Politica. Articoli vari del mese di Settembre 2008, blog de "La Stampa"

30/09/2008
Dolcetti Usa
E' un bel paradosso che il conservatore Bush sia odiato da molti suoi elettori che lo accusano di esser divenuto "socialista" con il piano Paulson per il salvataggio della finanza americana.
Bocciato alla Camera per la defezione di 35 deputati repubblicani che non hanno accolto l'appello a votarlo, il piano non è apparso alla gente "una legge coraggiosa" (come l'aveva definita Bush). E necessaria, anche se dura da digerire.
L'opinione pubblica ha vinto: il mondo della finanza si arricchisce presentando a noi il conto. Il piano Paulson è risultato indigesto e non è passato. Un deputato georgiano l'ha chiamato "una grossa merda di vacca con un dolcetto in mezzo".
Alla fine ha ragione la democratica Nancy Pelosi: "la festa è finita", e con essa un "sistema senza regole e controlli". Ovvero il "vecchio" mondo ha dimostrato di non saper funzionare. Domanda: come sarà il "nuovo" mondo?
Paul Samuelson, Nobel per l'Economia nel 1970, ex consigliere di JFK, spera in una vittoria di Obama. Se andrà alla Casa Bianca, ha detto a "Repubblica", sarà grazie a McCain ed al suo vice, quella "almost a joke", cioè quella "barzelletta" Sarah Palin: "Voi italiani sapete benissimo di cosa sto parlando. Non avete un Parlamento pieno di soubrette?".
Appunto: e noi? Illuminante l'accusa di PG Battista nel fondo del "Corrierone" a Veltroni. Il quale si sarebbe scagliato contro il "putinismo" del cavaliere soltanto perché la sinistra segue unna vecchia "narrazione". Quella che vede offese alla democrazia in ogni oppositore.
PGB avrebbe ragione se l'avversario Berlusconi non fosse il simbolo di quel "pensiero unico" di cui soltanto ora Veltroni si è accorto. (Al conflitto d'interessi il governo Prodi non ha pensato...)
Anche Enrico Letta è costretto ad ammettere (al "Corrierone") che "il problema è lui, Berlusconi". Anche se poi si avvita in una contraddizione tutta democristiana: Veltroni ha fatto bene a denunciare l'allarmante riduzione, nel nostro Paese, di certi spazi di democrazia", però non possiamo pensare di vincere le elezioni con l'antiberlusconismo.
Senza antiberlusconismo le hanno già perse una volta. Una competizione elettorale non è un calmo té nel salotto buono.
Se fossimo negli Usa, Letta guarderebbe soltanto al dolcetto centrale di cui parla quel deputato georgiano. In base alla teoria che anche le merde di vacca servono a qualcosa. Peggio per chi è costretto a viverci dentro, come talora succede. I politici hanno sempre il dolcetto. A noi resta il resto.
[30.09.2008, Anno III, post n. 297 (674), © by Antonio Montanari 2008]
Questo post è stato segnalato il primo ottobre in home della Stampa.it.

29/09/2008
Chiodi fissi
Da giovani, a chi parlava soltanto della rosa fresca aulentissima, gli si diceva che ce l'aveva stampata sulla fronte. Insomma un chiodo fisso.
Lo stesso è per Berlusconi, circa la Giustizia. Si sente un perseguitato. Dopo l'intervista di Veltroni, la sua reazione è stata di dichiararsi sicuro che il lodo Alfano "passerà al vaglio" della Corte Costituzionale. E che in caso contrario "servirebbe una profonda riflessione sulla giustizia...". Come dire: se i supremi giudici mi fanno questo torto, ci penso io.
Oggi si ha la rivelazione che conferma la nostra teoria del chiodo fisso. Nel prossimo libro di Bruno Vespa si leggeranno queste parole di Berlusconi: il lodo Alfano è "un provvedimento necessario in un sistema giudiziario come il nostro in cui operano alcuni magistrati che invece di limitarsi ad applicare la legge, attribuiscono a se stessi e al loro ruolo un preteso compito etico".
Veltroni non ha nessun merito e nessuna colpa nell'avere fatto infuriare il capo del governo. Ricordiamo quell'intervista concessa dal cavaliere ad Enzo Biagi: "Sono sceso in politica per salvare l’azienda e per evitare la galera". Il programma continua.
Ha ragione Dario Franceschini, vicesegretario del Pd: è un "tentativo gravissimo di Berlusconi di intimidire la Corte Costituzionale".
Aggiungiamo: le parole di Berlusconi dimostrano che non conosce la Costituzione. La Corte costituzionale non fa parte dell'ordine giudiziario: si veda al Titolo VI. Garanzie costituzionali, Sezione prima. La Corte costituzionale, articoli 134-135.
Altro chiodo fisso, questa volta nel Pd: prendersela con Prodi. E' sua la colpa, secondo Giorgio Tonini, dell'autoritarismo di Berlusconi.
Chiodo scaccia chiodo. Berlusconi resterà tranquillo a governare con quest'opposizione veltroniana, e diventerà presidente di una Repubblica che adatterà alle proprie idee.
Già nei tribunali la scritta "La legge è uguale per tutti" è stata sostituita dalla massima "La Giustizia è amministrata in nome del popolo italiano". Come per dire: noi abbiamo avuto i voti e facciamo quello che ci pare.
Ha ragione Curzio Maltese: "la Costituzione è già morta e quasi nessuno se n'è accorto".
[29.09.2008, Anno III, post n. 296 (673), © by Antonio Montanari 2008]

28/09/2008
Veltronismi
Rischiamo il modello Putin, dice Walter Veltroni al "Corriere della Sera". Ma la colpa non è di Berlusconi, se tutto l'Occidente si trova nella stessa condizione, con una "organizzazione del potere che rischia di apparire autoritaria".
Più cauto di così, Veltroni non poteva essere. Poco dopo però dichiara che in Italia non ci sono più "le condizioni minime, fisiologiche del confronto". Che comincia ad esserci un "pensiero unico". E che non spetta al dottor Bonaiuti dare patenti di democrazia...
Ma se siamo messi così male, Veltroni non avrebbe dovuto confondere la situazione italiana nel contesto europeo. Oltretutto sulla Gelmini che arriva a Cernobbio in elicottero, dà una notizia già smentita dall'interessata.
Veltroni dovrebbe cominciare a ragionare dalle conclusioni, sul "pensiero unico" e chiedersene le cause. Troverebbe che il contesto occidentale non c'entra nulla, e che la colpa è di colui per il quale il dottor Bonaiuti ci affligge dai telegiornali criticando qualsiasi opinione l'opposizione esprima sul governo.
A volte si vede benissimo che anche a Bonaiuti viene da ridere, per cui corre veloce a dare le sberle agli avversari. Aumentando la comicità dei tiggì.
Nelle frasi di Veltroni non poteva mancare il richiamo agli Usa: "Guardiamo agli Stati Uniti dove Bush chiama ed i democratici rispondono".
Là dalla Casa Bianca chiamano l'opposizione perché il partito di governo (i repubblicani) non riesce a digerire la faccenda del sostegno di Stato alle finanze private, il piano Paulson. Negli Usa tacciono attoniti gli ideologi del liberismo, scrive Massimo Gaggi sullo stesso "Corriere". Dove Maria Laura Rodotà osserva: "Nessuno capisce niente di questa elezione anche per via della balcanizzazione dell'informazione".
Se sono messi male loro negli Usa, il nostro modello citato da Veltroni tre volte al giorno prima dei pasti, figurarsi la nostra povera Penisola. Che grazie al cielo non ha ancora avuto un personaggio come Sarah Palin, "tenuta lontana dai giornalisti" dopo che "le sue uniche tre interviste sono state penose", c'informa Rodotà. Una repubblicana, Katlheen Parker, ha scritto su "National Rewiew" che Sarah Palin è diventata un "imbarazzo" per McCain per la sua ignoranza in economia e politica estera. E l'ha invitata a ritirarsi, "forse spiegando che vuole dedicare più tempo al suo ultimo nato".
Veltroni potrebbe trasferirsi negli Usa dove ha comprato casa per la figliola mandata là a studiare.
Su Veltroni, un precedente post "Crisi bipartisan".
[28.09.2008, Anno III, post n. 295 (672), © by Antonio Montanari 2008]

27/09/2008
Lodo Collodi
Modesta proposta. In attesa che si pronunci la Corte costituzionale, al "lodo Alfano" cambiamogli nome, chiamiamolo "lodo Collodi". Indica meglio la sua natura. A chi l'ha proposto dovrebbe crescere il naso come a Pinocchio. L'art. 1 è uguale all'art. 1 comma 2 del "lodo Schifani" (2003) dichiarato incostituzionale dalla Suprema Corte nel 2004.
Ieri sera a Milano il tribunale in cui è in corso una causa che vede come imputato Silvio Berlusconi, ha deciso di chiedere il parere della Corte costituzionale.
A richiamare l'attenzione della sentenza del 2004 relativa all'articolo del "lodo Schifani" travasato in quello di Alfano, è stato di recente il presidente emerito della stessa Corte costituzionale Antonio Baldassarre, in un'intervista al "Corriere della Sera".
Oggi il quotidiano di via Solferino dimentica quella intervista, anche se ricorda la sentenza del 2004. E riapre il discorso con due pareri opposti. A favore del "lodo Alfano" è un altro ex presidente, Alberto Capotosti. Contro, il costituzionalista Alessandro Pizzorusso. Ma la sentenza del 2004 dovrebbe tagliare la testa al toro.
Questo però non lo si può scrivere perché si aprirebbe un delicato problema di carattere politico ed istituzionale: come mai il Quirinale ha firmato il "lodo Alfano" nonostante la sentenza della Corte costituzionale del 2004?
Indirettamente alla domanda risponde Curzio Maltese nel supplemento libri di "Repubblica" recensendo "Bolzaneto" di Massimo Calandri: in Italia "la Costituzione è già morta e quasi nessuno se n'è accorto".
La vicenda del "lodo Alfano" copia-conforme dello Schifani, per il modo in cui è stata oscurata rientra tra quelle "solite litanie quotidiane" di cui parla stamani sulla "Stampa" Lucia Annunziata. E che impediscono di vedere i veri problemi.
Lo "scenario terrificante" di cui Lucia Annunziata parla a proposito degli Usa, ("un vuoto di potere al centro dello stesso potere mondiale"), potrebbe essere lo stesso su cui collocare la vicenda del "lodo Alfano", per i motivi indicati da Curzio Maltese: "la Costituzione è già morta e quasi nessuno se n'è accorto".
La responsabilità maggiore ricade sulle spalle dei politici o del "quarto potere" dell'informazione?
Un opinionista moderato e conservatore come Piero Ostellino nello stesso "Corriere della Sera" di oggi censura lo scandalismo che predomina in certi giornali che non amano le inchieste.
La vicenda del "lodo Alfano" non rientra nella categoria dello scandalismo o dell'inchiesta. Racconta le paure di un'informazione che teme di turbare gli attuali equilibri politici.
Speriamo che, in un giorno non lontano, si possa leggerne qualcosa sul tipo di quanto oggi sulla "Stampa" ci ha offerto Mattia Feltri con l'impeccabile ricostruzione della biografia politica di Luciano Violante.
Fonte foto: liberoblog.libero.it
[27.09.2008, Anno III, post n. 294 (671), © by Antonio Montanari 2008]

26/09/2008
Fregoli Alitalia
Leopoldo Fregoli, l'attore trasformista "nonno" artistico del più celebre Arturo Brachetti, ha ispirato i capitani coraggiosi di Alitalia. Come ha rilevato Luca Piana, e come leggo nel blog "unoenessuno", "Luca Piana de l'Espresso ha messo in luce un aspetto poco noto: la banca che ha valutato la parte sana di Alitalia si chiama Banca Leonardo, che ha tra gli azionisti anche alcuni esponenti della cordata (Ligresti e Benetton). Chi ha comprato è stato anche dietro a chi valutava il prezzo".
Immaginate le scena: il banchiere legge i bilanci, stabilisce il valore. Poi esce da una porta ed entra dall'altra presentandosi come acquirente di Alitalia. Divertente, il capitalismo italiano.
A proposito di fatti eclatanti. Il ministro Brunetta ha dovuto ammettere che "i concorsi per i primari negli ospedali, nella stragrande maggioranza, non sono trasparenti e non premiano i migliori".
Su "Repubblica" di oggi il dottor Salvatore Belcastro, un ex primario di Chirurgia con circa 40 anni di esperienza, scrive: "Qualcuno ricorderà che poco più di un anno fa venne denunciata sulla stampa e sui media la estrema politicizzazione della scelta dei primari". In Lombardia comanda Cielle, in Emilia il Pd, in Sicilia e Calabria il centro-destra. Ma "spesso i posti vengono distribuiti col metodo consociativo, 'uno a loro ed uno a noi'...".
Adesso che Brunetta ha ammesso che "i concorsi per i primari negli ospedali, nella stragrande maggioranza, non sono trasparenti e non premiano i migliori", ci aspettiamo qualche suo intervento. Chieda un passaggio ai colleghi che vanno con i soldati nelle strade. Possono prestargli qualche Finanziere.
[26.09.2008, Anno III, post n. 293 (670), © by Antonio Montanari 2008]
Il post di ieri, Crisi bipartisan, è segnalato oggi in home della Stampa.

25/09/2008
Crisi bipartisan
"Vale a destra come a sinistra", scrive don Antonio Sciortino a proposito dell'eclisse della partecipazione e della crisi della "democrazia di opinione" in Italia. Sotto accusa quindi è tutta l'attuale classe politica.
Vorrei tanto dire che don Sciortino, direttore di "Famiglia Cristiana", ha torto. Ma non posso, per non contraddire quanto penso da tempo.
Il suo saggio destinato a "MicroMega" è anticipato oggi su "Repubblica". Dove un completamento a questa diagnosi si può trovare in un altro pezzo che non parla dell'Italia, ma della politica americana vista sotto l'aspetto medico.
Mario Calabresi riferisce della "Mente politica" un saggio di Drew Westen, docente di Psicologia clinica. Wester teorizza: "Devi difenderti quando ti attaccano", altrimenti perdi le elezioni.
Ricordate Veltroni: basta con l'antiberlusconismo, ed infatti le urne gli hanno dato una bella sberla.
Sul ring ho imparato, aggiunge Westen, che al primo colpo che ricevi sotto la cintura lo dici all'arbitro, "ma la seconda gliene restituisci uno forte il doppio, così non ci riprova più".
Da noi con il Pd sta succedendo come nella celebre scenetta di Totò, a cui uno dava schiaffi chiamandolo Pasquale. E lui non reagiva perché mica si chiamava Pasquale.
Veltroni le ha prese. Adesso ragiona come il suo antagonista, in base ai sondaggi. Si dichiara felice delle percentuali registrate. Che sono inferiori a quelle del voto alle politiche.
Ma non diamo tutte le colpe a lui. Temo che un po' in tutt'Italia stia succedendo quello che avviene a Rimini. Dove un consigliere provinciale del Pd ha lanciato un appello ai ciellini (che hanno contribuito ad eleggere la giunta locale di centro-sinistra ma sono con Berlusconi a Roma). Ne ha scritto un lettore, Alberto Cristofano, in un commento. Era un invito ad interloquire senza "rivalse personali" e "rancori".
Il commento del lettore finiva con un dubbio: "A quel segnale mi sembra che non abbia fatto seguito alcun pubblico riscontro. Tutto viene fatto sottobanco?".
Ecco perché ha ragione don Sciortino, anche il Pd non ama la "democrazia di opinione" e spaccia per partecipazione le chiacchiere fra i soliti quattro noti.
[25.09.2008, Anno III, post n. 292 (669), © by Antonio Montanari 2008]

24/09/2008
Se Barbara B. obietta
Barbara Berlusconi aveva detto: nel mondo della finanza debbono esserci delle regole morali, "valori comuni che contrastino atteggiamenti illegittimamente consentiti e pericolosamente individualisti". Ed aveva ricordato i 27 mila dipendenti di Lehman Brothers, "che da un giorno all'altro si ritrovano senza lavoro".
"Liberazione", il foglio di Rifondazione, ha commentato: sono parole più forti di quelle pronunciate «da tutta l'opposizione parlamentare», a dimostrazione che ormai in Italia «governo e opposizione sono in una famiglia sola».
E da una sola famiglia, quella appunto del cavaliere, sono venute fuori posizioni divergenti con quelle del capo del governo, se la signora Barbara ha potuto sostenere: "Prima o poi la ricerca del profitto si scontrerà con le norme etiche e imporrà di scegliere tra l'una e le altre".
A Luca Ubaldeschi che l'intervistava sul conflitto d'interesse paterno, Barbara Berlusconi ha spiegato: "Il caso di mio padre è altra storia rispetto a ciò di cui abbiamo parlato finora. Sono convinta che il tema del conflitto di interessi abbia bisogno di una regolamentazione, ma il voto ha dimostrato che gli italiani non lo vivono come una necessità. Diciamo che esiste l'esigenza, non la richiesta".
Qui la giovane aspirante manager ha compiuto una brillante capriola nel discorso. Come al solito, la colpa è del popolo bue che non fa la richiesta di regolazione del conflitto d'interesse, mentre le menti più elette come la sua ne avvertono giustamente l'esigenza. A questo punto vale soltanto la pena di ricordare che se "gli italiani non lo vivono come una necessità", il conflitto d'interessi, un buon motivo ci deve pur essere. Forse se la signora Barbara s'aggira cautamente per casa, in qualche angolo lo dovrebbe trovare.Leader
[Anno III, post n. 291 (668), © by Antonio Montanari 2008]

23/09/2008
Buona scuola, nel 2006
Il programma elettorale di Berlusconi del 2006 esaltava la riforma Moratti (2003), la prima ad 80 anni da quella fascista di Gentile. "Più istruzione per tutti. La scuola cresce", diceva un grande titolo. Sottolineava le 130 mila assunzioni dei docenti precari.
Nel 2008 Berlusconi è tornato al governo. Il nuovo ministro della Pubblica Istruzione quando sente parlare della scuola, quella riformata da Berlusconi nel 2003, ha una piega amara sul viso, come se venisse pronunciata una parolaccia. Forse non ricorda il programma elettorale del cavaliere di due anni fa.
Adesso molti di quei precari torneranno ad essere tali o disoccupati, non so quale caos stiano preparando a Roma.
Il programma distribuito nel 2006 a tutti i cittadini s'intitolava "La vera storia italiana". La "vera bufala" dovrebbe essere ribattezzata oggi, dopo i discorsi della ministra Gelmini e del ministro Brunetta. Lei è convinta che la scuola sia quella voluta da comunisti del '68. Lui crede di essere l'unico in grado di saper far funzionare lo Stato. Il quale, a questo punto, è in uno stato pietoso. Non per colpa degli italiani, ma dei suoi governanti attuali. Due anni fa esaltavano quello che adesso denigrano.
Due anni fa quel programma cominciava con la più infondata opinione economica: "Addio alla lira: il grave errore di Prodi".
Un mese fa Berlusconi, mentre la parola "recessione" circolava nei commenti economici dagli Usa all'Europa, la rifiutava come prospettiva impossibile. I fatti gli hanno dato torto, ma lui crede di aver egualmente ragione.
[Anno III, post n. 290 (667), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 23/09/08 alle 17:52 nella Politica | Commenti (2)
22/09/2008
Brunetta capisce
Il ministro Renato Brunetta comincia a capire. In "Repubblica" di ieri s'è letta questa sua nuova dichiarazione sui medici: "I macellai lavorano perché perché i concorsi per i primari negli ospedali, nella stragrande maggioranza, non sono trasparenti e non premiano i migliori".
Benissimo. E' quello che abbiamo qui sostenuto il 18 scorso chiedendo di fare luce appunto sui misteriosi concorsi: "Brunetta ha tutte le ragioni di questo mondo. A patto che, scoperto chi è il "macellaio" in attività ospedaliera, ci spieghi come è stato assunto, per quali meriti, contributi scientifici o calci nel deretano (e da parte di chi questi ultimi sono stati mollati)".
Dunque ministro Brunetta? Vuol fare luce appieno o si accontenta di stare alla ribalta con queste striminzite dichiarazioni?
Se farà luce le perdoneremo quella ridicola definizione che ella ha dato di sé stesso, chiamandosi "la Lorella Cuccarini del governo".
[Anno III, post n. 289 (666), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 22/09/08 alle 17:14 nella Politica - Commenti (7)

20/09/2008
Scatoloni Alitalia
Cordata "Se Fiumicino non fa gli scatoloni" è il titolo di un brillante pezzo di Maria Laura Rodotà pubblicato dal "Corriere della Sera" di stamani. Comincia così: "A Londra e New York sono usciti sobri, silenziosi, con i loro scatoloni di cartone. A Fiumicino, a Linate, davanti al milanese palazzo Clerici si faceva casino, si gridavano slogan, si lanciavano battute, si festeggiava la rottura delle trattative".
Il 15 scorso sul "Sole-24 Ore" abbiamo invece letto da Nuova York: "Nel complesso la gente è veramente arrabbiata. L'opinione comune è che questa crisi sia stata provocata dal top management".
Lo stesso discorso per Londra, nel medesimo articolo del "Sole-24 Ore": ""In tutto il mondo stanno vuotando gli uffici, c'è molta gente triste", ha testimoniato Duo Ai, 26 anni: "Molti dipendenti sono in preda alla rabbia, cosa assolutamente comprensibile: eravamo tutti convinti che ci sarebbe stato un acquirente per Lehman", ha concluso il giovane analista, rompendo il silenzio espressamente richiesto dai vertici locali dell'istituto finanziario".
Wallstrettespresso La Rodotà aggiunge: "I lavoratori occidentali sono quelli che stanno meglio al mondo. Ma quando la loro azienda cola a picco, di colpo o con una lunga agonia, si sentono soli. E ognuno reagisce come è stato abituato. Nella finanza anglosassone si riempiono velocemente un paio di scatoloni, come usa, come si vede al cinema".
Non so se sia soltanto questione di abitudini personali o collettive, dato che il silenzio è "espressamente richiesto dai vertici locali dell'istituto finanziario".
Forse i lavoratori americani ed i loro problemi vanno collocati in un contesto meno folcloristico. Forse è utile ricordare che negli Usa prima di essere soccorsi da un'ambulanza ti chiedono l'assicurazione malattia. Questo non succede in Italia. Dove la destra liberale ha sempre tuonato contro lo Stato sociale, ed ora vorrebbe farvi ricorso ad esempio per gli "ammortizzatori sociali" nel caso Alitalia.
Una contraddizione da nulla davanti all'intervento dello Stato americano per salvare la libera finanza di mercato. Per la quale valgono le parole (lette su "Repubblica") di Nancy Pelosi, presidente democratica della Camera Usa: "Vogliamo appurare com'è accaduto che i capitani dell'alta finanza hanno accumulato milioni di dollari di salari individuali, le loro aziende falliscono, e il popolo americano deve subentrare ad accollarsi tutti i danni".
Tornando al pezzo della Rodotà. Forse il "casino" da lei descritto per Fiumicino/Alitalia, è molto più democratico del "silenzio espressamente richiesto" negli Usa ai licenziati da Lehman Brothers.
Barocco07
Forse la signora Rodotà sognava un'uscita di scena delle hostess dell'Alitalia con lo stile di una sfilata di Rocco Barocco (vedi foto)?
[Anno III, post n. 288 (665), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 20/09/08 alle 17:40 nella Politica e attualità

19/09/2008
Tremonti, anzi...
Ieri 18 settembre il "Corriere della Sera" ha pubblicato una lunga intervista di Aldo Cazzullo al ministro Giulio Tremonti.
Il quale ha iniziato il suo discorso con queste parole: "Non è la fine del mondo, ma la fine di un mondo".
Si dà il caso che la frase di Tremonti sia identica come contenuto a quella con cui si chiudeva il 7 luglio scorso un editoriale di Domenico Siniscalco sulla "Stampa", intitolato "Oltre la crisi globale": "Non siamo alla fine del mondo. Quasi certamente siamo alla fine di un mondo".Siniscalco
[Anno III, post n. 287 (664), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 19/09/08 alle 18:06 nella Politica | Permalink | Commenti (1)

18/09/2008
Brunetta, ci spieghi...
Se devo farmi operare ho il diritto di sapere se il mio medico è un macellaio oppure una persona efficiente. Se ammazza o salva le vite". Così Renato Brunetta ministro dell'attuale governo, ha detto in un'intervista a Radio Radicale.
Brunetta ha tutte le ragioni di questo mondo. A patto che, scoperto chi è il "macellaio" in attività ospedaliera, ci spieghi come è stato assunto, per quali meriti, contributi scientifici o calci nel deretano (e da parte di chi questi ultimi sono stati mollati).
Nella mia lettera aperta alla reverenda ministra Gelmini, pubblicata pure su "Corriere Romagna" del 16 scorso, ho scritto una cosa scandalosa: "... sappiamo che poi la famiglia politica, o quella sindacale o quella ecclesiastica o quella massonica sono i luoghi deputati alla promozione ed alla sorte delle carriere negli ospedali, nella scuola, nella magistratura".
Se la riscrivessi oggi, citerei a sostegno della mia povera opinione l'illustre parere che ne consegue dalle parole del ministro Brunetta. Ci sono dei perfetti cretini che fanno brillanti carriere. Ed un motivo ci deve essere... Non creda il Brunetta che ci accontentiamo dei suoi sfoghi. Che sono un po' come il ruttino degli infanti. Da uomo adulto e vaccinato, dopo il ruttino, canti la romanza, ovvero sputi il rospo, non si limiti a lanciare il sasso e ritirare il braccio.
Tra ieri ed oggi in "Repubblica" edizione di Bologna si parla di cose tutte legittime, le carriere dei figli di due cattedratici felsinei. Cose legittime, ma, aggiunge il Magnifico Rettore Calzolari, "la vicenda si pone in una zona grigia, faremo chiarezza".
Per carità, guai se i figli intelligenti al pari dei loro padri non potessero fare carriere universitarie.
Ma il ministro Brunetta ci creda: nella trasmissione ereditaria del diritto alla carriera, possono avvenire salti genetici come per i pomodori o i piselli, e talora venir fuori quei prodotti intellettuali che lo stesso ministro liquida brutalmente con l'appellativo di "macellai" se esercitano la professione medico-chirurgica.
Dalla collega Gelmini il ministro si faccia spiegare come certi fenomeni accademici accadono scientificamente, se non gli garba il riassunto che noi abbiamo fatto circa le appartenenze alle tante famiglie che garantiscono carriere, cattedre e successi di ogni tipo nell'ampio giro che quelle famiglie hanno in Italia ed all'estero...
Nel post "Antidoping per tutti" ho già raccontato che "in una illustre collana curata oltretutto da un nome di grido della cultura italiana in campo internazionale, un prestigioso editore nazionale" ha offerto "una traduzione originale dalla lingua latina, mentre si tratta di un'opera taroccata: ovvero traduzione da una precedente traduzione in francese, facilmente consultabile su Internet... Il retroscena di tutta la storiella sta in un particolare ininfluente, o forse fondamentale. Il signore che ha copiato il compito è un adepto di una loggia...".
Ministro Brunetta, possono essere definiti tecnicamente macellai anche i finti traduttori? In fin dei conti anche loro massacrano qualcosa di prezioso come la vita, la serietà che dovrebbe presiedere alla vita stessa ed alla sua salvaguardia. Se uno imbroglia con il latino grazie alle protezioni, un altro può macellare in ospedale sempre grazie alle pedate nel deretano ricevute dalla famiglia di appartenenza.
Signor ministro, non ci prenda in giro. Completi il testo della sua intervista con una dichiarazione ufficiale: "Di ogni macellaio sarà detto il nome del santo padrino".
E di già che c'è, come suol dirsi, cerchi d'informarsi di come fanno i signori Prefetti a nominare i cavalieri della Repubblica. Faccia pubblicare sul sito del ministero degli Interni le relazioni inviate all'Autorità competente. Sì che ci sarebbe da ridere.
La faccia feroce, illustre Brunetta, la faccia con tutti, non si limiti a fare un numero di varietà per farci credere chissà che cosa. Altrimenti vada a spasso con la sua bella fidanzata, è tempo utilizzato meglio. Auguri e "facciam voti che meglio vengano i nipoti"...
[Anno III, post n. 286 (663), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 18/09/08 alle 18:11 nella Politica

17/09/2008
Occhiello e strillo
Copertina di "Panorama". L'occhiello in alto a destra dice: "Troppe madonne che piangono". E sotto nello splendore della solenne ministerialità romana, l'avvocato lombardo Gelmini. Che quasi fa l'occhiolino. Lipperlì colleghi occhiello e foto, ma poi scopri che non c'entra nulla l'avvocato Gelmini con lo strillo sulle madonne che piangono e che sono troppe.
Sono troppe anche le lamentazioni delle ministre come l'avvocato Gelmini. Cultura ed istruzione sono cose serie, fa semplicemente pena la posa della signora ministra tutta sorriso soltanto nella foto, perché quando parla ha il dente avvelenato, considerandosi investita di chissà quale missione salvifica.
"La maestrina dalla penna rossa" è il titolo del servizio che "Panorama" le dedica. Rossa quanto? La scala dei colori è infinita pure per il rosso, si va dalla bandiera dei "cumunisti" a quella della matita doppia per le correzioni che era anche blu, almeno ai miei tempi... Per una ministra "azzurra" è proprio troppo essere "rossa" anche soltanto in fotografia.
Nella foto in basso, come forse sogna di apparire l'avvocato Gelmini agli occhi di studenti ed insegnanti, una copia italica della signora Palin...
[Anno III, post n. 285 (662), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 17/09/08 alle 16:05 nella Politica / Commenti (1)

16/09/2008
Squilla la squillo
Insomma, il contro-spionaggio della Telecom ha reso grandi servizi all'azienda ed alla Patria. Chi ne era responsabile ha detto molte parole, ieri sera all'"Infedele" di Gad Lerner, ma il sugo del discorso è tutto qui.
Il giornalista Massimo Mucchetti (foto) del "Corriere della Sera" si è visto visitato il computer ed il conto in banca. Per cui può amaramente concludere che sono le solite antiche (ed inutili) storie di spie. Peter Gomez, cronista dell'"Espresso", rivela un particolare soltanto in apparenza comico: per Mucchetti è stata usata anche una peripatetica di lusso. Ovvero, se suona il telefono e squilla la squillo...
C'è poco da ridere, però. Tutte queste storie a metà strada fra l'assurdo e l'illecito, storie costose, affari che ingrassano certe tasche, avranno pure uno scopo meno idealistico, se poi alla fine se la prendono (come sempre) con un giornalista che ha l'abitudine di indagare e scrivere sul mondo della finanza con annessi e connessi.
Appunti personali sul tema. Ho raccontato già che tra 16 e 17 luglio il mio telefono è stato mandato fuori servizio in qualche centrale, come risultato da un controllo della linea.
Qualche anno fa, nottetempo, qualcuno aprì la centralina stradale a cui fa capo la mia linea, non completò il lavoro di manomissione, per cui il telefono divenne muto.
Il primo agosto scorso chiamo un amico. Sul suo telefono anziché apparire il mio numero, ne appare un altro che non risponde se lo si forma: 543.1300001. Qualcuno sa spiegare il mistero?
Non mi sono mai occupato di economia, ma di varia umanità come si diceva una volta. Anche i discorsi noiosi danno fastidio, con l'aiuto pure di qualche avvocato che firma carte diffamatorie che dice di non aver letto e che poi è assolto dal suo Ordine.
Nel 2002 scrissi in una mia rubrica sopra un foglio locale alcune cose che riproduco qui:
"Dalla Virginia, scrivono giornali solitamente bene informati, un Grande Fratello americano sorveglierà il mondo raccogliendo tutti i dati della nostra vita quotidiana. Lo guiderà un personaggio non proprio cristallino, coinvolto tempo addietro in uno scandalo relativo ad armi vendute illegalmente in Iran. Questa è già una garanzia: il Grande Fratello sarà qualcosa di losco, come le premesse relative al suo direttore garantiscono. [...] Per spiarci, bastano ed avanzano i delatori. Parola che lo storico Mimmo Franzinelli usò lo scorso anno come titolo di un volume dedicato a «Spie e confidenti anonimi: l'arma segreta del regime fascista». Chi ha la mia età, ricorda la famosa storia dei fascicoli del Sifar (servizi segreti, anni Sessanta) che ufficialmente furono bruciati: erano strumenti di ricatto politico, non di controllo su persone pericolose per l'ordine pubblico. C'è sempre qualcuno nella vita che vuole fregarti a suo vantaggio: Grande Fratello ma Piccolo Cervello.
Ricordi personali. Superiori pii e devoti di mio padre, che lavorava all'Azienda di soggiorno, progettando di sostituirlo con raccomandati di partito, fecero fare a suo carico tre indagini dalla Guardia di Finanza: quel Comandante lo rassicurò, non avevano trovato niente sul suo conto. Un altro mio congiunto, giornalista a Milano, impegnato nella "controinformazione" dopo la strage di Piazza Fontana (1969), fu anch'egli rassicurato dal Questore della sua città: "Non siamo mai riusciti ad incastrarla"."
Fine della citazione del 2002 . Breve aggiornamento del 2008. Uno di quei superiori pii e devoti di mio padre nel frattempo è scomparso, e adesso lo additano dalle cattedre ecclesiastiche come esempio di virtù cristiane da imitare.
Ha ragione Mucchetti, il caso del contro-spionaggio Telecom è una delle solite storie di spionaggio per tentare di far fuori qualcuno. Per Mucchetti, s'è detto, hanno usato anche una squillo d'alto bordo. L'unica cosa che resta da chiarire è se il più antico mestiere del mondo sia quello delle battone o delle spie.
[Anno III, post n. 284 (661), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 16/09/08 alle 18:48 nella Politica e attualità | Commenti (0)

Lettera alla Gelmini, pubblicata
Il "Corriere Romagna" di oggi pubblica la mia lettera aperta alla ministra Gelmini inviata il 4 settembre, qui preannunciata e poi discussa in due post, "Sapere l'oggi" (qui il 9 settembre) ed in altro blog "Censure giornalistiche" (10 settembre).
Eccone comunque il testo apparso oggi:
Signora Ministra Gelmini.
Ha avuto l'onore di un'intera pagina sul "Corriere della Sera" (4. 9), scritta dallo specialista in caste politiche Gian Antonio Stella. Lei appartiene ad una delle più potenti caste dell'Italia (non so che cosa accada all'estero), quella degli avvocati. Talmente potente che mezzo secolo fa un avvocato poteva insegnare anche Filosofia nei Licei, pur avendola studiata soltanto al Liceo. Non mi dica che non era una posizione di privilegio.
Anche oggi voi avvocati godete di tante posizioni di privilegio. Tutte cose legittime, beninteso, legittime perché siamo un po' gli eredi dell'Azzeccagarbugli ed un po' i nipotini di don Rodrigo. Stretti in questa morsa fatale, noi semplici cittadini che non contiamo nulla dobbiamo restare sempre con la bandiera bianca della resa davanti a voi potenti che prima fatte le vostre giuste cose, e poi le giustificate sapendo bene che ciò che conta non è la verità ma il modo con cui la si racconta. (Se dovessimo stilare una graduatoria della pericolosità sociale, proprio per questo, rischiereste di finire in testa a tutti, anche a quelli che difendete...)
Tanto scandalo per avere lei sostenuto certi esami professionali in quel profondo Sud che non le piace troppo, è forse l'inevitabile gioco delle parti in una società in cui non cambia nulla. In cui Cristo si è fermato ad Eboli, e chi aspetta giustizia sta sempre una stazione troppo in là. In cui, mezzo secolo fa, noi studenti del Nord sapevamo che le lauree al Sud erano talora qualcosa di più leggero da conseguire.
Quindi gli scandali odierni (o presunti tali) in noi che abbiamo una certa età non destano alcuna sorpresa. Anche perché sappiamo che poi la famiglia politica, o quella sindacale o quella ecclesiastica o quella massonica sono i luoghi deputati alla promozione ed alla sorte delle carriere negli ospedali, nella scuola, nella magistratura. Insomma là dove c'è una sedia, la scelta del deretano che vi si deve posare delicatamente per diritto naturale o soprannaturale è sempre qualcosa che in molti casi, in moltissimi casi, in troppi casi, è addirittura deciso prima della pubblicazione dei bandi di concorso.
All'università, si è letto poco tempo fa, mancano soltanto i nomi dei vincitori in quei bandi.
Caro Ministra, lei risponda alle critiche con una modesta constatazione: "Rappresento quest'Italia alla quale pochi si rivoltano...". La maggioranza è quella che conta in democrazia, lo sanno tutti. Vada orgogliosa dei suoi esami professionali nel profondo Sud. Sarà un motivo in più per tanti a cui nessuna carriera arrise, per dire che fatta l'Italia tanto tempo fa, vanno ancora fatti gli italiani, e forse sarà sempre un traguardo irraggiungibile. Sarà così, lei, proprio il ritratto perfetto delle imperfezioni italiane che hanno reso grande la sua parte politica. Che di lei andrà gloriosa ora e sempre. E così sia.
Antonio Montanari
Rimini
Scritto il 16/09/08 alle 11:31 nella Diario personale | Commenti (1)

15/09/2008
Maestri
Ieri ho letto in due belle pagine di "Repubblica" sui maestri elementari, un articolo di Jenner Meletti, un breve testo di ElleKappa sul meraviglioso panino della sua insegnante mangiato durante la ricreazione, e quattro ricordi autobiografici affidati agli scrittori Margherita Oggero, Marco Lodoli, Mauro Corona, Simona Vinci.
Mi è tornato in mente che tempo fa avevo progettato di comporre un testo intitolato (appunto) "Maestri". Stamani l'ho cercato sul computer, scoprendo che lunedì 23 dicembre 2002 avevo steso soltanto una "Divagazione" introduttiva, intitolandola "Del guardaroba mentale". Tutto qui:
"Avanzano, della gioventù, le consapevolezze che allora non c’erano. Di null’altro adesso conosci il valore, che delle cose non possedute.
E’ la ricchezza dei sogni di allora. Ragazzi, significava invece sentire il senso del limite. Crescere era scontrarsi con l’impossibilità. Desiderare ma non avere.
La febbre della vita brucia nelle regole da rispettare. Dovevamo non scottarci. E scegliere, cercare la via dell’uscita dal labirinto.
C’era a fianco delle nostre parole, in mezzo ai nostri giorni, il gioco delle eventualità, il rimescolarsi delle varianti, l’affacciarsi a trivi e quadrivi. Era vicino a noi, più minaccioso che confortevole, il guardaroba mentale dove scegliere che cosa indossare.
La volontà respingeva, ogni abito si faceva sentire stretto, come se un panno di cattiva qualità si fosse ritirato ancor prima dell’uso, e deluso c’insegnasse la morale della favola: non sei tu che modelli il vestito.
Le prove le fanno i sarti, con ago e fili e spilli da puntare. La vita ti offre la carità d’un panno non su misura.
Cerchi il meno peggio tra quelli che sono già confezionati. Uno che abbia sintonia con il tuo modo di leggere la pianta topografica della realtà, dove tutto è disegnato. Tranne le strade. (Arràngiati, lo ripetono da millenni.)
Ti dicono che ci sono gli orchi, i precipizi, le sublimazioni amorose. Ma devi indovinare dove si nascondono, o fugacemente si mostrano, quando le luci delle giornate favoriscono l’osservazione, e se soprattutto le apparizioni o le scoperte permettono d’essere annotate con un lapis ormai spuntato, sopra un muro a secco che delimita la corsa e la vista.
Lì hai scritto un appunto, confidando di ritrovarlo ogni volta. Ogni volta che fossi passato. Ma poi diluvia sulla piccola traccia della matita. Oppure si scuotono i mattoni antichi senza più l’impegno di testimoniare ad altri del loro stare di guardia al disinteresse del viandante.
In quel muro avevi segnato una traccia per percorrere il labirinto invisibile, raccontarti l’itinerario possibile, riposare l’affanno, raccogliere l’unica testimonianza onesta: io ci ho provato, non è per colpa mia se ora tutto mi sfugge, scusate l’ardire, ma io avevo scoperto che la strada passa di qua.
Non avevo altra bussola che quella del sole. Ma subito arrivarono le nuvole a confondere l’ansia di uscire da un deserto che non c’è, a giudicarmi indocile perché ho firmato il contratto dell’esistenza ed adesso non trovo le clausole a cui appigliarmi, per preparare la difesa.
Provo a cercare nell’abito che mi hanno consegnato, non so più se all’ingresso in casa o all’uscita di scuola. Ma le tasche sono cucite, e lentamente i calzoni cedono, le gambe s’allungano, comicamente il panno si restringe.
Non ci sto più. Forse sono cresciuto. Oppure è la cattiva stoffa che ti rende ridicolo. Riprova a cercarne un altro, di vestiti. Ma per andare al guardaroba devi ricominciare daccapo. Il giudice della gara non azzera il tempo.
Sul taccuino registra le penalità degli errori di percorso. Hai abbattuto ostacoli, dice.
Dov’erano, chiedi. Io non li ho visti, lo giuro. Era notte, o per colpa del sole? Ti deride. Non preoccuparti mugugna: devi proseguire.
Ma il guardaroba dov’è, gli chiedo. Continua, mi ordina.
Così, passo dopo passo, riprendevi a camminare.
Un attimo mi fermo. Per dire grazie a chi non fu giudice di gara, ma maestro per l’intelletto".
Una quindicina d'anni fa composi altri meno impegnativi ricordi poi pubblicati in un volumetto dal titolo "Anni Cinquanta".
Di lì riprendo il passo sul grembiule, capo di vestiario oggi diventato simbolo politico nelle chiacchiere correnti sulla scuola, in mancanza di meglio (sotto l'aspetto pedagogico):
"La nostra divisa scolastica era composta di tre parti. Un grembiule nero, un colletto bianco ed un fiocco azzurro. Il colletto era concepito come indipendente dal grembiule. Il grembiule aveva una sua antica caratteristica oggi per fortuna scomparsa: doveva inevitabilmente chiudersi sul retro. Chi avrà mai inventato questa straordinaria divisa, priva di ogni praticità? L'apertura posteriore del grembiule ai maschi poneva un problema funzionale, perché in taluni frangenti non coincideva con quella dei calzoni.
Il colletto girava perennemente su se stesso, per cui il fiocco cedeva a posizioni oblique volando da ogni parte, tranne che in quella giusta. Sul petto dalla parte sinistra, infine, la decorazione della riga doveva indicare la classe che si frequentava. Qualcuno si fregiava della decorazione sul braccio come i militari. E tali forse erano i padri dei figli che così venivano esibiti.
Il mio grembiule, con quale stoffa fosse stato confezionato, me lo spiegò mia madre pochi anni fa. Era la camicia nera di mio padre. La fortuna volle che io fossi stato soltanto "figlio della Lupa". Mi avevano dichiarato tale alla nascita, nel 1942. La guerra, con le sue tragiche pagine, mi evitò di salire ai gradi superiori del cursus fascista. Così, non sono mai stato "balilla". Tuttavia, ho portato in me il segno del passato regìme con il candore dell'innocenza, pari a quello con cui mio padre aveva indossato la camicia nera, obbligatoria per mangiare, quando la tessera del fascio veniva chiamata la "tessera del pane". Candore che capisco soltanto ora, ripensando che mio padre non ricordava mai "lui", cioè il duce, e che non ha poi avuto nostalgie politiche. Aveva capìto durante la guerra (penso io), quanto fossero state scioccamente illusorie le sfilate, le parole d'ordine, che nessuno tranne pochi, sul finire di quegli anni Quaranta, voleva rammentare o riproporre a noi giovani, a conflitto mondiale concluso".
L'immagine che metto in testa a questo post, c'entra (di riflesso) con un altro breve passo di "Anni Cinquanta":
"Il carro funebre che stazionava difronte alla chiesa, dichiarava lo stato sociale del defunto. C'erano "accompagni" di prima, seconda o terza classe, come i viaggi in treno. I più benestanti offrivano un supplemento di presunta filantropia, rivolto agli orfanelli che, accompagnati dalle suore, prestavano servizio all'inizio del corteo, nelle loro divise con una corta mantellina, come si vedono anche in certe immagini di Fellini relative però agli Anni Trenta. I maschi anche d'inverno portavano calzoni corti su minuscole gambe arrossate dal freddo. Per primi uscivano dalla chiesa dopo la funzione, e poi dovevano stazionare immobili, ci fosse il sole o la neve, fino a che si completava il rito del saluto dei parenti, recitando preghiere a suffragio dell'anima del defunto. Che la pietà con cui le orazioni venivano pronunciate, fosse o no pari alla spontaneità, nessuno può sapere: ma è facile immaginare quanti amari segni abbia lasciato in quei bambini l'esibizione, oltre tutto frequente, in scenari di dolore che rubavano loro ogni ipotesi di sorriso, instillandogli invece gocce di tristezza supplementare al loro già amaro destino di creature senza un padre o una madre.
Altri poveri passavano per il Borgo San Giovanni, salendo dall'arco d'Augusto alla Caserma Giulio Cesare lungo la via Flaminia, nel pomeriggio, all'ora della distribuzione del rancio. Portavano in mano una gavetta militare ed indossavano abiti la cui abbondanza, rispetto al corpo che ricoprivano, denunciava la provenienza in gesti caritatevoli di soccorso. Era una fila lunga soprattutto d'inverno, costituita in prevalenza da persone anziane che s'affidavano alla pietà dello Stato che non aveva altri modi per intervenire. I Comuni, per l'assistenza sanitaria ai "bisognosi", rilasciavano un documento su cui, a scanso di equivoci, si leggeva: "Tessera di povertà". Un Commissario prefettizio di Rimini, in quegli anni, rifiuterà la domanda per una dentiera, allegando un consiglio: "Se non può mangiare, inzuppi del pane nell'acqua"."
Tornando all'immagine. Non ho trovato la scena del funerale di "Amarcord" di cui parlo nel testo. Mi sono accontentato del solenne cortile del ginnasio liceo "Giulio Cesare" che fu frequentato anche dallo stesso Federico Fellini. Ed a cui io da ragazzino non volli iscrivermi per il terrore che da quella scuola emanava in città.
Post scriptum. Un maestro universitario da me ricordato sul web è il pedagogista Giovanni Maria Bertin.
[Anno III, post n. 282 (659), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 15/09/08 alle 10:56 nella Cultura e società | Permalink | Commenti (1)

14/09/2008
Cagliostro, l'impostore
"Lo storico Nevio Matteini dice che tentò a più riprese di guadagnarsi la fiducia dei massoni romani, ma con scarsi risultati...". Nel capitolo dedicato ad Alessandro Cagliostro, nella sua storia d'Italia del Settecento, Indro Montanelli ha destinato ad una notorietà internazionale lo studioso Nevio Matteini (Rimini 1914-1992) per il suo saggio del 1960 dedicato a Giuseppe Balsamo conte di Cagliostro, ora riproposto (settima ristampa) dalla Città di San Leo con prefazione di Annio Maria Matteini, figlio dell'autore.
"Chi fu Cagliostro?" si chiedeva Nevio Matteini. La sua risposta è chiara: si trattava di un "povero essere psicopatico e gravemente minato nel fisico".
Il giudizio nasce dalla documentazione raccolta: i rapporti ufficiali del castellano di San Leo al presidente della legazione d'Urbino. "Inquietissimo", Balsamo manifesta le "più scandalose smanie" non moderate neppure dall'uso del bastone.
Che alla fine dei suoi giorni, incarcerato e malato, Cagliostro esplodesse in siffatto comportamento, non meraviglia. Ciò che stupisce ancor oggi è tutta la sua vita precedente. Per una complessa serie di circostanze, essa diventa qualcosa che (forse) Cagliostro non fu.
Il 7 aprile 1791 Cagliostro è condannato a morte. Papa Pio VI lo grazia e lo fa rinchiudere nel carcere di San Leo. Da questo momento l'uomo vecchio, quel Giuseppe Balsamo nato nel 1743 a Palermo, si trasforma in simbolo di tante cose, a volte speculari e contrapposte fra loro (il libero pensiero e l'oscurantismo ecclesiastico), a volte lontanissime dalle grandi questioni intellettuali, come il ruolo di sua moglie Lorenza Feliciani.
E' lei che fa la prima denunzia contro il marito nel 1789. A Parigi i rivoltosi hanno preso la Bastiglia. A Roma le spie covate in famiglia collaborano al sistema politico ecclesiastico basato sulla delazione e sul sospetto, trionfante dalla Controriforma in poi.
Balsamo ha viaggiato per l'Europa spacciandosi per il conte Alessandro Cagliostro. Lorenza è romana, una popolana di Trastevere, "avida di denaro, di lusso e di piaceri", la racconta Matteini. Secondo Cagliostro, la moglie si era mossa contro di lui a causa delle mene della corte di Francia.
Cagliostro confessa di averla fatta nuotare nell'oro, e di averla portata a sedere a fianco delle più superbe dame delle alte corti. Ma non può essere stata lei a tradirlo, si consola: soltanto perché non "acuta di mente", lei è stata la prima vittima di qualche seduzione.
Certo è che la bella Lorenza amava la vita. Arrestato il marito, seduce il cappuccino incarcerato con lui, un teologo svizzero in procinto di diventar vescovo. Condannato a dieci anni, lui riesce ben presto a liberarsi dai ceppi della legge, forse nel gennaio 1793 (quando avviene a Roma il linciaggio del giornalista Hugo di Bassville, segretario dell'ambasciata francese), per finire fra le braccia accoglienti di lei.
Come osserva Matteini, alla fine la Chiesa di Roma fece "di un avventuriero che mirava solo a mungere quattrini, un martire del pensiero".
Di recente un amico mi ha mostrato una pagina inedita di Aurelio Bertola (marzo 1788) che parla di Cagliostro: "... straordinario uomo; straordinario veramente, giacché senza una gran ragion, senza gran ricchezza, senza gran sapere, senza alcuna amabilità di tratto, senza alcuna eloquenza, sempre ha avuto il segreto di diventar ricco, di passar per dottissimo, di avere amici e fautori e partigiani, quanto forse alcun altro non abbia mai". Insomma un gran ciarlatano.
Annio Matteini presenta la ristampa con un commosso ritratto del padre, ed utili notizie sulle novità presenti in questo antico saggio su Cagliostro.
[Anno III, post n. 281 (658), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 14/09/08 alle 17:36 nella Storia | Permalink | Commenti (2)

13/09/2008
Noi bravi scolari di una volta
Noi bravi scolari di una volta..., m'è venuto da pensare ricordando un vecchio insegnante universitario, Achille Ardigò, appena scomparso. Docente di Sociologia alla Facoltà di Magistero (primi anni Sessanta), Ardigò non mi ha lasciato memorie particolari.
Un po' incolore nelle lezioni, moderatamente cortese negli esami, la sua materia allora andava di moda, ma a me non interessava in maniera particolare. Insomma un esame come un altro, se non fosse che di tutte le sue lezioni e di tutte le letture annesse, a mezzo secolo di distanza è sopravvissuto (per mia colpa) ben poco.
Un primo ricordo. In una pagina di un suo testo Ardigò studiava la dislocazione dei vari gruppi di sensali in piazza Maggiore nelle giornate di mercato. Ne parlai una volta con un rappresentante editoriale bolognese che si mise a ridere, dicendomi nel suo dialetto: "Eh, ci voleva Ardigò per scoprire una cosa che sappiamo tutti...".
L'assistente di Ardigò, il dottor Paolo Guidicini, era un giovane elegante e cordiale, anche troppo con le nostre ragazze se ci accompagnavano nel suo studio quando dovevamo "prendere l'esercitazione". Si trattava di una ricerca da portare all'esame, e da svolgere sul campo. "Ah, lei è di Rimini, allora vada al tal centro professionale, e faccia questo lavoro...".
M'inventai tutto, dai nomi e cognomi degli intervistati, alle statistiche relative alle loro risposte al questionario affidatomi da Guidicini. Dopo qualche anno, ho trovato quelle statistiche pubblicate in un bel volume scientifico.
Gli assistenti non sempre erano simpatici come Guidicini.
Il testo prosegue qui...
[Anno III, post n. 280 (657), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 13/09/08 alle 16:49 nella Cultura e società | Permalink | Commenti (0)

12/09/2008
100 lire per la Merica
Morinpd Il mitico Edgard Morin, filosofo e sociologo, 87 anni, ha aperto i lavori della scuola estiva del Pd (mi rifiuto di riportare la intitolazione inglese che lorsignori usano). Non devono avergli spiegato che cos'è il Pd, con rispetto parlando, se se ne è uscito con questa frase: bisogna ritornare "alle tre grandi fonti della sinistra: il pensiero libertario, il socialismo e il comunismo".
Nessuno gli ha detto evidentemente che il Pd è nato per negare, rinnegare o cancellare (scegliete voi) queste grandi tre fonti della sinistra.
Sinistra che non abita nel Pd, evidentemente per sillogismo, se si è allontanato in toto da quelle memorie, non dico da quelle "ideologie".
Ieri un'altra frase memorabile è stata pronunciata dal presidente del Consiglio intervenuto in camicia nera ad un raduno dei giovani di An: "Italo Balbo in Libia ha fatto cose egregie".
Meno eclatante ma molto più pericolosa la sua promessa di investire presso don Verzé in studi medici che portino la vita media a 120 anni...
Ne aveva già parlato a febbraio da Vespa. Poi De Mita con molta rabbia in corpo disse che lui di anni ne ha 80, ma ne dimostra appena 65. Come si vede, la questione è soggetta a contagio. Quindi socialmente pericolosa.
Forse Berlusconi può essere distolto dai suoi progetti insani soltanto da discorsi come quello del prof. Morin con l'invito a tornare "alle tre grandi fonti della sinistra: il pensiero libertario, il socialismo e il comunismo".
Ieri ai giovani di An il cavaliere ha raccontato barzellette sui comunisti. Una ragazza ha sbuffato: la nostra preoccupazione è il precariato. Con un colpo di genio da grande imprenditore, Berlusconi le ha risposto di non cercare il posto fisso. E se necessario d'andare a cercare un'occasione a Parigi, Londra, Los Angeles.
Come capo di un governo mica male, il suo invito a scappare all'estero per poter mangiare. Una volta si chiamava emigrazione. "Mamma mia dammi cento lire che in Merica voglio andar...".
[Anno III, post n. 279 (656), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 12/09/08 alle 17:33 nella Politica | Commenti (1)

11/09/2008
Libro e confetto
Gelmini Soltanto per colpa dell'età posso affermare che i discorsi sulla scuola che va male, e sugli insegnanti che sono i peggio pagati in Europa, non risultano purtroppo una novità. Anzi, sono una ripetizione anche noiosa di quelli che si ascoltavano già nei primi anni Sessanta.
Oggi c'è di nuovo il fatto che, chi ne parla non sa che appunto se ne parlava già allora. Lo spirito del tempo contemporaneo, non è per nulla storico. Se lo fosse, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ci risparmierebbe certe battute sulla riforma che vuole imporre alla scuola la sua collega Gelmini. Tramonti la riassume in tre parole: "Un voto, un libro e un maestro".
Vorremmo chiedere al portavoce Capezzone, quello che quando parla alza il ditino ammonitore contro l'opposizione per spiegarle quanto sbagli nel dissentire dal governo; vorremmo chiedergli se quel solo voto, quel solo libro e quel solo maestro non siano per caso, nel retro-pensiero (ovvero nelle intenzioni più segrete ma non troppo) della maggioranza, pericolosi sintomi di una negazione del valore del dialogo per affermare "una sola verità".
Tremonti
Esimio ministro Tremonti, fa leggermente paura quel suo dire "un libro" come se appunto la confusione nella mente dei giovani nascesse dal confronto tra due libri, tra due maestri, tra due opinioni diverse. Insomma non ci piacerebbe che dietro "un solo libro" ci fosse "il pensiero unico".
Alla generazione precedente la mia imposero "libro e moschetto". Adesso Tremonti e Gelmini, spiegano che "basta la parola", come per il confetto Falqui. Quindi "libro e confetto"? Ovvero una versione edulcorata dell'olio di ricino?
[Anno III, post n. 278 (655), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 11/09/08 alle 17:52 nella Politica

10/09/2008
Pd contro Gelmini. Marchioni attacca
Marchioni Il deputato riminese del Pd Elisa Marchioni ha reso noto questo interessante testo sulle proposte del ministro Gelmini, intitolato "I turisti dell'educazione".
"Dopo i piloti Alitalia 'riconvertiti' come postini, le maestre si ritrovano candidate a divenire operatori turistici, non si sa bene se nel ruolo di guide, animatrici di villaggi vacanze, o altre fantasiose invenzioni.
Sebbene pare l'ipotesi si sia già smentita da sola, la proposta formulata nei giorni scorsi dà però una misura della considerazione che il Governo ha nei confronti di chi ha speso una vita ad insegnare, e nei confronti di un comparto economico ancora una volta considerato accessorio.
Per la scuola italiana sono in arrivo pesanti 'tagli'. Tra il 2009 e il 2011, saranno 87mila i docenti e 43mila i tecnici, bidelli, amministrativi, in meno. Dai primi, pur approssimativi, calcoli, potrebbero essere circa 200 i posti in meno anche in provincia di Rimini. Per la prima volta, avremo un Dirigente provinciale a metà servizio con Ravenna.
E' previsto che chiuderanno le scuole con pochi alunni: quelle dei piccoli paesi, che a volte sono l'unico presidio vitale ed educativo per i bambini, che diventeranno baby-pendolari: anche i nostri nonni lo erano... è un passo avanti tornare al passato? Saranno di meno anche gli insegnanti di sostegno per gli alunni portatori di disabilità. Diminuiranno le risorse per fornire supporto agli alunni che non parlano la lingua italiana, e per coloro che abbandonano la scuola troppo presto, senza aver conseguito titolo di studio: sono quasi sempre i figli delle famiglie già maggiormente in difficoltà, e senza un'attenzione specifica li abbandoniamo, ritirando la mano e il senso di uno Stato responsabile.
Non una sola motivazione pedagogica, filosofica, di merito è stata fornita. Il dossier atteso da un mese in Commissione parlamentare, per aprire il confronto, non mi risulta ancora giunto. Domani intanto, in Commissione si affronta il tema del ritorno al maestro unico. Ci pensa il Ministro Bossi a chiarire la ratio del provvedimento: così si risparmia. Il Ministro Gelmini insiste sul fatto che la razionalizzazione fosse necessaria, davanti alla crisi del Paese. Non sono solo i tagli, allora a preoccuparci: ma il fatto che siano stati predisposti senza un progetto complessivo, un'idea di riforma, di scuola più efficace ed efficiente. Senza nessun confronto, nessuna concertazione, nessuna possibilità di condividere valori e prospettive. Alla fine, si rafforza davvero il sospetto che il Governo sia stato più preoccupato di realizzarli in fretta, piuttosto che con una logica.
Il Partito democratico ha dato da sempre la disponibilità ad un'opposizione responsabile e di merito. Non siamo a difendere a tutti i costi lo status quo. Ma chiediamo di ragionare davanti ad un progetto complessivo di scuola pensata per la crescita dei nostri bambini e ragazzi. Insieme agli insegnanti, ai dirigenti, alle famiglie.
Di per sé, il ritorno del 7 in condotta può avere senso, sanziona chi dà problemi, ma non è un modo per dare risposta ai problemi del bullismo. Il grembiule uguale per tutti evita le derive dell'eccesso di lusso, ma non è la risposta ad un'integrazione vera. L'uguaglianza si garantisce con la parità di dignità e opportunità. La scuola, per noi, è la palestra di vita, il punto di partenza pari per tutti che dà a ciascun bambino l'occasione di far fiorire tutti i doni di cui è portatore, di vedere ascoltati i suoi bisogni, realizzati i suoi diritti. La scuola è lo strumento per ogni persona per crescere, e per una società per garantirsi il futuro attraverso i piccoli cittadini che imparano e costruiscono il proprio avvenire. Impoverire la scuola, penalizzarne gli insegnanti e tutti gli operatori, escludere le famiglie, è un errore per il presente e un enorme rischio per il futuro. Intanto però il Governo prova a farlo con 'l'aiuto' del Turismo. Anche qui, offerta speciale. Due drammatiche sciocchezze al prezzo di una".
[Anno III, post n. 277 (654), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 10/09/08 alle 18:06 nella Politica e attualità |Commenti (1)

11/09/2008
Quelli del 1943
Primavera 1954. Ultimo giorno di scuola della prima media, con l'insegnante di Lettere, Romolo Comandini. Lo salutammo regalandogli un libro, le "Lettere dei condannati a morte della Resistenza". Il professore lo aprì e ne lesse alcune pagine, piangendo. Per la prima volta scoprimmo il vero volto della Storia, con atrocità e tragedie.
Più avanti negli anni avrei compreso il motivo di quel pianto.
Nel 1942-43, richiamato alle armi, Romolo Comandini si trova ad operare in zona di guerra, in Jugoslavia: "[…] se si guardano i bimbi", scrive in un inedito, "un nodo sale alla gola: sono ombre di se stessi. Hanno fame. Vedo alcune madri che colle mani sgranano spighe di grano, che poi viene macinato tra due pietre".
È il 13 giugno 1943, giorno di Pentecoste, nel villaggio di Zaton in Dalmazia, verso le 10 del mattino: i soldati italiani spartiscono con quelle madri e quei bimbi il loro rancio.
La VII Compagnia comandata dal tenente Comandini è poi inviata in una località vicina. Nel frattempo, tredici donne (la più giovane ha 17 anni), vengono passate per le armi da altri militari italiani: con loro, sono fucilati anche un ragazzo di 16 anni e quattro uomini.
Tutte le diciotto vittime sono ufficialmente considerate "favoreggiatori ribelli", e responsabili dell'uccisione di alcuni appartenenti a bande anticomuniste italiane, avvenuta ad otto chilometri da Zaton, villaggio da cui non si poteva né entrare né uscire, per ordine delle nostre autorità. Fatto prigioniero, Comandini è deportato in Germania, dall'ottobre 1943 all'agosto 1945.
Nel rendere omaggio alla sua memoria, richiamo il tema di cui si parla in questi giorni, il valore dell'antifascismo, oggi.
Savino Pezzotta, deputato dell'Udc, stamani con "Repubblica" ha ricordato il sacrificio di suo padre, Giuseppe Francesco, morto a Dachau a 29 anni. Era un alpino sopravvissuto alla campagna di Russia, non aderì alla "repubblichina" di Salò, fu uno di quelli che "scelsero di morire di fame e di stenti per fedeltà allo Stato non a Mussolini".
Conclude Pezzotta con una dolorosa constatazione storica: "...avanza questa specie di revisionismo che vuole svuotare l'elemento fondativo della Repubblica. In molti modi stanno cercando di mettere in discussione la Costituzione".
Onorevole Pezzotta, si ricordi di queste sue parole e delle storia di suo padre, anche quando come Udc fate l'occhiolino ai signori del governo Berlusconi od ai loro stretti parenti.
Nella foto, i Tre Martiri di Rimini, da "Vuoti di memoria" in questo blog.
[Anno III, post n. 276 (653), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 10/09/08 alle 16:58 nella Politica | Permalink | Commenti (4)

09/09/2008
Sapere l'oggi
Il quotidiano locale a cui sono abbonato pubblica stamani un editoriale firmato da Vittorio Emiliani: "Ai giovani bisogna dire che guasto fu la dittatura".
Sono in sostanza, ed in sintesi, le stesse cose che leggiamo in un altro fondo del medesimo Vittorio Emiliani, con un diverso taglio, su "l'Unità": "Il fascismo 'male assoluto', come ha affermato Gianfranco Fini, o male relativo, come ha sostenuto pochi giorni fa il suo confusionario allievo Gianni Alemanno sindaco di Roma? Andiamo a vedere allora i principali guasti prodotti dal fascismo, in dati e cifre"...
Emiliani ha ragione, i giovani debbono sapere "che guasto fu la dittatura". Ma tutti noi, giovani e vecchi, abbiamo diritto di sapere pure quello che succede oggi, perché altrimenti va a farsi friggere la nostra idea di democrazia che giustamente contrapponiamo alla sua negazione "assoluta" (coma va di moda dire oggi).
Si dà il caso che poco tempo fa (12 agosto) allo stesso quotidiano locale a cui sono abbonato, abbia inviato una lettera che non è stata pubblicata (non oso dire censurata). E che cominciava così: "Presidente della Provincia e sindaco di Rimini si sono detti notevolmente preoccupati per notizie che "configurano un quadro di infiltrazione malavitosa in diversi settori del tessuto economico-imprenditoriale" locale. Ma il problema non è nuovo, come documentano alcuni dati 'storici'".
Tra fine maggio ed inizio giugno un'altra mia lettera non era stata pubblicata. Eccola integralmente: "A Riccione è stata cancellata la via Jan Palach, il martire politico del 1969, uccisosi per protestare contro i sovietici. Potresti informati sul "dove come quando e perché" ciò è accaduto?".
Non so se subirà la stessa sorte (temo purtroppo di sì) un altro testo spedito il 4 settembre, una lettera aperta alla ministra Gelmini. Dove le cose pericolose scritte, e che possono aver sconsigliato la pubblicazione, sono sostanzialmente due:
1. Se dovessimo stilare una graduatoria della pericolosità sociale, gli avvocati rischierebbero di finire in testa a tutti, anche a quelli che difendono;
2. "la famiglia politica, o quella sindacale o quella ecclesiastica o quella massonica sono i luoghi deputati alla promozione ed alla sorte delle carriere negli ospedali, nella scuola, nella magistratura". (Non si tratta di un'opinione soggettiva, ma di un dato di fatto.)
Prometto solennemente qui di non disturbare più con le mie lettere i colleghi del quotidiano locale a cui sono abbonato.
[Anno III, post n. 275 (652), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 09/09/08 alle 17:04 nella Politica | Commenti (7)

08/09/2008
8 settembre 1943
Otto settembre 1943. Il giorno del suo ventesimo compleanno per Alfredo Azzalli trascorre come tutti gli altri. In guerra. Tra le guardie di frontiera. A Villa del Nevoso, sulla strada che da Fiume porta a San Pietro del Carso, Postumia e molto più avanti a Lubiana. Alle 19,42 la Radio italiana annuncia l’armistizio.
Il re e la regina hanno appena lasciato Villa Savoia. Al Quirinale si è temuto un colpo di mano. L’Eiar è stata preceduta da Radio Londra. Badoglio legge un proclama: «Ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane, in ogni luogo. Esse però reagiranno a eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza».
Verso le quattro del pomeriggio, Alfredo Azzalli è partito in autoblindo per fare la solita scorta al generale Didio.
«Noi seguivamo la sua macchina. Temevamo gli attacchi dei partigiani. Ma tutte le volte che ci siamo spostati non è successo nulla. Siamo sempre arrivati tranquilli a destinazione. Andavamo a Trieste o nei paesi vicini a Villa del Nevoso. Percorrevamo ogni volta una sessantina di chilometri.»
Il piccolo corteo è preceduto da un motociclista. Nell’autoblindo sono ammassati una ventina di ragazzi. Quel pomeriggio viaggiano verso Fiume. Arrivano che sono le due di notte del nove settembre: «C’era la luna piena. Non sapevamo niente di quello che era successo la sera prima. Forse il generale conosceva la notizia. Non noi. Lui aveva a bordo una radio. Ogni tanto la nostra colonna si fermava. Forse in quei momenti si metteva in contatto con altre postazioni. A Fiume ci siamo resi conto che doveva essere successo qualcosa di grosso. La gente era in giro per le strade, ed esultava. I civili prendevano le armi ai militari: sparavano per aria, le pallottole fischiavano sopra le nostre teste. Nei fossi c’erano i cannoni italiani abbandonati dai nostri in fuga. Tutti cercavano di scappare e rientrare in Italia. Una baraonda indescrivibile».
Verso le otto del mattino, il generale raduna quella ventina di soldati, e gli parla: «Da questo momento, io non sono più il vostro comandante. Fate quello che volete. Se riuscite ad andare a casa, potete farlo». Commenta Alfredo Azzalli: «Il generale doveva avere anche lui i suoi pensieri. Lo faceva capire il tono con cui ci mise in libertà».
Andare a casa, ma come? «Bisognava gettare la divisa. I civili di Fiume ci offrivano vestiti borghesi che a noi servivano per non essere riconosciuti dai tedeschi, e per non essere catturati. I civili avevano bisogno delle nostre armi. Le passavano anche ai partigiani.»
Non era facile pensare al cambio fra un fucile «modello 91», quello della Grande guerra, e quattro stracci con cui nascondere il proprio stato di combattente italiano. Non per nostalgia militarista od orgoglio.
«La nostra paura era che, una volta consegnate le armi, i civili ci ammazzassero tutti. Per fortuna non fu così. Ci hanno trattato con i guanti. Non ci hanno fatto alcun male. Sono stato invitato ad entrare in una casa. Mi hanno dato da mangiare anche un pezzo di formaggio, e mi hanno regalato degli indumenti civili in cambio della divisa.»
Ora che è in borghese, la guardia di frontiera Azzalli Alfredo ripensa ai suoi otto mesi di vita da soldato: arruolato il 5 gennaio 1943, partito dal distretto di Ferrara, destinato per addestramento alla caserma «Principe di Piemonte» a San Pietro del Carso. Qui trascorre due mesi.
«Le divise ce le diedero soltanto diciassette giorni dopo l’arrivo. Avevamo vestiti civili leggeri, non adatti a quel clima rigido. Dormivamo in coppia nella stessa branda per utilizzare due coperte che però non bastavano a proteggerci dal freddo. Incontrai un compaesano che conoscevo bene, Bruno Musacchi. Era di servizio sedentario da tre anni come attendente del capitano medico, nella stessa caserma di San Pietro del Carso. Venne nelle camerate a vedere se c’erano ragazzi delle nostre parti. Ci siamo abbracciati. Mi sono messo a piangere come un bambino.»
Da Argenta i genitori di Alfredo arrivano a trovare il loro figlio a San Pietro del Carso. Dentro il pacco di viveri che gli consegnano, ci sono anche i cappelletti. Hanno progettato di fermarsi nell’albergo del paese, ma Bruno Musacchi li consiglia, per motivi di sicurezza, di non pernottare e di tornare a casa.
Il primo trasferimento di Alfredo è a circa un chilometro, in un accampamento di baracche di legno. Vi resta per tutto marzo ed aprile.
«Si vedevano soltanto persone che entravano nel bosco a tagliare la legna: ne uscivano con carri pieni di tronchi. Non parlavamo con nessuno. C’erano paura e diffidenza. Bruno Musacchi, di nascosto, ogni giorno mi portava una gavetta di maccheroni.»
Dal volume Stellette addio. L’8 Settembre 1943 del soldato Alfredo Azzalli di Antonio Montanari, leggibile integralmente qui.
Alfredo Azzalli, mio suocero, è uno di quei tanti giovani che rifiutarono di obbedire a Salò. Oggi ha compiuto 85 anni.
Fonte web: www.webalice.it/antoniomontanari1
[Anno III, post n. 274 (651), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 08/09/08 alle 17:32 nella Storia | Commenti (3)

07/09/2008
Censure
Sarah Palin, la candidata alla vice-presidenza degli Usa scelta da John McCain, è stata sindaco di Wasila, in Alaska.
Un giorno chiese alla bibliotecaria pubblica, Mary Ellen Baker, di togliere dagli scaffali "certi volumi, per il loro linguaggio riprovevole, e quando la Baker si rifiutò di intervenire, il sindaco la fece esonerare dall'incarico". Così ricorda sul "Corriere della Sera" di oggi lo scrittore Jay Mcinerney.
Il quale cita il "Washington Post" per un altro episodio: come governatrice dell'Alaska, Sarah Palin "ha negato fondi a un alloggio protetto per ragazze madri".
Da brava "cristiana fondamentalista" Sarah Palin otterrà un buon successo tra la destra italiana. Dove le signore con pruriti razzistici e nostalgie reazionarie sono una bella folla pronta a tutto. Con una non indifferente differenza.
Sarah Palin ha corso da sola e per se stessa. Le altre, le nostre signore indigene, sono le eterne gregarie di un capo maschilista, che le ha scelte e premiate in base a meriti che nessun elettorato ha mai potuto conoscere ed approvare.
Sarah Palin rischia in proprio, le nostre signore per conto terzi, il che equivale ad aver stipulato un'assicurazione sulla carriera con il nostro sistema elettoral-politico.
Oggi il papa da Cagliari ha detto che la politica "necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile".
La frase si può leggere in tanti modi. Compreso questo: quelli attualmente sulla scena non valgono nulla?
La storia di Sarah Palin, si può leggere nel "Time", citato stamani dal blog "Cattiva Maestra". E nel foglio locale di Rasila, Frontiersman. Dove c'è un album di Sarah Palin.
[Anno III, post n. 272 (649), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 07/09/08 alle 16:33 nella Politica |Commenti (1)

06/09/2008
Impronte/2
Il testo ufficiale integrale delle direttive ministeriali circa le impronte, citato qui ieri in breve da un articolo di giornale, si può scaricare dal sito www.statewatch.org.
Esso è del 17 luglio 2008. E richiama tre ordinanze del 30 maggio 2008.
La sua lettura è molto istruttiva. Si dichiarano le intenzioni che hanno presieduto alle ordinanze: evitare il degrado, secondo i richiami internazionali ed europei; ed il ripetersi di fenomeni di razzismo.
Si precisa: "Sarà cura dei Commissari procedere in modo da escludere effetti che possono essere considerati direttamente o indirettamente discriminatori".
Ecco, questo è il punto dolente. Quando si affida alla cura dei singoli l'esecuzione di una norma, allora ci si può aspettare di tutto, come è accaduto all'assalto al treno Napoli-Roma. Che si doveva instradare su un binario morto, altro che far giungere nella capitale.
[Anno III, post n. 271 (648), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 06/09/08 alle 18:17 nella Politica | Commenti (0)

05/09/2008
Impronte/1
Zingarielemosinabambini Impronte ai nomadi. Il commissario europeo Jacques Barrot, del partito di Sarkozy, le approva. Il governo esulta. L'opposizione in parte si pavoneggia (facendo cambiare il testo abbiamo evitato all'Italia una pessima figura) ed in parte critica. I passi indietro della maggioranza sono merito nostro, dichiara Giuseppe Fioroni che però avverte: lo spirito di quei provvedimenti "resta profondamente negativo", come leggiamo nell'intervista al "Corriere della Sera" di oggi.
La rilevazione delle impronte deve avvenire "solo in casi estremi". La precisazione ha appagato il commissario europeo, ma inquietato il presidente dell'Agenzia nazionale dei rom di Romania, Gruia Bumbu. Obiettivamente ci si trova davanti a quelle soluzioni pilatesche che si affidano alla scelta della "parola giusta", convinti che le azioni siano conseguenze delle parole, mentre le parole sono conseguenze delle cose. E' il solito trucco del burocratese?
"Dal rapporto ricevuto emerge che non c'è nulla di discriminatorio nelle misure proposte dal governo italiano", ha fatto comunicare Barrot: "La raccolta delle impronte digitali non è sistematica, ma limitata, in particolare in relazione ai minori. Per cui è limitata ai casi in cui è strettamente necessaria l'identificazione in assenza di documenti".
Sul sito di Palazzo Chigi abbiamo trovato che il 31 luglio Berlusconi aveva dichiarato: non è una misura costrittiva, ma "atta a garantire che questi bambini vadano veramente a scuola". Lo aveva detto pure il 15 luglio: "affermiamo la ferma volontà del governo di garantire che possano andare a scuola". Ovviamente al nostro presidente del Consiglio difettava in quei momenti il senso dell'umorismo, oppure lanciava un nuovo programma educativo "erga omnes". Dammi l'impronta e poi ti mando a scuola dalla Gelmini... Più che una promessa, una minaccia.
Sul sito del Ministero dell'Interno, si legge questa frase attribuita la ministro Maroni: "Non è necessario prendere le impronte ai bambini, i rilievi segnaletici necessari, infatti, possono essere effettuati in diversi modi".
Questo il testo dell' Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 maggio 2008 (n. 3676) che riguarda il problema:
"b) monitoraggio dei campi autorizzati in cui sono presenti comunità nomadi ed individuazione degli insediamenti abusivi;
c) identificazione e censimento delle persone, anche minori di età, e dei nuclei familiari presenti nei luoghi di cui al punto b), attraverso rilievi segnaletici; (...)
h) interventi finalizzati a favorire l'inserimento e l'integrazione sociale delle persone trasferite nei campi autorizzati, con particolare riferimento a misure di sostegno ed a progetti integrati per i minori, nonchè ad azioni volte a contrastare i fenomeni del commercio abusivo, dell'accattonaggio e della prostituzione".
Infine, il ridimensionamento della normativa dell'ordinanza 3676 è dovuto alle direttive impartite dal Ministero alle prefetture ("il Sole-24 Ore" del 24 luglio). Riporto un brano dell'articolo di Angela Manganaro: "Il punto più delicato, la rilevazione delle impronte, rientra nei binari "della legislazione vigente". Si procederà infatti ai rilevi dattiloscopici solo quando «l'identificazione non sia altrimenti possibile in base a documenti disponibili e circostanze attendibili, secondo quanto previsto dal Testo unico delle leggi sulla sicurezza». Le impronte ai bambini sotto i 14 anni, ma sopra i 6, possono essere prese solo quando si tratta di cittadini extra Ue e solo per il rilascio del permesso di soggiorno secondo quanto stabilito dal regolamento comunitario 380/2008. I bambini rom tra i 6 e 14 anni italiani e comunitari restano fuori dalla schedatura a meno che non la disponga il tribunale dei minori. I rilievi dattiloscopici a bambini sotto i sei anni non sono permessi a prescindere dalla nazionalità, a meno che non siano abbondati o vittime di un reato ma la rilevazione va fatta sempre d'intesa con Tribunale dei minori e polizia. Nelle linee guida si raccomanda più volte il rispetto della dignità della persona e della privacy".
Circa le dichiarazioni di Fioroni (per le correzioni apportate dal governo), forse c'è una punta di eccessivo ottimismo: non è stata mutata l'ordinanza, a quanto pare, ma è stata aggiunta una direttiva per l'applicazione dell'ordinanza stessa.
Resta soltanto un problema (tutto italiano): le direttive hanno lo stesso valore di un'ordinanza pubblicata sulla "Gazzetta Ufficiale"?
Maroni ha dovuto sedare l'opposizione, ma non ha ottemperato alla massima della semplificazione del suo collega Calderoli e del di lui ministero.
Fonte foto: troviamoibambini.it
Aggiornamento, 6.9.2008, 11:32. Il post è segnalato in home della "Stampa.it".
Si veda il seguito di questo post, 6.9.2008, 18.18, circa il testo delle direttive ministeriali, scaricabile in pdf.
[Anno III, post n. 270 (647), © by Antonio Montanari 2008]
Scritto il 05/09/08 alle 17:56 nella Politica | Commenti (3)

04/09/2008
Signora Ministra Gelmini
Signora Ministra Gelmini.
Dopo la citazione nel blog di Flavia Amabile il 27 agosto, oggi lei ha avuto l'onore di un'intera pagina sul "Corrierone", scritta dallo specialista in caste politiche Gian Antonio Stella.
Lei, signora Ministra, appartiene ad una delle più potenti caste dell'Italia (non so che cosa accada all'estero), quella degli avvocati. Talmente potente che mezzo secolo fa un avvocato poteva insegnare anche Filosofia nei Licei, pur avendola studiata soltanto al Liceo. Non mi dica che non era una posizione di privilegio.
Anche oggi voi avvocati godete di tante posizioni di privilegio. Tutte cose legittime, beninteso, legittime perché siamo un po' gli eredi dell'Azzeccagarbugli ed un po' i nipotini di don Rodrigo. Stretti in questa morsa fatale, noi semplici cittadini che non contiamo nulla dobbiamo restare sempre con la bandiera bianca della resa davanti a voi potenti che prima fatte le vostre giuste cose, e poi le giustificate sapendo bene che ciò che conta non è la verità ma il modo con cui la si racconta. (Se dovessimo stilare una graduatoria della pericolosità sociale, proprio per questo, rischiereste di finire in testa a tutti, anche a quelli che difendete...)
Tanto scandalo per avere lei sostenuto certi esami professionali in quel profondo Sud che non le piace troppo, è forse l'inevitabile gioco delle parti in una società in cui non cambia nulla. In cui Cristo si è fermato ad Eboli, e chi aspetta giustizia sta sempre una stazione troppo in là. In cui, mezzo secolo fa, noi studenti del Nord sapevamo che le lauree al Sud erano talora qualcosa di più leggero da conseguire.
Quindi gli scandali odierni (o presunti tali) in noi che abbiamo una certa età non destano alcuna sorpresa. Anche perché sappiamo che poi la famiglia politica, o quella sindacale o quella ecclesiastica o quella massonica sono i luoghi deputati alla promozione ed alla sorte delle carriere negli ospedali, nella scuola, nella magistratura. Insomma là dove c'è una sedia, la scelta del deretano che vi si deve posare delicatamente per diritto naturale o soprannaturale è sempre qualcosa che in molti casi, in moltissimi casi, in troppi casi, è addirittura deciso prima della pubblicazione dei bandi di concorso.
All'università, si è letto poco tempo fa, mancano soltanto i nomi dei vincitori in quei bandi.
Cara Ministra, lei risponda alle critiche con una modesta constatazione: "Rappresento quest'Italia alla quale pochi si rivoltano...". La maggioranza è quella che conta in democrazia, lo sanno tutti. Vada orgogliosa dei suoi esami professionali nel profondo Sud. Sarà un motivo in più per tanti come il sottoscritto, a cui nessuna carriera arrise, per dire che fatta l'Italia tanto tempo fa, vanno ancora fatti gli italiani, e forse sarà sempre un traguardo irraggiungibile. Sarà così, lei, proprio il ritratto perfetto delle imperfezioni italiane che hanno reso grande la sua parte politica. Che di lei andrà gloriosa ora e sempre. E così sia.
[Anno III, post n. 269 (646), © by Antonio Montanari 2008]

03/09/2008
Pd(iluvio)
L'hanno chiamata festa dell'Unità, intendendo quella del partito, il Pd bolognese. Ma il nubifragio scatenatosi lunedì pomeriggio ha provocato una reazione a catena che forse non è casuale. Assente Cofferati, assenti i vecchi "compagni", a riempire il salone del festival c'erano soltanto venti leghisti al seguito del sindaco di Verona Flavio Tosi. Il quale ha tenuto il suo comizio fino a che dopo una mezz'oretta gli hanno chiesto di chiudere, cortesemente.
Legapdrepbologna L'episodio è molto simbolico. Un vecchio segretario del Pds ha dichiarato a "Repubblica" di Bologna cose ovvie ("i comunisti non esistono più") ma anche cose nuove: la situazione politica è molto seria.
Per cui la vicenda bolognese assume un valore simbolico, non legato alla semplice disaffezione, ma al travaglio di un partito che non c'è, che la gente non vede anche se gli organismi si agitano, i capi dichiarano, discutono, litigano. Mentre da Bologna il segretario della Lega Manes Bernardini proclama "Siamo noi il Pci di una volta". Lo dica a Berlusconi, saremmo curiosi di averne il commento.
Rimini, la mia città, sembra a proposito del Pd, una delle dannunziane "città del silenzio". Tutti tacciono. Conquistate le poltrone, tutto il resto è noia?
[Anno III, post n. 268 (645), © by Antonio Montanari 2008]

03/09/2008
Papi scismi imperatori...
Il quindicesimo secolo vede Rimini ed i suoi signori, i Malatesti, alla ribalta dell'Europa. Ne raccontiamo la storia in questa pagina...

02/09/2008
L'attesa di Bristol
Nelle foto dei giornali Bristol Palin sorregge il fratellino Trig, quattro mesi, con l'affetto di una madre. I blog maligni dicono che sia suo figlio. La verità ufficiale è che lei, 17 anni, è incinta di cinque mesi. Una storia come tante se non fosse per quelle foto che nascono dalla candidatura di sua madre Sarah Palin alla vice-presidenza degli Usa.
Tra quattro mesi se tutto andrà bene come le auguriamo, i blog maligni saranno smentiti. Sarà una famiglia fortunata. La nonna con un piccino suo ed uno della figlia. Da affidare alla baby-sitter dato il gran daffare che ha ed avrà in politica, sia che vinca sia che perda le elezioni. E la figlia stessa con l'erede ed un fratello quasi coetanei. Un quadretto che speriamo nessuno voglia rovinare con le polemiche derivanti da ciò che Sarah Palin rappresenta, il mondo chiuso di chi non vuole educare al sesso i giovani. I quali, grazie al cielo, ci pensano da soli e non aspettano queste suocere che amano il fucile e che potrebbero agire d'impulso.
Commentatori illustri, penne famose, non criticate troppo, richiamando i serial televisivi, lasciamo Bristol Palin nella felice attesa. Non ha colpa alcuna, non si è scelta i genitori, speriamo che abbia avuto giudizio nel cercare il compagno che l'ha messa incinta. Sennò pazienza. Sono i casi della vita. Bando ai moralismi, bando alla puzzetta sotto il naso come dimostra sempre Maria Laura Rodotà che non a caso oggi sul "Corrierone" avvia il suo pezzo con il più classico degli incipit da evitare: "Conoscete qualcuno appassionato di Beautiful? ".
Lasciamo stare la tivù, le polemiche sulle scelte politiche della madre di Bristol. Auguriamo alla creatura di Bristol di crescere con un sano realismo, di poter avere dalla natura quella forza che i politici ignorano o vogliono imporre o cancellare, secondo i casi e gli argomenti.
[Anno III, post n. 267 (644), © by Antonio Montanari 2008]

01/09/2008
Imprudenti
Nella categoria degli "imprudenti" (parola del sindaco Alemanno) a Roma ci sono i turisti olandesi che le prendono di santa ragione dai pecorai romeni. A Napoli ci sono i viaggiatori che di domenica pretendono di andare a Roma, disturbando le tifoserie in trasferta.
In quest'Italia tranquilla dalle magnifiche sorti e progressive, ha ragione il Giannelli del Corrierone. Nel treno pieno di facinorosi, il poliziotto ammonisce l'unico viaggiatore estraneo al gruppo: "E lei che non è un tifoso eviti provocazioni". Appunto sia prudente, secondo la ricetta Alemanno.
[Anno III, post n. 266 (643), © by Antonio Montanari 2008]

Antonio Montanari


2734/23.02.2018