Povera scuola


19/06/2008
Stamani sulla "Stampa" cartacea appare questa mia lettera:
«I "capricci in cattedra" paventati da Paola Mostrocola come conseguenza della «maggiore flessibilità nei percorsi di studio» proposta da Francesco Giavazzi, sono una vecchia realtà didattica.
Trent'anni fa i colleghi più "democratici", catalogando tutti gli altri come "reazionari", svolgevano programmi da cui per Lettere (nei Tecnici) erano esclusi il Manzoni nel biennio, e Dante nel triennio».
Una nota storico-folcloristica. Esami di Stato di 20 anni fa. La commissaria esterna di Lettere interroga su Leopardi. Argomento, la canzone "All'Italia".
La candidata spiega: si tratta di una delle canzoni cosiddette civili del poeta di Recanati. Come si leggeva a p. 230 del nostro testo, il Pazzaglia edito da Zanichelli.
La commissaria si scandalizza: come civili? Ma civile vuol dire ben educato, e le dà l'idea che una poesia sia bene educata?
Il presidente di commissione, docente universitario di materie relative all'Istituto tecnico in cui ci trovavamo, era un appassionato di Letteratura, conosceva bene Leopardi ed aveva sposato una prof di Lettere.
Il presidente mi dice: Montanari andiamo a prenderci un caffè, sospendiamo per cinque minuti.
Scendendo verso il bar, mi sussurra: ma quella commissaria è pazza. Lei come rappresentante dell'Istituto non può dir nulla, adesso ci penso io.
Caffè, risalita in aula, riapertura dell'esame. Il presidente spiega alla commissione che d'ora in avanti le domande le avrebbe fatte per Italiano il rappresentante interno dell'Istituto, ovvero il Montanari, toccando alla commissaria di Lettere inviata dal Ministero l'arduo compito di controllare che le interrogazioni rispondessero al dettato della legge. Amen.
Dunque, non mi scandalizzo di quello che succede ora agli Esami di Stato. A chi opera oggi nella Scuola, l'augurio di sopravvivere ai 100 mila licenziamenti programmati dal governo.
Scommettiamo che qualcuno troverà modo di avviare corsi speciali per sistemare le "veline"? Nulla di strano, sarà di tipo professionale, amato da tutti, industriali privati, uomini di Stato pubblici, fanciulle in fiore che avranno occasione di trovare un lavoro decentemente pagato. Mica come quello dell'insegnante.
Nel 1964 quando iniziai io, si dicevano le stesse cose di oggi, circa i nostri stipendi. Sono passati 44 anni. Il che testimonia come l'italiano medio sia più preoccupato delle magnifiche sorti pallonare che della vita futura del Paese. Senza cultura non si va da nessuna parte. Amara verità? Quella che deriva dalla "Pubblica distruzione" come l'ho chiamata ieri e come la definisce Massimo Gramellini oggi sulla "Stampa". Prosit iuvatque tibi, diceva il chierico al prete di ritorno dall'altare dopo la celebrazione della messa...

Antonio Montanari


2730/22.02.2018