Diario italiano
Il Rimino 161, anno XI
Maggio 2009

31.05.2009
Contro Veronica
Contro Veronica Lario (all'anagrafe, Miriam Bartolini) per difendere il cavaliere, è scesa oggi in campo Daniela Santanché: la accusa di aver sfasciato la famiglia, di avere un amante (di 47 anni, quindi più giovane giovane di lei, 53enne), di aver violato il patto fatto con il (vecchio) marito (andare avanti in silenzio)...

"La misura è colma, il gioco è truccato" ha dichiarato a "Libero".

La verità interessa soltanto le persone coinvolte. A noi preme di sperare che adesso intellettuali, storici, corsivisti, notisti politici e commentatori autorevoli non tirino in ballo il solito discorso che abbiamo sentito e risentito: è una storia, quella che si combatte fra i villaggi di Arcore e Macherio che ricalca, le storie dei singoli italiani. Uffa, che noia.

Al turno elettorale mancano pochi giorni. Il gran finale dei fuochi d'artificio governativi per non far parlare di cose serie (vedi il caso Sicilia) prosegue. Il cavaliere attacca la magistratura tre volte al giorno. E di riflesso la stampa, tutta devota alla sinistra (illusione ottica, effetto miraggio...).

Da oggi contro la signora Lario sono scese in campo pure le signore "vicine" al capo del governo. Si sa come sono queste signore: "ridono e graffiano" diceva un vecchio titolo di Arnaldo Fraccaroli...

Non contenta di disprezzare gli extracomunitari, l'on. Santanché nutre avversione pure verso un'altra signora, la moglie del suo adorato capo del governo. E ne propone l'espulsione dalla di lui famiglia. Quella di dare i calci nel sedere a qualcuno sta diventando una pericolosa fissazione per la signora del "Movimento per l'Italia". Per l'Italia stia un po' ferma, per favore.


31.05.2009
La nostra privacy
Anche noi, umilissimi cittadini qualsiasi, avremmo diritto a veder protetta la nostra privacy. Intendendo per essa il fatto che non ci si dovrebbe arrecar nocumento mentale (ovvero rottura di balle per dirla con il ministro Maroni), con tante storielle che il Potere illuminante e non illuminato costruisce a proprio conforto e vantaggio.

Il Potere può chiedere ed ottenere immediatamente il sequestro delle foto di una festa. Ne siamo lieti, felici, orgogliosi. E' pericoloso che la legge sia uguale per tutti. Correremmo il rischio di vedere felici anche cittadini non potenti, sui quali i potenti possono esercitare il loro fascino (se non fascismo) pronto a mascherarsi da intimidazione (appunto squadrismo).

Per fortuna c'è gente che si accontenta e gode. Topolonek non è un nome da fumetti. Ma quello di un ex primo ministro ceco, Mirek Topolonek. Non sfoggiava abiti eleganti nel giardino sardo del cavaliere, ma girava 'nature'.
Nudo, dicono i pettegoli come il "Corrierone". Mentre due ragazze sotto la doccia erano semplicemente "in topless", ovvero come i ciclisti nella pista del Vigorelli "in surplace", nell'attesa dello scatto detto anche "colpo di reni".

Ma non è una colpa essere belle, "in topless", nella doccia della villa del cavaliere, in attesa dello scatto detto anche "botta di culo". Felici di aver volato, dicono altri pettegoli, con "voli di Stato". E che sarà mai... Sono voli scomodi per quanto pieni di lusinghe oltre che di spifferi.

Per fortuna c'è gente che il "colpo di reni" dell'intelligenza e la "botta di culo" della notorietà non li spreca, ma li usa per parlare chiaro.
L'ex della fanciulla in fiore ha preso penna e carta (ci sono testimoni che non ha preso carta e penna), per farci sapere che lui chiama il presidente (tutto maiuscolo nella sua testa e nel suo scritto, noi disobbediamo trascrivendo), ovvero Berlusconi, con l'appellativo di "uomo del popolo", di amico di tutti ma soprattutto di "Mendicanti, Poveri" (ai quali lasciamo rispettosamente l'iniziale maiuscola per pregiudizio politico).

L'ex della fanciulla in fiore desta tanta umana simpatia: vorrebbe querelare "Repubblica", ma purtroppo non può permettersi "un avvocato penalista". Il ragazzo non sa che i penalisti del cavaliere sono disposti a lavorare gratis per lui, se soltanto lui facesse loro l'onore...

L'ex della fanciulla in fiore è un pentito dichiarato. Chiede scusa "per il clamore che ha suscitato" la sua storia d'Amore (la maiuscola è nostra, lo ammettiamo). Non sa che l'amico del popolo (Popolo?) è stato definito da un illustre intellettuale (Ernesto Galli Della Loggia, su "Style") quale interprete perfetto di un modello socialmente volgare (usiamo parole nostre nel tentativo di riassumere il lungo discorso di EGDL).

Modello volgare non voluto dal cavaliere ma a lui imposto dai tempi in cui è costretto a vivere in quest'Italia che (sottolinea EGDL) mostra chiappe e mutande "a chiunque voglia sbirciare". Appunto, in attesa del faticoso "colpo di reni" dell'intelligenza può venire in soccorso la "botta di culo". Come volevasi dimostrare.


30.05.2009
Ostellino birichino
Anche Piero Ostellino si mette a fare il birichino... Conclude oggi la sua rubrica settimanale del "Corriere della Sera" con una battuta che un tempo si sarebbe definita grassa, ma che oggi non turba più nessuno. Laddove egli scrive che c'è in molti italiani la speranza nella caduta del tiranno (Berlusconi) «inciampato in un pelo "di quella cosa"», alludendo ovviamente a ciò che tutti comprendono parlandosi di frequentazioni di fanciulle in fiore.

Ma la conclusione di Ostellino va messa da parte, perché ciò che preoccupa è invece l'analisi catastrofica che la precede (la provoca?).
In questa analisi Ostellino scrive che "L'Italia non è ancora entrata nella modernità" perché i suoi intellettuali "non hanno ancora imparato a porsi" quella fondamentale domanda empirica che ruota al "come" stanno le cose.

Ostellino è un pensatore di indubbio valore. Ma lo scarto iniziale del suo ragionamento mette timore. Perché i cittadini dovrebbero delegare agli intellettuali (e non incaricarsene anche loro stessi) la domanda appunto su "come" stanno le cose?

Democrazia vorrebbe che tutti (od almeno molti) si ponessero quella domanda. (Poi Ostellino accusa gli intellettuali di chiedersi il "perché" delle cose, per affidarsi al "dover essere", mentre basterebbe attenersi all'"essere"... Uffa, quante inutili forme filosofiche per sfoggiare sapere...)

Dato che non abbiamo la pretesa di volare alto come Ostellino, noi rivendichiamo soltanto il diritto di interloquire sulle cose del nostro Paese, senza dovere ogni volta chiedere l'autorizzazione ad Ostellino per poter parlare.

L'illustre commentatore infatti liquida il problema italiano con una veloce divisione del popolo in due metà, quella "aggrappata a un imprenditore"... etc., e quella ridicola che dà del "tu dmocratico" al cameriere ma pretende il "lei conservatore" sognando appunto ed infine che il tiranno sia inciampato in quel pelo di "quella cosa" lì.

Va bene, illustre Ostellino, che scrivere ogni settimana un pezzo brillante richiede a volte sforzi sovrumani, ma noi preferiamo al suo articolo approdato al pelo della fanciulla in fiore, la lettera che sulla stessa pagina del "Corriere" si legge a firma di Sergio Caroli, a proposito di un intervento del prof. Vattimo.

Il lettore osserva giustamente che il 19 novembre 2008 una diciassettenne sedeva riverita ospite al tavolo del presidente del Consiglio in un pubblico ricevimento ("cena ufficiale del governo") con le grandi firme della moda...

Belle forme per grandi firme? Osserva il lettore Caroli: "Purtroppo dalla Controriforma in poi impera, nello spirito pubblico del Belpaese, l'inveterata abitudine della doppia verità", riassumibile nella battuta carducciana di un piede in chiesa e l'altro nel casino.

Noi sottoscritti non apparteniamo alla schiera che osanna l'imperatore o a all'Italia che dà del tu al cameriere e pretende il lei in risposta.
Ci crediamo sufficientemente vaccinati per sapere distinguere fra la forza di un pelo ed il peso di una menzogna politica espressa da troppe persone ormai per negare un fatto evidente, e denunciato per prima dalla consorte del capo de governo. Una diciassettenne a tavola. Non a letto, a tavola. Chiaro? Ma che ci stava a fare, in una cena ufficiale?

Il problema è semplice, molto più semplice di quanto non pensi Ostellino per negare ai cittadini "semplici" (come dicevano una volta i cronisti politici) il diritto di sapere le cose, perché Ostellino vuole affidare tutto all'empirismo degli intellettuali.

Ma sinceramente sia gli intellettuali sia il loro empirismo (consistente nel cercare la scorciatoia per il potere e saziarsi a volontà alla sua mensa) ci hanno sempre fatto leggermente nausea, sin dall'ottavo mese della gravidanza di nostra madre.


30.05.2009
Fuori casta
Non soltanto "fuori sede", ma anche "fuori casta": è il nuovo magnifico rettore dell'ateneo di Bologna, il latinista Ivano Dionigi, 61 anni.
Nato a Pesaro, fu avviato dalla famiglia all'unico rifugio culturale per zone geografiche ed ambienti sociali "dove c'erano pochi soldi" (come ricorda su "Repubblica di Bologna" Mauro Alberto Mori), fu avviato cioè al seminario, e poi dirottato da un prete saggio all'Università, "meglio Bologna".

Sì perché allora (ho soltanto sei anni più di lui, apparteniamo quindi alla stessa generazione), allora nelle nostre zone della bassa Romagna o delle Marche vicine, si diceva proprio così "meglio Bologna", facendo il paragone con la famosa Urbino ventosa, facile da raggiungere con una vecchia sgangherata corriera.
Da Urbino alcune mie colleghe "bolognesi", ad esempio, erano scappate perché qualche docente aveva il vizietto di invitarle a casa per discutere di argomenti d'esame, e di riceverle in pigiama...

Un celebrato docente non dirò di dove, vi intraprese la carriera mezzo secolo fa, divenendo famoso per meriti suoi, ma allora non si associava la sua "partenza" in ateneo con la presenza costante in quella città della madre, dai concittadini chiamata (per scherzo ma non troppo) "il corpo accademico".

Tornando a Dionigi: "fuori casta", dunque, uno della gente venuta dal nulla, bella immagine per l'Italia d'oggi, come lo fu per noi ragazzi del Sessanta la figura di Ezio Raimondi, figlio di un calzolaio (vedere "Conversazioni", 1998, p. 11), e già allora personaggio conosciuto a livello mondiale. Ed ancora sulla breccia ad 85 anni.

Auguri, rettore Dionigi, a lei ed ai suoi collaboratori delle "umane lettere" che sono alla base di tutto quanto la vita passa sul tavolo del convento comune, e che sono al centro del lavoro de "La permanenza del classico", un'organizzazione a cui lei ha dato vita.

Auguri per rendere più umana questa cultura, questa società, avvolte nel leghismo barbarico del problema (falso) della difesa dell'identità.

"Bologna dovrà tornare a fare scuola", ha detto Dionigi. Ha ragione. Lo aspettiamo alla prova, tutti quanti abbiamo a cuore la sopravvivenza della nostra civiltà. Che non è minacciata dalle invasioni dei disperati ma dalla disperazione che provocano ignoranti, ingordi e buffoni che ci affliggono come e quando ve lo lascio aggiungere di vostra mano e di vostra mente.


30.05.2009
Veri religiosi
Due giorni fa "Repubblica" ha pubblicato il testo del priore Enzo Bianchi su "La vera ricchezza". Vorrei soffermarmi sul passo evangelico dove si legge: "Tutto tra loro era comune... nessuno era bisognoso".
Enzo Bianchi si chiede: "... perché insistiamo tanto su altri aspetti dell'agire morale, mentre preferiamo essere tiepidi o addirittura tacere sulla necessità della condivisione materiale dei beni, via maestra per eliminare, o almeno attutire, il bisogno e la povertà?".

Domanda retorica si sarebbe detto un tempo, ed il priore di Bose sa bene che è anzitutto una domanda politica, e (dal tempo dei tempi) relativa all'essenza dei rapporti economici che all'interno della polis si creano e si strutturano come base di tutto il resto della vita sociale.

Scendendo dalla storia alla cronaca, v'immaginate che oggi un povero Cristo scenda nelle strade a dire quella cosa? Beh, è tutto molto più comodo per molti anche ecclesiastici parlare di altre questioni. Anche perché la memoria della cronaca rimanda a certe storiacce, tipo Ior, Marcinkus, Roberto Calvi etc.

Nell'ultimo numero del "Messaggero" antoniano, c'è un articolo della principessa Alessandra Borghese misteriosamente elevata da qualche tempo al rango di teologa per "Via della Conciliazione" (titolo della sua rubrica)... La principessa racconta che "complice la crisi, stanno diminuendo tutti i consumi tranne quelli culturali".
Lei non sa che in Italia i consumi culturali sono talmente bassi (vendite di libri, ad esempio) che se scendono anche di poco scompaiono del tutto. Lei invece su un dato inesatto (dirò poi perché è inesatto), ricama la teoria che questa rinascita sia dovuta a "forti ripensamenti" anche religiosi, alla fine del Sessantotto dopo un trionfo di trent'anni (?), etc.

Perché è inesatto il dato citato dalla principessa: tra 2007 e 2008 non è aumentata la spesa per i libri (dati Confercommercio, del 22 gennaio 2009), ma si confidava in un aumento per il 2009 (allora appena iniziato....). Le altre cifre confortanti riguardano il settore ricreativo e tempo libero, nel quale rientra qualcosa di molto lontano dal libro e dal sapere. Cioè una vacanza in riva ad un lago od al mare che fa salire il bilancio turistico, non può interessare anche il consumo di cultura.

La nostra principessa conclude che "in tutti sta crescendo il desiderio di fare meglio", "per far ripartire la nostra società". Lei non lo ha scritto, ma l'ha certamente pensato, un "grazie Silvio".

Principessa la colpa non è sua, ma di chi le affida certe pagine che un tempo erano molto serie, e che adesso sono decadute se hanno potuto ospitare sino a poco tempo fa uno psichiatra massone ("amico" della Massoneria, era detto in pubblico) e definito pomposamente e falsamente pure "teologo". Padre perdona loro... (il "Messaggero" entra in casa mia da un secolo...)


29.05.2009
Che strano tic
Che strano tic, ministra Carfagna, domina nel suo partito. Quello di sostenere che il presidente del Consiglio ("uomo leale, perbene e rispettoso" costretto a vivere in un "mondo popolato di gran cafoni"), ha interpretato "le speranze e i sogni degli Italiani", traducendoli pure "in realtà".

Lei lo scrive in una lunga lettera ospitata dal "Corriere della Sera" di oggi. Forse per rispondere a Dacia Maraini che aveva espresso la sua solidarietà alla divorzianda consorte del capo del governo. La quale ormai ex consorte, come si sa, aveva usato parole forti contro il marito, accusandolo di frequentare minorenni e di non stare bene.

La ministra Carfagna quando parla di "Italiani" logicamente sottintende l'aggettivo "tutti" che le appare un'ovvia ed inutile precisazione, perché Lui è (secondo lei) tutti noi.

No, illustre ministra. Lui è il governo. Chi governa non interpreta speranze e sogni di "tutti", ma agisce (dovrebbe agire) nell'interesse del Paese, non mirando ad avere un consenso universale, perché questo consenso universale in politica ha un nome diverso.

Ce lo conceda, ministra: essere governati non significa essere dominati. Il rispetto verso la carica è cosa diversa dalla condivisione dell'opera di chi la occupa pro tempore.

Lei stessa si contraddice quando, dopo aver sostenuto che il suo idolo interpreta e realizza speranze e sogni degli Italiani, è costretta a volare più basso per ammettere che viviamo "in un mondo popolato di gran cafoni". Alla quale categoria certamente lei non accosterebbe mai il suo capo. E pure su questo protremmo essere in disaccordo citando fonti di stampa estera...

Non è l'unica contraddizione: "tutto il resto", lei sostiene, "sono affari suoi". Eh, no, ministra. Non sono "affari suoi" certe cose che la consorte attribuisce al capo del governo. La consorte ha denunciato: viviamo in un Paese che "per una strana alchimia" permette di tutto al suo capo.

Berlusconi è stato paragonato dalla moglie ad un imperatore che si diverte, ad un "drago" a cui si offrono "vergini".
Forse è giunto il momento per voi politici di governo di smetterla di tediarci con prediche che non rispondono al principio primo della questione, posto appunto dalla signora Miriam Bartolini in Berlusconi. Ma ciò vi fa comodo per far campagna elettorale (dappertutto tranne che in Sicilia, ci par di capire...).

Lei, ministra, invoca un Paese dove "chi governa sia giudicato "per come governa". Appunto. Per questo non può dire, Berlusconi, di avere tutti gli italiani dalla sua parte. Se lui governa pensando così, è fuori della logica democratica.

Lei, per chi ha diverse opinioni rispetto alle sue ed a quelle del suo capo, propone di "sporcarsi le mani" affrontando i veri problemi e "le questioni che interessando alla gente".

Affermazione ridicola in una Paese libero. Mi ricorda quanto piccata ci rispose un'assessora, per una questione urbanistica sollevata due anni fa in una pubblica lettera. Lei è finita in Parlamento, a noi è stato impedito di scrivere oltre su quel foglio, come semplici lettori autori di lettere aperte. Un dettaglio, su come funziona la democrazia in Italia. Per questo non ci stupisce l'arroganza di un ministro la cui cultura di governo la porta ad accusare una "follia collettiva" che guarda la politica dal buco della serratura. Si decida: la "follia collettiva" presuppone tutto l'opposto di quel consenso che lei attribuisce al capo del governo.


27.05.2009
Il conte zio di Silvio
Il tono aggressivo dimostrato ieri sera in una trasmissione televisiva da un ministro contro il direttore del quotidiano "la Repubblica" ed il segretario del Pd, ricevendo aiuto convinto ed altrettanto violento dal direttore di un settimanale della sua "area", dimostra soltanto che ormai "in partibus fidelium", tra i devoti seguaci del cavaliere, non esiste più la capacità di articolare ragionamenti ma soltanto di sfoderare offese.

E’ la tecnica estrema di chi avendo torto, e sapendo bene di non poter razionalmente spiegare le cose, ricorre soltanto alla diffamazione. Come dimostra il particolare riguardante il giovane intervistato dal quotidiano romano nella sua qualità di ex fidanzato della fanciulla in fiore. Sul quale giovane si sono aperte le porte del casellario giudiziario con rivelazioni che non toccano la sostanza delle cose da lui narrate, ma la sua figura e quindi la sua ipotetica credibilità.

C’è in giro molta "rabbiosa intolleranza" e non soltanto verso "il genere femminile": come osserva giustamente Dacia Maraini in un’intensa lettera di solidarietà a Veronica Lario, sul "Corriere della Sera" di oggi.

Questa "rabbiosa intolleranza" usata come arma strategica nel dibattito pubblico e come strumento per chiudere la bocca alla stampa non inchinata verso la mecca di Arcore, è molto pericolosa. Potrà sfuggire a molti, oggi, afflitti da problemi personali ed economici più pressanti, ma non va lasciata nel dimenticatoio, facendo finta che non esista.

Questa "rabbiosa intolleranza" è soltanto una nuova tappa di quel modo di fare politica ed informazione che gran parte delle maggioranza di governo usa per nascondere la polvere sotto il tappeto. Recuperando la tecnica ridicola che trionfa nei tg pubblici, dove un esponente dell’opposizione non può dire che il cielo è nuvoloso senza che non si offra agli spettatori il triplice commento del portavoce del governo, del portavoce della maggioranza, del portavoce del principale partito della maggioranza di governo. Per cui si torna a quella informazione ridicola che una sera del 1966 fece dire al tg della Rai che pioveva su Firenze, mentre la città era già tutta alluvionata.

E’ la tecnica del "sopire, troncare […] troncare, sopire" suggerita dal conte zio al padre provinciale, superiore di padre Cristoforo. In un colloquio che culmina con la larvata minaccia del conte zio ("Lei vede; siamo una casa, abbiamo attinenze…"), e la rassegnazione del padre provinciale: "Cospicue" deve ammettere su quelle "attinenze" che l’interlocutore precisa meglio con una piccola aggiunta: "Lei m’intende: tutta gente che ha sangue nelle vene, e che a questo mondo…".

Siamo sempre, come diceva Sciascia, all’Italia dei "Promessi sposi". Con la non piccola e non ovvia differenza che il conte zio aveva potere e sapeva gestirlo senza destare scandalo. Infatti non urla contro padre Cristoforo, insinua un verità assoluta: "..lei sa meglio di me che soggetto fosse al secolo, le cosette che ha fatte in gioventù". Ed il padre provinciale è costretto ad ubbidire, "Mi vien chiesti per l’appunto un predicatore da Rimini…".

Allora quel ministro, quel direttore di giornale, quegli avvocati di casa Berlusconi abbiano l’umiltà di leggersi il vecchio Manzoni come se fosse un trattato di teoria politica uscito oggi (e magari negli Usa), ricordandosi che la parte offesa è prima di tutto quella signora a cui oggi Dacia Maraini ha rivolto le sue parole. E, tra quella parole, leggano bene soprattutto il passo dove Dacia Mariani spiega che "i cittadini hanno il diritto di sapere se un loro governante sia in condizioni gravi di doppiezza e ricattabilità".


26.05.2009
Cossiga sa tutto
Sul caso della fanciulla in fiore, il primo a rivelare certi oscuri retroscena è stato Francesco Cossiga. Ne abbiamo parlato il 16 maggio, citando una sua confidenza al "Corriere della Sera": sulla storia di Casoria, Berlusconi pensa di essere "stato attirato in una trappola". Ma non si riferisce né alla sinistra né ai giornali quando parla di "congiura". "No, lui pensa ad altro". Testuali parole di Cossiga.

Quale trappola? Abbiamo ipotizzato quei servizi che una volta si chiamavano deviati, e dei quali l'ex capo di Stato si vanta di essere un buon conoscitore.
Due giorni fa il ministro Rotondi ha ripreso il sugo del discorso: "Il premier è oggetto di un'operazione di destabilizzazione. Essa avviene con gli strumenti di tutti i casi precedenti [...]. Allora si parlava di servizi deviati, oggi anche in questo settore c'è una proficua privatizzazione".

A parte che non crediamo possibile che Franceschini abbia in cassa i soldi per pagare gli agenti segreti all'Avana, resta il senso del discorso di Rotondi. Qualcuno ha manovrato contro Berlusconi? Oggi il ministro ribadisce: "C'era un piano per indurre Berlusconi a dimettersi ma gli italiani sapranno la verità".

Cossiga nel pomeriggio attraverso l'Adnkronos smentisce Rotondi: in passato non è mai successo nulla di simile, come invece il ministro aveva suggerito parlando dei casi Piccioni, Donat-Cattin, Leone...
Tutto per Cossiga si riduce ad un gioco di malelingue che manovrano per vincere le elezioni. La parola magica che egli usa è gossip. Ma le denunce della signora Miriam Bartolini sono qualcosa di diverso: "La strada del mio matrimonio è segnata, non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni".

Cossiga oggi smentisce anche se stesso sul Berlusconi "attirato in una trappola". Perché? Sa tutto, non vuol parlare e fa anzi marcia indietro. Gli italiani sapranno la verità, dice Rotondi. Ma quale verità? La signora Bartolini ha chiesto il divorzio dal cavaliere. Oppure è gossip manovrato dalle sinistre? Perché Rotondi e Cossiga negano l'evidenza che tutto è partito da quanto detto dalla signora Bartolini?


25.05.2009
Per dirla tutta
"Per dirla tutta", ha scritto oggi Piero Ostellino (fondo del "Corriere della Sera"), i giornali sono "prigionieri" di un modo di fare informazione basato "più sui retroscena di Palazzo che sull'analisi politica".

Per dirla tutta, il bello è che per ricevere questa "mala informazione" (definizione di Barbara Spinelli sulla "Stampa" del 17 maggio 2009) il cittadino paga direttamente prima i quotidiani e poi gli effetti negativi che essa riversa sulla vita sociale.

La signora Spinelli aveva spiegato: "La menzogna viene (...) dai governanti, e in genere dalla classe dirigente: che non è fatta solo di politici ma di chiunque influenzi la popolazione, giornalisti in prima linea". Aggiungendo poi: "I fatti sono reali, ma se vengono sistematicamente manipolati (omessi, nascosti, distorti) la realtà ne risente, ed è così che se ne crea una parallela".

La conclusione di Ostellino è anch'essa severa come la pagina della signora Spinelli: questa informazione che non informa e che racconta soltanto i retroscena di Palazzo evitando ogni analisi politica, provoca la "disaffezione della gente per la cosa pubblica". Per dirla tutta, favorisce l'erosione della democrazia.

Le notizie scompaiono. Lo aveva sostenuto tempo fa Marco Travaglio, e fu definito un estremista. Lo hanno scritto la signora Spinelli che non può essere messa nella stessa compagnia di Travaglio, ma qualificata come uno spirito illuminato (o illuminista se non s'offende nessuno), e Piero Ostellino che si chiama "liberale", e quindi è agli antipodi di ogni "estremismo" alla Travaglio.

Ed ai grandi dimenticati, nascosti, odiati da alcune forze di governo al punto da volerli far "scomparire" dal suolo italiano, ovvero agli immigrati, ha dedicato la sua attenzione oggi l'assemblea dei vescovi con il discorso del cardinal Angelo Bagnasco. Che ha citato il "valore incomprimibile di ogni vita umana, la sua dignità, i suoi diritti inalienabili". Ed ha detto, allargando il discorso ad altri aspetti, che occorre un fisco più equo e che bisogna migliorare gli ammortizzatori sociali.

Dunque, i grandi moderati come Ostellino e Bagnasco non amano la maggioranza che governa l'Italia. Per dirla tutta anche loro non ne possono più. Sino ad oggi Berlusconi se l'è presa con "Repubblica". Ma domani?


24.05.2009
Le tre scarpe ci sono
Ho scritto l'8 maggio: "La questione (seria) è quella di molti esponenti del Pd che tengono i loro due piedi (nonostante tutto non possono averne un altro di riserva) in tre scarpe diverse".

Oggi trovo autorevole conferma al mio discorso in un pezzo di Furio Colombo su "l'Unità". Il quale denuncia il "cauto, rispettoso, collaborativo silenzio" del centrosinistra che "non ha intaccato l'immagine del presidente-padrone" Berlusconi.

Dunque le tre scarpe ci sono, eccome. Concita De Gregorio, il direttore del giornale, ne dà conferma nell'editoriale. A proposito delle interviste raccolte fra molti giovani, osserva che il loro smarrimento è calato "dentro una sinistra che - dicono - non mostra il coraggio necessario a voltare pagina rispetto alle vecchie logiche di compromesso e di gestione del potere". Il direttore aggiunge: "E' venuto il tempo, davvero, di smettere di baloccarsi coi reciproci risentimenti fra sessantenni professionisti della politica".

Stefano Folli ha perso la sua proverbiale cautela nell'editoriale odierno del "Sole-24 Ore". Dice già tutto il titolo: "La favola della casta e le riforme negate". Stradice l'inizio: "I grandi statisti si riconoscono da come costruiscono o ricostruiscono un sistema istituzionale". Dove si anticipa la conclusione logica del discorso: Berlusconi non è uno di questi "grandi statisti". Perché, leggiamo nella chiusura del pezzo, i deputati che oggi secondo Berlusconi gli impedirebbero di governare, sono stati scelti dalle segreterie di partiti (e non dal popolo "sovrano"). "Gli statisti capaci di ricostruire le istituzioni non avrebbero compiuto un simile errore". Cioè quello di "accusare questi parlamentari, del tutto ligi a chi li ha scelti, di bloccare l'attività di governo".

Angelo Panebianco nel fondo sul "Corriere della Sera" affronta "Il paradosso del nuovo Fini". Panebianco dichiara di non capire quale convenienza muova Fini. Ribadisco la mia opinione, espressa il 21 maggio: Fini ogni giorni che passa prende sempre più le distanze dalla linea personale di Berlusconi, perché non vuol recitare la parte dell'eterno "giovane di studio" sino alla pensione. Questa è la "strategia" su cui s'interroga Panebianco che dottamente disquisisce della differenza tra convinzione e convenienza. Ma se si stesse più terra terra si arriverebbe a concludere che Fini "il nuovo" ha bisogno di presentarsi come un "usato sicuro" rispetto a chi (Berlusconi) è secondo lui un "usato da rottamare".


24.05.2009
Notizie all'asta
Diego Della Valle ha ragione? Le notizie sul web vanno pagate? "Regalare ciò che costa è insensato", ha detto al dibattito di Bagnaia sul "Quotidiano in classe" (il primo convegno si tenne a Fiuggi nel 1970 circa, e vi partecipai come insegnante "sperimentatore").

Proviamo a rovesciare un po' il discorso da "ciò che costa" a "ciò che vale". Non lo diciamo noi, che siamo dalla parte dei lettori. Lo osserva Lucia Annunziata che sta dall'altro lato della barricata: "Per farci pagare l'accesso al Web avremo dunque bisogno di grandi cose".

Ma quali "grandi cose"? Il timore, sia detto senza offesa per nessuno, è che si troveranno sempre finanziatori pronti a pagare di più le "cose non dette" (da non dirsi mai) che risolveranno il problema. Garantiranno l'accesso gratuito al giornalismo "libero" sul web ("libero", ovvero gratuito, anche se censurato).

Infine: se dovremo pagare, chi stabilirà il prezzo? Ovvero chi deciderà il valore di una notizia? Perché dovremmo pagare per retroscena che non dicono nulla, non hanno mai detto nulla, e sono serviti soltanto alla carriera dei loro autori?

Non cambierà nulla: se è "insensato" regalare le notizie, non lo è mai stato metterle all'asta per pubblicarle o meno.


23.05.2009
Senza vedersi
Non vogliono vedersi, né i dipietristi né i casinisti, con Franceschini che aveva loro proposto una reazione unitaria all'attacco del capo del governo contro il Parlamento.

Sfugge sia ai dipietristi sia ai casinisti che l'unione fa la forza e che la divisione favorisce Berlusconi.

Casini si accontenta e gode del principino ballerino. Un Savoia reduce dai trionfi televisivi porterà forse voti, ma di gente dalla memoria corta o nulla. Sia per quanto riguarda le vecchie colpe di Casa Savoia sia per ciò che concerne la vita politica presente.

Siamo travolti dal trionfo del vuoto televisivo. Dalla cattiva informazione. Dalle smentite di un premier che nega tutto quello che ha detto due o tre giorni prima.
Anche oggi se l'è presa con i giornali. La stampa è stata "sconcia" su Noemi, ha detto. Ma come osserva il "Guardian" di Londra di oggi, è stata sua moglie, la signora Miriam Bartolini, a dire «che non può più stare con un uomo che "frequenta minorenni" e che egli "non sta bene"».

E saremo travolti dall'incapacità di due leader di partito come Di Pietro e Casini di percepire che, aldilà della strategia elettorale (malattia eterna della politica d'Italia, dove ogni anno o quasi si vota), c'è un obiettivo che dovrebbe essere caro a chi si sente veramente legato alla Costituzione: salvare il salvabile, oggi, prima che sia troppo tardi. Perché come ha spiegato oggi Berlusconi, lui può fare qualsiasi riforma con la forza parlamentare che ha.

Tra qualche anno lo schiaffo dato da Di Pietro e Casini a Franceschini sarà ricordato nei libri di storia. Come l'ultimo atto comico di una situazione seria se non drammatica.

Rileggiamo il "Guardian": «... quando un giornalista di Repubblica ha provato a fargli una domanda questa settimana, Mr. Berlusconi ha perso le staffe. "Che diritto ha di fare domande?", ha gridato. La risposta, in una società democratica, deve essere: "Tutti i diritti del mondo". "Repubblica" sta combattendo una battaglia solitaria e merita sostegno».

Queste sono le vere questioni della democrazia italiana, il controllo di un potere abusato. E non i sottili distinguo di Di Pietro e Casini. Da oggi sappiamo chi potrà gloriarsi per non aver capito nulla della politica italiana di questi giorni e dell'immediato futuro che ci attende.



Articolo del "Guardian".
Traduzione.


22.05.2009
Testimone cercasi
Da Bruxelles il 21 giugno 2008, l'inviato della "Stampa" Augusto Minzolini raccontava questo sfogo di Silvio Berlusconi contro il giudice Nicoletta Gandus, presidente del collegio milanese che ha giudicato l'avvocato inglese di cui si parla tanto in questi giorni: «Un testimone mi ha raccontato che ha detto ad un altro magistrato: ''A Berlusconi gli facciamo un c. così. Gli diamo una condanna di sei anni e poi vedremo come farà il presidente del Consiglio"».

Questa citazione è ripresa oggi (in un articolo intitolato "Frottole e calunnie" su "Repubblica") da Giuseppe D'Avanzo il quale scrive: "Quel testimone non è mai esistito, quella conversazione non c'è mai stata".

Minzolini aveva scritto nel suo pezzo che Berlusconi "ha trattato i giudici di Milano alla stregua di congiurati che complottano contro la volontà popolare".
Aggiungendo: "E visto che il duello con un certo tipo di magistratura è di quelli che si ricorderanno, Berlusconi ha voluto tracciare una linea che divide quelli che stanno con lui da quelli che gli sono contro: non per nulla Casini, l'altra opposizione, si è precipitato a dichiarare di essere d'accordo sul «lodo Schifani». O di qua, o di là, quindi, visto che ormai siamo alla battaglia decisiva. Lo dimostrano le parole estremamente dure del Cavaliere sui magistrati".

Proseguiva Minzolini: "L'accusa del Cavaliere è di quelle pesanti: ci sono dei magistrati che vogliono ribaltare il risultato delle elezioni. «Io - è il j'accuse del Cavaliere - non permetterò che il voto degli italiani sia messo in discussione da alcuni infiltrati nella magistratura. Ho patito 15 anni di persecuzione. Nel '94 ho visto sovvertire il voto popolare per un'accusa insistente. Non succederà ancora. L'accusa nel processo Mills non esiste, è un'invenzione di pm e giudici. Non c'è nulla di vero. Lo giuro sui miei cinque figli. Se dovesse mai emergere anche la più piccola ombra io non solo mi ritirerei dalla vita politica ma andrei all'estero».

Della storia del testimone del "c. così" da fare a Berlusconi, non c'è traccia in altre corrispondenze da Bruxelles su "Corriere della Sera" e "Repubblica" del 21 giugno 2008. Quindi è sicura l'esclusiva di Minzolini.

Come è sicuro, secondo D'Avanzo, che "Quel testimone non è mai esistito, quella conversazione [della signora Gandus] non c'è mai stata". Dunque, altra frottola ed altra calunnia, intitola il giornale romano.

A questo punto deve intervenire la Rai, con "Chi l'ha visto?". E' o no un servizio pubblico? Deve cercare un testimone, quel testimone, e se non lo si trova, qualcuno si offra per quel ruolo. Lo richiede il giuramento del signore di Arcore sui suoi cinque figli.

"Scagliò la prima pietra.
Era senza peccato?
La gente non sapeva,
era uno smemorato".


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Anno XI, n. 161, Maggio 2009
Date created: 22.05.2009 - Last Update: 31.05.2009, 19:14/
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