Politica. Articoli vari del mese di Luglio 2008, blog de "La Stampa"

31/07/2008
Basta poco

Basta poco per aprire e chiudere dignitosamente il discorso sul "lodo Alfano".
Basta leggere le dichiarazioni del primo ministro israeliano Ehud Olmert: "Un premier non può essere al di sopra della legge. [...] ...anche un primo ministro deve essere giudicato come tutti gli altri". Per questo motivo, lascerà la carica di primo ministro "in modo dignitoso".
Ed ora non si dica, in Italia, che è semplicemente una questione di politica estera. Per "blindare" le quattro alte cariche dello Stato, si sono citati esempi stranieri. Possiamo contrapporre a quelle scuse teoriche, un esempio concreto.
[Anno III, post n. 238 (615)]

30/07/2008
Pesciolini

Gatto Una lettrice del quotidiano locale a cui sono abbonato, il “Corriere di Romagna", racconta nella pagina delle lettere alcuni casi di ordinaria tortura di piccoli pesci e di granchi che da sempre sono stati in riva al mare. Sembra che adesso i granchi facciano più paura di una centrale nucleare francese, per cui qualcuno provvede a schiacciarli con sadiche bottiglie di vetro.
Nel "Buongiorno" di Massimo Gramellini c'è un argomento analogo: pesciolini torturati in riva al mare a Varigotti.
Ovvio, la stupidità umana non ha delimitazioni geografiche, l'Italia sotto questo profilo è una ed indivisibile, non c'è leghismo che tenga, per poterla peggiorare.
Scrive Gramellini: "Ciascuno sfoga la sua irrilevanza torturando i pesciolini che può. E ciascuno è a sua volta il pesciolino di qualcun altro".
Santa verità. Con una postilla. Nella Bibbia si legge che bisogna temere l'ira dell'uomo mansueto. Di solito è mansueto il pesciolino preso di mira da qualcuno che si crede una balena od è un pescecane.
Ma da sempre, non soltanto oggi, il mansueto è scambiato per una persona affetta da disturbi caratteriali per cui, come il classico "scemo del villaggio", dovrebbe subire e tacere. No. Il pesciolino-mansueto è quello che poi alla balena provoca una piccola tortura che annienta tutta la sua stazza. Che al pescecane fa rimpiangere di non aver fatto scorta di digestivi per poter ingoiare in pace i rospi.
C'è un ultimo aspetto della sociologia zoologica di balene e pescecani divenuti maschere di umana perfidia. Essi viaggiano in branco, mentre il pesciolino torturato è lasciato solo. Per cui il branco, se il pesciolino mansueto mette in pratica quell'ira di cui parla la Bibbia, dapprima gli urla scemo, scemo, poi si convince a tacere, ed alla fine ognuno se ne va per i fatti suoi.
L'ira di cui parla la Bibbia è un atto dovuto di moralità. Non è giusto che l'uomo mansueto sia deriso ed offeso. Per cui ogni sua reazione anche eccessiva è lecita. Soprattutto se essa smaschera l'omertà del branco, le benedizioni fasulle, le protezioni interessate e perverse.
Quante cose rappresenta "il pesciolino torturato", soprattutto se la giustizia degli uomini chiude gli occhi su di lui non volendo difenderlo, perché ascolta il canto del branco. Sono soltanto balene e pescecani ma sembrano le sirene ammalianti della mitologia greca, anche se ricevono regolari benedizioni apostolico-romane.
Il gattino goloso della foto rappresenta l'innocenza dell'istinto che dà la caccia al pesciolino. Ciò che è pericoloso è la razionalità di chi studia il male altrui, di chi finge di non vederlo facendosene complice, di chi sa e mente dicendo di non sapere. Quanti Giuda ci sono in giro.
[Anno III, post n. 237 (614)]

29/07/2008
I monologhi di Silvio

«Il luogo del confronto è soprattutto il Parlamento». Le parole pronunciate dal presidente della Repubblica due giorni fa, rispecchiano il concetto fondamentale di ogni democrazia costituzionale. Ovvero che il "gioco" fra maggioranza ed opposizione deve avvenire sul terreno delle questioni reali, ed il luogo, l'unico luogo dove questo può accadere è il Parlamento.
Punto e basta. Anzi, a rigore di logica costituzionale, quel "soprattutto" di Napolitano è una concessione alla retorica politica che nasce dal vezzo tutto italiano di considerare i partiti una specie di anticamera del Parlamento. Per cui scambi di opinioni o bisticci fra segretari di questo o quel movimento sarebbero già una dimostrazione di democrazia.
Agli uomini di apparato quest'idea piace, ma non è essa il vero sale della democrazia costituzionale. I partiti hanno generato i "manuali Cencelli", il Parlamento si è adeguato. I partiti hanno portato in scena oscenità in una delle due Camere, il Parlamento non si è ribellato.
E' molto sottile il confine fra l'arbitrario concetto che, data una serie di partiti, esiste una democrazia; ed il principio costituzionale che soltanto il confronto nel Parlamento è espressione di democrazia (ne ho parlato qui).
Questo discorso è soltanto richiamo ad una noiosissima teoria. Nella vil pratica italiana, noi abbiamo visto che un capo del governo ha detto papale papale: io con questa opposizione non ci dialogo.
Lasciamo perdere i risvolti comici della faccenda (dietro ogni commedia può celarsi una tragedia). Nessun capo del governo che sia responsabile può permettersi di irridere alle regole della Costituzione come se la gestione del Parlamento fosse un suo affare privato.
Berlusconi non ama il dialogo, ama il monologo costruito in una forma apparente di discussione: lui dice certe cose per rispondere a certe altre degli avversari, ma quelle certe altre cose non stanno come le racconta lui. Tutto qui.
Quali riforme si possono fare con un leader di governo di questo tipo?
Anche perché il partito di opposizione potrebbe dare luogo ad una serie di testimonianze da presentare nella famosa trasmissione televisiva "Chi l'ha visto?".
Per chi ha qualche ricordo un po' in là nel tempo, sa che l'estate non ha mai portato troppi consigli alla politica ed ai politici. Anzi. Che cosa accadde, ad esempio, un due agosto alla stazione di Bologna? Un 4 agosto, ci fu la strage dell'Italicus.
Prima di un ferragosto un partito di destra inonda l'Italia con un manifesto beneaugurante. Dieci giorni dopo, a Torino la magistratura scopre il "golpe bianco" di Edgardo Sogno con il sostegno della loggia P2 di Licio Gelli, e previsto appunto per ferragosto. Con l'intervento dei militari si voleva realizzare una repubblica presidenziale. Era il 1974.
Dobbiamo andare in vacanza con l'incubo che il passato ritorni?
[Anno III, post n. 236 (613)]

28/07/2008
Sono uguali?

Cerco qualcuno che mi spieghi la differenza che passa tra due articoli di legge che riporto.
Caso A. Legge 20.6.2003, n. 140. Articolo primo, comma secondo: "Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono sospesi, nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 e salvo quanto previsto dagli articoli 90 e 96 della Costituzione, i processi penali in corso in ogni fase, stato o grado, per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione, fino alla cessazione delle medesime".
Caso B. "Lodo Alfano", ovvero "Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato" (DDL 903, 2008), art. 1: "...i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualità di Presidente della Repubblica, Presidente del Senato della Repubblica, Presidente della Camera dei Deputati e presidente del Consiglio dei Ministri, sono sospesi dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione. La sospensione si applica anche ai processi penali per fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione".
Non trovo nessuna differenza tra il testo del caso A e quello del caso B.
Come leggo su "terzoocchio", a conferma del mio debol parere/dubbio, l'articolo del caso B è uguale a quello del caso A ("un evidente ed anche un po’ presuntuoso copia/incolla").
Ma il problema è che tra il testo del caso A e quello del caso B, c'è di mezzo una pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza del 20 gennaio 2004, n. 24), su questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Milano durante la celebrazione di un processo che aveva come imputato Silvio Berlusconi.
La Corte dichiara: "la misura predisposta dalla normativa censurata crea un regime differenziato riguardo all’esercizio della giurisdizione, in particolare di quella penale", violando pure l'art. 3 della Costituzione.
La norma censurata "accomuna in unica disciplina cariche diverse non soltanto per le fonti di investitura, ma anche per la natura delle funzioni e distingue, per la prima volta sotto il profilo della parità riguardo ai principi fondamentali della giurisdizione, i Presidenti delle Camere, del Consiglio dei ministri e della Corte costituzionale rispetto agli altri componenti degli organi da loro presieduti".
Conclusione: "La questione è pertanto fondata in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione". E quindi la Corte dichiara "l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 2, della legge 140/03".
Ovvero la norma del caso A (2003) è stata dichiarata anticostituzionale nel 2004. Di conseguenza logica, se il caso B (2008, "lodo Alfano") è uguale al caso A, anche il caso B è anticostituzionale.
Oggi il presidente della Repubblica ha detto sul "lodo Alfano": "Ho nel modo più meditato e motivato firmato la promulgazione indipendentemente da sollecitazioni di qualsiasi senso. Mio solo punto di riferimento è stata, nei termini che ho indicato, la sentenza emanata nel 2004 dalla Corte Costituzionale".
Davanti a parole così autorevoli, debbo ricredermi su tutto il ragionamento fatto sinora? Oppure come cittadino ho il diritto di ritenere ed esprimere pubblicamente che, proprio per quella sentenza del 2004, il "lodo Alfano" è anticostituzionale?
Grazie a chi mi spiegherà (anche a pagamento, se la parcella non è alta) che non ho compreso nulla.
[Anno III, post n. 235 (612)]

28/07/2008
Il partito del cemento

Rimini come la Liguria. Ieri sul "Corriere della Sera", lo storico Sergio Luzzato ha parlato delle "devastazioni bipartisan" riferendosi appunto alla Liguria ed al libro che le denuncia, "Il partito del cemento" di Marco Preve e Ferruccio Sansa, ed. Chiarelettere.
Anche a Rimini ci sono (e ci sono state) "devastazioni bipartisan" , e c'è da sempre "il partito del cemento".
Adesso pensano addirittura di stravolgere il lungomare, mentre tutto il sistema ricettivo mostra le sue rughe. E cominciano a cadere a pezzi (nel vero senso della parola) i vecchi alberghi: è successo al tetto di un hotel in via Catania, a Rimini.
Un esperto spiega (in base ai primi dati disponibili) che alla fine della stagione non crescerà il fatturato e caleranno le presenze. Un altro tecnico del settore, che sinora era sempre stato ottimista, preannuncia una diminuzione di presenze fra il 2,7 ed il 3,7 per cento, di fronte ad un calo generale dell'Italia del 5 o del 6.
A questo punto verrebbe da chiedersi che cosa ne dice l'on. Brambilla, sottosegretario al Turismo. Già il declassamento da ministero a sottosegretariato, non è stato un buon segno di indirizzo politico dimostrato dal governo. Poi la gentile signora non ha particolare competenza nel settore. Se comincia ad andar male il turismo romagnolo, ne derivano gravi conseguenze all'economia nazionale.
Davanti a questo scenario di crisi più o meno seria, a che cosa pensano gli amministratori di Rimini? A rifare il lungomare con dei progetti che sono stati di recente presentati a Rimini ed a Torino, ad un convegno di architetti. Sino ad oggi non è dato di sapere (come ho scritto su "LiberaRimini"), se quei progetti sono stati disegnati dopo studi geologici necessari in un territorio come Rimini, con particolare morfologia della costa e con storica sismicità.
Rimini è da sempre avvolta dai fumi dei sogni. Che una volta sono felliniani, ed un’altra travestimenti di pateracchi politici. Questi fumi non le fanno vedere dove poggia i piedi, in una materia in cui è fondamentale andare con i piedi di piombo e tenere i piedi medesimi ben piantati per terra.
Noi a Rimini siamo abituati a divagare. La città vuol darsi un volto nuovo sulla riva del mare, ma conserva il rudere di palazzo Lettimi dal 1944, per non dire del fantasma del teatro Galli. Tutto ciò potrebbe essere considerato come morboso attaccamento al passato. Forse si tratta soltanto di incapacità di leggere il presente.
Tornando al libro citato da Luzzatto ed alle «devastazioni bipartisan» della Liguria: dopo «rapalizzare» non per nulla nel 1988 (!) è nato «riminizzare».
Allora un ex federale del Pci, Nando Piccari, dichiarò: quel dizionario usa un termine di cui è evidente «la natura gratuita, falsa ed offensiva». E chiese al sindaco «di prendere provvedimenti». Fu la famosa “disfida di Burletta”.
Sulla quale pubblico questa pagina, tolta da un mio libro.
[Anno III, post n. 234 (611)]

26/07/2008
Tutto il potere a Silvio

Dicono che i giovani studenti tedeschi non conoscono la Storia, se attribuiscono agli alleati americani la costruzione del muro di Berlino.
Ma forse anche Gianni Baget Bozzo non ricorda bene il passato dell'Europa nel secolo XIX, se sogna di dare tutto il potere ai Silvio, come una volta in Russia vollero dare tutto il potere ai soviet.
Baget Bozzo cerca di superare partiti ed equilibri costituzionali dello Stato di Diritto, per consegnare l'Italia al governo personale di Berlusconi, proponendo la revisione dell'art. 138 della nostra legge fondamentale.
Baget Bozzo giustifica la sua proposta mascherandola sotto l'insegna del motto "tutto il potere al popolo". Che non soltanto appunto rassomiglia tanto al ricordato proposito rivoluzionario di "tutto il potere ai soviet" d'infausta memoria, ma è un trucco logico che parte da una premessa di tipo teologico: "Berlusconi è diventato il volto della politica italiana".
Questo lo "crede" (appunto fideisticamente) don Baget Bozzo. Ma non risponde alla verità effettuale. L'uomo solo al comando non significa un uomo solo nell'agone politico. Vada per Fini, eclissato nella presidenza della Camera. Ma Bossi e la Lega dove li mettiamo?
Il cavaliere per ora sta facendo il gioco delle tre carte, ipnotizzando l'opposizione non perché sia un mago, ma perché il povero Fassino cade nel tranello dell'applauso unanime contro i giornali che rivelano certe notizie. Per cui Berlusconi può presentarsi come quegli attori di varietà che ballano il tango con metà corpo vestito da uomo e metà da donna. E così dire, come ha fatto ieri, di essere il capo della destra che fa una vera politica di sinistra.
Ha ragione Giuseppe D'Avanzo a scrivere su "Repubblica" di oggi che "l'applauso corale che ha accolto Fassino alla Camera è degno di attenzione. Annuncia una brutta stagione per l'informazione imputata di essere, quando fa il suo lavoro, soltanto 'disinformazione'".
Giustamente D'Avanzo richiama il precedente di "Telekom Serbija" (2006) e la "maligna macchinazione" contro Prodi e lo stesso Fassino. D'Avanzo scrive pure che in questa storia (Tavaroli-Telecom) "sono proprio i fatti che si preferisce omettere".
Ma la "scomparsa dei fatti" è una specie di marchio di fabbrica di Marco Travaglio, il quale di recente a D'Avanzo non è risultato troppo simpatico. Adesso D'Avanzo sembra arrivare come conclusione alle "premesse" di Travaglio che gli erano rimaste indigeste, a proposito del "caso Schifani".
Comunque è positivo che già due firme di peso dicano la stessa drammatica cosa, il potere italiano si basa su trame oscure e sulla "disinformazione" da troppi anni. Altro che Berlusconi volto nuovo della nostra realtà politica.
[Anno III, post n. 233 (610)]

25/07/2008
Nebbia sul Colle

Sul primo Colle d'Italia, che è il Quirinale di Napolitano non il Pordoi di Coppi, si corre una gara che mira non a distruggere ma a consolidare la Costituzione.
Il traguardo è avvolto da qualche nebbia. Non tutti sono d'accordo sulla firma posta da Napolitano alla legge conosciuta come "lodo Alfano".
Con il quale quattro cittadini oggi sono più uguali degli altri rispetto alla stessa Costituzione ed alle comuni norme di Diritto.
Se uno dei presidenti delle prime quattro cariche dello Stato scaricasse proiettili di piombo nel corpo di una moglie o di un'amante, nessuno potrebbe trarlo in arresto.
Non soltanto per la fede si deve dire che si crede "quia absurdum". L'assurdo rientra tra le ipotesi normative delle cose.
Napolitano è una persona perbene. La sua prudenza politica lo ha portato a scegliere la firma del "lodo Alfano", quando avrebbe potuto percorrere altre due strade.
Richiedere che quella legge fosse approvata con l'iter previsto dalla Costituzione all'art. 138. Oppure inviare un messaggio alle Camere (art. 87).
Il rifiuto della firma avrebbe dovuto essere accompagnato da un messaggio "motivato" (art. 74), che è diverso da quello dell'art. 87. Quest'ultimo tipo di messaggio doveva partire dal Colle prima dell'approvazione parlamentare del "lodo Alfano".
Ciò non è avvenuto, come spiega con ineccepibile dottrina, il prof. Carlo Federico Grosso sulla "Stampa" di stamani, perché è stata scelta la strada del "male minore".
L'articolo di Grosso è emblematicamente intitolato "Di male minore in male minore", per avvertirci che così facendo si è intrapresa una strada pericolosa: "Di mediazione in mediazione, il quadro delle riforme compiute o in gestazione (...) è comunque desolante. Si è trasformato il presidente del Consiglio in una sorta di Principe liberato, sia pure a termine, dalle normali, doverose, responsabilità giudiziarie...".
Passando alla "ventilata riforma d'ottobre della giustizia italiana, Grosso osserva che "vi sono motivi di grande preoccupazione".
Queste cose il prof. Grosso le scrive in un "articolo di fondo" della "Stampa". E' la prima volta, lo dico legittimamente (nessun s'offenda) come lettore in questo "spazio del lettore", che il quotidiano torinese affronta la questione berlusconiana con un editoriale a tinte così fosche. Che non sono esagerate, ma il perfetto ritratto di una situazione grave. Come la ritrae l'autore del pezzo.
A proposito di giornali. "L'Unità" ha parlato di un "forte disagio" per il "lodo Alfano", con un invito a Napolitano a dire qualcosa al proposito.
Immediatamente si è voluta creare una contrapposizione fra il vecchio quotidiano comunista ribelle a Napolitano ed un ossequiente pensiero di Walter Veltroni.
Ma anche Veltroni è d'accordo sul fatto che sarebbe stato meglio "una legge costituzionale" (vedi art. 138).
Così si è espresso pure il "parisiano" Franco Monaco. L'unica nota stonata è quella venuta da Franca Chiaramonte, figlia di Gerardo ex direttore del foglio quand'era organo del Pci. Criticando Antonio Padellaro che guida la testata fondata da Gramsci, la signora Franca mostra come sia difficile percorrere strade nuove senza rimpiangere quelle vecchie.
E' questo il dramma interno al Pd. Grazie al quale oggi Berlusconi ha potuto rivendicare una patina di sinistra al proprio governo. E definire la sinistra suddita delle procure.
A questo punto il dramma del Pd rischia di diventare il dramma dell'Italia, passando "di male minore in male minore".
[Anno III, post n. 232 (609)]
L'argomento del "lodo Alfano" è ripreso bel post del 28 luglio.

24/07/2008
Un intellettuale non di provincia

Merita un ricordo non soltanto "locale" Liliano Faenza, studioso, storico, saggista, scomparso ieri ad 86 anni.
Pubblico qui il testo che ho inserito nel mio blog intitolato "Rimini si racconta" che si legge sul sito ufficiale della Provincia di Rimini.
Liliano Faenza. La storia sono loro
Adesso di Liliano Faenza (era nato nel 1922) restano soltanto libri, articoli, saggi, il ricordo di una competenza messa più al servizio della cultura italiana che della città in cui è vissuto. E dalla quale non si era mai voluto allontanare. Con quella pigrizia fisica che visse come sfida a se stesso prima che al mondo. Quasi per dimostrare che bastava poco per vivere “bene”. Nei limiti di un concetto di bene che nulla aveva di cattolico, ma semmai era tutto socratico.
Quando parlava di religiosi, il gusto dell’aneddoto graffiante sui vizi segreti di certi ecclesiastici in vista, era l’inevitabile premessa all’elencazione di dati indiscutibili, cioè rispondenti alla verità effettuale delle cose. Aveva un gusto del pettegolezzo come certi scrittori che lo avevano elevato a cornice del ritratto di un personaggio.
Conosceva i classici della letteratura come le sue tasche, non sbagliava i riferimenti, abbondava in citazioni. Non per sfoggio erudito, non per esibizionismo culturale. Soltanto per confermare all’interlocutore che, in fondo, ognuno di noi è una specie di summa dei libri letti. Perché la vita e la Storia insegnano poco, affidate come sono agli egoismi delle persone e agli affari dei gruppi di potere economico e degli apparati politici.
Il suo modo di vivere spartano e vagamente da misantropo, s’accompagnava ad un filantropismo ideologico da socialista ottocentesco, in lotta continua con il trionfante comunismo di mezzo secolo scorso, a cui dedicava derisione e censure.
Per formazione intellettuale avrebbe dovuto sostenere che “la Storia siamo noi”. A rappresentare l’idea poteva bastare un’immagine del “Quarto stato” di Pelizza da Volpedo. Invece finiva per constatare con amarezza e non celato disgusto che “la Storia sono loro”, i potenti di turno che gestivano la cosa pubblica.
Questi potenti si sono sempre disinteressati di lui. Soltanto quando ormai era molto avanti negli anni gli consegnarono un riconoscimento un po’ platonico ed un po’ patetico, il “Sigismondo d’oro”, più utile agli amministratori cittadini per farsi belli che ai premiati per sentirsi finalmente famosi.
Un ricordo personale del 1961. Mi ero appena diplomato maestro elementare, avevo 19 anni. Partecipai al concorso indetto a Forlì. Mi ritrovai Faenza come vicino di banco. Già allora per noi era un mito. Lui aveva vent’anni più di me. Era laureato, lavorava alle Ferrovie dello Stato. Non aveva nessuna intenzione di cambiare mestiere. Voleva soltanto misurarsi in una prova intellettuale, ammesso che possa essere considerata tale un esame di concorso.
Leggendario era il racconto che si faceva del suo ufficio alle FFSS. Poche carte sul tavolo, inerenti al lavoro. Poi il cassetto della scrivania semiaperto, con i libri da leggere o da citare sui fogli che Faenza andava riempiendo. Agli occhi dei superiori erano carte d’ufficio. Invece si trattava di stesure di articoli, libri, saggi che Liliano Faenza stava componendo, perché poi nel tempo fuori dall’ufficio aveva altro da fare. Passare in libreria, vedere le ultime novità, lanciare qualche divertente frecciata verso questo o quel personaggio pubblico, poi rintanarsi nella biblioteca civica a sfogliare altre carte, a pensare per scrivere altre storie.

23/07/2008
A prescindere

Piccole annotazioni da tenere a mente nella lettura dei giornali e nell'ascolto dei tg. Nei giorni scorsi circa il caso Telecom si era compreso, credo, che tutto era stato concluso per il meglio per quanto riguarda i papaveri della vicenda.
Oggi Giuseppe D'Avanzo su "Repubblica" spiega che si è trattato soltanto di un annuncio di fine indagine. Che non c'è stato alcun proscioglimento. Che insomma il caso non è chiuso.
Questa annotazioni che riguardano il caso Telecom, sono un po' utili anche per tutto il resto che ci passa il convento dell'informazione.
Abbiamo un giornalismo diviso fra opposte tifoserie. Siamo molti caldi nel prender la parte di questo o di quello, "a prescindere" da tutto, dalla conoscenza dei fatti, dalla correttezza delle parole usate per presentarceli, dal giochetto di prestigio continuo che i tg fanno nel costruire la scaletta delle notizie, nel vestirne la presentazione, nel ricercare le immagini più adatte a colpire l'attenzione, non a fornire informazioni.
Il delitto di Ravenna di cui parlammo giorni fa, se fosse stato compiuto da un rumeno avrebbe scatenato l'iradiddio. Colpevoli sono stati soltanto degli italiani, e la vicenda è finita in coda ai tg.
Tutto bene, dunque, madama la marchesa? Ma non diremmo, viste le conclusioni di D'Avanzo: in quella vicenda è un via vai di persone che decidono sulla cosa pubblica senza avere alcuna responsabilità istituzionale, cominciando da "una filiera di immarcescibili massoni che lo scandalo della P2 non ha eliminato dalla scena".
Forse questi sono dati utili come dimostrazione da manuale di che cosa s'intende nella politica italiana per conservatorismo. Non si butta via nulla, soprattutto ciò che dovrebbe essere accantonato per primo. E' un po' la storia gastronomica del porco, di cui si utilizza tutto. Non per nulla abbiamo una legge elettorale che il suo genitore ha definito "porcata". Purtroppo sembra non essere l'unica della scena politica contemporanea.
[Anno III, post n. 231 (608)]

22/07/2008
Pirati e lodi scolastiche

Pirati della strada e lodi agli studenti della maturità sono in crescita. Tra breve avremo qualche istituto di ricerca che ci illuminerà, dopo attento studio dei fenomeni, circa la possibilità che essi siano correlati fra loro.
Tra gli studenti la palma va alle ragazze. Sono ancora donne quelle che si pentono sempre di più dei tatuaggi procurati "sulla loro pelle" (negli USA).
Forse i tre dati hanno un terribile punto in comune, l'incoscienza e la finzione. Sì perché i bravissimi che escono con le lodi dalla nostra scuola alla fine delle superiori, non sanno quasi nulla di matematica.
Ed allora? Il pirata dimentica i propri doveri, gli studenti fingono di sapere, si fanno un bel tatuaggio di lodi sulla fronte e tra qualche anno, alle vere prove della vita, se ne pentiranno.Tatu
Ed allora se diranno di essere stati traditi da una scuola fanfarona, non avranno tutte le ragioni di questo mondo ma neppure tutti i torti. Intanto conservino con cura la lista dei ministri della PI degli ultimi vent'anni.
[Anno III, post n. 230 (607)]

21/07/2008
Federalismo giudiziario

Vedrete che andrà a finire così. Per i bambini rom. In qualche regione gli prenderanno le impronte. In qualche altra, per far prima, gli taglieranno le manine. Questa sì che si chiama prevenzione. E chi si scandalizzerà?
Ogni giorno la società italiana diventa orribilmente più violenta. A pochi chilometri da dove abito, nella civilissima Ravenna, un ragazzo di 35 anni è morto accoltellato.
Leggetevi la notizia. No comment.
"RAVENNA. A nulla sono valsi la corsa in ospedale e i tentativi di rianimazione del 118, durati circa un’ora, attivati per salvare la vita ad un ragazzo di 35 anni, residente a Marzabotto, che è stato soccorso ieri sera, intorno alle 22.45, a Porto Corsini a Ravenna. Il giovane è stato trovato in un lago di sangue, dopo aver ricevuto diverse coltellate da un coetaneo che, insieme ad altri due, era appoggiato alla sua auto, parcheggiata in via Lagosanto. La vittima, che si era allontanata dall’automobile per una passeggiata con la sua fidanzata, al ritorno ha trovato i tre appoggiati all’Audi TT di proprietà della ragazza.
Ha quindi chiesto al gruppo di spostarsi per poter andare via e da qui è nato un diverbio che è sfociato nella tragedia. Al giovane sono giunte diverse coltellate che gli hanno procurato una fortissima emorragia. Il ragazzo è morto a bordo dell’ambulanza, lungo il tragitto verso l’ospedale di Ravenna".
[Anno III, post n. 229 (606)]

20/07/2008
Laurea in Lecce

Altro che magnifico rettore dell'Università di Lecce. Lo chiameranno splendido, i suoi studenti fuoricorso se funzionerà il sistema escogitato (non ho compreso da chi) per far recuperare in poche ore e tramite le risposte ad un certo numero di quiz, gli esami perduti, non dati, non riusciti etc.
Sarà una laurea in Lecce quella per le Scienze sociali, dove il sistema dovrebbe debuttare il 25 luglio prossimo venturo. Data fatidica. C'è sempre un 25 luglio nella storia delle istituzioni italiane...
Oggi 20 luglio, da segnare nel calendario, un potente ministro, quello per le Riforme, Umberto Bossi, ha detto la sua non sul fatto di Lecce, immaginiamo, ma così in generale sulla "Scuola": "Dopo il federalismo bisogna passare anche alla riforma della scuola. Non possiamo più lasciare martoriare i nostri figli da gente che non viene dal Nord".
Bossi
Oggi 20 luglio, il ministro Bossi ha avuto la nostalgia canaglia di un'archeologia culturale, quando ha spiegato: "Dopo trent'anni di scuola di sinistra, di esami di sinistra, di professori di sinistra, di presidi di sinistra i nostri ragazzi sono disorientati".
Per orientarli meglio ha mostrato una mano, mentre risuonava l'Inno di Mameli, quello che si canta alle partite internazionali di calcio, ed ai giovani leghisti ha indicato la direzione da seguire. Chissà perché anziché usare l'indice, ha orgogliosamente esposto il medio. I cronisti subito a malignare, lo hanno definito un gestaccio.
Al magnifico anzi splendido rettore di Lecce, un timido suggerimento. Lasci perdere i quiz per i fuoricorso. Una volta le indulgenze si vendevano, oggi le volete regalare voi? Lo faccia per non dare soddisfazione al ministro delle Riforme che non sa vedere politicamente oltre la Linea Gotica.
Ragazzi fuoricorso, già Renzo Arbore cantava che "la vita è tutta un quiz". Ma lo faceva per scherzarci su, mica per diventare ministro dell'Università.
[Anno III, post n. 228 (605)]

19/07/2008
Antidoping per tutti

L'antidoping, cioè la verifica se le prestazioni espresse sono frutto di sola capacità naturale o di un artificio procurato in qualsiasi modo, andrebbe esteso ad esempio anche alla cultura.
Perché non è giusto che, a 31 euro in una illustre collana curata oltretutto da un nome di grido della cultura italiana in campo internazionale, un prestigioso editore nazionale offra al lettore una traduzione originale dalla lingua latina, mentre si tratta di un'opera taroccata: ovvero traduzione da una precedente traduzione in francese, facilmente consultabile su Internet...
Il retroscena di tutta la storiella sta in un particolare ininfluente, o forse fondamentale. Il signore che ha copiato il compito è un adepto di una loggia di cui non faremo il nome, soltanto perché non merita tanta gloria.
Personalmente abbiamo grande rispetto della massoneria ottocentesca, per cui persone che conoscono tema ed ambiente come ad esempio Francesco Cossiga, dovrebbero impegnarsi non in stravaganti uscite occasionali, ma in una metodica opera di convincimento che, per rispetto dei grandi nomi del passato, non si dovrebbero commettere "imprudenze" che recano discredito alla memoria di quegli antichi personaggi.
Siamo anche convinti, pur non interessando a nessuno questo aspetto, che oggi la gente miri a "far legna", cioè badi al proprio "particulare" senza interessarsi ai valori ideali.
Nel quadro generale del problema s'inserisce l'osservazione geografica limitata alla mia città. Dall'antica capitale Ravenna dicono i capi della massoneria ufficiale che il quadro locale riminese è pietosamente misero. Loro usano altri termini che la decenza vieta di riportare. Ma questo non impedisce a quel quadro locale di cavarsi le sue belle soddisfazioni, anche se spesso sono soltanto apparenti perché poi si scopre, senza ombra di dubbio, che certe imprese che fecero grande l'ambizione con tanto di pubblici onori indigeni, altrove sono considerate qualcosa su cui è bello tacere.
Non va passato sotto silenzio il fatto che quell'editore dovrebbe in parte rimborsare i clienti perché l'opera così uscita dalla tipografia non merita i 31 euro di copertina. Testo latino e traduzione francese sono gratis sul Web...
[Anno III, post n. 227 (604)]

18/07/2008
Pronto, chi ascolta?

Andiamo con ordine.
16 luglio h. 21. Sono in casa. Mi chiamano al telefono ma la telefonata non è inoltrata al mio apparecchio. Resta traccia nella segreteria Telecom.
17 luglio h. 13. La cosa si ripete.
Io non controllo la segreteria quando sto in casa, quindi non mi accorgo delle due chiamate ricevute da Torino, e delle relative registrazioni, per comunicarmi la scomparsa di mia cugina Antonia.
17 luglio h. 15.30. Alzo la cornetta del telefono. Muto. Riprovo, ascolto una musichetta ed il parlato di una radio privata... Altro tentativo: si ascolta, balbuziente, l'avviso della segreteria... Riprovo, finalmente segnale buono e messaggio della segreteria... Che ascolto immediatamente.
Dopo aver chiamato i parenti di Torino, avverto il 187 degli episodi occorsi alla mia utenza.
Stamani un tecnico fa le prove in linea e passa addirittura a casa mia alle 14 per controllare tutto l'itinerario del cavo. Che risulta completamente a posto.
A questo punto si può ipotizzare che sulla mia utenza si è intervenuti in qualche centrale?
Un fatto analogo accadde qualche anno fa, come già raccontato qui, quando nottetempo qualcuno aprì la centralina stradale a cui fa capo la mia linea, e non riuscì a compiere la "mission" facilmente immaginabile, per cui la mattina dopo il telefono risultò muto essendo rimasta staccata la spina del mio cavo.
Vado lontano dal vero se ipotizzo che qualcuno non ha gradito un mio recente testo, intitolato "Se il buffone non è il comico"?
Potrei aggiungere come sottotitolo "I servi amano sempre certi servizietti". Per "... non parlar del cane", come dice il titolo di "Tre uomini in barca".
[Anno III, post n. 226 (603)]

17/07/2008
Sanità e cemento

Ho ricevuto un commento ad un mio precedente post, "Fame e lavoro". In questo commento si parla di una vicenda locale molto interessante: un vecchio edificio della Sanità pubblica appena restaurato e destinato alla demolizione.
Aggiungo altri dati non presenti in quel commento. Quando fu fatta balenare la prima ipotesi di demolizione dell'edificio, il capo della Sanità pubblica locale fornì dati statistici sottodimensionati. Ovvero parlò di 50 (cinquanta) utenti al giorno. Questi dati non corrispondono alla massa di lavoro che è svolto in quella sede.
Come qualunque cittadino può constatare se va a ritirare i referti alla guardiola. Non riporto dichiarazioni del personale fatte privatamente a persone private come gli utenti.
Quale cittadino, qualificandomi con nome e cognome, qualche mese fa telefonai all'Ufficio stampa della Sanità pubblica per sapere l'ammontare del costo dei lavori compiuti, e che adesso andrebbero a finire nel nulla con la demolizione dell'edificio. Non potei conoscere quella cifra, in cambio mi fu chiesta la motivazione di tanta curiosità.
In breve, perché quello storico edificio in pieno centro storico dovrebbe essere demolito?
Per aprire il fossato quattrocentesco attorno alla Rocca malatestiana, Castelsismondo, bisogna spostare il mercato ambulante bisettimanale dalla piazza dello stesso castello. Dove metterlo se posto non c'è? Idea! Buttiamo giù la "mutua" postbellica e un vecchio asilo, e lì trasferiamo il mercato ambulante. Ma ciò impedirebbe il transito veicolare dal ponte di Tiberio alla Rocca. Altra idea!! Spostiamo anche il traffico: nelle vie interne. Nella zona di queste vie interne dovrebbe però sorgere qualche nuovo "motore immobiliare"...
Alla fine c'è la domanda che il lettore ha fatto nel suo commento: il mercato edilizio riminese è in grado di sopportare tutto ciò, con questi chiari di luna?
Rimini va avanti tranquilla. Forse la risorsa del "riciclaggio" meriterà una depenalizzazione da parte del governo. Ed allora tutti a Rimini, maggioranza ed opposizione, saranno felici e contenti.
[Anno III, post n. 225 (602)]

16/07/2008
Amnistia cercasi

Non esistono motivi di seria preoccupazione se Tremonti prevede un nuovo 1929 e dichiara che "qui" nessuno si rende conto di che diavolo sta succedendo.
Personalmente siamo ottimisti, ed abbiamo le nostre buone ragioni. Il successo elettorale del cavaliere, l'esistenza di un ministro della semplificazione, le parole del ministro Brunetta che ci dà ragione...
Brunetta pensa che la crisi sia limitata perché i "fondamentali" dell'economia vanno bene.
Non sappiamo che cosa siano i fondamentali dell'economia, ma crediamo di essere in buona compagnia. Se lo sapessero anche gli esperti che stanno con Tremonti, saremmo a posto: ed invece di temere un nuovo 1929, comincerebbero a guardarsi allo specchio e, pronunciando parole irriferibili, dire che cosa hanno fatto finora agli italiani i nuovo governanti.
Al massimo della sicurezza ci portano le parole del capo del governo: nessuno lo fermerà nella riforma della giustizia.
Siamo in grado di anticipare che sarà una riforma duoble-face come i cappotti dell'Italietta post-bellica, logori dentro e belli fuori. Insomma quegli indumenti che erano rivoltati per necessità, quando le pezze ai pantaloni si mettevano per necessità e non per deformazione psichica dei signori della moda.
La riforma Berlusconi garantirà l'immunità agli eletti. E nelle liste elettorali vedrete che sarà proibito presentarsi con il certificato penale immacolato. Seguendo l'aurea massima malavitosa che le persone più pericolose sono quelle oneste. "Non sapete quali casini possono combinarvi".
Pregiudicati più pregiudicati meno, staranno serenamente a pensare ai loro processi: sospesi, rimandanti, amnistiati, "indultati" (si dice così?).
Ci torna in mente un vecchissima vignetta del grande Giovanni Mosca sul "Corriere d'Informazione": "Lei è una persona onesta? Non si preoccupi, verrà un'amnistia anche per lei.
[Anno III, post n. 224 (601)]

16/07/2008
Uno scolaro del XV secolo

Novello Malatesti, scolaro a corte. Educazione umanistica e progetto della Biblioteca Malatestiana
Brescia, ottobre 1418. Verso il giorno 20 papa Martino V arriva da Milano presso Pandolfo III Malatesti signore della città. Rientra da Costanza dove il 22 aprile ha chiuso il concilio che ha posto fine allo scisma occidentale. Pandolfo ha due fanciulli: Domenico (che si farà chiamare Malatesta Novello) di sei mesi e mezzo, e Sigismondo Pandolfo nato sedici mesi prima. La loro madre è una concubina, Antonia da Barignano. Martino V conosce bene i Malatesti. Sua nipote Vittoria Colonna nel 1416 ha sposato Carlo, figlio del signore di Pesaro, Malatesta I. Li apprezza per quello che hanno fatto prima e durante il concilio di Costanza. Ai cui lavori è intervenuto un altro Carlo Malatesti (1368-1429), signore di Rimini e rettore vicario della Romagna dal 1385, di due anni più vecchio del fratello Pandolfo III (1370-1427) che governa pure Fano. Carlo era procuratore speciale di Gregorio XII «ad sacram unionem perficendam».

Il testo prosegue qui: Novello, scolaro a corte.

16/07/2008
Giuseppe Bonura

Era stato un po' anche mio concittadino, a Rimini, lo scrittore Giuseppe Bonura scomparso due giorni fa.
Ma di quella parentesi (fallimentare) come libraio a Rimini, preferiva sempre tacere nel raccontare di se stesso.
Nelle biografie ufficiali lo si dice passato dalla natìa Fano a Milano nel 1961. In quell'anno andò a Milano, è vero, ma partendo appunto da Rimini. E fu assunto dal mitico conte Alberto Rognoni "padrone" del Cesena Calcio, a lavorare in un settimanale allora famoso, "Le Ore", unico periodico hard dell'editoria italiana del tempo, di proprietà dello stesso conte Rognoni.
Ma pure di questo debutto Bonura preferì sempre tacere, soprattutto dopo essere diventato un intellettuale dichiaratamente cattolico e firma illustre di "Avvenire".
[Anno III, post n. 223 (600)]

15/07/2008
Se il buffone non è il comico

Non c'è nulla di più divertente di un arguto conservatore che vuole insegnare alla nuova sinistra come comportarsi, e la invita con grazia ad imitare addirittura i vecchi modelli della vecchia sinistra rivoluzionaria.
E' successo con Enzo Bettiza nell'editoriale che ieri ha pubblicato "La Stampa". Bettiza parla della "brutta e pericolosa" manifestazione organizzata da Antonio Di Pietro a piazza Navona che è stata caratterizzata da un antiberlusconismo "mescolato a volgarità da talamo".
A Bettiza si può rispondere con quanto argomenta, sempre ieri, su "Repubblica, Alexander Stille il quale in un lungo saggio documenta che "introdurre la propria vita sessuale nella sfera pubblica è una caratteristica saliente del politico Berlusconi".
Per cui, aggiungiamo noi, Sabina Guzzanti non ha fatto altro che sottolineare per deridere, esponendo quelle "volgarità da talamo".
Bettiza sostiene che a piazza Navona c'è stata una emergenza democratica perché si è svillaneggiato anche il capo dello Stato.
Lì "nani e ballerine sono saliti sul podio". Lì la satira si è confusa con la politica. Lì sono avvenute "certe deviazioni del buon galateo di sinistra".
Si ricordi Antonio Di Pietro: per parlare di Berlusconi, si deve usare il "buon galateo di sinistra". Di che si tratti non lo abbiamo compreso (ovviamente per colpa nostra). Berlusconi ha sempre detto e ripetuto che i comunisti mangiano i bambini. Bettiza ora commenta che questo era appunto il "buon galateo di sinistra".
Stille elenca tutte le buoni ragioni per cui all'estero un leader come il cavaliere non potrebbe governare, tra cui la legge elettorale da lui fatta approvare e per la quale parlamento e governo sono "un'estensione del suo potere personale".
Il governo degli Usa, per quanto amico, lo ha pubblicamente definito "un politico dilettante" in un "paese noto per la corruzione". A Berlusconi sono state presentate le scuse ufficiali.
Resta l'episodio, di per sé sintomatico. All'estero, aggiunge Stille, egli "è considerato pressoché universalmente un buffone", mentre da noi le sue gaffe sono minimizzate o celate grazie ad una "stampa ampiamente controllata e accomodante". (Ovvero, se il "buffone" non è il comico...)
Dunque, Stille racconta un cavaliere "macchietta" presso la più quotata opinione politica internazionale. Bettiza, lo presenta invece come una vittima della stupidità della nuova sinistra che non usa più il "buon galateo" dei rivoluzionari comunisti di un tempo, ma la terribile arma impropria della satira.
A Bettiza si può contrapporre anche un lucido parere di Ilvo Diamanti (su "Repubblica" di domenica): "La buona satira non è riformista, ma rivoluzionaria".
Il dramma italiano è che, satira o non satira, questa sinistra fa ridere perché non va da nessuna parte. La satira non basta, come conclude Diamanti: "C'è bisogno d'altro. Presenza nella società, organizzazione. Identità. Speranza".
Questa sinistra, divisa "fra dialogo senza opposizione e opposizione senza dialogo", rischia "di rimanere solo senza speranza".
Ma tuttavia con molti posti nei ponti di comando, ed è soltanto quello che conta per molti, purtroppo.

15/07/2008
Vita da discoteca, 1992

E' nato a Rimini il modello del divertimento sfrenato di cui nei giorni scorsi si sono occupate le cronache per un delitto avvenuto in Spagna. Ritorniamo al 1992, allora scrissi questo articolo "Vita da discoteca".
«È bene, giungendo al mare, stabilirsi sin dall'inizio un regolare ritmo di vita. Ciò permetterà di dedicare alle varie cure le ore più adatte del giorno, alternandole saggiamente e nella misura voluta con le ore di svago, di riposo, di sonno. Quest'ultimo soprattutto è facilmente frodato mentre ha diritti specialissimi durante le cure al mare. Gli adulti non dovrebbero dormire mai meno di otto ore…». Così suggeriva nel 1950 il dott. Guido Nanni, ufficiale sanitario al Comune di Rimini, in una «Guida alle cure marine» edita, a cura dell'Azienda di Soggiorno, dal Centro di studi talassoterapici, del cui comitato di consulenza scientifica facevano parte luminari della Medicina come Antonio Gasbarrini e Gaetano Salvioli.
I consigli sanitari lasciavano intravedere abitudini diffuse, con quell'accenno al sonno «facilmente frodato». Se Rimini voleva dire sole e spiaggia, i suoi ospiti non potevano però dimenticare la notte della Riviera che esercitava, anche allora, il suo fascino sull'ospite.
1956, un depliant dell'Azienda di Soggiorno, riassume la mondanità notturna del tempo nella foto austera di Brunella Tocci (oggi giornalista della Rai), con lungo abito bianco, incoronata miss nel classico dancing che allora andava di moda. Il testo ha un accenno discreto a tutto ciò che non è semplicemente bagno di mare e passeggiata sulla spiaggia: «In ogni tratto della Riviera di Rimini, è fervida la gioia di vivere».
A metà degli anni '60, l'Ente provinciale per il turismo racconta la nostra spiaggia con la foto di una bionda turista nordica che, in costume “due pezzi”, prende il sole in una Rimini che «non ha paragoni e non è seconda a nessuno. È un mito, non una città. Qui, in tema di vacanze, accade oggi quello che, domani, troveremo altrove». È forse molto più osée la canzonetta che, in quei tempi, le gemelle Kessler, in pesanti calzamaglie nere, cantano dai teleschermi della Rai: «La notte è piccola per noi, troppo piccolina».
Anni '70, dal vecchio dancing si passa alla discoteca. Si licenziano gli orchestrali del “lissio” e del ballo del mattone, e si introducono congegni “americani”, magari costruiti in Italia. Negli Usa, all'inizio di quel decennio, nasce la parola discoteca non per indicare una raccolta di dischi (sul modello di biblioteca), ma un luogo dove si va a ballare. E dove un nuovo e strambo personaggio il di-gei (o disc-jockey) debutta, preannunziando quella rivoluzione strisciante delle notti giovani, che si consuma poi nei primi anni '80. Non più balli tranquilli e languidi, ma decibel che assordano e ballerini trasformati in atleti che si dimenano come in preda alla follia. La Riviera si adegua. I “creativi” inventano il mito della notte romagnola che non finisce più.
Niente di nuovo sotto il sole, anzi sotto la luna, commentano i vitelloni di felliniana memoria, quelli del ballo tradizionale, quei giovani del dopoguerra, i quali ricordano le loro notti brave concluse all'insegna del giro in spiaggia a vedere l'alba, con gli occhi socchiusi da tanta voglia di sonno. Il ritorno a casa avveniva su vecchi “catenacci”, bici o moto: le auto, negli anni '50, erano una rarità, e chi ne possedeva una doveva trasformarla in una specie di minibus, con dieci, dodici amici a bordo. Quindi, niente follia del correre a tutto gas, ma semmai un procedere lento, all'insegna del ricordo della notte appena passata.
Dalla sera al mattino, una notte tutta per voi, sembra essere lo slogan pubblicitario di «Rimini & Co.», a cura della neonata Apt, sul finire degli anni '80, quando a guidare l'ente è Piero Leoni. «La città della notte» s'intitola infatti un capitolo che fino al 1991 è stato proposto ai turisti: «I re della notte sono i giovani, ragazzi e ragazze che ballano la musica da discoteca, delle hit parade internazionali o dei revival degli anni '60 e '70. In tutti gli animatissimi locali notturni si incontra un pubblico variopinto di età, razze, culture diverse. (…) Questo trascorrere naturale del giorno nelle ore notturne che si estendono fino all'alba successiva senza che il movimento si fermi, ha anche effetti positivi sulla sicurezza delle notti della costa riminese e di tutte le altre località. Strade sempre frequentate, locali aperti tutta la notte, shopping fino a tarda sera ed anche questo ritrovarsi tra gente di ogni razza nel comune desiderio di star bene insieme divertendosi, allontanano quelle forme di piccola e grande criminalità presenti negli spazi notturni delle aree metropolitane». Il sottotitolo dichiara: «Momenti magici senza spiacevoli avventure». I bikini cedono il passo, nelle foto, al topless.
Si crede che il “modello Rimini”, come dichiara nell'estate '91 il sindaco Moretti, sia fatto di libertà, ma non di trasgressione. L'otto agosto dello stesso anno, in una lite tra ragazzi per futili motivi (si parla di una discussione sul calcio), fuori di una discoteca, viene ucciso nei pressi di piazza Tripoli, Luca Scio, 16 anni, milanese, una “testa rapata”. Sul luogo del delitto i suoi amici scrivono: «Qui è morto un eroe».
Il “modello Rimini”, che era stato propagandato come simbolo del divertimento e della voglia di vivere, diventa il negativo di se stesso. Mario Deaglio, sulla «Stampa» lo prende come esempio per indicare la «cupa china di violenza» su cui gli italiani stanno scivolando, anziché «sentirsi liberi, contenti e appagati». Scrive allora un editoriale del «Ponte»: «È certo che molti ragazzi italiani vengono in Riviera come in una terra dove tutto è promesso e permesso. C'è quasi la corsa verso l'evasione dalle città grandi o piccole. Ieri, bastava una giornata al mare, per fuggire dalla monotonia del ritmo quotidiano. Oggi, vengono proposti sui mass-media altri modelli, e la parola “trasgressione” si è venuta riempiendo di mille significati. Ci sono dentro i bomboloni all'alba, ma anche i francobolli drogati all'lsd» (25.8.1991).
Il depliant '91 dell'Apt parla della notte come «protagonista di uno spettacolo ricco di sorprese e colpi di scena», cita la presenza delle discoteche con i loro «frenetici ritmi», a cui si contrappongono le «tranquille alternative» di altri modi di passare lietamente la vacanza. Quando però, in un'interessante mostra fotografica all'Apt, si presenta il materiale da cui è nato l'opuscolo turistico, si torna a battere sul mito di una «notte tentacolare, ammaliatrice, misteriosa».
Negli ultimi anni, la notte in discoteca è diventata, oltre che questo mito che si è poi diffuso a macchia d'olio in tutt'Italia, anche un importante affare che ha condizionato il costume nazionale. Nel 1988, sul «Ponte», la prima puntata di un'inchiesta intitolata «Rimini come», affrontava proprio il tema della costa divenuta un immenso “villaggio-discoteca” senza più una propria identità: «Quello che succede qui, oramai avviene a Milano, sulla costa ligure, nei villaggi turistici delle coste meridionali. E si verifica anche il contrario; quanto càpita fuori di casa, dev'essere subito importato: nascono gli slogan, ovvero i nuovi imperativi categorici di fine secolo». I comportamenti diventano così sempre più massificati, «con guizzi di fantasia che trovano conforto nella chimica di basso profilo, ed allora s'importano pasticche che piano piano si diffondono e cominciano a circolare in un giro che s'allarga da Rimini fino a Cortina… Bomboloni ed afrodisiaci, ecco la nuova miscela dei gusti standardizzati» dal culto della discoteca.
La settimana scorsa, una ragazza con cappello a cilindro e tuta nera aderente, commentava amaramente la drammatica vicenda di Riccione, dove nel parcheggio di una discoteca, Maurizio Mazzocchetti, 24 anni, di Pescara, ha perso la vita all'alba di domenica 26 aprile, per un'aggressione da parte di altri giovani, ed aggiungeva il suo credo in quella vita di musica a tutto decibel: «Darei mia madre per venire sempre a ballare qui».
Piero Leoni, ora presidente dell'agenzia turistica regionale, si ribella alle immagini aberranti del divertimentificio regolato sulla trasgressione e sull'esibizionismo. Il suo sogno di «momenti magici senza spiacevoli avventure», non si è avverato.
Tutti ora vogliono cambiare pagina. Un uomo di scuola come il preside di Morciano Giuseppe Prosperi ha scritto al suo sindaco che in quello che sta accadendo ci sono anche «responsabilità delle istituzioni» che hanno trasformato le nostre città rivierasche in «sinonimo di divertimento e trasgressione». Dice Prosperi che «fra molti giovani sta emergendo una concezione della vita come divertimento continuo e guadagno facile, rifiuto della fatica e della cultura».
Ma la discoteca è la causa o l'effetto? Ci sembra che responsabilità esistano per gli operatori economici locali, i quali hanno fatto di tutto per creare questi templi rumorosi e folli che, come carta moschicida, attaccano a loro stessi tanti altri problemi (dalla droga all'alcol, alle stragi sulle strade nelle notti dei fine-settimana). Però, ci sembra pure che la discoteca sia soprattutto il sintomo di una crisi di valori della società; cioè, il luogo dove si trova riparo non avendo nulla di meglio verso cui orientarsi. Quel tizio che scrisse che «la vita non è già destinata ad essere un peso per molti, e una festa per alcuni, ma per tutti un impiego», cioè un impegno, è da parecchio tempo che lo vogliono radiare dai programmi scolastici della nuova scuola superiore. Si chiama Alessandro Manzoni. Uno che di notti che fanno pensare, se ne intendeva.
[Anno III, post n. 222 (599)]

14/07/2008
Mitici blog? Facciamo una pausa...

Ogni anno d'estate, "Il Sole-24 ore" inventa un gioco divertente per i suoi lettori. Quello del 2008 riguarda i "Miti d'oggi", con tanto di iniziale maiuscola nella prima parola del titolo.
Ieri il supplemento culturale della domenica ha ospitato ben sei risposte contro la preventivata unica selezione.
Uno dei messaggi inviati ed offerti alla nostra attenzione, riguarda proprio il "Blog". Antonio Fiori osserva che all'inizio sembrava un bluff. Poi si è scoperto invece che "il blog funziona".
Qui sopra ho cominciato il 19 novembre 2005. Forse è anche giunto il momento di smettere. Mi prendo, qui sopra, una pausa di riflessione.
Ricordo quanto un lettore ha commentato il primo luglio scorso. Un mio post era stato inserito in home, lui l'ha visto: dopo dieci minuti era scomparso, il post... Forse era quello dedicato al "professorino" Veltroni? Non so. Non posso far altro che constatare.
Oggi vorrei scrivere del fondo di Bettiza sulla "Stampa" di stamane, ma preferisco farlo altrove per non creare imbarazzo nei "padroni di casa".
[Anno III, post n. 221 (598)]

12/07/2008
Forza e coraggio

Forza e coraggio era l'insegna di una società ciclistica dell'Ottocento romagnolo, ed è tuttora quella di una società ginnastica milanese nata verso la fine di quel secolo.
Francesco Rutelli l'ha adottata come etichetta politica. Ma nella vita non si può avere tutto. Se "Coraggiosi" si sono definiti lui ed i suoi seguaci come corrente di destra del Pd, non possono però chiamarsi pure forti se vanno verso un abbraccio un poco periglioso, quello con l'Udc di Pier Ferdinando Casini.
A Montecatini Rutelli oggi ha attaccato Veltroni in puro stile democristiano. "Siamo qui per aiutarlo e sostenerlo" si è espresso, mentre rivendicava l'originalità di una diagnosi infausta per l'Italia dei Valori e la sua alleanza con il Pd. Morale della favola, bisogna cambiare partner. Liquidare Di Pietro ed andare con Casini.
In tutto ciò non c'è molto di originale né di fantasioso. Casini era stato la pedina su cui aveva puntato il Vaticano. Gli elettori lo avevano bocciato. Quale migliore occasione che riscoprilo ora come alleato, prendendo due piccioni con una fava, ovvero la benedizione d'oltre Tevere e lo scalpo di Veltroni.
Ma ci sono in Italia le condizioni per fare tutto questo sconquasso? E' vero che l'appoggio della Chiesa a Berlusconi è venuto a mancare sin dallo scorso agosto. Quando scrissi a proposito del meeting riminese di Comunione e Liberazione, un post intitolato "CL, Silvio addio".
Allora alla proposta di Giulio Tremonti di fare l’alzabandiera nelle scuole, Cesana rispose con un commento che più velenoso non si poteva: «Ho il sospetto che l’unica bandiera da alzare sia quella bianca». Osservai che nella visione religioso-filosofica di un movimento ecclesiale quale CL, la politica entra come un accidente della Storia, ovvero come qualcosa che deve aderire e mirare a valori eterni (la Verità di cui si discuteva al Meeting).
Da allora di strada ne è stata fatta, sembra che CL sopporti sempre di meno il cavaliere. Di qui l'orientamento vaticano nelle ultime elezioni di portare a palazzo Chigi il buono e bravo Casini. Ma che a tentare l'impresa dopo il fallimento nelle urne sia un esponente del Pd, per quanto "uomo di centro", è una cosa veramente comica.
In queste ore si discute tanto della norma che mirerebbe a sospendere i processi, "per reati commessi fino al 2 maggio 2006", affidando l'individuazione dei criteri di rinvio ai "dirigenti degli uffici".
Non voglio farla lunga, dico soltanto che la cosa sembra molto contraria al dettato costituzionale dell'uguaglianza fra tutti i cittadini.
Volevo parlare di questo argomento, Rutelli ha occupato tutto lo spazio, mi limito a dire che sottoscrivo la posizione dei "Cento costituzionalisti" contro il Lodo Alfano. I quali hanno espresso "insuperabili perplessità di legittimità costituzionale".
[Anno III, post n. 220 (597)]

12/07/2008
Giovinezze e studio

Due lettere da "Repubblica" di ieri e di oggi sul mondo della scuola.
Un "maturato" uscito con 70, chiede che gli sia abbassato il voto: "Io, un pigro furbo valgo di più del diligente".
Giustamente questo ragazzo si vergogna che chi ha studiato bene per cinque anni abbia avuto di meno come voto o addirittura sia stato condannato a ripetere la quinta.
Un laureato che a Pisa ha studiato con ottimi risultati per cinque anni, ha dato l'esame di abilitazione, conseguendola, ed ha vinto il dottorato di ricerca, dovrebbe studiare per altri tre anni senza ricevere un euro dallo Stato.
La situazione disagiata della sua famiglia siciliana è peggiorata nel frattempo, e lo costringe a tornarsene a casa. Spera di guadagnare qualcosa lavorando nella stagione della vendemmia.
[Anno III, post n. 219 (596)]

11/07/2008
Il trucco c'è

Il fuoco concentrico che è stato indirizzato contro Antonio Di Pietro, puzza di bruciato da mille miglia.
Il Pd si vede surclassato nel contatto con la realtà. Non può stare alla finestra, deve per forza dimostrare di esistere. E questo scoccia parecchie persone.
L'ultimo a colpire con la sua tirata d'orecchie il capo dell'Idv, è stato un fremente Gad Lerner che con logica stringente ha dimostrato una verità inattaccabile, su "Repubblica". Al populismo del governo Berlusconi ha riposto il populismo di Di Pietro.
Ma tutte le verità contengono in sé per inevitabile destino, gli strumenti logici per demolirle. Ammesso che Di Pietro possa esser considerato populista e giustizialista come lo accusano da destra e da sinistra, bisogna chiedersi: ma chi lo ha "costretto" ad apparire (non dico ad essere) tale? Insomma, il trucco c'è e si vede bene.
La politica è la scienza dell'opinabile, ovvero non è neppure una scienza nel senso che diamo alla parola aggiungendovi l'aggettivo "esatta". In politica tutti si credono portatori del verbo divino. Di Pietro ha espresso idee non forcaiole, non reazionarie, ha parlato del primato della Legge e della Costituzione su tutti gli interessi di parte.
Lo avrà detto rumorosamente (e questo lo rende simpatico perché non finge di essere una "gatta morta"). Lo avrà detto con una schiettezza che gli angoli bui delle sedi parlamentari rifuggono come la peste. Ma almeno la sua è stata una voce che ha avuto il coraggio di spiegare che siamo davanti alla stessa messa cantata piduista di cui parlano i libri, ma che i politici di oggi fingono di considerare un fatto ormai archiviato.
E' vero che il pollo a tavola si mangia con coltello e forchetta, come spiega oggi Lerner nel suo manuale dell'oppositore perfetto e non sbracato. Ma è pur vero che in caso di fame pesante, il galateo non è la prima esigenza da soddisfare.
Si va tanto per il sottile, si gira in un ridicolo tour che inanella critiche ai critici e non ai criticati. Sembra, ultimo Nanni Moretti dixit, che la crisi della repubblica dipenda soltanto dalle intemperanze verbali dei comici.
Dice l'Ecclesiaste che c'è un tempo per tacere ed uno per parlare...Nella politica ce n'è uno per le argomentazioni giuridiche, ed è quello del Parlamento, ma ce ne può essere uno anche per le satire dei comici, ed è quello che è avvenuto con Sabina Guzzanti, tra lo scandalo dei benpensanti del Pd. Che specularmente a quelli del Pdl odiano il "populista" Di Pietro, il quale è oggi considerato il capro espiatorio da sacrificare sull'altare del realismo politico.Guzzanti
Per innata e cattiva abitudine, stiamo dalla parte di chi rompe le scatole, non di chi dalle scatole porta via il contenuto. Avrà tutti i torti di questo mondo nel suo condurre questa maniera di opposizione, il segretario dell'Idv. Ma per dimostrarlo occorrerebbe che ci fosse una seria e ferma opposizione da parte del Pd, non una censura che suona uguale nella sostanza a quella della classe berlusconiana verso Di Pietro.
Un'ultima annotazione. In un regime democratico, è lecito criticare anche il capo dello Stato, dato che non parla ex cathedra e non è infallibile come il papa. In un regime democratico, è lecito invitare pubblicamente il capo dello Stato a non proteggere il capo del governo dalla sovranità della Legge come sta per accadere in Italia, unico Stato al mondo ad adottare un simile provvedimento.
Non si manca di rispetto a nessuno dicendo che Pertini avrebbe avuto una reazione diversa, anche perché sinora non sappiamo se Napolitano accetterà di firmare una legge anticostituzionale.
Definire anticostituzionale un provvedimento come quello che proteggerà Berlusconi, non è un reato di diffamazione né verso di lui né verso Napolitano: è semplicemente un giudizio politico molto motivano, e ben diverso da quello che spinse il cavaliere a chiamare coglioni gli elettori di Prodi.
Il trucco c'è e si vede. Quanto sta accedendo "contro" Di Pietro (qui un suo intervento di questa sera appena giunto) da parte di prestigiosi intellettuali del Pd, è la dimostrazione che Veltroni e compagnia bella non sanno che pesci pigliare. Debbono accontentare troppe istanze contraddittorie, non c'è valenza laica nel loro programma, affidano all'arte del compromesso una situazione che purtroppo è già troppo compromessa per poterla sopportare.
Sarà facile logorare Di Pietro, "uomo solo al comando", con un partito che in periferia ha la consistenza di un alito di vento, mentre gli altri sono potenti bufere capaci di provocare grossi naufragi. Ma questa facilmente prevedibile vittoria sul segretario dell'Idv, non rafforzerà il Pd: al quale potrà essere rinfacciato di aver sfilacciato un alleato indocile sì ma onesto.
[Anno III, post n. 218 (595)]

10/07/2008
Vento di porcella

Nel commento scritto da Arturo Parisi per la Stampa di oggi, c'è un simpatico errore di stampa. La legge elettorale conosciuta come "Porcellum" è diventata "Procellum". Mettendo tutto al femminile (trattandosi appunto di una legge), la "Porcella", è diventata "Procella".
Ed in questi ultimi giorni la procella c'è stata, con l'accusa a qualche esponente di governo di essere stata una porcella, non nel senso propriamente elettorale del termine. Sempre scelte sono, ma intimamente private come ha testimoniato la gustosa arringa di Sabina Guzzanti.
Se niente succede a caso, l'errore tipografico nel pezzo di Parisi rivela ciò che non si voleva far vedere. Ovvero che certi "peccati" carnali, che si tendono a nascondere a tutti i costi, alla fine emergono e stazionano rumorosamente a galla.
Quanta procella ci sia stata a Roma e dintorni, lo dimostrano molte notizie. Una delle quali ci permette di essere solidali con Paolo Guzzanti che giustamente si è indignato per esser stato tirato in ballo quale padre dell'attrice Sabina che ha turbato i sensi dei commentatori politici più tranquilli, con un linguaggio "comico", ovvero giustamente plebeo e volgare.
Se non sono i comici a fare i comici, lo spazio è occupato dai politici e dai capi di governo. Ce n'è uno che è abbastanza avvezzo a raccontar barzellette come se niente fosse. Meglio che i professionisti della risata facciano il loro mestiere e che i politici si comportino da persone serie.
Che poi le signore del parlamento si scandalizzino, solidarizzando da destra a sinistra, è un discorso tutto politico sul quale non vorremmo inoltrarci. Se non per osservare en passant che c'è sempre modus in rebus.
I miracoli li fanno a Lourdes, non a Palazzo Chigi, tanto per dirne una.
Resta il problema denunciato da Parisi. La gente s'indigna nelle piazze con un'opposizione che lui chiama maleducata, contrapposta a quella educata dei parlamentari. Ma ciò che le unisce, è il fatto che entrambe sono impotenti.
Qui sta il dramma della politica del Pd, che non riesce ad incidere sul presente e sul futuro del Paese.
A questo punto però sembra inutile prendersela con l'opposizione "maleducata". Se tale è od appare, non è forse soltanto colpa di quella "educata", troppo legata a riti che, come sostiene Parisi, rendono impotente la democrazia?
Sono tempi duri nella vita di ogni giorno. Anche per il Vaticano. Investendo in dollari, la Santa Sede ha perso nove milioni di euro quest'anno. Di recente un consigliere economico laico del papa ha ricevuto come ricompensa un'importante decorazione pontificia. A questo punto dovrebbe restituirla.
Per il resto, i consigli economici di tanto tempo fa non portarono bene a chi li fornì. Infine, il papa chiede l'elemosina ai fedeli. Non credo che per far ciò, abbia bisogno di tanti suggerimenti tecnici. A parte il fatto che, come nel medioevo le decime erano dei "poveri che sono di Dio", anche le grandi ricchezze del Vaticano potrebbero andare ad aiutare chi muore di fame, pure con la perdita di nove milioni di euro in un anno.
[Anno III, post n. 217 (594)]

09/07/2008
Fame e lavoro

Lavorano in cantiere edili. Non hanno vinto l'appalto, neanche sono in subappalto, ma semplicemente sono stati arruolati, al terzo grado della scala economica, da chi ha preso in consegna l'attività d'impresa.
Da vari mesi sono senza paga, hanno moglie e figli da sfamare, affitti da pagare. Ieri uno di loro, sotto un sole che spaccava le pietre e con un vento africano da stendere un gorilla, è salito sulla gru del cantiere. Quando sono arrivati i pompieri, non ci ha messo molto a lasciarsi convincere a scendere.
Per lui hanno protestato i colleghi. Lavoriamo ma non riceviamo i soldi a fine mese, hanno detto ai cronisti. Qualcuno, nella parte del datore di lavoro, ha detto agli stessi cronisti di stare attenti a quello che avrebbero scritto perché altrimenti lui avrebbe querelato.
Non è semplicemente un episodio di cronaca nera in una città come Rimini.
Il sistema degli appalti, dei subappalti e del lavoro in dipendenza da questi ultimi, non è nuovo. Anzi. Ma è la prima volta che i giornali sono stati costretti a parlarne.
Chi c'è dietro a tutto questo giro di lavoro e di imprese?
Di recente un settimanale riminese, "il Ponte" ha trattato del tema: "Da dove arrivano questi soldi?". Potremmo chiederci: da dove arrivano queste imprese? Chi c'è dietro di loro?
Lasciamo stare questo discorso. E ritorniamo a quell'altro: "Da dove arrivano questi soldi?" Tutti questi soldi...
Ha spiegato al "Ponte" Enzo Ciconte, scrittore, politico, esperto del settore: "Dobbiamo insospettirci davanti a cambi di gestione delle attività troppo frequenti. Dobbiamo insospettirci davanti a negozi vuoti che continuano a sopravvivere. Queste sono situazioni nelle quali è possibile ipotizzare che si annidino le criminalità organizzate, e che quelle attività in realtà siano delle lavanderie”.
Ribadisce Ennio Grassi, anche lui politico ed ottimo conoscitore delle cose locali e nazionali: "Rimini non è Napoli o Palermo, è impensabile pensare di vedere scene di ordinaria violenza o intimidazioni. La mafia piuttosto si manifesta secondo forme che non sono leggibili dalla collettività. Si infiltra attraverso forti quantità di denaro, creando, in seconda battuta, dei problemi nel normale andamento del mercato, qualunque esso sia".
Un po' di storia, come esempio. 1993. A febbraio l’operazione "Romagna pulita" si conclude con 106 arresti e sequestri di armi e droga: "Alcuni spacciatori, inchiodati dalle prove, hanno cominciato a ‘cantare’, e la lista degli inquisiti si è gonfiata a dismisura". Ventitré imputati sono poi assolti dal Giudice delle indagini preliminari che non crede ai pentiti: i carabinieri poi non avrebbero trovato sufficienti indizi. I principali imputati sono condannati nel 1993 a pene da uno a nove anni di reclusione. Alcune assoluzione sono dovute al cambiamento della legislazione sulla droga provocato dal risultato del recente referendum. Nel 1994, alla conclusione di tutto il processo per "Romagna pulita", saranno state irrogate pene per complessivi 204 anni, e multe miliardarie. In Corte d’Appello ci saranno delle riduzioni.
Un killer mafioso di un clan siciliano viene arrestato a settembre a Porto Verde. Il presidente dell’Antimafia, Luciano Violante, dichiara: "La mafia in Riviera ha vestito i panni puliti della intermediazione finanziaria, ma è ben presente". Gli usurai hanno "i colletti bianchi": a gennaio sono stati eseguiti nove arresti, e quattro società dal credito ‘facile’ sono finite sotto inchiesta con l’accusa di truffa ed associazione a delinquere.
Per altre notizie, scaricate il mio testo "Rimini 1859-2004".
[Anno III, post n. 216 (593)]

08/07/2008
Periferie politiche

Qualcosa comincia a muoversi in periferia. Oggi il Corriere di Romagna pubblica un articolo di un componente l'Assemblea provinciale del Pd di Rimini, Giovanni Benaglia, intitolato: "Serve il parricidio per salvare il Pd".
C'è un quadro fosco e tragico delle nostre situazioni locali, come mai sinora si erano lette. Speriamo bene.
Cito soltanto un passaggio. Per la sicurezza, ci si preoccupa dei "falsi" venduti in spiaggia: "Peccato che intorno ci sia un'indagine per riciclaggio su una banca di proprietà di virtuosi imprenditori locali. [...] Peccato che ci siano indagini su finanziarie e banche sammarinesi amministrate da stimati professionisti riminesi".
Nella stessa pagina è ospitato un intervento dell'amica Anna Rosa Balducci, "Il dibattito che non c'è" contro la colata di cemento che si preannuncia come seconda ed ultima "riminizzazione". Ultima perché dopo non ci sarà più nulla da distruggere. Il suo testo integrale si legge qui.
L'altro ieri sullo stesso Corriere di Romagna è stata ospitata una mia breve lettera sul "modello Rimini", intitolata "Uno strano rapporto maggioranza-opposizione".
Eccola: "Concordo sulla diagnosi politica formulata dal dottor Gilberto Mangianti (lettera del 4 luglio). Anch'io "questi amministratori li ho pure votati". Ciò non toglie che mi senta in disaccordo ed a disagio. Mi permetto soltanto di aggiungere qualcosa sul rapporto maggioranza-opposizione. Riguarda ciò che io chiamo il "modello Rimini": alle elezioni comunali del 2006, Forza Italia perde il 52,13% dei voti, mentre AN sale del 16,26. Una fetta del Polo vota per il Centro-sinistra. Segno che con la sua precedente amministrazione il Centro-destra (od almeno una sua parte) non se l'era poi passata così male. Luglio 2006. L’ex candidato sindaco del Polo decide di non votare contro la giunta ma di astenersi sulle linee programmatiche del governo cittadino. Il resto è storia di questi giorni."
E' un discorso che qui sopra ho già fatto anche di recente.
Rimandando a precedenti testi. Ad esempio, questo del 4 maggio 2007, che ripropongo non perché oggi non abbia nulla da dire, ma perché la situazione è rimasta tale e quale, anzi peggiorando con la minaccia di quella nuova colata di cemento di cui ho detto sopra.
"A Rimini il costo della vita aumenta del 3,2% annuo contro l'1,5 nazionale.
Non è un fatto nuovo. Città cara lo è sempre stata, sin dagli anni Sessanta. Città ricca anche grazie ad un tipo di economia molto sommersa. Sulla quale si reggono le fortune di pochi. E dalla quale derivano i grattacapi di tanti. Cioè di quelli che ad esempio debbono pagare affitti elevati.
Città nella quale la speculazione edilizia è diventata un fenomeno politico incontrastato per un patto non tanto segreto di spartizione della torta. Per cui se qualcuno osa impostare una campagna giornalistica contro, ci rimette il posto. È successo. Era prevedibile. Non ha turbato nessuno. Anzi. Immaginiamo i commenti. Hai visto quello venuto da fuori, chissà chi credeva di essere.
E dietro sta un compromesso politico per nulla segreto, con due assessori all'edilizia defenestrati perché contrari al troppo cemento, e poi un bel risultato elettorale. Comunali 2006. Forza Italia perde il 52,13% dei voti, mentre AN sale del 16,26. Una fetta del Polo vota per il Centro-sinistra. Segno che con la sua precedente amministrazione il Centro-destra (od almeno una sua parte) non se l'era poi passata così male.
Luglio 2006. L’ex candidato sindaco del Polo decide di non votare contro la giunta ma di astenersi sulle linee programmatiche del governo cittadino.
Inciucio o preveggenza? Negli stessi giorni il presidente della Camera Bertinotti dice alla «Stampa»: «Le difficoltà si possono superare allargando la maggioranza di governo» con una discussione franca che «sotto traccia è già in corso».
Il presidente del Senato Marini ricorre ad una contorta formula per invocare più confronto con l’opposizione e meno voti blindati per addivenire a scelte condivise.
A questo punto Rimini diventa una specie di simbolo del quadro politico nazionale. Sembra anticipare una condizione di un accordo nazionale bipartisan.
Ma a spese di chi? Di chi deve subire il vertiginoso aumento del costo della vita, la gente delle classi non privilegiate, mentre aumenta la ricchezza di un ceto vasto, che è senza differenza politica perché il lusso non ha tessera di partito, omologa tutti tranne pochi critici guardati male e segnati a dito come pericolosi sovversivi". Fine della citazione.
Preciso, per completare il quadro della situazione locale alcuni particolari non secondari.
Nel 1988 appare il Dizionario italiano ragionato che spiega il nuovo verbo "Riminizzare" così: "Deturpare con un’eccessiva concentrazione di costruzioni o, come si dice, con ‘colate di cemento’".
Politici ed intellettuali insorgono. L’avv. Veniero Accreman per giustificare il grattacielo, da raffinato intellettuale borghese che ha ben imparato la lezione di Marx, inframmezzando citazioni dotte da Dante e Carducci, ricorda "le schiere di disoccupati rumoreggianti che chiedevano lavoro". L’ex sindaco Ceccaroni fa spallucce: Rimini non è peggio del resto del Paese, e poi allora bisognava ricostruire. Il passato, cioè, non si discute. Un ex federale del Pci, Nando Piccari, dichiara che quel dizionario usa un termine di cui è evidente "la natura gratuita, falsa ed offensiva", chiedendo al sindaco Conti di prendere provvedimenti.
L'ho battezzata la "disfida di Burletta".
Lo stesso sindaco Conti dichiarò: "Rimini sta cambiando più di quanto non sia dato a vedere", anche per merito del vento di garbino "che ci aiuta a capire i problemi e a trovare il modo di risolverli compostamente". Il vento di garbino, vento caldo africano, è quello che in Romagna chiamano "il vento dei matti" perché fa aumentare i casi dichiarati di disturbi mentali con la sua aria insopportabile.
Una curiosità. Nel 2000 il Comune fu obbligato ad abbattere un muro di cemento armato appena costruito all’Anfiteatro perché abusivo. Quel muro non doveva cadere. Aveva uno scopo: raccontava la riminizzazione, una vera storia. Un Comune addirittura abusivo verso se stesso. Roba da Guiness dei primati.
Post scriptum. L'immagine c'entra, eccome. Rimanda alla "notte rosa" il cui ricordo fa fremere di pura gioia ascosa gli animi dei nostri amministratori.
[Anno III, post n. 215 (592)]

07/07/2008
Le caramelle di Silvio

Dice un titolo di Repubblica di oggi, che il "Pd non deve chiudere un occhio", nel senso di non abbassare la guardia e di non far sconti al governo.
Si potrebbe giocare su quel titolo, dicendo che Veltroni non deve far chiudere occhio a Berlusconi, ovvero che non gli deve dare tregua. Ma ormai la situazione del Pd è tale che forse a non chiudere occhio, cioè a non poter dormire sonni tranquilli, sarà sempre di più lo stesso Veltroni.
Il titolo introduce un articolo del prof. Giancarlo Bosetti, docente di Sociologia della comunicazione. Il quale conclude scrivendo che l'opinione pubblica "è a due velocità".
C'è chi (la cosiddetta "cittadinanza competente", non maggioritaria) è più sensibile e meno indifferente alle paure provocate dal berlusconismo.
Gli altri, in maggioranza, non ne sono ancora pienamente convinti. Forse in attesa di qualcosa che potremmo chiamare il peggio.
Personalmente, credo che il Pd abbia fatto poco per spiegare ai suoi elettori i rischi che l'Italia corre ignorando che il rispetto della Costituzione non dipenda dalle liti o dai sorrisi fra Silvio e Walter.
La moda americana di personalizzare la campagna elettorale, il trucco poco logico e per nulla elegante (oltre che corretto) usato per accantonare Prodi ("doveva accontentare troppi partiti"), l'ansia di bruciare le tappe non per conquistare il governo ma soltanto per controllare la burocrazia dell'impero partitico (Ds più Margherita), sono tutti fattori che hanno contribuito a creare l'illusione che al governo si possano chiedere "risposte riformiste" come le chiama Bosetti dipingendo il gruppo maggioritario del Pd.
Ho già avuto occasione di annotare che il dialogo tra maggioranza ed opposizione, in un libero Parlamento come quello disegnato dalla nostra Carta costituzionale, è nella logica delle cose politiche. L'esame lucido ed approfondito di Bosetti mi convince ancora di più in questa idea.
Per cui mi vien da pensare che se il Pd chiede dal governo una serie di "risposte riformiste", lo può fare soltanto per interessi di bottega dei suoi leader, non per l'interesse del Paese.
Berlusconi chiamò coglioni gli elettori di sinistra, come per lui sono tutti quelli che non lo votano o non scelgono i suoi alleati.
Adesso può fare il gioco delle tre tavolette per convincere Veltroni o Rutelli a prendere qualche caramella onde addolcirsi il palato. Domani, il cavaliere più forte che pria sarebbe capace di raddoppiare la dose: avete votato gente che ha riconosciuto il mio primato politico, e mi ha rafforzato agli occhi di tutto il mondo...
Ragazzi, non prendete le caramelle nemmeno dai conosciuti.
[Anno III, post n. 214 (591)]

07/07/2008
Dante, un triangolo cosmico.

Ipotesi di una geometria 'nascosta' della Commedia
Il primo sostantivo che incontriamo nella Commedia è «mezzo». Esso rimanda al versetto di Isaia «In dimidio dierum meorum...» [XXXVIII, 10].
Non interessa qui il problema a cui il termine è solitamente collegato (la lunghezza della vita: Ps. LXXXIX, 10, «dies annorum nostrorum [...] septuaginta anni»), ma il suo aspetto esclusivamente simbolico.
Per tale aspetto, dobbiamo considerare che Dante compie un percorso dal mezzo [da ciò che non è completo, l'uomo nel peccato, e quindi non perfetto] all'intero [Dio, il Tutto].
Questo percorso consta di due parti. Un viaggio 'terrestre' nell'oltretomba ed uno celeste.
Il viaggio 'terrestre' riguarda la voragine dell'Inferno e la montagna del Purgatorio.
Si è soliti dire che la Divina Commedia è un'opera dominata fondamentalmente dal valore allegorico e dalle esemplificazioni strutturali del numero tre. Ma in essa gioca anche questo 'codice binario' del mezzo e dell'intero, di vita e morte, Dante e Virgilio, Teologia e Filosofia, Fede e Ragione (Beatrice e Virgilio), corpo ed anima, ad esempio.
Dante ai primi due oltramondi dedica i primi 34 canti dell'Inferno ed i successivi 33 del Purgatorio.
Quale è il «mezzo» (sempre nel senso di metà) di queste due cantiche?
Sommando il numero dei canti (67), e dividendolo per due, lo si individua nel XXXIV dell'Inferno, canto nella cui metà (al v. 69) si conclude effettivamente il percorso infernale, per ritornare «a riveder le stelle» (v. 139).
Al v. 69 leggiamo infatti: «è da partir, ché tutto avem veduto».
Dobbiamo partire. Ma allegoricamente (ancora una volta), «partire» ci invita a considerare qui il suo significato di «dividere». E quel verso in effetti divide i primi due mondi ultraterreni ma collocati in un orizzonte 'terrestre'.
In questo primo blocco da Inf. I, 1 ad Inf. XXXIV, 69, troviamo una simmetria perfetta (come in altri luoghi danteschi) tra il secondo verso dell'inizio (Inf. I, 2) e penultimo della fine (Inf. XXXIV, 68); tra la «selva oscura» e «la notte» che «risurge».
A metà di tutta la cantica prima, c'è il c. XVIII (Malebolge, divise in dieci parti concentriche), che dà inizio alla seconda parte della cantica dell'Inferno.
Passo al Purgatorio.
La metà di questa cantica è al c. XVII, 70, da dove inizia la spiegazione virgiliana dell'ordinamento morale del Purgatorio medesimo:
«Già eran sovra noi tanto levati
li ultimi raggi che la notte segue,
che le stelle apparivan da più lati» (vv. 70-72).
La terzina anticipa il passaggio dalla notte del peccato alla luce divina, sancito dal verso finale della cantica: «puro e disposto a salire a le stelle» (XXXIII, 145).
Il viaggio 'terrestre' dalla voragine dell'Inferno alla montagna del Purgatorio, lo si può rappresentare graficamente come la base di un triangolo equilatero, il cui vertice è ovviamente 'presieduto' dal sole (Pd, XXXIII, 145, «l'amor che move il sole e l'altre stelle»). E soltanto 'lassù' che si raggiunge la perfezione come anticipa Pd I, 1: «La gloria di colui che tutto move» (altra simmetria interna alla cantica nel verbo «muovere»).
Cerchiamo di costruire le varie parti di questo triangolo dantesco (ACB):
Il lato base AB è dunque occupato dall'Inferno (AD) e dal Purgatorio (DB).
La salita al Paradiso si rappresenta con il lato BC.
All'interno del triangolo ACB occorre distinguere però le varie parti che lo compongono: sono altri tre triangoli corrispondenti ai tre regni (Inferno, Purgatorio e Paradiso), più un triangolo centrale che rappresenta la Terra centro dell'universo astronomico, punto di partenza del racconto di Dante, e luogo che ospita i due primi regni. Complessivamente sono quattro triangoli (due coppie di due: Terra e Cielo, oltre che Inferno e Purgatorio).
Per delineare questi triangoli minori, si opera nel modo seguente.
1. La perpendicolare dal punto D sul lato CB determina il punto E. (Il punto E, come vedremo, è intermedio alla stessa salita.)
2. La perpendicolare dal punto D sul lato AC determina il punto F.
3. Collegando i punti E ed F otteniamo il triangolo centrale FDE ("Terra")
Il punto E, intermedio del percorso del Paradiso, corrisponde al v. 71 del c. XVII, «la cortesia del gran Lombardo», verso autobiografico, direi quasi terrestre perché parla delle esperienze di Dante uomo-poeta e non di Dante personaggio. E questo punto è sulla base FE del triangolo rovesciato della "Terra", cioè anche della vita stessa di Dante.
[A proposito del «gran Lombardo», una curiosità. A metà del primo canto (quello considerato introduttivo) dell'Inferno, troviamo le parole di Virgilio: «e li parenti miei furon lombardi» (v. 68).]
Desidero infine soffermarmi su una simmetria di non secondaria importanza, che potrebbe confermare l'ipotesi di lettura svolta sinora sulla geometria 'nascosta' della Divina Commedia.
La figura del Veltro appare in Inferno, I, 101-102. Il Purgatorio si chiude con l'immagine del DVX («un cinquecento diece e cinque, messo di Dio», XXXIII, 43-44).
La simmetria è data dal fatto che il DUX si trova, nel Pg XXXIII, rispetto alla fine del canto, alla stessa 'distanza' che intercorre tra il Veltro e l'inizio del c. I dell'Inferno (101-102).
Il XXXIII del Pg ha 145 vv. Se calcoliamo 145 meno 102 e meno 101, otteniamo 43 e 44, appunto i versi in cui appare l'immagine del DVX.

07/07/2008
Napoli e Rimini, Natale 1999

Questo testo apparve nel settimanale riminese "il Ponte" nel gennaio 2000.
RINGRAZIO le autorità di Napoli che hanno affisso vicino a casa mia un manifesto gigante per reclamizzare l’arte dell’intrattenimento nella loro città per le feste di fine anno. Ero incerto tra Napoli, Palermo ("ombelico del mondo" grazie a Jovanotti), Londra e Nuova York. Alla fine, sono rimasto davanti al televisore per gustarmi la diretta da Rimini.
Sinceramente che si trattasse di Rimini, almeno sino alle ore 00.30, non l’ho capito per nulla, ma si sa che sono molto limitato. Va tuttavia detto che la regìa ha valorizzato magnificamente il nero della notte rivierasca, incomparabile come sempre e romantica più del solito grazie alla presenza di RaiUno, forse trascrizione di qualche immagine d’autore indiscusso (Fellini, Tonino Guerra?).
Comunque quella ripresa è apparsa dignitosa nel suo riserbo, stile "Chi vuol capire capisca, mica dobbiamo dire a tutti chi siamo, peggio per chi non ci arriva". La scelta è stata ottima. Ed abbondante. Come il rancio militare delle barzellette. E quindi indiscutibile. Anzi certamente da approvare. Tanto le critiche non servono a nulla. Qui se la cantano e se la suonano ("Siamo stati bravissimi a realizzare l’evento"), mica aspettano il tuo parere o l’esito di un sondaggio (il quale, dato che viene commissionato a fior di quattrini, non può essere di risultato contrario alle aspettative).
Al solenne, omogeneo fondale scuro del collegamento n. 1 da Rimini, quello del lancio, quando la gente ha più tempo per stare davanti al video e quando parte l’immagine destinata a lasciare il segno negli spettatori, da Sanremo ha fatto da contrappunto la luce, l’idea che lì c’è un mare, un turismo, una riviera e persino una specie di bastimento, sul quale sono poi saliti i presentatori. Da noi non c’era nemmeno un moscone. L’ultimo lo hanno regalato a Ciampi l’estate scorsa. (Signora Franca, lo ha mai usato il presidente?) Nemmeno una barchetta di carta, neanche un’esibizione in costume da bagno delle autorità (chi è che ha il fisico più canzonettistico, cioè "bestiale", indipendentemente dalle liste di appartenenza?). Leggo che poi in ora antelucana è apparso come per miracolo il "Rex", quello che a Rimini non è mai transitato, ma se lo è inventato Fellini, et ipse dixit, quindi la leggenda diventa storia. Meravigliamoci solo della sfacciataggine di quelli di Sanremo che hanno preteso di farsi pubblicità pure nella notte di Capodanno. [743]

06/07/2008
Cicoria in frigo

Dal frigo di casa Rutelli uscirà la cicoria immagazzinata tre anni fa?
Allora la giovane promessa della Sinistra moderata rivendicò per sé un passato fatto di sudore e fatica, sacrifici e speranze. Riassunse il tutto in un fervido grido di dolore all'insegna del motto "pane e cicoria" con cui aveva sostentato il fisico nelle gloriose giornate di lotta e di governo.
Rutelli parlò per non giocare un ruolo subalterno a Prodi. Erano i giorni in cui nel Comune di Bolzano, aldilà di ogni previsione logica, era eletto un sindaco di destra con una maggioranza di sinistra.
Adesso Rutelli fa fuoco e fiamme, ma in silenzio, dopo che il coordinatore del Pd Goffredo Bettini lo ha accusato di essere la causa del trionfo della destra al Comune di Roma.
Rutelli ha detto ai giornalisti che non se ne starà zitto, e che quando risponderà a Bettini, non farà sconti a nessuno. L'ex sindaco della capitale rischia di passare alla storia come colui che non vincendo nessuna battaglia, incolpa sempre nemici ed alleati di rompergli le uova nel paniere.
Quando l'altro ieri Barbara Palombelli, sua moglie, ha scritto alla "Stampa" che il Pd ormai è come una balena spiaggiata, forse ha rivelato segreti di famiglia, anticipando il prossimo j'accuse del consorte.
Al simpatico Rutelli, un modesto suggerimento. Alle prossime elezioni mandi la moglie: non a votare ma in lista.
[Anno III, post n. 211 (588)]

05/07/2008
Meteo Veltroni

Aria nuova in cucina, diceva un vecchio slogan pubblicitario. Clima nuovo in politica, stabilisce Walter Veltroni. Basta che avvenga "il ritiro dell'emendamento per bloccare i processi".
Il segretario del Pd è molto ottimista, oppure non comprende che l'egemonia berlusconiana naviga e navigherà con arroganza e disprezzo del dettato costituzionale anche senza bisogno di quell'emendamento?
Ieri il cavaliere ha tenuto una conferenza-stampa in cui ha piazzato addirittura lo spot del suo partito. Sfido chiunque a documentare un evento simile in qualsiasi altra parte del mondo "civilizzato" (sia detto senza offesa per nessuno).
La campagna elettorale è finita da un pezzo, è lecito anche se ridicolo che il capo del governo usi certi sondaggi per dire che ogni giorno che passa aumenta il suo gradimento. Prima di Natale per stabilire le percentuali dovrà sfondare il tetto massimo consentito dalla matematica, precisando che i dati si riferiscono anche a Vaticano ed ex colonie italiane in Africa.
Mentre tutti applaudono il cavaliere, Walter si è preso una nutrita dose di fischi dai socialisti. La colpa? Essersi alleato con Di Pietro.
Qui ha ragione Veltroni, nel respingere l'attacco diretto alla sua persona ed a quella di Di Pietro. Al quale hanno affibbiato l'etichetta ridicola di "giustizialista" perché nutre la pretesa (in verità obiettivamente molto stramba nel Bel Paese) che il primato della Legge valga per tutti.
Ciò che addolora è che i socialisti, con quel nome che ha un passato importante prima delle disavventure giudiziarie craxiane, abbiano ceduto alla tentazione di scambiare la causa con l'effetto.
La loro rovina è stata determinata non dai giudici che hanno colpito la corruzione, ma appunto dalla corruzione di poche o molte persone. Lo dovrebbero sapere loro stessi.
In tutto questo confuso contesto, il clima parlamentare non può diventare più sereno con il semplice ritiro di un provvedimento che finisce per non apparire logico neppure ai più fidati collaboratori di Berlusconi.
Da loro è partita l'idea di non sputtanare i magistrati in tivù in un canale di famiglia.
Lario
Dalla signora Veronica Lario, secondo quanto leggiamo oggi in Repubblica, è partita un'iniziativa non privata nel senso comune del termine: spiegare al marito (ed al primo ministro) che la questione delle intercettazioni non è la burletta del gossip sulle fanciulle più o meno intime del cavaliere, ma un problema di "morale pubblica".
I vizi privati del consorte se li governa lei. E' già successo il 31 gennaio 2007.
Lui aveva detto pubblicamente (durante la cena di gala dei Telegatti) ad una signora: " ... se non fossi già sposato la sposerei subito", "con te andrei ovunque".
Lei, la moglie di Arcore, scrisse una lettera aperta al direttore di Repubblica. Lui chinò la testa.
L'altra, quella che aveva fatto girare la testa a Berlusconi e l'aureola a donna Veronica, intanto è finita ministra di Stato, ed ieri era l'unica donna presente nel banco del governo alla conferenza-stampa del cavaliere.
Il suo nome è Mara Carfagna.Carfagnabild08 Sono definitivamente smentite le voci di un primato della MVBrambilla come favorita di regime?Brambilla
[Anno III, post n. 210 (587)]

04/07/2008
Suo marito ne sa nulla?

Barbara Palombelli ha scritto una bella lettera alla "Stampa" per trattare del problema delle impronte digitali estese ai bambini dei rom.
Ci interessa qui la conclusione, dopo esserci dichiarati d'accordo con lei nella sua posizione di rifiuto del provvedimento governativo.
Conclusione che riguarda il Pd, le "prevedibili modestie del Pd, partito nato al gazebo, insediato all’ombra e finito spiaggiato o sdraiato".
Vorremmo sapere, signora Palombelli, se dell'argomento ha mai parlato in famiglia.
[Anno III, post n. 209 (586)]

04/07/2008
Lo faccio apposta

Lo faccio apposta a non farmi capire dalle macchine, dai logaritmi e soprattutto dagli spacciatori di verità teologiche che sono tautologie.
Adesso mi piacerebbe vedere la faccia degli esperti di Wikio, i "documentalisti italiani ed europei" che ne sarebbero la colonna portante, davanti alla parola "tautologia" applicata alla struttura del mondo Web...
Quello che ho scritto sul problema delle catalogazioni, non era finalizzato a scovare i sistemi di scalata nelle classifiche. Mi diverto con poco, e so per vecchia pratica di mondo che molti sono i chiamati e pochi gli eletti...
Prego di prendere la mia affermazione in senso ironico. Cioè non come lamento ma come innocuo sfottò.
Una piccola divagazione. Ho notato un effetto negativo del web, la lettura veloce: per cui molti (ma non è il caso di questa tornata) prendono lucciole per lanterne. Condivido appieno la conclusione di Bourbaki: "Wikio non mi interessa un gran che, ma la cosa che mi fa sbarellare è quando typepad...". Ecco perché scrivevo tempo fa, parodiando Palazzeschi, "e lasciatemi divertire".
Rassicuro PogoStik, e lo ringrazio del consiglio: «"Fatemi capire" è un titolo che difficilmente un robot che legge decine di migliaia di post al giorno potrà capire per cui usate post un pochino più "giornalistici" tipo "classifica di wikio, fatemi capire"». Miro proprio a che il robot non mi capisca. E spiego il perché della mia filosofia.
Sono sul Web dal 1999. Qualche anno fa riportando un brano da un libro di storia sull'età fascista, dovetti citare anche il nome del capo della polizia di Mussolini, Arturo Bocchini. Un giorno un collega "giornalista" mi accusò di aver curato pagine web porno, soltanto perché (limitato dalla sua intelligenza esplosiva) aveva scoperto che il titolo del mio sito era stato linkato in un portale appunto porno. Con il rinvio a quella pagina dove era menzionato Arturo Bocchini.
Quel giorno il collega sbagliò a citare il titolo del mio sito. Stranamente questo errore suo l'ho poi ritrovato in atti giudiziari quando dovetti denunciare per diffamazione un legale che aveva accusato me di essere sottoposto a duplice indagine giudiziaria per diffamazione.
Vero niente, ma la coincidenza mi fece accertare, tramite quegli atti giudiziari, che il collega era stato poi alla base dell'altrui diffamazione.
Quindi a preoccuparmi o ad interessarmi non c'è questo o quel motore o distributore di medaglie informatiche, ma c'è stato in passato quel qualcuno che adesso è anche pagato per spiare quello che scrivo. Accadde l'anno scorso quando un personaggio altolocato mi inviò lettere di fuoco per smentire notizie mie personali (non pubblicate in questo sito della Stampa, ma in altro loco internettiano).
In quelle lettere di fuoco si dichiarava di aver appreso "per caso" da un amico... Sì è vero che l'informatore è un amico (nel senso anche da portale porno), che lui lo paga anche per lavorare, e che tra i lavoretti sporchi che gli fa fare c'è quello di spiare e di scrivere lettere anonime che poi compiacenti giornali pubblicano "senza vergogna" vincolati da contratti pubblicitari...
Accaduto contro il sottoscritto nel marzo 2007... sopra una questione storica del XV secolo che anche i muri delle biblioteche conoscono a memoria, ma che il "giovin signore" negava esistere per questioni che sarebbe troppo lungo spiegare.
A proposito di controlli, ho già raccontato che tre anni fa manomisero di notte la mia linea telefonica nella centralina posta ad un incrocio stradale...
Concludendo: se mi sentirete deridere questi sistemi di classificazione, lo faccio soltanto per divertirmi, sono un tipo allegro soprattutto se mi metto in testa di sfottere qualcuno con toni tanto seri che quel qualcuno casca dentro il tranello con allegria e felicità. Olè.
[Anno III, post n. 208 (585)]

03/07/2008
Sento l'Eco dei passi perduti

Eco ha scritto una letterina sulla "democrazia in pericolo". C'è in essa un passo molto inquietante, quello conclusivo: "Quando la maggioranza sostiene di aver sempre ragione e la minoranza non osa reagire, allora è in pericolo la democrazia".
Si sa come vanno le cose in politica. Chi grida che il re è nudo, spesso, molto spesso è scambiato per un matto. Ma questa volta l'autorevolezza della fonte, dovrebbe evitare simile etichettatura.
Credo che Umberto Eco abbia ragione. Non per motivi legati alla sua autorevolezza, Non per quell'ipse dixit che lui per primo rifiuterebbe, se gli fosse sbattuto in faccia più come accusa che come giustificazione.
Credo che abbia ragione obiettivamente per la seconda parte della sua conclusione: "la minoranza non osa reagire".
Ed il perché questo accada, ce lo dovrebbero spiegare i politologi di professione.
Il sottoscritto che di professione fa il "perditempo", ha in testa una sua vecchia idea. Non scambiatela per un'idea fissa. Essa dice che sta trionfando a livello nazionale quel "modello Rimini" di cui qui sopra ho riferito varie volte in passato, a far tempo dalle elezioni comunali del 2006.
Ripropongo un passo che ho citato anche nel maggio del 2007: "Forza Italia perde il 52,13% dei voti, mentre AN sale del 16,26. Una fetta del Polo vota per il Centro-sinistra. Segno che con la sua precedente amministrazione il Centro-destra (od almeno una sua parte) non se l'era poi passata così male. Luglio 2006. L’ex candidato sindaco del Polo decide di non votare contro la giunta ma di astenersi sulle linee programmatiche del governo cittadino".
Gli effetti locali di quel risultato sono in questi giorni al centro di un dibattito enigmatico per la nuova immagine di Rimini, credo che la chiamino "cartolina". Vorrebbero cementificare tutto il lungomare, distruggere quel poco che resta di natura "incontaminata" (sino ad un certo punto. Ma questo è un altro paio di maniche).
A livello nazionale, la grande manovra anestetica di Veltroni, messa sotto accusa da Umberto Eco, è frutto delle sommatorie locali. Non si può governare l'Italia dei paesi e delle città in un modo, e poi da Roma sbaraccare tutto con un'opposizione ferrea e non arrendevole.
La vecchia lezione dei tempi passati, quando in loco comandava il Pci che a Roma aveva più ascolto della Dc governativa, si ripropone, con la speranza che la gente sia di memoria corta, di comprendonio leggero e soprattutto fortemente compromessa con il potere.
Sì, molti sono di memoria corta. Molti non capiscono o fingono di non capire. E moltissimi sono soprattutto legati a doppia mandata con i pubblici amministratori: per cui i favori ricevuti si ripagano in sede elettorale, ed amen.
Però non tutti sono pronti a bere quello che passa il convento. Spero che le parole di Eco facciano riflettere al centro ed alla periferia.
Quelli che Filippo Andreatta chiama i "democratici" senza tetto, dovrebbero trovare ascolto in questo passaggio epocale.
Ed invece il buon Veltroni che cosa fa? Si mette assieme a Casini, l'uomo del Vaticano non amato dagli elettori. Parlano di nuovo asse riformista. Sarebbe più logico definirlo moderato e "senza vergogna" (come quell'orchestra di Renzo Arbore). E legarlo però al ragionamento di Umberto Eco. Per comprendere la pericolosità di questi legami che hanno in comune soltanto quel presupposto rifiutato oggi da Veltroni, ovvero l'antiberlusconismo.
[Anno III, post n. 207 (584)]

03/07/2008
Grazie VB, comincio a capire

A proposito dell'analisi semantica del testo, che Wikio propaganda, e del mio post di ieri "Fatemi capire", ringrazio Vittorio Bertola del commento e della spiegazione: ora comincio a comprendere che anche i freddi algoritmi sono più furbi che intelligenti.
La sua conclusione, "Morale: lasciate stare le classifiche e pensate a scrivere un blog che sia vostro e che vi piaccia...", mi sembra molto valida come punto di partenza e di arrivo del nostro "bloggerismo". Per cui cancello la lista a fianco con il rimando a Wikio.
[Anno III, post n. 206 (583)]

02/07/2008
Semantica

L'analisi semantica del testo che Wikio propaganda come strumento della propria azione classificatoria, mi sembra un'affermazione di quelle che meritano una risata oppure un monumento.
C'era una vecchia scienza nuova, la cibernetica (con Aldo Ceccato) che cercava di riprodurre le operazioni intellettuali, mettendo a nudo il modo di agire del nostro cervello.
Al di là dell'occhio che distingueva la mela dalla pera, non mi sembra che si sia andati.
Un'analisi semantica è un'operazione talmente complessa che può esser accreditata soltanto come specchietto per le allodole: è dell'informatico il fin la meraviglia.
Faccio un esempio serissimo. Scrivo: "Virgilio sostiene nell'Eneide che tutti i Romani sono figli di Troia, discendendo da Enea...". Un elaboratore elettronico inserisce la mia citazione nei link dei siti porno e non in quelli di letteratura latina o di storia del Mediterraneo.
Potrei fornire centinai di questi esempi. Per rispetto del "buon costume", taccio.
Se si vuol discorrere seriamente dei blog, torniamo indietro all'... età della pietra.
Tutto documentato: 10 aprile 2006, Anna Masera decide "di avviare una piccola sperimentazione di "citizen journalism", cioè un modello di giornalismo partecipato dai lettori".
Quipagiristampa2006 Questa è una mail inviatami dalla sua collaboratrice Marina la quale mi comunicava: "Pertanto, il suo post "Qui Parigi" è stato linkato nella home page del sito de La Stampa, in relazione alle notizie sulla CPE."
Sono stato io ad inaugurare quel servizio... Scusate se me ne vanto.
Punto secondo. 29 marzo 2007. La "Stampa" inaugura le segnalazioni dei blog nelle varie sezioni del giornale.
Blogstampapolitica2007 Quel giorno scrivo qui sopra:
"Cari lettori, dalla redazione ricevo una mail: il mio blog è finito «linkato in modalità fissa» nella pagina di «Politica» del sito StampaWeb.
Sono commosso (sinceramente) e preoccupato. Da vecchio cronista so che occorre essere sempre all'altezza della situazione, in ogni momento. Questo mi costringe a non prendere sottogamba né il blog né l'onore che ricevo dalla segnalazione.
Dico tutto ciò non per smanceria, ma per scusarmi in anticipo con eventuali navigatori delusi o disillusi".
Punto terzo. Leggo nel commento di Osman di stamani al mio post "Fatemi capire": "Io stamattina 1 luglio ore 11 vi ho visto in HP (Gobettiano e Antonio). Vi ho cliccato e quando sono tornato di nuovo in HP (10 minuti) eravate spariti. Lo giuro."
Osman come Bruto è un uomo d'onore e debbo credergli. Se le cose che scrivo nel blog prescelto dalla redazione per la sezione politica, non vanno bene, basta che mi tolgano dalla sezione politica, e mi metto a scrivere di altre cose. Ma se mi hanno scelto e mi hanno messo lì loro, continuo a seguire le loro indicazioni, il loro suggerimento.
Ieri ho fatto un'ipotesi, rifiutandola: "A maggio ho avuto cinque segnalazioni in home della Stampa. A giugno soltanto tre, l'ultima il giorno 13 giugno.
Poi la mia proposta (12 giugno) del blog collettivo è stata realizzata il giorno 15 da Gobettiano. Quindi casualmente, di certo, non sono stato più segnalato".
Oggi la riprendo e non so se debba essere ancora rifiutata dopo il commento di Osman. Oppure sono intervenuti altri fatti di cui io sono all'oscuro? Ne dovrei essere informato formalmente se ci fossero, per deontologia.
Quel blog collettivo non è altro che un innocuo divertissement che ci siamo presi per dimostrare che la manualità non può essere scacciata dalla tecnologia. Sino a prova contraria le cose stanno così.
Non ne faccio una questione di teorie dei massimi sistemi che reggono l'universo, ma soltanto la dimostrazione che anche la cosa più semplice ed innocua può essere equivocata, se quel blog collettivo ha provocato mancate adesioni e rifiuti dogmatici.
In mezzo a tutto ciò, trionfa una constatazione: ma come sono diventati importanti i blog...
[Anno III, post n. 205 (582)]

02/07/2008
Dialogo o fumo negli occhi?

Se la cultura costituzionale della nostra classe politica fosse ben salda, non si starebbe tanto a discutere della necessità di «dialogo» fra maggioranza ed opposizione.
L’art. 67 della nostra Carta recita: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Il candidato eletto nelle liste di un partito, nel momento in cui entra a far parte delle Camere non vi appartiene più, ma assume la funzione di tutore degli interessi collettivi o comuni. In questo contesto, il dialogo sta nella pratica dell’ ordinario confronto parlamentare.
Per muovere le acque o gettare fumo negli occhi, si inventa la necessità di «dialogo» su certe riforme, come quelle cosiddette istituzionali. Si compie un’operazione inutile nella sostanza, ma vantaggiosa partiticamente (e non politicamente). Il dialogo è nella natura della vita parlamentare, secondo la Costituzione.
Quindi quando il presidente del Consiglio urla, come ha fatto di recente, che non può esservi dialogo con “questa” opposizione, recita un copione che non rispetta il dettato costituzionale, violandone spirito e forma.
Ma di ciò nessuno parla tra i politici non governativi, tranne uno solo, perché si ritiene che l’etichetta del dialogo, anche se strappata platealmente dal premier, possa tornare utile in futuro alla minoranza silenziosa. Che oggi inghiotte il boccone amaro sperando di poter sputare il rospo in futuro.
Per la Costituzione, sui problemi da affrontare e risolvere, c’è soltanto quanto imposto dall’art. 67. Non questo rituale deprimente e non rispettoso della legalità repubblicana. Deputati e senatori non hanno «vincolo di mandato», cioè non rappresentano più gli interessi di chi li ha eletti.
Purtroppo l’involuzione giuridica della politica italiana, porta a constatare come la maggioranza oggi sia costretta ad agire in Parlamento non tanto per vincolo degli elettori, ma per vincolo di chi ha proposto i candidati eletti. Fuori dai giri di parole: le liste bloccate grazie alla legge elettorale (definita una «porcata» da chi l’ha generata), hanno permesso a Berlusconi di scegliersi uomini e donne di fiducia che ora agiscono ovviamente per difendere gli interessi del loro stesso patron.
Noi così assistiamo al pericoloso tentativo di trasformare un’assemblea legittimamente eletta in uno strumento di azione illegittima contro la Costituzione.
[Questo testo è pubblicato oggi da "Corriere Romagna".]
[Anno III, post n. 204 (581)]

01/07/2008
Tirata d'orecchie

Autorevole tirata d'orecchie al "professorino" Walter Veltroni da parte di Emanuele Macaluso.
Il giorno 29 giugno avevo commentato una lettera del segretario del Pd pubblicata sulla "Stampa". Mi ero permesso di dubitare della bontà della posizione di Veltroni circa la "laicità del futuro", ovvero del suo partito, assunta partendo dal rapporto fede-ragione trattato dall'allora cardinale Ratzinger e da Habermas.
Oggi Macaluso osserva sulla "Stampa" che non si possono fare "discorsi generici" spiegando il pensiero di Habermas: "Occorrono fatti e atti che danno senso a una politica".
Macaluso ricorda quanto è successo sui temi "eticamente sensibili", ovvero quei valori detti "indiscutibili" da parte della Chiesa. Prodi si era definito "cattolico adulto" circa il referendum sulla procreazione assistita, ed "ha pagato quel gesto".
La conclusione di Macaluso è drastica: le scelte debbono essere "nette e concrete". Ma ciò facendo non si potrà raggiungere mai l'unanimità sbandierata ad Orvieto dal Pd. Però quelle scelte sono necessarie a capire "cos’è e cosa vuole" il nuovo partito.
In tema di rapporto fra Stato e Chiesa, va registrata con soddisfazione la presa di posizione di "Famiglia Cristiana" contro le impronte digitali per i bambini rom: "...uno Stato di polizia mostra il volto più feroce (...). Perché non c'è la stessa ostinazione nel combattere la criminalità vera in vaste aree del Paese? Rende meno, forse, politicamente? (...) La schedatura di un bambino rom, che non ha commesso reato, viola la dignità umana".
Sul tema, vedi il mio post "Indifferenti" del 27 giugno.
[Anno III, post n. 203 (580)]

01/07/2008
Fatemi capire

A maggio ho avuto 12.391 visitatori. A giugno 4.819.
A maggio i nuovi visitatori sono stati 11.179 (90,22%). A giugno 3,937 (81,7%).
Le pagine viste a maggio, 16.974; a giugno 6.913.
Il calo è stato spaventoso: 10.061 in meno, quasi il 60%.
Eppure: sono rimasto al sesto posto nella graduatoria della Stampa, e sono salito dal 669° al 543° in quella generale dei blog.
Qui c'è qualcosa che non va... me lo spiegheranno gli esperti?
A maggio ho avuto cinque segnalazioni in home della Stampa. A giugno soltanto tre, l'ultima il giorno 13 giugno.
Poi la mia proposta (12 giugno) del blog collettivo è stata realizzata il giorno 15 da Gobettiano. Quindi casualmente, di certo, non sono stato più segnalato.
Dovevo, stando così le cose, retrocedere: invece no, sempre al sesto posto nei blog della Stampa, ed anzi migliorato nei top blogs.
Fatemi capire. Intanto divertiamoci con la statistica, i numeri sono fatti: le graduatorie elettroniche un mistero.
[Anno III, post n. 202 (579)]

Antonio Montanari


2732/22.02.2018