Diario italiano
Il Rimino 160, anno XI
Aprile 2009

20.04.2009
L'Indro furioso


A cent'anni dalla nascita, 22 aprile 1909, che cosa resta di Indro Montanelli nella cultura italiana?

In una vecchia intervista radiofonica riproposta pochi giorni fa da Radio3, egli stesso diceva di aver studiato bene soltanto la Storia (e di non sapere nulla di Diritto, nonostante la laurea in Legge).
La confessione ha un fondamento di verità al cento per cento. Sono sempre stato un ammiratore del Montanelli storico.
A molti cattedratici la definizione fa venire l'orticaria. Comprensibile il fatto, ma la verità va rispettata.

Leggete una pagina qualsiasi dei suoi tanti volumi della "Storia d'Italia", e avrete la prova di uno che non parla a vanvera, è documentato, sa come si studiano gli argomenti. E soprattutto sa rendere simpatica la materia perché ha sempre un taglio preciso nel presentarne gli aspetti più segreti o strani.

Se nei famosi "Incontri" sulla terza pagina del "Corriere", il giornalista Montanelli inventava particolari per creare il ritratto generale del personaggio presentato, le pagine storiche non concedono scorciatoie. Si potranno discutere i giudizi che egli offre, non mettere in dubbio il percorso compiuto per arrivare ad essi.

La Storia per lui (come autore) è un Olimpio in cui siede pacificamente, rappacificato con se stesso e con la cronaca.
Invece la cronaca è il tormento, è lo scontro, è il torrente che travolge e ridimensiona il protagonista, quell'Indro furioso beatificato, osannato, vituperato e persino "sparato" dal terrorismo.

Se leggiamo la biografia di Montanelli, di cui è apparso da poco il secondo tomo, composta da Sandro Gerbi e Raffaele Liucci (Einaudi ed.), ci accorgiamo che l'uomo, il cronista, l'imprenditore-direttore sono meno "controcorrente" di quanto li si vuole accreditare. E non per colpa, forse, dello stesso Montanelli.

Ripesco una lettera che Montanelli scrive il 20 ottobre 1949 da Palermo ad un'amica (fonte, Fondazione Montanelli Basso): "Di questo mio viaggio, ti risparmio la parte descrittiva: l'ho già anche troppo sfruttata nei miei articoli, che Gaetanino Afeltra, ieri sera al telefono, ebbe la bontà di definire «esaurienti». In realtà essi non hanno esaurito nulla, perché le cose più importanti ho dovuto, come sempre, lasciarle nella penna".

Il silenzio come dato di fatto, imposto, non è una colpa da fargli. Ma una diagnosi, rivelata a posteriori da lui stesso. C'est la vie. Nulla di cui scandalizzarsi.

Nel secondo tomo dell'opera di Gerbi-Liucci, si ricostruisce tutta la storia dei rapporti fra Montanelli e Berlusconi. Chiusi dal "clamoroso divorzio" (p. 229).
Non è più una storia personale, diventa l'affresco della politica italiana. Con il più conservatore dei grandi giornalisti italiani, letteralmente schiacciato dall'apparato economico del suo proprietario-padrone.

Dentro questo apparato, appare un Emilio Fede "tra il mellifluo e il sarcastico" (p. 225) che la sera del 6 gennaio 1994 dal "TG4" invita Montanelli "a dare le dimissioni, visto che il rapporto fiduciario con il suo editore è ormai venuto meno", come osservano Gerbi-Liucci.

Paolo Bonaiuti, allora vicedirettore vicario del "Messaggero" (e poi portavoce di Berlusconi), attacca Fede e difende Montanelli: si tratta di "una lezione di intolleranza" che, per le sue "lontane tentazioni da Minculpop", lasciava "sbigottiti".

Vien da ridere nel leggere tutto ciò, ben documentato e messo in pagina da Gerbi-Liucci.
Ma viene anche un fitto velo di tristezza nel sentir parlare (p. 191) dei due "abboccamenti clandestini" avuti da Montanelli con Licio Gelli. Agli autori ne risultata soltanto uno (p. 148), il 24 settembre 1977 in un albergo romano.
L'altro è ammesso dallo stesso Montanelli nel diario dell'anno successivo, dove registra la promessa fatta da Gelli di intervenire su Roberto Calvi, capo del Banco Ambrosiano.

Gelli successivamente (p. 214) dichiara che i soldi dati a Montanelli dall'Ambrosiano (300 milioni), sono merito suo.
"Indro aveva ammesso il finanziamento, ma negato l'intermediazione di Gelli [...] Quest'ultimo era stato condannato a pagare 45 milioni al giornalista" (p. 214, nota 22).
Era il novembre 1992. Nello stesso mese, Montanelli scrive che Berlusconi, il proprietario del "Giornale", "fu iscritto alla P2, ma da privato cittadino". (Nel 2001, il 25 marzo, Montanelli definisce Berlusconi
Tutti i conti tornano, nel discorso giornalistico di Montanelli. Battezzato, nel titolo di questo secondo tomo biografico di Gerbi-Liucci, come "l'anarchico borghese".
Una definizione contraddittoria, spiegano gli autori (p. XI), ma in sintonia con quanto Montanelli diceva di sé ai suoi lettori. Pensando di essere la reincarnazione di quella "Destra storica" di Cavour e Quintino Sella (p. XIII) che fu un miraggio od un'illusione alimentata soltanto dal sogno di far resuscitare in Italia uno Stato laico.

Del primo volume abbiamo parlato nel post "Montanelli, il bugiardo".

20.04.2009
Tre fantasmi per Silvio


Tremonti, l'unico ad aver "previsto" la crisi (secondo lui), è pure l'unico a predirne la fine. Fortuna nostra è avere un ministro così profetico.
Peccato che le profezie siano spesso soltanto un espediente letterario dei testi sacri: perché nessuno sa se sono state scritte ex post, ovvero messe lì dopo che il fatto annunciato si era verificato...

Ma c'è del metodo in questa ideologia. All'insegna del motto: solo noi siamo intelligenti e comprendiamo tutte le cose.
Peccato che esistano i fatti, deputati a smentire le presunzioni intellettuali troppo accese.

I fatti italiani. Due dati elementari: disoccupazione +7%, produzione industriale -8,1%. Ciò permette di essere ottimista soltanto a Tremonti.
Per motivi comprensibili. La politica come spettacolo non permette la narrazione della realtà, ma soltanto di inventare colpi di scena mirabolanti.

Il cavaliere ha in casa propria due problemi seri, la Lega e Fini.
Lega. Per contraddirla, ed in base a "ragioni umanitarie", il premier accoglie il cargo turco con 140 disperati rifiutati da Malta.
Fini ogni volta che apre bocca, rema contro il governo. Berlusconi aveva detto, a proposito del terremoto e delle inchieste giudiziarie: "Devono esserci prove convincenti", "Concentriamoci prima sulla ricostruzione", "Se uno nasce con l'intenzione di fare del male, fa il delinquente o il pubblico ministero". Ed ai giornalisti: "Non riempiamo le pagine di inchieste". Sui costruttori: "Non credo che risparmino su cemento e ferro. Molte case erano vecchie, non antisismiche".

A Berlusconi rispondeva Napolitano, capo dello Stato: c'è stato «disprezzo delle regole, disprezzo dell'interesse generale e dell'interesse dei cittadini».
Fini si colloca a fianco di Napolitano: è giusto "chiedere l'accertamento di eventuali responsabilità".

Accerchiato da Fini e Lega, il premier spinge sull'acceleratore e rincara la presenza sulla scena del terremoto. Spera di riscuotere consensi politici. I sondaggi di Renato Mannheimer per il "Corriere della Sera" gli danno ragione. Con effetti favorevoli al governo pure tra gli elettori del Pd.

La Lega non può accettare un referendum che, in caso di vittoria, darebbe il primato assoluto a Berlusconi e la cancellerebbe dalla scena politica.

Poi c'è l'ombra di Casini che si proietta inquietante sullo scenario con la "promessa" di unire a fine anno tutti i moderati.

Sono tre i fantasmi, dunque, che agitano Berlusconi. E lo obbligano ad occupare la scena sfruttando anche le occasioni più umilianti. Come sabato a Pianola dove la gente non poteva andare a mangiare nella tenda perché la forza pubblica proteggeva il premier a favore di telecamere.

La scena va letta attraverso il fondo che ieri Barbara Spinelli ha pubblicato sulla "Stampa" circa la "malattia democratica diffusa" in cui chi governa è come un sovrano, "il grande correttore, regolatore". Che impone il silenzio in uno "stato d'eccezione permanente", sospendendo "leggi e libertà".

Il fatto che il premier debba difendersi accanitamente dai suoi alleati, può rafforzarlo anziché mandarlo in tilt. E' la democrazia che sospende leggi e decreti, di cui parla Barbara Spinelli. Non una dittatura, "perché la dittatura crea nuove leggi".

La "sospensione" della democrazia avviene in Italia mentre si discute sul termine "moderato" che ha sostituito in entrambi i campi la parola "riformista". Forse logorata dall'uso che ne hanno fatto quanti se ne erano impadroniti con opposte intenzioni. Tirata da una parte e dall'altra, ha finito con lo strapparsi e svanire. Resisterà il "moderato" alle seducenti promesse che provengono da destra, sinistra e centro?


17.04.2009
Tirata d'orecchie dal Colle


Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha tirato le orecchie a parlamento e governo. In un decreto presentato alle Camere con soli sette articoli, non se ne possono aggiungere altri dieci.

La questione è seria, grave ed importante. Sarà interessante leggere le risposte del premier e dei presidenti di Senato e Camera.

Ciò avviene proprio nel momento in cui Napolitano dovrà essere consultato per la faccenda del referendum.

Il rispetto della Costituzione è una specie di fantasma che aleggia sulla vita della politica italiana, e che si tenta di esorcizzare in mille modi. Ma è forse giunto il momento di osservare con attenzione quali paletti costituiscono l'itinerario da seguire per non violarne né lo spirito né le norme.


16.04.2009
Sadici di Stato


Il potere rende sadici, o i sadici vanno al potere?
Per essere informati da poche semplici notizie, ci obbligano a frequentare trasmissioni pericolose per la salvezza della nostra anima come quella (la trasmissione, non l'anima) di Santoro.
"Sant'oro quanto pesa" lo chiameremmo per attestarne il successo economico, se non temessimo di essere considerati sfrontati.
Per difenderci potremmo dire che l'antipatia che suscita Santoro, è pari a quella che provoca il Bruno Vespa di provata fede "ufficiale". Per non dire piattamente governativa.

Teologicamente la nostra (eventuale) dannazione dipende soltanto da chi ci costringe a cibi insulsi e riscaldati. Ed alla conseguente evasione peccaminosa in terra santoriana.
Vediamo invece quante informazioni "pericolose" passa il convento cartaceo. Sul quale dovrebbe calare scomunica analoga a quella che scende sui programmi televisivi di Santoro o Gabanelli.

Bologna. Un seminario (comunale) sulla violenza alle donne è annunciato da un manifesto che ripropone un'immagine del 1944 (nella foto da "Repubblica" di Bologna). Un (soldato) negro che afferra l'italica donna di pura razza ariana. Il testo: "Difendila! Potrebbe essere tua madre, tua moglie, tua sorella, tua figlia".
Potere sadico? O piuttosto ingenuo se non peggio. Il sistema tv "Lepida" regionale dell'Emilia si pubblicizzava mandando un onda uno spot in cui appariva persino Lucio Gelli. Adesso lo hanno sostituito con Federico Zeri. Ed una didascalia sull'illustre critico d'arte.

Ieri "Repubblica" ha rivelato le leggi "ad aziendam" del governo: nello specifico per blindare "(anche) Mediaset da eventuali scalate".

Cinque giorni prima del terremoto in Abruzzo, un verbale ufficiale registra: "La comunità scientifica conferma che non c'è pericolo".

Dieci anni fa una mappa della vulnerabilità suggeriva interventi anche in Abruzzo. Era in un dossier dell'allora capo della Protezione Civile, Franco Barberi.
Ne parlano oggi il "Corriere della Sera" e "La Stampa". Qui Guido Ruotolo conclude il servizio con la domanda: "Cosa è stato fatto dal 1999, anno in cui è stato realizzato il dossier Barberi, a oggi?".
La stessa domanda posta da Santoro o da Gabanelli ne avrebbe decretato la decapitazione. Il mezzo è l'oltraggio?

Il Potere che azzanna Vauro per una vignetta (Gramellini si dichiara esterrefatto) non salva se stesso dal ridicolo. Dieci anni sono passati invano. E' reato chiedere perché, a quel Potere di ieri e di oggi?


15.04.2009
Fuori uno


E Vauro il vignettista di "Anno zero" è stato sospeso "in via cautelativa" dal nuovo direttore generale della Rai, Mauro Masi.
Nella topografia politica la "via cautelativa" conduce direttamente alla "piazza delle censura".
Fuori uno. E come in tutte le situazioni del pensiero unico, è colpito ed affondato per primo il satirico. Confidando che nessuno se ne accorga o si lamenti.

Per i conduttori le cose sono più complicate. Lo dimostra lo stesso Masi, secondo cui la trasmissione di Santoro deve riequilibrasi. Bel sinonimo per dire che davanti ad una verità (nessuna prevenzione con strutture dove accogliere la gente nel caso di una forte scossa che c'è stata, poi...), si deve contrapporre una mezza verità (per non chiamarla bugia).


14.04.2009
Terremoti, cambiare rotta


“Ci vorrebbe un cambiamento di rotta radicale che non vedo probabile”. Così si può sintetizzare il parere di un esperto in materia, l’architetto Loreto Giovannone, al quale ho rivolto in esclusiva per questo blog tre domande: sono stati troppi i morti in Abruzzo per un terremoto di media intensità, perché gli edifici crollano, che cosa fare oggi per cambiare il domani in materia di prevenzione?

1) I quasi 300 morti dell’Abruzzo sono troppi per un terremoto di media intensità?

L'evoluzione della fisica moderna con Galilei prima (dinamica e legge di gravità), e Newton subito dopo (leggi del moto) ha permesso oggi di misurare i terremoti.
A torto il Seicento è stato trascurato dagli storici eppure ha in se le radici sia scientifiche che razionaliste del meglio valutato Settecento.
La risposta a questa domanda complessa è in una considerazione semplice. Partiamo dalla misurazione del terremoto. La magnitudo Richter tende a misurare l'energia sprigionata dal fenomeno sismico su base puramente strumentale. Il sismografo è uno strumento che consente la rappresentazione grafica (sismogramma) del segnale sismometrico (il terremoto) nel tempo.
Se il terremoto abbruzzese ha registrato una magnitudo Richter 5,8 e leggiamo a cosa corrisponde sulla scala, si vede subito che nel nostro paese non c'è corrispondenza trà magnitudo ed effetti del sisma per la scala Richter, per noi i danni e le vittime sono di gran lunga più gravi dei previsti per un terremoto di questa media intensità.
La magnitudo Richter 5-5,9 prevede questi effetti: "tutti lo avvertono scioccante; possibili fessurazioni sulle mura; i mobili si spostano; alcuni feriti".
I terremoti in Italia portano alla luce tutte le incongruenze da "improvvisati" della maggioranza degli italiani: è sempre stato così, ho scomodato Galilei e Newton per dimostrare la negligenza umana, peggiore di tutti i terremoti messi insieme. In Giappone avrebbe causato lo spostamento di mobili e qualche possibile fessurazione nei muri, in Italia crollano interi edifici edificati di recente e fanno numerose vittime.

2) Perché appunto gli edifici crollano?

Edifici vecchi. Per quanto riguarda il patrimonio edilizio storico è vecchio e continua inesorabilmente ad invecchiare, lo sanno tutti, amministratori e tecnici.
Ogni giorno accade un miracolo: moltissimi immobili dei nostri centri storici sfidano le più elementari leggi della statica, soprattutto quelli che negli anni hanno subìto rimaneggiamenti, frazionamenti, adeguamenti alle esigenze di vita attuali senza il necessario adeguamento antisismico.
Troppo spesso si assottigliano muri maestri in pietra, si disconnettono le murature per il passaggio degli impianti, si appesantiscono i solai con incollaggio delle pavimentazioni, si introducono squilibri di forze nell'organismo edilizio, ecc..
Pur essendo state emanate da anni, a livello Ministeriale, le elementari linee guida per migliorare le murature tradizionali invecchiate nella consistenza e nella coesione, quasi nessuno le applica. Pur essendo notevolmente progredita la tecnica e i materiali per il rinforzo di murature e strutture, quasi nessuno le mette in pratica.

Gli edifici recenti. Anche il miglior progetto possibile ha un punto debole, la fase esecutiva.
Purtroppo se non si rispettano le indicazioni del progetto e le norme a cui fanno riferimento (armature in ferro montate secondo progetto e cemento di progetto), si costruiscono immobili a rischio crollo o destinati a crollare al primo terremoto di discreta potenza.
Il direttore dei lavori e l'impresa possono costruire risparmiando su ferro e cemento ma edificare edifici a forte rischio crollo. Ovvio che nelle immagini che abbiamo visto del recente terremoto abruzzese molti degli immobili nuovi non sono affatto crollati e penso che moltissimi non saranno neanche lesionati gravemente.
Per fortuna molti direttori dei lavori e molte imprese lavorano in modo non fraudolento altrimenti sarebbe stata un'ecatombe un terremoto alle 03,30 del mattino.
Sommiamo alla negligenza di tecnici e progettisti che lavorano male e trovano posto all'inferno nell'ottavo cerchio, ottava bolgia tra i consiglieri fraudolenti, anche l'indolenza di certa pubblica amministrazione degli uffici dell'edilizia privata, trovano posto anche loro all'inferno sempre ottavo cerchio ma un poco più sotto nella quinta bolgia tra i barattieri. La società mette a frutto l'ignoranza della gente.

3) Che cosa fare oggi per cambiare il domani in materia di prevenzione?

Quasi trentamila edifici danneggiati di cui il 30% inagibile per un sisma di media intensità non lasciano scampo a molte speranze, ci dicono che siamo sulla via sbagliata.
Troppa sabbia negli impasti e poco cemento, l'Abruzzo scopre l'epoca della menzogna, questa corsa sfrenata, ignorante, sconsiderata alla speculazione, il trionfo edonistico dell'apparenza senza alcuna sostanza, dell'ignoranza, dell'imbarbarimento ma dell'arricchimento.
Scopre dei tecnici conniventi con gli impresari edili che arricchiscono negli appalti succulenti, e biechi speculatori occulti (vedi il crollo della casa dello studente e l'ospedale inservibile dopo trenta anni di lavori pubblici, cioè di soldi nostri).
L'Abruzzo scopre a proprie spese l'Italia di oggi, uguale a quella di ieri, il terremoto di media entità si abbatte su queste ataviche e già vessatorie disgrazie e rende il 30% degli immobili colpiti dal sisma inagibili.
Quello che accade non è lontano da noi, è lo specchio dei nostri tempi. Aver ignorato l'insegnamento della storia passata nell'applicare i semplici tre princìpi vitruviani di "utilitas", "firmitas" e "venustas", ci condanna a pagare in termini di vite umane, di patrimonio antico perso, ma il peggio sono le speculazioni e le succulente spartizioni politiche della "ricostruzione" che devono ancora venire.
Che fare? Ci vorrebbe un cambiamento di rotta radicale che non vedo probabile. Ci vorrebbe un miracolo, una inversione di marcia verso l'edilizia di qualità e non quella speculativa ma la vedo dura, le regole valide per costruire edifici antisismici ci sono, abbiamo leggi per due pianeti, manca ciò che non è scritto in nessuna legge: il buon senso.
Nessuno mai si sognerebbe di formare le maestranze che eseguono lavorazioni specialistiche, per esempio la carpenteria metallica, la maggior parte delle imprese legano poco e male i ferri delle armature delle strutture in cemento armato. Ci vorrebbero tecnici che sapessero ricostruire e consolidare il patrimonio degli edifici invecchiati, si può fare, è possibile.
Ci vorrebbero imprese e tecnici coscienti del lavoro che fanno. Ci vorrebbe l’uso dei materiali giusti, ci vorrebbe la fortuna di affidare l'incarico di costruire o ricostruire a tecnici competenti che realizzano edifici in grado di assorbire e dissipare l'energia sismica.
Per esagerare oltre ogni misura nel festival del cosa "ci vorrebbe", ci vorrebbero meno "infiltrazioni" negli appalti pubblici.
Passati i momenti di commozione per i lutti e l'emozione emotivo-mediatica di rito si ritorna alla normalità, non c'è da stare allegri. In altri posti d'Italia, mentre si piangono i morti di questo terremoto, si continua a costruire abusivamente scarseggiando in cemento e abbondando in sabbia.
Non dimentichiamo che ogni anno nei cantieri edili muoiono l'equivalente di due o tre terremoti abruzzesi. Insomma ci vorrebbe un altro mondo, un'altra vita, nel frattempo l'unica cosa che possiamo fare è sperare che la terra per ora si fermi qui.
A dimostrazione di quanto detto:
1) L'ospedale dell'Aquila non aveva l'agibilità (non avrebbe mai poteva averla) le armature dei pilastri secondo le prime notizie televisive non avevano "le staffe", infine non era neanche accatastato.
2) La casa dello studente era di sabbia, si è sbriciolata come un pacco di pavesini, abbiamo visto immagini di detriti di cemento che si "sfarinavano" a mani nude.
3) L'immobile della Prefettura era stato segnalato "a rischio" l'anno prima.
4) Case private? Corriere della Sera: Una casa su due inagibile 14.04.2009
Di "terremoto" di "statica" degli edifici e di "scienza delle costruzioni", la materia in cui mi sono laureato, ne parliamo un'altra volta.


14.04.2009
Santoro, sotto zero


Grande gelo attorno ad "Anno zero" ed a Michele Santoro per la trasmissione di giovedì 9 aprile, dedicata al terremoto in Abruzzo.

L'on. Cicchitto sostiene che Santoro vuole destabilizzare il quadro politico.
Due ipotesi. Santoro ha torto marcio ed allora Cicchitto inventa un caso politico per mettere il bavaglio all'informazione. Se infatti "Anno zero" ha detto balle, Santoro si è scavato la fossa sotto i piedi da solo non destabilizza il governo ma soltanto se stesso e la sua squadra. Basterebbe querelare lui ed i suoi colleghi, attendere con pazienza la sentenza del giudice e nel frattempo sospenderlo e poi cacciarlo. Un Santoro sospeso e silente forse è più destabilizzante di quando parla.

Seconda ipotesi. Santoro ha ragione per la sua tesi che non è riuscito a far comprendere ai governativi che lo contestavano. Ovvero che è mancata la prevenzione in una città che ballava da mesi. E che la protezione civile fa troppe cose, tra cui organizzare i grandi eventi come il G8 in Sardegna.

Se Santoro ha ragione, le cose non si mettono bene per l'Italia. Perché la protesta di Cicchitto significa soltanto che al di fuori del "pensiero unico" del governo non è lecito dire altre cose. La vera posta in gioco, come ha detto Giuseppe Giulietti, è l'informazione libera.

Ha ragione Emma Bonino: "Non sono una grande estimatrice di Santoro ma non capisco cosa gli si contesta". In mezzo alla confusione che si è creata attorno alla trasmissione di giovedì scorso, l'unico che possa ringraziare il governo è Di Pietro, passato all'incasso in mezzo alle titubanze del Pd.

E' vero che Sergio Zavoli ha difeso Santoro, come si legge stamani su "Repubblica" (bisogna "dar voce a istanze diverse"). Però il neo presidente della Vigilanza ha fatto anche questa enigmatica aggiunta: la Vigilanza "sarà del tutto legittimata a esprimere un giudizio e, se del caso, un indirizzo non censorio, ma più vincolante che in passato".
Censura, ovviamente è una parola oscena che Zavoli scarta. Ma quell'accenno ad un "indirizzo più vincolante che in passato" sa molto da editto. Se non bulgaro all'amatriciana.

A Zavoli e c. consiglierei la lettura del fondo di Bernardo Valli sulla stessa "Repubblica" di oggi, dedicato alle critiche che la stampa straniera rivolge al governo italiano, ed alle reazioni stizzite per via diplomatica di quest'ultimo.
Ne ha parlato ieri "Le Monde" con un pezzo di Philippe Ridet: "Depuis un mois, le Palazzo Chigi, siège de la présidence du conseil, rectifie toutes les informations qu'il croit offensantes pour l'Italie et les Italiens dans les journaux étrangers".
Ridet spiega che ci sono quattro cose che impediscono di fare l'elogio dell'Italia: mafia, inefficienza dello Stato, xenofobia della Lega "et les mauvaises blagues de Silvio Berlusconi", gli spropositi verbali del nostro premier.

E' difficile dare torto ad una siffatta analisi, a meno che non si sia sostenitori di quel "pensiero unico" che si vuol imporre all'informazione, e che potrebbe portare, con la benedizione zavoliana del Pd, ad un "indirizzo più vincolante che in passato" per le trasmissioni televisive.


I post precedenti.
Diario italiano, indice.


Anno XI, n. 160, Aprile 2009
Date created: 14.04.2009 - Last Update: 20.04.2009, 18:40/
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