nelle colonie americane contro la politica fiscale inglese, a partire dal 1763.
I coloni dovevano pagare le tasse, ma non avevano alcuna rappresentanza politica. La protesta contro la corona inglese culmina il 16 dicembre 1773 nella rivolta di Boston, quando un carico di tè, trasportato da tre navi inglesi, è gettato in mare.
2. Aspetto comico (e quindi drammatico) dell'errore di Tremonti.
In Italia non abbiamo persone che non pagano le tasse ma non hanno rappresentanza. In Italia gli evasori fiscali godono di tutti i diritti. E spesso di molti onori. E pure di un trattamento di favore da parte del governo (leggasi, scudo fiscale al centro di gravi manovre in queste ore).
Agli evasori Tremonti associa anche l'illegalità e la criminalità. Opinioni legittime. Potrebbe esprimerle in Consiglio dei ministri, dove darsi da fare per cambiare la situazione.
Evasori, criminali, operatori di illegalità agiscono contro le persone che rispettano la legge, pagano le tasse e non tramano nell'ombra. Però evasori, criminali, operatori di illegalità non c'entrano nulla con l'aureo principio "No taxation without rappresentation".
Anzi in Italia succede che chi è nell'ombra dell'illegalità ha più potere del "semplice" cittadino (come un tempo dicevano i cronisti). Il quale paga le tasse e gode del diritto di voto. Il voto pesa molto poco nell'indirizzo del Paese, sic stantibus rebus. Lo constata pure Tremonti. Nell'illusione di risolvere i problemi della malavita con il federalismo fiscale. Come da sue parole a Cazzullo.
Non consola il fatto che nello stesso errore della citazione sia già inciampato addirittura il presidente del Consiglio in carica. Se tre indizi fanno una prova, due erranti non portano ad affermare una verità. Anche se siedono al governo del Paese.

16.09.2009
Niente di nuovo

Berlusconi "dixit", gli altri (Fini...) tacciano. Con l'acqua alla gola definisce "farabutto" chi non è d'accordo con lui. Troppo comodo
Dove sta la scandalo? Il presidente del Consiglio ieri ha recitato il solito copione fra cerimonie pubbliche e polemiche televisive, confondendo come sempre il fatto personale e le vicende politiche.
Ha detto che lui e Fini hanno due concezioni diverse del partito. "Non ci sono problemi da parte mia ma solo di Fini". Poteva parlare diversamente? No di certo.
La sua filosofia politica si basa sul principio d'autorità. "Ipse dixit". Quando Silvio ha parlato, gli altri debbono tacere.
Non è un reato, non è un errore logico, è un programma. Chi si accoda a lui, zitto e mosca. Il caposcuola di Arcore applica le regole della teologia di Santa Romana Chiesa, "Roma locuta est, causa finita est".
Per chi non era d'accordo con gli ecclesiatici, c'era come minimo un fuocherello sotto i piedi ed amen.
Ovviamente il fuocherello berlusconiano è mediatico. Ieri sera è stato così duro perché si sente con l'acqua alla gola, vede che la cannoniera di Feltri arreca più danni in casa propria che in quella dell'avversario di turno.
Ieri sera ha detto quello che pensa senza reticenze, senza vergogna e senza ostacoli: chi non la pensa come lui è "un farabutto". E purtroppo di farabutti, ha spiegato per non essere equivocato, ce ne sono tanti in politica, nella stampa ed alla tv.
Ha oltraggiato ogni regola di correttezza politica, ha violato ogni norma scritta e non scritta della democrazia costituzionale e parlamentare moderna.
In passato certi personaggi acuti ed intelligenti come Tabacci si sono arresi alla sua linea, poi hanno impiegato parecchio tempo ad accorgersi che erano stati ipnotizzati e ridotti in soggezione psicologica.
Non possiamo immaginare un Berlusconi che vada in tv a dire: "Però, questo Fini qualche ragione ce l'ha...". Di tutto questo non dobbiamo chiedere ragione al primo ministro, ma a chi lo ha sostenuto e lo sostiene ancora senza ragionare con un minimo di buon senso, comportandosi soltanto in base a non oscuri tornaconti.

16.09.2009
Tremonti dubita

I politici? Non vedono nulla, le loro idee naufragano al primo impatto con la realtà. Parola del ministro Tremonti
Se Berlusconi è il teologo di Arcore che esige rispetto per la dottrina dogmatica annunciata, Tremonti dubita pericolosamente, con una sottile ironia capace di recare più danno al cavaliere del muso duro di Fini.
Ieri sul "CorSera" è apparsa una lunghissima intervista di Aldo Cazzullo al ministro dell'Economia. Che inizia con un'affermazione in cui si cita il mito platonico della caverna. Il Palazzo della politica è come quella caverna, dove non si vedono le azioni degli uomini, ma le ombre che essi vi proiettano sullo sfondo. Insomma i politici non capiscono un accidente di ciò che accade nel mondo. (Sinora aveva detto ciò soltanto degli economisti)
Per non essere considerato troppo ottimista, Tremonti ha poi detto che il prodotto del lavoro politico è come una nave che è perfetta fin che sta dentro la bottiglia, ma che affonda anche dentro una vasca da bagno.
"Ora basta" ha aggiunto parlando degli attacchi al cavaliere. Chiudendo con una proposta relativa a Fini: "Dentro il Pdl si può e si deve aprire una discussione, dove vince chi convince". Quindi niente porte in faccia al presidente della Camera, ma l'invito ad un tavolo del confronto. Tutto l'opposto di quanto sostiene il cavaliere.
Dunque. I politici non vedono nulla, e le loro idee naufragano al primo impatto la realtà. Chi ci salverà? Ovviamente lui, il buon Tremonti che però, cita oggi e cita domani, alla fine si confonde quando scende nel capo della Storia e rimanda ad uno slogan della rivoluzione americana... Ma l'argomento è troppo gustoso per liquidarlo in tre righe. Ne riparleremo.

15.09.2009
Secondi Fini

Per la seconda volta Feltri fa vittime non soltanto in campo avverso. Dopo la sberla a Boffo, il gelo del Vaticano. Attacca Fini, e ci rimette ancora Berlusconi
Prima mossa di Vittorio Feltri, neo direttore de "il Giornale" di Paolo Berlusconi: attacco a Dino Boffo direttore di "Avvenire", considerato reo di lesa maestà nei confronti di Silvio Berlusconi, fratello del sullodato Paolo.
Effetto dell'attacco, dimissioni di Boffo dal quotidiano della CEI. E soprattutto raffreddamento dei rapporti tra la Chiesa romana ed il capo del governo italiano.Due piccioni con una fava. Ma il secondo, il danno collaterale provocato in Oltretevere, non era né ricercato né desiderato.Feltri ha sbagliato mira? Forse Feltri è la prima vittima del caso Boffo.
A questo punto, Feltri per cercare di conquistare al foglio della famiglia Berlusconi qualche merito in campo ecclesiastico, decide di attaccare Fini, presidente della Camera, responsabile ai suoi occhi di critiche alla politica governativa. Ma soprattutto di essersi chiamato fuori dall'obbedienza al Vaticano per certi diktat che invece hanno visto l'obbedienza pronta cieca assoluta di Berlusconi.
E Feltri avvisa Fini, con la storiella di quei fascicoli in archivio su antiche storie a luci rosse...Pure questa volta il missile di Feltri ha un duplice effetto. Fini non si lascia facilmente intimorire. La macerie maggiori sono quelle che si raccolgono attorno allo stesso cavaliere. Insomma, per la seconda volta Feltri ha sbagliato la mira. Ha prosciugato l'acqua nel lago del suo presidente, anziché bruciare i bersagli contro i quali si è rivolto.
Feltri è stato utilizzato diabolicamente come strumento di tortura nei confronti proprio dell'uomo che lo ha voluto al "Giornale" per dare certe lezioni che miravano a rafforzare il consenso? Ma da chi?
Impossibile che Feltri, così attento alle cose del mondo, come dimostrano anche i suoi commenti sportivi del lunedì sera, abbia sbagliato da solo. Non sappiamo ipotizzare chi avesse, tra gli "amici" del cavaliere, interesse a creare siffatto caos attorno al "principale". Guastando i rapporti con il Vaticano e facendo chiamare a raccolta i cinquanta di Italo Bocchino pronti a tutto. Senza di loro il governo non ha la maggioranza e Berlusconi non va da nessuna parte.
Insomma il leader del Pdl è finito in un vicolo cieco, e tutto per merito di Feltri che è stato da lui riportato al "Giornale" con lo scopo raccogliere risultati opposti.
Ci sarà pure qualcuno che, in questo momento, ha dei "secondi Fini" nel tirare i fili di chi agisce sulla scena, e che mira a far cambiare il quadro politico, servendosi proprio dei "fedelissimi" del cavaliere. Casini totali, insomma, sono gli unici effetti verificabili ad occhio nudo.

14.09.2009
Messi male

Poche ma confuse idee sul giornalismo. Dove? Nel mitico "Corrierone" di via Solferino
Lo sostiene Pietro Ostellino, "Siamo messi male" con l'informazione italiana. Ne è certo, anzi certissimo. Anche se la rubrica che ogni sabato offre sul "CorSera" s'intitola "Il dubbio". Sabato scorso 12 settembre ha scritto che ci sono due tipi di giornalismo. Uno "che dice troppo, e spesso a sproposito, e fa il suo mestiere". L'altro che "rischia l'impressione di dire troppo poco, e di non fare il suo".
Dunque, sillogisticamente, sbaglia chi "fa il suo mestiere". Molto bene.
Oggi, sempre sul "Corrierone", PG Battista va pure lui alla carica dei giornali che criticano il capo del governo, e li accusa di non essersi accorti di un fatto.
Berlusconi di recente ha suggerito ai giovani di leggere un libro sul Risorgimento, dicendo che aiuta a "correggere ciò che erroneamente è stato scritto sulla nostra storia". Nessuno di quei giornali ha parlato del fatto. Quel libro considera Risorgimento ed unità d'Italia due disgrazie. (Insomma come Bossi.)
Dato che acquisto il "CorSera" tutti i giorni, e non vi ho letto nessuna articolessa sul fatto, ho cercato anche nell'archivio Web di via Solferino. L'unica notizia emersa su quel volume è del 17 dicembre 1998. Caro PGB, come la mettiamo? Perché il "Corriere" non ne ha trattato ampiamente?
"Lanciò la prima pietra.
Era senza peccato?
Nessuno lo sapeva.
Era uno smemorato".

12.09.2009
Fini come Prodi

Fini, in rivolta contro Berlusconi, vive lo stesso problema di Prodi. L'Italia non ama il bipartitismo
Come finirà per Fini? Riuscirà un giorno il chierichetto della Chiesa arcoriana a celebrar messa? L'emancipazione di Fini dal padre-padrone Berlusconi non è un fatto soltanto personale. Pone gli stessi interrogativi suggeriti dalla defenestrazione di Prodi.
Prodi era l'Ulivo. Al quale ora fa un pensierino Bersani a caccia di voti per diventare segretario del Pd. Non per grata memoria ma per delineare un futuro programma.
Ulivo significa bipolarismo. Coalizzare partiti diversi fra loro sotto un'insegna comune, con un programma da attuare smussando le differenze fra le singole realtà.
Molti politici lungimiranti hanno preferito dare in pasto Prodi ai leoni del circo, piuttosto che perdere un posto per le poltrone televisive di Bruno Vespa.
E' finita che loro sono stati oscurati dall'oblio e che Prodi è stato sostituito da un Veltroni il quale, anziché unire di più, ha maggiormente diviso.
Risultato finale, la montagna ha partorito il topolino Franceschini. Che però ha saputo tirar fuori le unghie ed i denti, per dimostrare che il sangue trasfusogli da Zaccagnini non è l'acqua minerale che regola la digestione alle attrici degli spot.
Berlusconi ha percorso un itinerario parallelo. Il discorso del predellino di piazza San Babila ha proposto un sogno soltanto suo, destinato a diventare l'incubo degli altri.
Un partito concepito come azienda da gestire attraverso il potere di un uomo solo al comando, a cui tutti debbono obbedire. E le cui parole tutti debbono applicare nell'azione politica quotidiana.
La rivolta di Fini a questo punto non è soltanto un tentativo di emancipazione, è il segno di una crisi profonda che non riguarda più unicamente il suo partito, il futuro del governo e le sorti del cavaliere.
E' segno di una crisi che rispecchia anche quella del Pd, unito talora da qualche festa in giro per l'Italia ma estremamente diviso quando si arriva al dunque delle questioni serie e gravi.
Il Pd non può continuare raccontando che tenta la conciliazione fra Binetti e Marino, etc. Il Pd, e Bersani se ne è accorto, deve ritornare allo spirito delle origini prodiane, al progetto dell'Ulivo, al concetto che il Paese va governato da due coalizioni, non da due partiti. Perché oltretutto sulla giostra c'è pure Di Pietro, l'unico leader che non passerà tra le fila del cavaliere, ma neppure fra quelle del Pd.
E' fallito miseramente sia a destra sia a sinistra il tentativo di dare vita ad una terza Repubblica bipartitica.
Giuliano Ferrara, che è uno dei pochissimi (se non l'unico) dei berlusconiani ad aver capito le cose, ha scritto (lo scorso giugno) che non si può vivere in una continua vigilia da 25 luglio. Ovvero nell'attesa che il capo del governo sia defenestrato da qualche "gran consiglio" che non sappiamo identificare in nessun organo costituzionale attualmente esistente.
Siamo ancora nella prima ed unica Repubblica possibile, in base alle norme scritte. La seconda è stata ipotizzata dopo Tangentopoli come rinascita con una nuova situazione politica.
Ma quale nuova situazione è mai possibile immaginare o descrivere quando l'ago della bilancia diventa come in anni lontani (seppur in diverso contesto) qualche partito di centro che naviga a vista schierandosi localmente un po' a destra ed un po' a sinistra, come fa quello di Casini.
Anche Casini, sul quale la Chiesa aveva puntato tutte le sue scommesse, è travolto dal crollo del sistema bipartitico di cui non fa parte, ma a cui partecipa con la stessa grazia virginale di chi scommette circa il candidato per un matrimonio d'interesse.
E' una contraddizione in termini che la lotta fra due partiti giganti sia in mano alla formica centrista di Casini.
Oggi un conforto solenne gli è stato recato dal buon pastore margheritino Rutelli: "Si vedrà" ha risposto all'ipotesi di imbarcarsi in un'unica barca con Fini e Casini.
Riusciranno i nostri eroi (con una fusione a freddo fra laici e ecclesiastici) a trasformarlo nel dominus della situazione? Tutti al "centro"? Ma quant'è larga la porta d'ingresso?
C'è poi pure la Lega. Se passa dalle austere stanze vaticane all'ampolla popolar-mitologica con l'acqua del dio Po, così come era transitata (1998) attraverso le accuse di mafia a Berlusconi per poi abbracciarlo appassionatamente, resta una minaccia per la democrazia ben più grave di quella del suo rivale-amico cavaliere.
Forse soltanto nella prossima primavera (con le elezioni regionali) sarà dato modo di intravedere qualcosa di diverso (insperabile che in Italia ci sia qualcosa di "nuovo"), nella situazione politica a livello parlamentare o governativo (tenendo presenti le differenze fra i due aggettivi e le conseguenti implicazioni sul piano pratico...).
Se Bossi dichiara che Fini, criticando Berlusconi sulla giustizia ed altro, va verso il suicidio politico, inconsapevolmente esprime tutta la sua devozione al leader della coalizione, pur essendo Bossi stesso capo di un partito diverso e "parallelo" a quello del cavaliere.
Oggi Fini gli ha risposto con tono alto, da statista coi fiocchi: "E' un suicidio della ragione negare l'universalità dei diritti". Meditate gente, meditate. Non è più il balilla della scorsa primavera.
Altra anomalia del bipartitismo italiano: il raggruppamento che comanda è esso stesso un "polo bipartitico"... non un unico partito. Con il che si dimostra che, con poche e confuse idee, non si può governare un Paese il quale voglia presentarsi dignitosamente nel consesso dei popoli, come si diceva una volta.

15.09.2009
Il teorema di Schifani

Il presidente del Senato rispolvera la vecchia storiella sui "teoremi" giudiziari della lotta contro la mafia
Quando il presidente del Senato dichiara che la questione mafiosa deve essere affrontata dalla Magistratura senza "inseguire disegni politici", dimentica molte cose.
Ci permettiamo rispettosamente di elencarne alcune.
I. Gli obblighi del suo ruolo istituzionale lo dovrebbero mettere in guardia dall'esternare certi pensieri, come questi.
II. Tangentopoli fu usata dal suo leader di riferimento ed attuale capo del governo, per occupare uno spazio politico lasciato vuoto dalle inchieste giudiziarie. Che spazzarono via la vecchia classe dirigente dei vecchi partiti. Emilio Fede e "compagni" fecero il tifo per "Mani pulite". Berlusconi voleva Di Pietro ministro.
III. E' molto fresca (10 settembre) la notizia del CSM che agisce a tutela di giudici denigrati ed accusati dal capo del governo.
IV. Ha scritto ("l'Unità", 9 settembre) un magistrato ora eurodeputato dell'IdV, Luigi de Magistris: "Sulla mia pelle ho visto realizzarsi melmosi intrecci istituzionali mai sentiti e forse nemmeno immaginati".
La conclusione della sua nota è questa: occorre che gli italiani possano conoscere "la verità" sulle stragi di Capaci e di via D'Amelio, e gli omicidi Falcone e Borsellino.
Una verità che potrebbe essere "terribile e inquietante, forse la verità che ci farà capire perché un ampio manipolo di golpisti con il grembiulino intende sovvertire le Istituzioni Repubblicane".
V. Fini il giorno dopo (10 settembre) ha detto a Gubbio, alla scuola quadri del Pdl: "A differenza di altri, io non mi diletto con grembiulini e compassi". (Silvio Berlusconi aveva la tessera della P2 numero 1816.)
VI. Schifani ha voluto rispondere al suo omologo Fini, presidente della Camera, che aveva detto: "Non dobbiamo dare il sospetto di non essere disponibili ad accertare la verità".
Fini si riferiva alle accuse di Berlusconi di "pura follia" indirizzate a quei giudici che cospirerebbero contro di lui, ricominciando "a guardare a fatti" mafiosi (stragi) del 1992, 1993 e 1994.
VII. Il Ministro della Giustizia Alfano ha dichiarato: "Se vi saranno elementi per riaprire i processi sulle stragi, i magistrati lo faranno con zelo e coscienza e siamo convinti che nessuno abbia intenzione di inseguire disegni politici, ma solo un disegno di verità".
Insomma Alfano smentisce Schifani, si dissocia da Berlusconi e Bossi (ovvero da tutto il governo...) ed appoggia Fini. Non sembra un fatto di poco conto.

10.09.2009
Incendi curiali

Dietro il "fuoco amico" di Feltri contro Boffo, ci sono fiamme ecclesiastiche pericolose per la laicita' dello Stato italiano
L'estate è solitamente segnata dagli incendi dolosi che distruggono patrimoni naturali preziosi. L'estate del 2009 va in archivio anche per fiamme metaforiche non meno gravi.
Sono quelle provocate dal "fuoco amico" riversato su Dino Boffo già direttore del foglio cattolico "Avvenire".
Un fuoco nato assieme ad un altro fatto altrettanto serio, l'autocombustione del mondo curiale.
Le carte avvelenate contro Boffo provengono da armadi ecclesiatici.
Ormai è certo, non si tratta soltanto di un'ipotesi come avevamo formulato all'inizio della vicenda, parlando appunto di "fuoco amico" .
Il "colpo di pistola" sparato attraverso l'organo ufficiale della Chiesa di Arcore in cui officia Vittorio Feltri come nunzio (poco) apostolico del cavalier Berlusconi, è finito sopra un terreno pieno di liquidi infiammabili.
L'incendio è politico, non si tratta soltanto di questioni religiose.
Esso cova nascostamente, non lo si vede perché la valle in cui si trama e traffica con le latte di benzina, è nascosta alla vista del popolo.
Ma le fiamme prima o poi si alzeranno, le loro lingue saranno verso l'alto, al contrario delle fiammelle che sono fatte scendere dal Cielo a rappresentare metaforicamente lo Spirito che converte.
Sono fiamme avvelenate, altamente inquinanti.
La Chiesa sta andando a fuoco per questa autocombustione in cui, come in certe zone del Bel Paese, le guardie addette allo spegnimento sono proprio loro che appiccano le fiamme per aver salvo il posto di lavoro.
Contro Boffo è stato utilizzato il vecchio sistema della diffamazione tramite terze persone cointeressate per altri motivi.
Feltri non è un teologo né aspira a guidare il giornale della CEI.
Diceva fra Paolo Sarpi: "Agnosco stilum Sanctae Romanae Ecclesiae". Lo "stilum" non è soltanto il modo espressivo scritto di una burocrazia e dei suoi atti di governo, ma è pure il pugnale da infilare nelle spalle della vittima da eliminare.
Incendi di queste proporzioni sono pericolosi non tanto per l'ambito ecclesiastico in cui si preparano (con due belle parole, poi si mette tutto a tacere), quanto per lo Stato contro il quale vengono irresponsabilmente lanciate le fiamme.
Uno Stato che se non ha il coraggio di azionare gli idranti, può perdere il senso della sua dignità ed autonomia.
Come quando un premier garantisce che tutto filerà liscio tra le due sponde del Tevere perché il governo garantirà quanto chiede il papa dall'alto della sua infallibilità per certe questioni cosiddette etiche che tutti ben conosciamo.
Ieri su "Repubblica" Stefano Rodotà ha scritto un fondo, "Se l'Illuminismo diventa 'bieco'", in cui elenca i guasti prodotti alla democrazia italiana dalla gestione di Berlusconi: concentrazione personale del potere, affossamento della separazione dei poteri, distruzione dei controlli, infeudamento della comunicazione, disunione del Paese. Per poi domandarsi: "come è potuto accadere?". Eh già, "come è potuto accadere?".
Fermiamoci all'ambito ecclesiastico con un'altra notizia fornita nel forum de "l'Unità" da Paolo Macoratti": 41 preti sono inquisiti dall'ex Sant'Uffizio per la loro posizione manifestata relativamente al caso di Eluana Englaro.

Secondo Ernesto Galli Della Loggia, il cavalier Berlusconi nessuno lo può giudicare perché ha vinto le elezioni. Ma che idea di democrazia ha in testa?
Premessa noiosa. Di ogni parola possono darsi (come minimo) due interpretazioni. Una forte ed una debole. Le parole, si sa, sono pietre. E talora pure peggio. Vanno maneggiate con cura.
L'indimenticabile Leo Pestelli scriveva che tra "fare l'amore" e "fare all'amore" c'era una differenza. Che nel primo caso avrebbe potuto portare un figlio.
Quel "fare all'amore", direbbe il senso comune, è più "platonico". Ma il senso comune non ricorda che "amor platonico" non è quello delle sole idee (ovvero delle menti), ma bensì quello completo, fisico nel senso più totale.
Avrebbe poi predicato il Cristianesimo: sarete due corpi ed un'anima sola. Ecco quell'anima sola è veramente platonica. Un'anima sola non è mai persa se sta in così buona compagnia.
Fine della premessa. Per arrivare alla parola che ci siamo prefissati di esaminare, sulla scia di un fondo del "CorSera" di lunedì scorso 7 settembre composto da Ernesto Galli Della Loggia (EGDL). Ovvero la parola "urna".
Che non è quella dei forti a cui accennava Ugo Foscolo come fonte di stimoli per accendere i forti animi. Ma più prosaicamente il contenitore delle schede elettorali. Il quale va maneggiato con cura affinché non si trasformi nella tomba della democrazia.
EGDL dà un'interpretazione forte dell'urna elettorale. Chi vince può fare tutto. Lo sostiene in questi termini: Berlusconi è "l'uomo della politica democratica ridotta al suo dato più elementare, quello del risultato delle urne". Ovvero chi vince ai seggi, non deve incontrare ostacoli.
Eh, no, esimio prof. EGDL. L'urna, nel caso e nella spiegazione del suo testo, diventa l'alibi per giustificare ogni atto politico dell'esecutivo, soltanto in virtù del fatto che, vinte le elezioni, il premier fa tranquillamente i comodi suoi. Per parlar pulito.
No. La Costituzione italiana non sta in questi termini. I famosi pesi e contrappesi, che i politologi citano elegantemente nella lingua inglese perché fa più fino, sono i correttivi che mirano ad impedire uno strapotere personale.
Un grave vulnus è già stato inferto alla Costituzione con il "lodo Alfano" contenente un articolo del "lodo Schifani" già dichiarato incostituzionale dalla apposita Corte (articolo 1, comma 2, legge 140/03).
Adesso vuole sostenere EGDL che ogni atto governativo non debba passare al vaglio degli altri organi costituzionali soltanto perché il gabinetto è uscito vincente dalle urne?
EGDL dimentica tutta la storia che ha portato alla nascita della democrazia moderna dal vituperato Settecento dei "biechi illuministi".
E finge di ignorare che nella demcrazia moderna la libera stampa rappresenta il "tribunale della pubblica opinione". Perché mai?
EGDL conclude infatti il suo lungo "fondo" sostenendo che non tocca ai giornali stabilire "se qualunque persona è adatta o inadatta a guidare il governo".
Allora, con un capo di governo che riesce a controllare direttamente od indirettamente i tre quarti (o forse più) di tutto il sistema di comunicazione delle informazioni ai cittadini, è proibito alla quota restante e minoritaria rivelare quelle notizie che possono arrecare discredito al premier sino a fargli "perdere la faccia"?
L'ottimo EGDL dovrebbe sapere che, nel caso specifico a cui si fa sempre riferimento per certe vicende, a denunciare la "malattia" del soggetto e la frequentazione di minorenni, è stata quella signora che al momento del suo pronunciamento pubblico era ancora la consorte del premier stesso.
Orbene, come possono gli elettori sapere se quella persona è "adatta o inadatta a guidare il governo", quando nessuno gli svela (o può svelargli) gli "arcana imperii" che EGDL vorrebbe vedere rinchiusi in una specie di fortezza inaccessibile ed inviolabile in cui tutelare il potere uscito dall'urna?
Il prof. EGDL merita tutto il rispetto dovuto a chi compone fondi per il "Corrierone", ha lunga carriera professionale e fama di osservatore attento alle cose di questo mondo.
Perché se fosse uno studentello a qualche esame universitario meriterebbe un giusto e sano rimbrotto, per non parlare di bocciatura (che la signora Gelmini definirebbe sacrosanta).

08.09.2009
Mike, 8 settembre

Mike Bongiorno, ricordiamolo anche cosi'
L'immagine riproduce un brano del volume di Dario Venegoni (2005) sul lager di Bolzano.
Dal ''Dizionario della Resistenza italiana'' di Massimo Rendina: Bongiorno, ''sfollato l'8 settembre sulle Alpi piemontesi, attraversava nei mesi invernali i valichi alpini innevati, recando messaggi in Svizzera per conto della Resistenza''.
"Tu devi unirti al nostro gruppo, mi dissero, ed io accettai portando messaggi a Torino e Milano'', ha scritto Bongiorno: ''Avevamo previsto un'ultima missione ma qualcuno tradì cosiì - ero a Crodo sopra Domodossola ed avrei dovuto attraversare a distanza di poche ore il confine - venimmo catturati dalla Gestapo''. (Fonte, Asca)
Citiamo ancora dall' agenzia Asca. Dopo il carcere a Milano, Bongiorno venne destinato all'internamento in Germania a Spithal (ma prima passo' anche in altri campi di concentramento come Bolzano e Mauthausen) e nel 1945 venne scambiato tramite la Croce Rossa con prigionieri tedeschi detenuti dagli americani, grazie ad un accordo che riguardava persone gravemente ammalate o casi speciali. Tornato a New York lavoro' per la stazione radiofonica del quotidiano ''Il progresso italo-americano''.
Oggi 8 settembre, anniversario di una data tragica nella storia d'Italia, pubblico una testimonianza apparsa sul periodico riminese "Chiamami città", di Ariodante Schiavoncini:
«Noi soldati d’Italia abbandonati a noi stessi
Gli ufficiali ci dissero di andare a casa e poi scomparvero
Mi trovavo a Cancello ed Arnone di Caserta, a svolgere il servizio militare quando, verso sera il Capitano, comunicava ai soldati in adunata, che l’Italia e il comando militare Angloamericano avevano firmato la pace. Di conseguenza, il mattino dopo, dovevamo essere pronti per rientrare al comando di Mantova per essere congedati. Eravamo tutti talmente felici ed euforici che la notte nessuno ha dormito. La notizia che si tornava a casa per sempre, sembrava irreale.
Il mattino dopo, eravamo con gli zaini affardellati, nel piccolo spazio davanti alla tenda comando, pronti per partire. La tenda era vuota e nessuno degli ufficiali era nei dintorni. Il vecchio sergente comunicava sconsolato che gli ufficiali ci avevano abbandonati.
Con fare paterno ha consigliato tornare alle nostre case, poi presentarci ai nostri distretti per regolarizzare la posizione militare. Una raccomandazione sussurrata con voce quasi tremante, come se presagisse la tragedia imminente: “Ho ascoltato il proclama del Maresciallo Badoglio, finché le cose, non saranno chiarite, evitate incontri con i soldati Tedeschi”.
Mesi dopo, leggendo il testo del proclama, che qui sotto riporto, ho capito la ragione della raccomandazione.
“Il Governo Italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla nazione, ha chiesto un armistizio al Generale Eisenhower, comandante in capo delle forze anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze Italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi di qualsiasi altra provenienza.”
Il giorno dopo il Re, la corte e diversi Generali, eroicamente, fuggivano nelle zone controllate dagli anglo-americani abbandonando al loro cupo destino i soldati Italiani in Patria, e all’estero».
05.09.2009
Mistero Boffo

Il segreto del caso Boffo? Sta nelle stanze ecclesiastiche non soltanto di Roma ma pure di Milano, come rivela il "Corriere della Sera" di oggi
Non ci vorrebbe Dario Fo, quello del "Mistero buffo", ma il giallista Carlo Lucarelli, quello del poliziotto Coliandro "politicamente scorretto" (sua definizione).
Il caso di Dino Boffo è complesso. Ci sono dietro intrighi inimmaginabili. Come quelli rivelati oggi dal "Corriere della Sera". Dove Paolo Foschini scrive: "la pistola che alla fine ha fatto fuori" il direttore di "Avvenire" ha cominciato a circolare tempo fa nell'Istituto Toniolo di Studi Superiori, ente fondatore e garante dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Non ci meravigliamo di nulla. Abbiamo da Foschini un'altra conferma che il fuoco che ha colpito Boffo è stato "amico", utilizzando un cannone (altro che pistola!) pronto a sparare con altri scopi, ovvero il direttore de "il Giornale" di Paolo Berlusconi.
Non ci meravigliamo perché da molto tempo sosteniamo modestamente la proposta di una nuova festa liturgica dedicata a "Santa Ipocrisia". Ne abbiamo riparlato pure di recente (lo scorso 14 marzo), citando qualcosa di molto più grave della "pistola" puntata contro Boffo. Era il caso di Emanuela Orlandi su cui ha scritto un libro Pino Nicotri. Del quale riportavamo l'accusa al "conformismo servile dei mass media italiani".
Lo stesso "CorSera" odierno offre la lettera di Francesco Cossiga all'emintentissimo Bagnasco. In cui ci sono due passi capitali.
Il primo quando sostiene che Boffo si è comportato con "colpevole imprudenza" coprendo il colpevole delle molestie telefoniche di cui era stato accusato lo stesso Boffo. (E questa copertura non può rassomigliare ad una violazione della legge? Lo chiediamo a chi sa di Diritto.)
Il secondo è nella conclusione francamente scandalosa, soprattutto se pronunciata da un ex capo dello Stato: Boffo, "impancandosi di fatto a nome della Chiesa a giudice pubblico dei comportamenti, certo eticamente non commendevoli, di Silvio Berlusconi, non dico che «se la sia meritata», ma «cercata» sicuramente sì!".

04.09.2009
Toghe a luci rosse

Casto ma potente, il cavaliere andrà in tribunale pronto a chiarire tutto? Ghedini promette udienze a porte chiuse. Sembra di leggere una pagina di Casanova...
Maurizio Gasparri lo sfotte, parlando di "un Ghedini o un Ghedone" che cava sempre le castagne dal fuoco al governo. Il cavaliere invece ne ha stima: questo Ghedini lo manda avanti, forse perché a lui vien da ridere, a dire tutto quanto deve fare giustizia in Italia attorno alla sua augusta persona.
Le giornaliste dell'Unità lo accusano di impotenza, ispirandosi ad una dichiarazione di Vittorio Feltri non censurata
Allora, dichiara Ghedini al "CorSera" di oggi: "... perché mai Berlusconi non dovrebbe poter spiegare a venti milioni di italiani, suoi affezionati elettori, che è perfettamente funzionante?"
La spiegazione, ma come? Avremo udienze a porte chiuse con toghe a luci rosse? Non sappiamo immaginare nulla. Ricordiamo soltanto una pagina di Giacomo Casanova.
E' il racconto di una madre che soggiorna ad Ancona, nel febbraio 1744, accompagnando quattro giovanissimi figli artisti, due femmine, un maschio ed «il preteso Bellino», cioè un finto castrato la cui storia emerge lentamente nelle pagine che descrivono il viaggio di Casanova in sua compagnia verso Rimini.
Teresa, dodici anni, è figlia di un «povero impiegato all’Istituto delle Scienze di Bologna» che teneva a pigione il celebre castrato Salimberi. Costui «manteneva a Rimini, presso un maestro di musica» un coetaneo di Teresa di nome Bellino che il padre aveva fatto evirare sacrificando all’altare della propria miseria la sua virilità, «in modo che con la voce potesse mantenere i fratelli».
Teresa, rimasta orfana del padre, è accompagnata da Salimberi a Rimini nella stessa pensione in cui egli «faceva educare» Bellino. Al loro arrivo in città, essi apprendono però che «Bellino era morto il giorno prima». Salimberi decide così di condurre Teresa a Bologna sotto il nome di Bellino, e di sostenerla economicamente «a pensione presso la madre del defunto la quale, essendo povera, avrebbe avuto interesse a mantenere il segreto».
Il patto segreto di Salimberi con Teresa era che, dopo quattro anni di studi, lei sarebbe stata chiamata a Dresda («Salimberi era al servizio dell’elettore di Sassonia e re di Polonia»), «non come una fanciulla, ma come un castrato»: «L’unica tua cura», le impone Salimberi, «dovrà essere quella di fare in modo che nessuno si accorga che sei donna [...], prima di lasciarti, ti darò un piccolo arnese 55 e t’insegnerò ad applicartelo in maniera che, se mai dovessi sottoporti a una visita, ti si possa facilmente scambiare per un uomo».
Teresa racconta a Casanova anche il seguito della sua avventura artistica e del suo dramma umano: «Ho fatto solo due teatri, e ogni volta mi sono dovuta sottomettere a esami vergognosi e umilianti; infatti, tutti dicono che ho un aspetto troppo femminile, e sono disposti a scritturarmi solo dopo aver avuto la prova infamante. Finora per fortuna, ho avuto a che fare solo con vecchi preti, che in buona fede si sono contentati di un esame superficiale in base al quale hanno fatto il loro rapporto al vescovo; ma potrebbe capitarmi di essere visitata da dei giovani, e allora l’esame sarebbe molto più approfondito. Inoltre sono continuamente esposta alle persecuzioni di due specie di invidiosi», quelli che non la credono un maschio, «e quelli che, per soddisfare dei gusti abominevoli, si rallegrano che lo sia o trovano il loro tornaconto nel credermi tale». Questi ultimi sono la sua ossessione: «Le loro passioni sono tanto ignobili, i loro vizi così turpi, che a volte temo di pugnalarne qualcuno nell’impeto incontenibile provocato dalle loro infami proposte».
Chi farà l'esame del cavaliere? Qualche vecchio cardinale che dovrà riferire al papa? O qualche giovane monsignore in un modo molto più approfondito, come raccontava la povera fanciulla spacciata per castrato?

03.09.2009
Boffo si dimette. Feltri ammette

Boffo si dimette. Feltri ammette (copiando) che ci sono di mezzo "cassetti curiali". La guerra in casa Berlusconi contro "Repubblica", dai dossier di cui racconta Luca Telese alla denuncia (estesa anche all'Unita')
Alla radio, ieri, Vittorio Feltri ha rivendicato tutta l'operazione architettata contro il direttore di "Avvenire" (dimessosi oggi): "Noi non abbiamo pubblicato alcuna velina, ma un documento di condanna. Se c'è una velina è stata diffusa dal Vaticano".
Poi ha precisato che l'idea non è sua, ma di Stefano Cappellini il quale, su "il Riformista", ha scritto, sempre ieri 2 settembre: "E che la velina provenga da un cassetto curiale è ormai qualcosa più di una ipotesi".
La definizione di "cassetto curiale" è perfetta. (Il titolo del pezzo di Cappellini è "Il Papa e il Papi". Abbiamo scritto il 16 agosto un post, "Da papi a papa".)
Sin dall'inizio della vicenda di Dino Boffo, abbiamo sostenuto che soltanto da Oltretevere potevano giungere certi  input per attacchi contro chi (come lui) si era permesso di criticare il cavaliere.
Feltri (anzi Cappellini) conferma ciò che l'evidenza dei fatti e la logica deduzione che ne derivava, facevano intravedere chiaramente: ovvero l'esistenza di uno zampino "diabolico" che aveva mosso certi monsignorini ad architettare il piano messo poi in atto da Feltri.
Feltri era stato appena richiamato a "il Giornale" non per scrivere di letteratura o di sport, ma soltanto per distruggere gli avversari di Berlusconi. Il quale, su altri versanti, ha scelto la via giudiziaria (con le richieste di danni a "Repubblica" e "Unità").
L'analisi dei rapporti fra Stato e Chiesa, in riferimento alla vicenda di Boffo, è stata ieri compiuta in maniera esemplare da due illustri firme del "CorSera", Vittorio Messori ed Alberto Melloni.
Il tradizionalista Messori scrive apertamente che la Chiesa di Roma ha dimenticato la virtù della prudenza. A Boffo, dopo la sentenza del 2004, doveva essere chiesto "di defilarsi, assumendo altre cariche, meno esposte a ricatti e a scandali".
Messori è un perfetto conoscitore della macchina vaticana. Dire questo non significa condividerne le posizioni teologiche, sulle quali invece divergiamo totalmente. Ma significa qualcosa che l'ultra-conservatore Messori addirittura citi Plutarco per ricordare ai suoi "monsignorini" che sulla moglie di Cesare non possono esistere "ombre, pur se inventate".
Melloni, storico della Chiesa con tanto di cattedra universitaria, usa il termine "imboscata alla Chiesa" a proposito di Feltri, introducendo una lunga ed accurata disamina dei rapporti fra classe politica odierna ed il Vaticano di Ratzinger (e Bertone).
Interessante è la ricostruzione dei rapporti fra religione romana e Lega lombarda, passata dal dio Po che "faceva ridere" alla "ambizione di Bossi di presentarsi in Vaticano come padrone del Lombardo-Veneto".
Melloni ha due osservazioni che meritano di essere sottolineate, per non chiudere sin da ora il discorso sulla "oscura vicenda" di Boffo, e per non ridurla al solo protagonista evidente, Berlusconi.
C'è "un allarme di cui non si riesce a giudicare la portata", ci sono "episodi che si possono sdrammatizzare solo con una lucidità che manca a tutti".
Aiuta a comprendere il senso di queste parole l'editoriale apparso su "Repubblica" il primo settembre, a firma di un altro storico, Adriano Prosperi. Che cita un recente volume di Roberto Pertici sui rapporti fra Chiesa e Stato dal 1914 al 1984.
Anche Prosperi parla della Lega: "Oggi un partito che ieri vantava il suo paganesimo e adorava le acque del Po si offre come il vero partito cattolico...". E qui ricorda l'illustre precedente del Mussolini ateo "che sfidava la folgore di Dio dal pulpito".
Tutto ciò dimostra che la situazione grave in cui il nostro Paese è precipitato per colpa di Berlusconi, ha non felici prospettive anche per la lotta di Bossi per prendere il posto del cavaliere. I discorsi di Fini, come quello drammatico di ieri incentrato sull'evidenza del "killeraggio contro le persone", servono a ben poco. Il suo potere contrattuale sul piano elettorale è quasi nullo. Può ricevere applausi o battute ironiche come quella di chi lo definisce il futuro segretario del Pd. Ma la sostanza dell'involuzione politica italiana non può essere fermata da quelle buone intenzioni di cui una volta si diceva che erano lastricate le strade dell'inferno.
Tre considerazioni finali.
Nel ricordato nostro post "Da papi a papa", avevamo scritto il 16 agosto: "Il papi napoletano, considerandosi molto vicino al papa, disprezza la periferia dei parroci dissidenti. E definisce, teologicamente, una bugia ogni pensiero discordante dal suo, che è Assoluta Verità come quella pronunciata ex cathedra dal pontefice romano".
Sul "CorSera" di oggi G. A. Stella smentisce il titolo attribuito da Berlusconi allo stesso giornale del 2 settembre 1939, "Fantastica operazione umanitaria".
Su "Repubblica" di oggi, G. D'Avanzo ci ricorda che Luca Telese, da poco uscito da "il Giornale" di Paolo Berlusconi, ha pubblicamente raccontato di dossier e schifezze già pronte in quel quotidiano contro giornalisti di "Repubblica" e loro parenti.

01.09.2009
Cossiga, puntuale
Puntuale come quei purganti che garantiscono l'effetto dopo una certa ora dall'assunzione, giunge Cossiga. Lo avevamo facilmente previsto ieri: "e prima poi arriva un Cossiga ridens a smentire tutto".
Infatti, eccola la smentita di Cossiga, con un'intervista in pompa magna ad Aldo Cazzullo sul "Corrierone" di stamani.
I servizi segreti c'entrano nella faccenda Feltri-Boffo? Manco per sogno: "In Italia, da Rutelli in giù, si imputano ai servizi segreti pure i 34 alpinisti morti quest'estate in montagna".
Il Cossiga ridens non parla mai a vanvera. Ma qui rasenta l'ovvietà gratuita e inconsistente. Se sono segreti, certi "servizi", mica possiamo leggerne le avventure sulla "Gazzetta ufficiale".
La smentita appartiene alla scuola di pensiero cossighiano che è una specie di creatura molto simile a quelle mitologiche. Una bella testa da uomo ed un corpo che termina in una aggressiva coda da dinosauro.
"In cauda venenum, et in capite rostrum" potrebbe essere l'insegna araldica per questo discendente di pastori imparentato però con dei nobili a cui appartiene invece sua nipote Bianca Berlinguer.
Il rostro usato negli attacchi navali dei combattimenti (ma è anche il nome della tribuna degli oratori), è lo strumento usato da Cossiga proprio per la Bianca nipote. La vuole direttrice del Tg3 e la raccomanda ai piani buoni della Rai anche se lei lo ha "rinnegato".
Insomma, di testa o di coda, Cossiga si diverte a colpire duro, dicendo verità nascoste in ipotesi balzane, o svelando come inediti argomenti che sono un po' il segreto di Pulcinella.
Il Vaticano non vuole strappi con il governo, è la Cei che è divisa, dichiara a Cazzullo.
Ma questo di Cossiga, è lo stesso argomento che poi si ritrova sempre sul "Corrierone" nella bella nota di Massimo Franco, posta nella pagina a fianco rispetto alla sua intervista.
La Segreteria di Stato teme che da tutto tragga vantaggio la sinistra. Per cui occorre non rompere con Berlusconi. La Cei sarebbe percorsa da spinte centrifughe. Con la minaccia di forti tensioni interne. Insomma, come dice il titolo di Franco, "Allo scontro con il premier si sommano le tensioni nella Chiesa cattolica".
Nella quale, come sosteniamo da tempo, si guarderebbe a Casini, stando ad Ilvio Diamanti di ieri che aggiunge una lunga lista di "amici" (Tabacci, Rutelli, Pezzotta, Montezemolo e magari Gianni Letta "gentiluomo di Sua Santità" dal 29 giugno...).
Ma a Casini guarda anche il cavaliere, secondo quanto ha scritto il 29 agosto "Repubblica", circa la strategia di Arcore: «Casini non vuole sentire parlare di un'intesa nazionale con il Pdl. "Vuol dire che parlerò con Caltagirone", ha scrollato le spalle Berlusconi».
Su Casini scommette pure Cossiga, "l'unico che può trarre profitto dalla situazione"... ma soltanto "fino a quando Avvenire non ricorderà ai suoi lettori che pure lui è divorziato e risposato".
Cossiga dice che "Ratzinger sa a malapena chi sia Berlusconi". Sembra un paradosso, forse è la verità. Non conosceva, il papa, situazioni peggiori. Come quella di Wielgus e del vescovo lefebvriano Richard Williamson...


Antonio Montanari - 47921 Rimini. - Via Emilia 23 (Celle). Tel. 0541.740173
RIMINISTORIA è un sito amatoriale, non un prodotto editoriale. Tutto il materiale in esso contenuto, compreso "il Rimino", è da intendersi quale "copia pro manuscripto". Quindi esso non rientra nella legge 7.3.2001, n. 62, "Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416", pubblicata nellaGazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2001.
2745, 13.03.2018*

il Rimino 2009