RiministoriaAntonio Montanari

Isotta degli Atti

Isotta degli Atti è stata "fatta oggetto di mitizzazione in toni e forme di un estetismo spirituale fortemente simbolico", mentre "nella più povera e scarna realtà della storia", mancano notizie precise attorno al personaggio. Resta così "ignota la sua realtà di donna e di sposa".
Sulla sua figura pubblica, ci sono "le scarne testimonianze degli atti d'ufficio" da cui Grazia Silvana Bravetti (che stiamo citando), ha ricavato notizie per un ritratto, pubblicato nell'XI volume degli Atti delle Giornate di studio malatestiane (Bruno Ghigi editore), riservato a Montemarciano.
Sui rapporti tra questa località (posta nella collina costiera tra Ancona e Senigallia) ed i Malatesti, nello stesso volume riferisce Danilo Pipanti: a Montemarciano, si trova la cosiddetta "fattoria d'Isotta", una delle più importanti tra quelle possedute da Sigismondo, anche perché "sede di un modesto, ma trafficato scalo portuale". E proprio all'azienda di Isotta a Montemarciano, Bravetti dedica la sua attenzione per il ritratto della signora riminese.
Gli atti d'ufficio di cui parla, sono i registri amministrativi del 1454-56, scritti dal fattore Nicola De Lunardo, che confermerebbero la collocazione nel 1453-54 delle nozze tra Isotta e Sigismondo, poste solitamente attorno al 1456.
Quella fattoria non sarebbe altro che una dote nuziale, secondo la tradizione che voleva i Malatesti generosi "in donativi solo quando questi fossero recuperabili restando nell'ambito del patrimonio familiare".
Nella fattoria lavorano operai di origine "schiavona", cioè slava. La massara Caterina è di lontane origini bosniache. Nei due anni a cui si riferiscono i registri del fattore Nicola, vengono realizzate numerose opere per rendere più accogliente la fattoria. Da ciò, secondo Bravetti, è possibile ipotizzare che "Madonna Isotta doveva tenere particolarmente che per le sue visite la casa fosse perfettamente accogliente". In occasione di queste visite "dell'excelso Signore e di Madonna" Isotta, venivano fatte spese straordinarie per l'arredo e soprattutto per la tavola (boccali e bicchieri).
Il menu imbandito comprendeva talora le anguille neonate, talora i polli. I soggiorni avvenivano prevalentemente d'inverno.
Anche quando era assente, Isotta "non tralasciava di mantenere, con la sua fattoria, rapporti vivi e continui… intessuti di familiare cordialità e anche di affettuosa fiducia…": dalla fattoria, ad esempio, chiamano il chirurgo per curare Sigismondo. In due occasioni, Mastro Antonio, un famiglio di Montemarciano parte dalla fattoria per accompagnare, da Serra San Quirico a Rimini, Mastro Giovanni "barbiero", che deve assistere Sigismondo ferito in battaglia, e cavargli la "pallocta" conficcata nel costato la prima volta, e nel braccio la seconda. E da Montemarciano parte anche il compenso per Mastro Giovanni, due some di grano.
Anche ad Isotta arrivano i donativi di Montemarciano, ma soprattutto le giungono le rendite del lino e del grano.
I libri del fattore, spiega Bravetti, ci offrono "un quadro di serena e prospera vita familiare e pubblica, che ben riflette uno tra i momenti forse più felici della Signoria". Ma di lì a poco, le cose cambieranno, e non solo nella fattoria.
Isotta, "di forma eccellente, bizzarra, letterata e poetessa" (così la descrive uno storico marchigiano del XVII secolo), ricompare in un altro volume degli Studi malatestiani (il quinto, dedicato a Camerino), dove incontriamo Giovanna Malatesta.
Giovanna, nata a Rimini nel 1443, era figlia di Sigismondo e Polissena Sforza. A soli otto anni sposò il diciannovenne Giulio Cesare da Varano signore di Camerino, in una cerimonia che apparve favolosa ai contemporanei ed ai posteri.
Nei 60 anni vissuti a Camerino, Giovanna "fu la degnissima umanista di una delle più splendide tra le piccole corti d'Italia", scrive Angelo A. Bittarelli. Il primo figlio, Venanzio, le nacque a 33 anni. Nel frattempo, il marito "ogni tanto le portava a casa un figlio naturale" che lei amava e accettava come proprio. Giovanna avrà poi altri due eredi, dopo Venanzio: Giovanni Maria e Ginevra.
Giovanna Malatesta muore nel 1511, "di quartana". Le esequie furono solennissime, come il matrimonio, con tanti invitati e cortei per una donna che, un secolo dopo, sarebbe stata considerata beata "per la sua bontà e misericordia".


Antonio Montanari

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Rev grafica 18.04.2019