Diario italiano
Il Rimino 158, anno XI

Febbraio 2009

28/02/2009
Torture con vista roghi


Quanto sta accadendo a Peppino Englaro è terribile. Addirittura è stato denunciato per omicidio volontario. Chi ha promosso l'inchiesta della magistratura, è un esperto di Diritto. Dopo aver querelato il padre di Eluana ed altre tredici persone, costui ha detto delle preghiere per tutti loro.

"Non giudicare" sta scritto. Commentare si può. Si deve. Per esprimere sgomento, davanti ad un siffatto uso politico della religione.
Che è lo stesso attuato dal cardinal Poletto quando ha protestato contro "La Stampa" per aver pubblicato l'intervista ad un teologo del dissenso, Hans Kung. Auspicando "un atteggiamento maggiormente attento nei confronti della Chiesa cattolica e in particolare della persona del Santo Padre''.

Il papa è stato chiamato in causa anche dal ministro Gelmini, oggi, in un'intervista al Tg5: un fattaccio di stupidità (un crocefisso dato alle fiamme in una scuola), "evidenza l'emergenza educativa che il Santo Padre ha evocato tempo fa".
Non può un ministro della Repubblica denunciare l'esistenza di un problema soltanto perché ne ha parlato il pontefice.

Il dramma è che i nostri politici se ne accorgono soltanto perché ne ha parlato il pontefice. Al quale non prestano ascolto per tante altre cose. Non credono nel matrimonio (religioso), sono plurisposati e divorziati o conviventi. Fatti loro. Fanno benissimo. Ma non facciano gli ipocriti, soltanto per poter governare. E la Chiesa non si presti a questi terribili giochetti buoni per proclamare ancora un "uomo della Provvidenza".

L'emergenza educativa non si risolve, come pensa il ministro, facendo dialogare scuole e famiglie. Che sono gli anelli deboli su cui tutto quanto non funziona nella società si scarica. Ma l'andazzo di una società dipende da chi la governa.

Adesso stiamo vivendo la fase della tortura al povero padre di Eluana. Qualcuno sogna anche i roghi della pena di morte. Non è una bella prospettiva. La Chiesa non deve strumentalizzare e non farsi strumentalizzare. Il dolore umano come quello di Peppino deve trovare rispetto.

Tutto il resto, come la denuncia da cui siamo partiti, appartiene al terribile mondo retorico del pregiudizio. Ma sempre, in nome del pregiudizio, Chiese e Stati hanno torturato e bruciato le persone. Questo è il modello che si vuol riproporre, a braccetto con la Lega che in certi luoghi rinnova il desiderio della pena capitale?
Certo è che il cardinale Javier Lozano Barragan, ha detto: "Se il padre le ha tolto la vita, è da considerare un omicida". Chiamala se vuoi carità cristiana.


25/02/2009
Tramonti flop


La pura gioia ascosa. Lo dico ad imitazione dell'ingegner Gadda abbeveratosi manzonianamente per deridere (nella "Cognizione del dolore") "le signore" che si sentivano "pervase da un sottile brivido" nel sentirsi chiamare tali da ossequienti camerieri.

La pura gioia ascosa, preciso, è quella che ho provato a sentir parlare del Tremonti economista come di un signore che nei suoi libri ricicla vecchi motivi come nelle canzoni di Sanremo.
L'ho scritto qui che il Tremonti aveva detto il 18 settembre 2008 ad Aldo Cazzullo: "Non è la fine del mondo, ma la fine di un mondo".
Davasi il caso, aggiunsi, che qualche giorno prima (7 luglio) Domenico Siniscalco sulla "Stampa aveva scritto: "Non siamo alla fine del mondo. Quasi certamente siamo alla fine di un mondo".

Orbene, oggi ho avuto la conferma di aver visto giusto quando in segreto mi ero detto che il Tremonti è una buona antologia ambulante, una summa economica di mille pensieri sparsi nell'aere, una specie di Treccani in edizione tascabile ma aggiornata di continuo. A nostra educazione permanente. Altro che Tremonti-bond. Questo è il Tremonti-flop.

Chi stamani ha parlato del Tramonti-pensiero con la similitudine dei motivi sanremesi, è Sandro Gozi. Che Curzio Maltese presenta così su "Repubblica": "Quarant'anni, quindici trascorsi in giro per l'Europa, Francia, Inghilterra, Balcani, una lunga esperienza a Bruxelles con Oreja, Prodi e Barroso, prima di tornare in Italia da parlamentare, nelle liste Pd. Sandro Gozi è stato uno dei più critici della linea Veltroni".

Gozi, 40 anni, è il secondo dei "giovani del Pd" che Maltese ha incominciato ad intervistare da ieri. Dunque Gozi su Tremonti ha detto anche che nel Pd sono riusciti a regalargli "la fama di gigante del pensiero economico. Grottesco. E' stato ed è un ministro disastroso, a tratti dilettantesco. [...] Viaggia in ritardo perenne. Nel 2003, quando occorreva essere rigorosi, fece saltare i patti di stabilità. Ora che bisognerebbe essere più elastici davanti alla crisi, riscopre il rigore. Il problema è che l'opposizione non se ne accorge neppure".

A proposito di giovani, il Sartori furioso (più che mai) stamani sul "Corrierone" ha scritto che i capi-partito del Pd hanno promosso "gli obbedienti (anche se deficienti)" e cacciato " gli indipendenti (anche se intelligenti)".
Mi spiace per l'illustre Sartori prof. Giovanni. Il Gozi Sandro nelle parole riportate si dimostra intelligente ed indipendente, e non per queste sue caratteristiche (chiamiamole qualità) è stato cacciato. Anzi promette battaglia, come il suo collega Giuseppe Civati, lombardo.

Anche queste altre parole di Gozi meritano riflessione per non disperare: "L'Europa ci guarda con preoccupazione, e tanta. Quanto al tema delle ingerenze della Chiesa, stiamo andando anche lì serenamente verso una deriva autarchica, incomprensibile oltre Chiasso. Ma anche di qua dal confine. In fondo il 70 per cento degli italiani, nel caso Englaro, si è pronunciato contro la visione delle gerarchie ecclesiastiche. Peccato, ancora una volta, non essersene accorti".

Adesso che a questi "giovani" è stata concessa una pubblica tribuna per esprimere le loro idee, sarà utile che ne tengano conto anche quelli che Gozi chiama "i capibastone".


24/02/2009
Primo, non tacere


La democrazia si basa sul fatto che liberamente possano circolare le informazioni. Tutto il resto viene dopo.

Un giovane (classe 1975) politico lombardo del Pd, Giuseppe Civati, ha raccontato stamani a Curzio Maltese di "Repubblica" qualcosa che dovrebbe essere la regola comune di tutti quanti militano come lui in un partito che si definisce democratico.

Gli ha chiesto Maltese: "Da segretario dei Ds a Monza si è fatto un nome con la conquista a sorpresa della capitale della Brianza, il regno stesso di Berlusconi. Come avete fatto?"

Risposta di Giuseppe Civati: "Imponendo la nostra agenda politica. Ce ne inventavamo una al giorno e loro erano costretti a inseguirci. Davamo le notizie. Abbiamo rivelato i progetti di cementificazione del fratello di Berlusconi, lo scandalo del nuovo centro commerciale, l'assalto alle aree verdi. Non è che bisogna sempre aspettare l'inchiesta di Report o di Repubblica per denunciare uno scandalo. Dopo un po' ci chiamavano anche gli elettori di destra per dire: io non vi voto, però vi devo raccontare questa cosa".

Una postilla che riguarda il mondo dei blog. Civati ha aggiunto: "Ho letto che Franceschini e Bersani attaccano chi pretende di far politica coi blog...".

La democrazia senza informazione, non sopravvive. Noi italiani siamo serenamente convinti che la libertà di notizia sia un vezzo inutile per gente nullafacente. Il leader di questa parte del Paese a cui vanno bene soltanto le proprie idee e rigetta ferocemente ogni critica, è quel Francesco Rutelli che due anni fa si conquistò un meritato posto nella storia italiana con una frase famosa. Al posto del churchilliano «lacrime e sangue», Rutelli riassunse i sacrifici di una vita ricorrendo ad una immagine più casareccia: «Siamo andati avanti a pane e cicoria».

Come dieta, lo accertiamo oggi, non ha prodotto molti effetti positivi a livello di pensiero. Se Rutelli definisce "intollerabile", "inaccettabile" e "indecente", ogni critica alle sue posizioni sul "testamento biologico". In particolare Rutelli si riferisce all'Unità ed al Manifesto. Se quest'ultimo ha intitolato con la solita ironia "Esecutore testamentario", l'altro foglio è stato esplicito: "Rutelli e i teodem dividono il Pd". Sinceramente dove stia lo scandalo, non sappiamo. E' un dato di fatto. L'unico che non se ne è accorto sembra essere proprio Rutelli.


22/02/2009
P(oche) D(omande)


Dario Franceschini, è un uomo solo al comando di un partito (che di nome fa democratico), ed avverte a scanso di equivoci: qua comando io. Il che, come prova e dimostrazione di linea politica, non è il massimo. Ma è soltanto quello che può passare il convento. Per ora.

Auguri non soltanto per lui, ma per tutti noi. L'Italia è in mano a persone furbe. A Roma stanno con Berlusconi, in periferia votano per il cosiddetto "centro-sinistra".
I grandi giornali non hanno mai fatto il censimento delle città dove questo incesto politico ha avuto ampia soddisfazione. E' bello sapere tutto dei pettegolezzi divertenti su questo o quel personaggio. Ma a che serve questa forma di informazione?

Una volta tanto che un grande giornale come "Repubblica" decise di fare un'inchiesta sui "padroni delle città", e mandò uno dei suoi migliori inviati (che poi ne ricavò un libro applaudito), che cosa saltò fuori per esempio di Rimini?
Che nella città costiera "non c'è il mare", nel senso che nessuno ne avverte la presenza, quando tutta l'industria alberghiera vive bene o male sul gioco delle onde. Perché i nottambuli del "divertimentificio" assurto a categoria dello spirito ed a brevetto ideologico, mordono e fuggono. Tutt'al più lasciando un po' di soldi alla Stradale o ai Carabinieri durante i controlli contro alcool e droga (mercato fiorente)...

E ciliegina sulla torta della grande inchiesta della grande firma, una serie di geniali affermazioni riprese pari pari (senza citarne l'autore) da un piccolo testo di un giornalista scomparso, oltretutto marito della corrispondente locale del quotidiano. Testo gustoso per quei paradossi che soltanto gli indigeni possono comprendere, ma mille miglia lontano dalle questioni politiche.

Riassumibili in breve nel fatto che se la giunta di centro-sinistra ha vinto nel 2006, è perché allora Forza Italia le cedette quasi un 50% dei propri voti.
Ripropongo quanto già scritto: Rimini è una "città nella quale la speculazione edilizia è diventata un fenomeno politico incontrastato per un patto non tanto segreto di spartizione della torta. Per cui se qualcuno osa impostare una campagna giornalistica contro, ci rimette il posto. È successo. Era prevedibile. Non ha turbato nessuno. Anzi. Immaginiamo i commenti. Hai visto quello venuto da fuori, chissà chi credeva di essere. E dietro sta un compromesso politico per nulla segreto, con due assessori all'edilizia defenestrati perché contrari al troppo cemento, e poi un bel risultato elettorale. Comunali 2006. Forza Italia perde il 52,13% dei voti, mentre AN sale del 16,26. Una fetta del Polo vota per il Centro-sinistra. Segno che con la sua precedente amministrazione il Centro-destra (od almeno una sua parte) non se l'era poi passata così male. Luglio 2006. L’ex candidato sindaco del Polo decide di non votare contro la giunta ma di astenersi sulle linee programmatiche del governo cittadino".

Dietro la crisi del Pd ci stanno fatti come questi, non è questione di Bersani o D'Alema. Fatti che le cronache nazionali non raccontano. In quella giunta un assessore, poi divenuto onorevole del Pd, dichiarò: "Non sono mai stata iscritta né vicina ad alcun partito". Precisando di non essersi voluta interrogare "sul centro-destra o sul centro-sinistra". Anche questo è il "modello Rimini".

Lo scorso luglio riproposi quei fatti locali, quando Umberto Eco avvertì che la nostra democrazia era in pericolo ("Quando la maggioranza sostiene di aver sempre ragione e la minoranza non osa reagire, allora è in pericolo la democrazia"). Aggiunsi: "Non si può governare l'Italia dei paesi e delle città in un modo, e poi da Roma sbaraccare tutto con un'opposizione ferrea e non arrendevole".

Forse è arrivato il momento in cui i cambiamenti romani provocheranno anche cambiamenti locali. S'intravede già una folta corsa verso il grande centro con Casini.
Lo scrivo da tempo, che Casini è il grande candidato del Vaticano alla guida dell'Italia.
Nel febbraio 2008, il direttore di "Avvenire" aveva benedetto ufficiosamente l'avventura dell'ex dc bolognese: "A me pare che sia interesse dei cattolici, e che possa essere interesse anche dello stesso Polo, che sia salvaguardata la persistenza di un partito che fa direttamente riferimento alla dottrina sociale cristiana".

Lo scorso giorno 8 febbraio 2009 ho ribadito: "Equilibrista, Casini aspetta il passo falso di Berlusconi per accreditarsi come candidato del Vaticano alla guida dell'Italia". Siamo forse alla svolta decisiva. Il 17 scorso la sen. Paola Binetti ha minacciato di lasciare il partito perché il collega chirurgo Ignazio Marino avrebbe aperto all'eutanasia.

Non sarà colpa neppure di Franceschini se il Pd gli esploderà tra i piedi. Neppure lui, nonostante le buone intenzioni riuscirà dove non è riuscito Veltroni.
Fa bene, Franceschini, a rievocare la Resistenza, ed a rilanciare la questione delle origini della democrazia italiana. E della nostra Costituzione per nulla bolscevica.
Ma ormai la "grande corsa verso il centro" non ammette due galli nel pollaio. Uno si chiama Casini ed ha la benedizione d'Oltretevere. Franceschini è soltanto un volenteroso cattolico che viene dall'Emilia rossa. Più simbolo di un amarcord politico che pilota della nuova (?) fase del Pd.


21/02/2009
Foibe "fasciste"


Non l'avevo mai sentito dire che le foibe "titine" fossero anche un fatto "fascista". Un mio concittadino, uomo di legge (avvocato di professione), classe 1945, sostiene che i soldati italiani abbandonati a loro stessi l'8 settembre 1943, ed in fuga dalle terre occupate, dovevano essere processati.

Queste le parole esatte che leggo sul settimanale riminese "il Ponte" (22.2.2009, p. 17): "Tutti i militari fascisti che dopo l'armistizio fuggirono da Istria andarono in Italia per riprendere il loro lavoro senza che si sapesse della loro condizione di fuggitivi. Nessuno fu mai processato".
L'avvocato sta parlando delle "responsabilità" nelle vicende istriane (leggasi: foibe). Quei militari in fuga dopo l'armistizio non erano più "fascisti", essendo stato rimosso Mussolini il 25 luglio. Erano in fuga come il loro capo, il re d'Italia. Erano stati abbandonati al loro destino. E lungo il loro cammino si trovarono la Repubblichina, l'arruolamento forzato, la minaccia di essere passati per le armi in caso di renitenza.

L'avvocato dimentica la Storia. E sostiene opinioni "strane" e "mal fondate", per ispirarci alle parole di Manzoni sul cardinal Borromeo. Non si sa a quale scopo. Chi parla deve documentarsi. Non può raccontare storie che non stanno né in cielo né in terra. Processati quei fuggitivi? Da chi, perché, come? Un uomo di legge dovrebbe porsi queste domande prima di inoltrarsi sul terreno del Diritto. E ricordare non favole ma storie vere, che tutti possono documentari.

Ha scritto Mario Fazio sulla "Stampa" del 14 settembre 2003: «Migliaia di ventenni scelsero come me di rifiutare Salò. Pur non essendo ancora informati dei campi di sterminio e di altri orrori e barbarie sentivamo l’impossibilità di aderire alla parte fascista, alleata o sottoposta ai “camerati nazisti”. Un’alleanza che prometteva altri lutti e dolori, che sbarrava il cammino verso la fine della tragedia e la conquista della libertà, mai vissuta nella nostra giovinezza.»

Racconta mio suocero, classe 1923: «Bisognava gettare la divisa. I civili di Fiume ci offrivano vestiti borghesi che a noi servivano per non essere riconosciuti dai tedeschi, e per non essere catturati. I civili avevano bisogno delle nostre armi. Le passavano anche ai partigiani.»

Tutta la vicenda personale di mio suocero, Alfredo Azzalli, è narrata in un mio breve testo: "Stellette addio. L’8 Settembre 1943 del soldato Alfredo Azzalli", leggibile su Internet.


20/02/2009
Englaro, niente è gratis


Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello, capogruppo e vice-capogruppo vicario del PdL al Senato, hanno accusato il padre di Eluana Englaro di aver "offeso gratuitamente il Parlamento". E di agire per introdurre l'eutanasia in Italia.

La colpa di Beppino Englaro starebbe nell'aver definito una "barbarie" la legge sul testamento biologico: "Una legge assurda e incostituzionale".

Quel "gratuitamente" rivolto da Gasparri e Quagliarello come una sberla a Beppino Englaro, è un'offesa alla logica prima che alla persona.
Il padre di Eluana ha pagato duramente per avere ora il diritto di esprimersi e di giudicare una proposta di legge. Gasparri e Quagliarello lo hanno aggredito in una maniera che rivela non soltanto una concezione della politica, ma una terribile concezione della vita.


19/02/2009
Pd marinato


Si marinava la scuola, si marina il pesce, ora si "marina" pure il Pd.
Il nome di Franco Marini suggerisce il titolo per una ricetta i cui ingredienti si ricavano dall'intervista da lui concessa a Paola Di Caro sul "CorSera" di oggi.
Dunque Marini se la prende con il "nuovismo" e sottolinea l'importanza di "portarsi dietro le nostre storie, che sono la nostra forza".
Contrario ad ogni categoria assoluta, e quindi pure alle contrapposizioni fra giovani e vecchi, Marini rivendica un ruolo anche per i "politici con esperienza".

Marini aggiunge che, se occorre "portarsi dietro le nostre storie", non si può però sperare di tornare sui vascelli di provenienza che sono stati bruciati. Quindi, o mangiar questa minestra o saltar dalla finestra. Il passato è chiuso, se lo si sogna per tornare indietro.
Il passato vuol dire qualcosa se si va avanti. Ma se si sta fermi? Si fa la sintesi, spiega Marini. Ma sintesi non significa dibattito e dialogo soltanto, significa conciliare posizioni che talora appaiono inconciliabili. Vedi lo scontro Binetti-Marino.

In questo contesto i richiami dei "grandi vecchi" non servono a nulla. Il modo va avanti. "Bisogna dare risposte riformiste ai cittadini sui temi cruciali del Paese oggi", sono parole di Marini, è una formula elegante di quella "sintesi" a cui Marini si ispira in astratto. Il mondo concreto però è tutta un'altra cosa. Ripetiamo, si veda lo scontro Marino-Binetti. Marini da che parte sta, al di fuori degli alti pensieri, delle nobili parole, degli ispirati concetti da padre nobile?

Questo Pd "marinato" è un prodotto tipico del made in Italy. A proposito del Bel Paese. Riferisce Alexander Stille su "Repubblica" che un suo collega americano gli ha scritto: "Fammi capire: viene condannato per corruzione il coimputato del primo ministro ma si dimette il capo dell'opposizione".

Sullo stesso giornale debutta come (aspirante) teologo il presidente della Camera Gianfranco Fini, con un pezzo dedicato alla "laicità positiva". Una "sintesi" perfetta, che avrà fatto felice Marini. E se Fini diventasse segretario del Pd "marinato"? Facciamoci un pensierino, non si sa mai... [57 (777)]


18/02/2009
Gattopardi e Volpi


Questa Italia da Gattopardo, ha sbuffato Walter Veltroni nell'addio alla segreteria del Pd. E' da mezzo secolo che ci sentiamo ripetere la citazione. L'Italia da Gattopardo, ovvero il Bel Paese che ama realizzare la filosofia di Tancredi: "Se vogliamo che tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi".
Il guaio, caro Veltroni, è che qui nulla è cambiato, ma nulla è rimasto com'era. Anzi tutto è andato di male in peggio. Gattopardi? Insomma, certuni sono Tigri ed altri Pecore. Ognuno per il suo tornaconto.

Veltroni paga per colpe non sue. E' un po' come il Bertoldo che si salvò dall'impiccagione per aver ottenuto di scegliere lui l'albero a cui essere appeso. Ma ritornato a corte, i menu raffinati del re gli rovinarono la salute.

I menu raffinati del Pd sono quelli di quanti non vogliono accettare un'Italia riformista e liberale che abbia come unica sigla la laicità.

Questa Italia da finti Gattopardi e da veri baciapile, ha fregato a Veltroni il suo sogno.
Il sogno vaticano, realizzato e trionfante, è stato quello di confondere le carte sul tavolo: bussare a quattrini al governo, bacchettare i vecchi democristiani, innalzare a gloria perenne il Defensor Fidei Berlusconi.
Ed ora ci troviamo così malridotti. A fare ancora un amarcord letterario del "Gattopardo", per non aver avuto il coraggio di compiere scelte di campo fra opzioni inconciliabili fra loro.

I cocci del Pd non sono i cocci soltanto di Veltroni. Non significa nulla cambiare segretario. Si ha il coraggio di far sapere al di là del Tevere che la laicità dello Stato è un bene indisponibile?
Sinora il Pd non ha mai fatto una scelta non dico condivisa da tutti, ma almeno a maggioranza. La questione delle due anime è stata la dannazione che ha sfiancato Veltroni ed annientato il Pd. Non ne hanno colpa D'Alema o Bersani.

Ne va del futuro di tutti, almeno di quell'Italia che non crede negli uomini della Provvidenza, nel razzismo leghista, nell'arbitrio diventato norma di diritto grazie a tante leggi imposte dai governi Berlusconi e tollerate dalle omissioni di gran parte degli oppositori. [56 (776)]


I post precedenti di questo mese.

Anno XI, n. 158, Febbraio 2009
Date created: 18.02.2009 - Last Update: 28.02.2009, 18:40/
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