Fuori Tama, Novembre 2011


Indro Montanelli

Fuori Tama, ovvero aggiunte al testo pubblicato. Dove più di 2.450 battute non ci stanno. E poi magari ci sono aggiornamenti da fare. Ecco il perché questa (strana) rubrica.

[20.11.2011] Nel Tama 1057, Aristotelici richiamo un testo del 1995 che riproduco di seguito, puntata 545.

Tama 1057, 20.11.2011
Aristotelici

Un fresco libro per Indro Montanelli (brevi suoi testi con irridenti epitaffi, documentato commento di Marcello Staglieno, ed un titolo senza inganni: “Ricordi sott'odio”), ci permette di rammentare la Grande Firma a dieci anni dalla scomparsa. Una sua biografia curata da Sandro Gerbi e Raffaele Liucci (2009) s'intitola “L'anarchico borghese”. Qui lo si definisce “portavoce del senso comune dell'italiano medio, vellicando il suo innato qualunquismo, e offrendo lustro e autorevolezza agli impulsi anarcoidi e individualistici presenti nel nostro corpo sociale”.
Un corpo sociale afflitto quasi sempre dalla cieca fiducia nelle parole dell'Aristotele del momento, come quel personaggio di cui si legge in Galileo: “Voi mi avete fatto veder questa cosa talmente aperta e sensata, che quando il testo di Aristotele non fosse in contrario [...] bisognerebbe per forza confessarla per vera”. Nel 1995 osservammo che Montanelli si era visto soffocare “La Voce”, il nuovo quotidiano fondato dopo averne abbandonato un altro che aveva creato dopo la fuga dal “Corrierone”. Ci permettemmo di commentare che lui, un conservatore tanto feroce da fungere da balia reazionaria per alcune generazioni di lettori, era stato dirottato con etichette fasulle sulle piste della sinistra più o meno rivoluzionaria.
Montanelli aveva aperto la nuova bottega soltanto perché non sopportava che altri dicesse le cose che sosteneva lui, mettendosi a sedere sul trono di re di certa opinione pubblica, e degradandolo a cronista di corte. Indro allora tuonava che soltanto pochi lettori intelligenti e veramente liberali avevano comprato "La Voce". Ma erano quei pochi che per vent'anni lui aveva cresciuto, educando gli altri a rozze ostilità verso la democrazia e la Costituzione.
Nel 2006, Gerbi e Liucci con “Lo Stregone” smentivano numerose cronache montanelliane. Mario Cervi (collega, amico ed allievo di Indro) lo difese: "Voleva che la storia risultasse più giornalistica, voleva accentuare la sua presenza di testimone dei maggiori eventi. Non era a Milano nei giorni della Liberazione e non poteva perciò aver visto i corpi appesi di piazzale Loreto. Ma il racconto montanelliano, così come i suoi ritratti, resta genuino, autentico, impeccabile nelle linee generali, che sono quelle che contano". Fu così che l'antiaristotelico per eccellenza si fece un convinto aristotelico preparando il brodo di coltura per certa politica. [XXX, 1057]

FUORI TAMA 545, 1995
Se viaggiate sulla via Emilia
, prima di arrivare a Cesena, con un po' di attenzione troverete un cartello segnaletico che è stato girato da «ignoti burloni» (come avrebbe scritto un cronista anni '50): avverte che mancano alcuni chilometri per giungere a Savignano che vi siete appena lasciata alle spalle.
Anche nella vita succede che più o meno «ignoti burloni» scendano lungo una via, e si divertano a rivoltare la segnaletica del vostro cammino. Di recente è capitato a due personaggi che, nella storia italiana, per quanto in tempi ed in modi differenti, si sono conquistati una nicchia di consolidata celebrità: Indro Montanelli ed Antonio Di Pietro.
Montanelli si è visto soffocare «La Voce», il quotidiano che aveva fondato dopo la fuga dal «Giornale Nuovo» (che aveva creato dopo essere scappato dal «Corriere della Sera»). Lui, che è sempre stato un conservatore tanto feroce da fungere da balia reazionaria per alcune generazioni di lettori, è stato dirottato, con etichette fasulle, sulle piste della sinistra più o meno rivoluzionaria, a cavallo tra un Occhetto dal baffo spento ed un Bertinotti con l'erre non troppo moscia. Semplicemente, Montanelli ha abbandonato Berlusconi perché non poteva sopportare che un altro dicesse le cose che sosteneva lui, mettendosi a sedere sul trono di re di certa opinione pubblica, e degradandolo a cronista di corte. Ma che adesso si celebri la santificazione di Montanelli sulle onde curziane di Telemontecarlo, sembra un'esagerazione bella e buona. Indro tuona: «Pochi lettori intelligenti e veramente liberali hanno comprato in edicola "La Voce"». Ma sono quei pochi che in vent'anni di «Giornale» lui ha cresciuto, educando gli altri a ben altre rozze ostilità verso la democrazia e la Costituzione. Da toscanaccio qual è, Montanelli non ammetterrà mai questa colpa, favorito da chi oggi lo abbraccia come un eroe della resistenza a Berlusconi. Il quale si è sviluppato proprio in quel «brodo di cultura» del laboratorio montanelliano.
Anche nel caso di Antonio Di Pietro «ignoti burloni» cercano di cambiargli le carte in tavola e quelle stradali. Uscito dalla Magistratura, dopo il 'mitico' periodo di Mani Pulite, ora viene ricercato dai politici i quali, a destra o a sinistra, vogliono trasformarlo (con accuse o blandizie) in strumento della loro parte. Lui, che ha visto la fatica di vivere come immigrato e studente-lavoratore, e che proviene da quell'Italia contadina che sa il valore della parola data, appartiene ad una razza diversa da quella padrona e da quella politica. «Libero e semplice», consigliandogli tuttavia di cambiare e di accettare le regole della politica, lo ha definito Cossiga, assumendosi il ruolo di «burlone», questa volta però non ignoto. [545]

Antonio Montanari
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Creata
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Antonio Montanari, TamTama




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