Politica. Articoli vari del mese di Aprile 2008, blog de "La Stampa"

19/04/2008
Prodi non tace
Romano Prodi boccia senza mezzi termini il progetto veltroniano di costituire un Pd del Nord: "Il Pd e' nato come partito su base federale regionale. Allora non si puo' cambiare le basi ogni due mesi, seguiamo le regole del Pd e andiamo avanti". La notizia è di qualche ora fa. Ormai chiamatosi fuori dal gioco di partito, il professore farà il nonno, ma non racconterà favole ai nipotini quando parlerà in pubblico. E ben gli starà a Veltroni and C. per il modo con cui Prodi è stato trattato prima e dopo il voto.
«Rimpianto dei Prodi» s'intitola la nota settimanale di Giorgio Bocca su "L'espresso", da cui prendo due citazioni, invitando a leggere il testo completo: "Romano Prodi e la sua famiglia appartengono a quella media borghesia che ogni società civile considera il suo sostegno: professori, scienziati, amministratori, economisti, storici, di buoni studi, uomini per bene con mogli e figli per bene, pronti come Prodi a pagare le ambizioni politiche con le fatiche e i sacrifici propri del 'servitore dello Stato'".
L'altro passo di Bocca ricorda ciò che Prodi non è, né un miliardario né un seduttore, ma (soprattutto, aggiungo io) "non ha rubato" pur essendo stato "nella concentrazione più alta della finanza e del potere pubblico".
Ricorderei al proposito che, oltre a non aver rubato, è stato al centro di particolari attenzioni dei suoi avversari che hanno inventato varie favole contro di lui. A dimostrazione che spesso chi ha certe colpe, per mettersi a posto la coscienza cerca di attribuirle anche al 'nemico' che governa.
Ne ho parlato qui tra l'altro il 28/10/2006: "Abbiamo dei giornali che hanno inventato ripetutamente finti scandali per colpire Romano Prodi ed il suo circolo bolognese, e guarda caso la storiella dell'ultima vicenda è partita proprio sotto le due torri con un giornalista diventato "portavoce" informale della Curia bolognese e di quelle romagnole per via dei legami televisivi che egli ha con loro grazie alla emittente bolognese che dirige. Sono ambienti che sanno bene come muoversi, cautamente ma non castamente, perché alla fine il segno dei loro misfatti lo lasciano".
Prodi non tace, come dimostrano le poche ma sentite parole di oggi. Gliene dobbiamo essere grati, non perché sia più simpatico di altri, ma per il fatto contrario: personalmente mi provoca meno agitazione degli altri.
In questo momento si cerca una formula per descrivere il nuovo che avanza. Nel senso del nuovo che resta dal vecchio, non del nuovo che viene avanti (Bossi e Berlusconi non sono di primo pelo). Io questa formula ce l'avrei bella e pronta, ed a poco prezzo: "Supercazzola" come dicevano in "Amici miei". Nessuno tranne loro sapeva che cosa significasse. Lo stesso può dirsi dell'attuale momento politico, in cui molti corrono dietro alle farfalle, cercando di catturarle per saperle descrivere.
Circa la "gaffe ufficiosa" di ieri di Berlusconi contro la giornalista russa, la FNSI ha precisato in una nota che negli ultimi dieci anni in Russia sono morti "più di 200 giornalisti". Questo per delineare i contorni dello scherzo, e del pianto di Natalia Melikova. I tg hanno mostrato il filmato della scena. Mentre il cavaliere gesticolava con le mani, Putin, lo sguardo gelido, annuiva senza scherzare.
[Anno III, post n. 123 (500)]

18/04/2008/
Gaffe ufficiosa
Mi devo esser perso qualche puntata. Sì, le elezioni le ho viste. Ma poi, quando è stato nominato il nuovo premier? Dai tg sembra che Berlusconi sia nel pieno esercizio delle sue funzioni. La visita sarda di Putin è presentata come fosse un fatto ufficiale.
Dunque, Prodi è già uscito di scena? Deve averlo fatto con la discrezione che gli è tipica. Ed anche (o soprattutto?) per non irritare il perdente (o perduto?) Walter Veltroni. Il quale ogni giorno dice a destra ed a manca che se è stato sconfitto, la colpa è tutta del vecchio governo del vecchio professore di Bologna.
Comunque siano andate le cose, certo è che il cavaliere domina il nuovo palcoscenico della politica italiana con la sicurezza di chi si dimentica che l'ottimo amico Bossi gli fa un solletico continuo e terribile, quasi una tortura.
Gli è tornata la voglia di scherzare, a Berlusconi. Una giornalista russa (a destra, da Sky) ha chiesto notizie a Putin sulla sua presunta fiamma, Alina Kabaeva (nella foto a sinistra): "E' vero che lei vuole divorziare? Non pensa a sua figlia, che oltretutto vive all'estero?.
Putin s'è alterato: "Non è vero nulla", mentre il cavaliere cercava di sollevare l'ospite mimando una mitragliata contro la giornalista russa. La quale non c'è ovviamente rimasta bene, sapendo come vadano certe cose nel suo Paese. Ed alla fine, dopo un po', ripensandoci si è messa persino a piangere.
Il cavaliere che non sa come vadano certe cose per la stampa in Russia, ha continuato a ridere. Assieme a Putin. Conquistando il primato della gaffe commessa ancora prima di entrare ufficialmente a palazzo Chigi. Insomma una gaffe ufficiosa e non ancora ufficiale.
Dalla Sardegna a Budapest. Questa modella sembra essere l'allegoria della gaffe di Berlusconi. Se "sotto il vestito niente" (ovvero la solita minestra di populismo), dietro la maschera del nuovo governo c'è il consolidato repertorio del cavaliere che ci ha screditato sulla scena internazionale.
[Anno III, post n. 122 (499)]

17/04/2008
Soldato Fausto
Oggi Francesco Merlo ha lanciato su "Repubblica" un appello: "Salvate il soldato Fausto" (Bertinotti). Soltanto per "salvare gli interessi deboli, dell'Italia povera". E nell'elenco delle categorie che compongono questa "Italia povera", Merlo inserisce anche la mia, quella degli "insegnanti, che guadagnano meno degli operai qualificati".
Merlo forse non lo sa, ma se c'è stato un 'mondo' politico avverso agli "insegnanti" è stato proprio quello rappresentato dal "soldato Fausto".
Nell'ultimo mezzo secolo, soltanto due interventi sono stati operati per sfamare il corpo docente. Negli anni '50 del secolo scorso da Amintore Fanfani il quale aumentò le paghe degli insegnanti senza che ci fosse stata nessuna loro azione sindacale. Fu commosso dallo stato pietoso in cui essi versavano, e dalla condizione di afonia politica che in loro provocava il senso della missione educativa.
Poi quasi trent'anni fa ci fu un'azione unitaria di tutti i sindacati confederali (Cgil, Uil, Uil) che mobilitò per il personale della scuola persino le fabbriche.
Dopo più nulla è avvenuto, per il disinteresse della classe politica intera, protesa a conseguire altri obiettivi che non fossero quelli della dignità salariale dei docenti.
Il "riformista" Veltroni se avesse vinto non avrebbe fatto nulla per loro. Il "liberale" Berlusconi non farà nulla. Le priorità sono sempre altre.
Circa la questione del "salvare gli interessi deboli, dell'Italia povera", se può servire anche "il soldato Fausto", va bene la proposta di Merlo. Ma possibile che, anno Domini 2008, soltanto questo antico politico che ultimamente parlava soltanto delle sue visioni mistiche, debba avere il monopolio nella tutela "dell'Italia povera"?
Il soldato Fausto andrebbe salvato per un altro motivo: rappresenta una delle voci del dibattito storico e politico dell'Europa.
La "porcata" della legge elettorale ci ha avviato ad una specie di (falso) bipartitismo mascherato da bipolarismo. Non vorrei che in entrambi gli schieramenti usciti dalle urne, si facesse strada l'idea che si governa bene soltanto con un unico partito. Se si mettono a studiare il trucco, questi qui ci riescono... L'unico capace di resistere sarà alla fine soltanto Bossi? Ad maiorem gloriam Legae...
A proposito di Lega: essa ha ereditato il disprezzo 'operaio' verso chi opera nel mondo della scuola: per i padroncini del Triveneto contava soltanto, sino a poco tempo fa, l'avviare i figli giovani al lavoro. Per loro la cultura era una perdita di tempo.
Anche questa è una 'visione' che andrebbe ridiscussa nel contesto attuale. Per verificare se sopravvive.
Mentre la scuola decade sempre più nella preparazione dei nostri giovani, l'unica speranza sta nella buona volontà e nell'intelligenza dei figli degli immigrati. Di qui a vent'anni saranno essi che assumeranno in nero i 'vagabondi' eredi della cattiva borghesia italiana. E saranno questi eredi a sognare un santo protettore come quel "soldato Fausto" a cui oggi Merlo attribuisce virtù taumaturgiche per sollevare le sorti dell'Italia povera. O per meglio dire dei poveri d'Italia.
[Anno III, post n. 121 (498)]

17/04/2008
Politici utili
La sindacalista delle prostitute romane, Maria Ornella Serpa, dice: "Senza i politici noi moriremmo di fame". Da un'anticipazione del Venerdì di Repubblica.
[Anno III, post n. 120 (497)]

16/04/2008
La festa è finita
"Ci saranno momenti difficili", con riforme che "avranno anche contenuti di impopolarità". Parole del futuro leader Berlusconi. Prodi se la ride sotto i baffi.
La festa è finita, anche per il cavaliere. Niente miracoli, l'ordinaria storia della crisi mondiale cancella lentamente i sogni e le promesse elettorali di meraviglie per i grandi destini economici dell'Italia.
[Anno III, post n. 119 (496)]

16/04/2008
Prodi lascia il Pd
L'uovo di Pasqua di Prodi a Veltroni conteneva un regalino che per correttezza politica è stato scartato pubblicamente soltanto ora. Era l'abbandono della guida del Pd, il partito nato dal suo progetto di un'unione di centro sinistra, che poi aveva ottenuto la vittoria alle elezioni del 2006.
La lunga marcia di Veltroni, ha portato alla sconfitta elettorale del Pd ed alla crisi dello stesso partito. Il governo Prodi era apparso la causa di tutti i mali. Al mercatino della furbizia, il gioco è stato pesante contro l'ex leader, che ha raggiunto un primato da record. Odiato dai compagni d'avventura, malvisto in Vaticano, disprezzato da quelli che per tutta la campagna elettorale hanno falsificato i dati economici, accusando il professore di Bologna di ogni male della società italiana.
Prodi è stato onesto e capace. Grazie per averci dato due anni di tregua al bonapartismo del gruppo di Arcore.
Il professore non sa comunicare, anziché parlare borbotta. Ma meglio così piuttosto che il grido assordante della concorrenza.
Due considerazioni in margine.
1. Con Prodi, la "sinistra" era andata verso l'arcobaleno. Dopo la campagna di Veltroni, ritornerà alla falce e martello.
2. Vaticano. Ieri ricordavo che a Casini il Vaticano aveva affidato la missione di diventare l'ago della bilancia del quadro politico italiano.
Sul tema ho letto poi ieri sera un pezzo di "Repubblica": "Il Vaticano colto di sorpresa" (di Marco Politi). "Non era questo il risultato, che si attendevano Vaticano e Cei".
Resta quindi aperta la questione su che cosa è successo.
[Anno III, post n. 118 (495)]

15/04/2008
Ottimista
Sono stato troppo ottimista. Ed ho perso la scommessa. Avevo creduto che il confronto elettorale finisse alla pari e che l'arbitro diventasse Casini, già investito della missione dal Vaticano nei mesi scorsi. Che cosa sia successo nel frattempo, lo diranno gli specialisti non so fra quanto tempo.
Per capire come siano andate le cose, mi sono limitato a prendere in considerazione il mio borgo selvaggio. Con i dati relativi al solo Comune e non all'intera provincia.
Voto del Senato. Confronti sul 2006. La Lega guadagna 2.534 voti, il Pdl perde 920 voti. La Destra-Fiamma ne prende 2.165.
Il Pd guadagna 4.476 voti rispetto a DS e DL. Da dove li ha presi? Non certo da sinistra, forse anche da Casini che ne ha persi 1.911 rispetto a due anni fa.
Voto della Camera. Pdl perde 1.546 rispetto a AN+FI del 2006.
La Lega guadagna 3.061 voti (da 1.969 passa a 5.030). Il saldo negativo di Pdl (-1.546) e l'avanzata della Lega (+3.061) danno un saldo attivo di 1.515 alla coalizione di Berlusconi.
Pure a livello locale, Lega e Di Pietro sono le due sorprese. L'ex magistrato alleato con Veltroni al Senato guadagna 1.109 voti. Alla Camera da 1.924 passa a 4.074 (+2.150).
Sia a livello locale sia a quello nazionale le due liste vittoriose negli apparentamenti saranno capaci di fare vedere i sorci verdi agli alleati, dato il forte carattere dei rispettivi leader, Bossi e Di Pietro.
Per completare il quadro locale: il Pd che si arricchisce per via moderata, non è una novità. Due anni fa, alle comunali Forza Italia perde il 52,13% dei voti, mentre AN sale del 16,26. Una fetta del Polo vota per il Centro-sinistra. A luglio 2006 l’ex candidato sindaco del Polo decide di non votare contro la giunta ma di astenersi sulle linee programmatiche del governo cittadino.
Quanto accaduto nel 2006 ha anticipato il risultato del 2008. Con un progressivo spostamento al centro del neonato partito "riformista". D'altro canto la candidata locale eletta ora alla Camera, aveva debuttato in politica come assessore comunale con una dichiarazione di neutralità che anticipava la svolta centrista che ha portato al tracollo elettorale di Walter Veltroni in sede nazionale: "Non sono mai stata iscritta né vicina ad alcun partito, e più che interrogarmi sul centro-destra o sul centro-sinistra, alla proposta di un impegno in giunta, mi sono chiesta se mi sentivo di tirarmi indietro davanti all’opportunità di operare, da un altro punto di vista rispetto a prima, per le persone e la città".
Post scriptum. Da "Le Monde" appena uscito: "On aurait pu croire les Italiens échaudés par les deux précédents gouvernements Berlusconi (1994-1996 et 2001-2006). L'Italie n'en était sortie ni grandie ni plus prospère. Mais il faut croire que le pouvoir de séduction du vieux milliardaire agit toujours".
[Anno III, post n. 117 (494)]

15/04/2008
Un, due, tre
Era il titolo di un famoso varietà televisivo con Tognazzi e Vianello. Che facevano i comici e non i politici. Adesso "Un, due, tre" è il tormentone dei politici che rischiano di finire per essere considerati comici.
Nessuno ha mai visto la fine della prima Repubblica. Addirittura ora parliamo di conclusione della seconda e di avvio della terza con quella legge elettorale che sì ha estirpato i "cespugli" in nome del bipolarismo, ma ha pure decretato la nascita di un bipartitismo che non ha nessuna logica storica.
Chi l'ha voluto, se non appunto quella legge che sarà sottoposta a referendum elettorale, e che forse ci si accingerà fra poco a cambiare?
Nella frenesia dei calcoli e dei regolamenti di conti di queste ore, sarebbe utile ricordarsene.
Si è fatta coincidere la fine della prima Repubblica con un'indagine giudiziaria che ha travolto i partiti di governo. Allora applaudivano le tivù del cavaliere, che così ebbe la piazza pronta per scendere in campo.
Adesso l'uomo di Arcore (adesso per modo di dire, da un bel po' di anni), inveisce contro la magistratura. Può bastare questo suo modo di agire per decretare il cambiamento, e dire che pure la seconda Repubblica (mai vista nascere sulla carta) è pure essa tramontata?
[Anno III, post n. 116 (493)]

14/04/2008
Allegria
Allegria, come dice sempre il futuro senatore a vita Michele Bongiorno.
Allegria, l'Italia risorgerà, miracolata dal cavaliere solitario, e cambieranno tutti i telegiornali Mediaset sino a queste ore impegnati a dimostrare la miseria di un Paese governato da quel losco comunista di Romano Prodi, uno a cui Stalin avrebbe fatto un baffo.
Post scriptum. Vi racconto in due righe gli appuntamenti elettorali di prestigio del Pd organizzati nel mio borgo selvaggio la settimana scorsa. Uno riguardava la salvaguardia del dialetto, la domenica (6 aprile) prima del voto. L'altro (martedì 8 aprile) era una commemorazione di Aldo Moro, con il sen. Sergio Zavoli e l'on. Pierluigi Castagnetti, a cui hanno partecipato pochissime persone.
Se si perdono le elezioni, non è colpa di un destino cinico e baro, come diceva Giuseppe Saragat. Forse è il caso che qualcuno cominci a fare un esame di coscienza, a meno che le cose vadano bene a tutti così come sono andate.
[Anno III, post n. 115 (492)]

13/04/2008
Tromboni, solo di carta?
Tromboni Per i giornali la rivoluzione arriva dal web. Parola di Carl Bernstein, "eroe del Watergate": "Internet è una grande opportunità per i lettori, che possono crearsi i propri giornali, ponderati sulle rispettive preferenze. [...] Il giornale tradizionale sopravviverà ma sarà in equilibrio con queste nuove realtà editoriali. Sono gli albori di una vera rivoluzione".
In Italia non mi sembra che si parli tanto dell'argomento. Anzi, c'è una robusta diffidenza verso Internet. Non so se è un'impressione personale. Chiedo quella dei lettori e dei colleghi blogger. Ricordando il titolo dell'intervista a Bernstein: "Giornalismo malato di gossip".
Ieri, a proposito di cinema e giornali, un articolo di Andrea Scanzi sulla "Stampa" definiva "Internet e gossip, i killer dei recensori". Consolatoria la frase di Edmondo Berselli: "Addio ai vecchi tromboni".
Il problema, a questo punto, è evitare che i vecchi "tromboni" della carta stampata siano sostituiti da quelli nuovi del web.
[Anno III, post n. 114 (491)]

12/04/2008
Solo da noi
Da noi, soltanto da noi non si fa. La pubblicità di Sky apparsa oggi "contro" la par condicio che non permette i dibattiti diretti come all'estero, è una lezione di educazione civica. Viene da un concorrente dell'inventore delle "tivù libere" che, stranezza della vita, è anche uno dei leader in campo per la scelta elettorale di domani. Anzi il probabile vincitore.
[Anno III, post n. 113 (490)]

12/04/2008
Zapatere
Sono le nove "Zapatere", le nuove nove ministre, contro otto maschi, del governo Zapatero. Bibiana Aido nella striscia centrale, è la più giovane, 31 anni, e gestirà il dicastero della Eguaglianza. "Bibiana Aído, ministra y bloguera", la presenta "el Mundo". Carme Chacon è alla Difesa...
Senza farla lunga, una domanda "elettorale italiana", visto il clima e considerando le urne di domani: sarà mai possibile avere anche da noi un governo di 17 (direbbero che il numero è infausto) componenti, dei quali nove donne e otto uomini (soltanto); ed una di quelle signore addirittura alla Difesa?
[Anno III, post n. 112 (489)]

11/04/2008
Nel pallone
Letteralmente, siamo andati nel pallone. Ovvero siamo "in stato di confusione mentale, disorientati". E non per colpa nostra. E ci siamo andati, nel pallone, per colpa del pallone stesso. Di quel pallone usato politicamente per confondere e complicare le cose.
Ieri il cavaliere al Colosseo aveva detto che Totti era «fuori di testa» per aver appoggiato il candidato sindaco del Pd, Francesco Rutelli. Oggi, la solita rettifica o smentita accompagnata dalla consueta accusa: tutta colpa della sinistra.
Con un'aggiunta che dice tutto: "Totti è un grande campione, una bandiera della sua squadra. Gli ho sempre voluto bene, del resto anche la moglie lavora a Mediaset". Ancora una volta, dunque, ha parlato la "voce del padrone". Così Berlusconi oggi in un collegamento telefonico con "Radio Radio".
Aspettiamo il sabato del silenzio, e volete che nel sabato del villaggio (globale) non dica niente il signore di Arcore? Aspettando la domenica del voto e il lunedì degli scrutini, siamo sicuri che ogni ora che passerà sarà scandita da qualche affermazione strana o irriguardosa.
Siamo abituati a tutto, ma sarebbe bello che un padrone avesse consiglieri fidati, capaci di calmarlo in attesa degli eventi. Sarebbe un sogno che un amico gli dicesse "Silvio adesso per favore andiamo a spasso, a microfoni spenti". Per rispettare quel poco di spirito democratico che aleggia ancora nel Bel Paese.
A Berlusconi non sono servite le smentite di Ciampi. Ieri alla "Stampa" ha ripetuto la solita accusa di aver manipolato la legge elettorale a favore della sinistra, richiamando ancora "la decisione di un ex-Capo dello Stato [...] per favorire la sinistra che può contare sempre e comunque sulle regioni rosse".
Quindi non possiamo essere ottimisti per le prossime 24 e 48 ore. In un modo o nell'altro qualcuno direttamente o per conto terzi vorrà confermarci che siamo veramente "nel pallone".
[Anno III, post n. 111 (488)]

10/04/2008
Noi pantere grigie
Nella chat di oggi pomeriggio del "Corrierone" condotta da Beppe Servergnini, Walter Veltroni ha spiegato che l'Italia deve diventare un Paese moderno ed europeo. Ha ragione. Ma ha torto quando per arrivare a questa conclusione parte della premessa sulla "vecchiezza del Paese", giustificandola con il modo di agire del "principale esponente nello schieramento avversario".
Berlusconi è vecchio non per anagrafe come pensa Veltroni, ma nei modi e nelle linee politiche. Ormai la sua campagna elettorale non è altro che stanca ripetizione di uno schema mentale: dice una cosa assurda, poi la smentisce oppure ne incolpa i giornalisti.
Ma il Paese non è vecchio, della "vecchiezza" di cui parla Veltroni. Il Paese non è Berlusconi, se appare vecchio è per colpa pure degli alleati (giovani) di Berlusconi, come ad esempio Fini che ogni volta, davanti a dichiarazioni "impossibili" del cavaliere, si smarca per poi sottomettersi ed obbedir tacendo.
Il Paese è vecchio come anagrafe? Ma è una colpa essere vecchi? Se questo è il retro-pensiero di Veltroni, sbaglia la mira del discorso, perché ogni società deve impostarsi sul dialogo fra giovani e vecchi, come era quando noi eravamo giovani.
Se poi tutta la manfrina è per giustificare liste di beneficiati dall'alto, e sappiamo come, allora caro Veltroni, vecchio sarà lei che prende in lista raccomandati e spera che gli elettori non se ne accorgano.
10042008veltroni02Post scriptum. Tutto questo inno "Giovinezza, giovinezza" non è un po' troppo ricalcato su altre idee, ideologie o campagne politiche un poco vecchiotte e con quei bei risultati che tutti conosciamo, ad esempio dal 1940 al 1945?
[Anno III, post n. 110 (487)]

09/04/2008
Voto, caos mentale
Il gran finale del voto 2008 procede peggio della peggiore previsione.
Ingenuo fin dalla suola delle scarpe appare Veltroni nello scrivere al suo avversario quella infelice lettera sulla fedeltà alla Costituzione.
Ma il buon Walter non si è ancora accorto di che pasta è fatto il cavaliere? Il quale oggi è ritornato sul tema dei brogli, invitando la sinistra ad "evitare altri trucchi".
Veltroni poteva evitare di rispondere, giustificandosi: "La sinistra non siamo noi". No, ha detto: "Ma una persona così pensate che possa governare un Paese?". Purtroppo è già successo, e forse l'avremo ancora a palazzo Chigi.
Più a sinistra di Veltroni rischia di apparire la signora Santanché quando rifiuta il discorso sul "voto inutile" e ricorda che, dire certe cose, significa non aver rispetto della democrazia "che è costata molte vite".
Perbacco, una signora con la "fiamma" nel cuore e nel simbolo elettorale, evoca i "fantasmi" della perfida sinistra, Resistenza Liberazione dal nazi-fascismo e Democrazia, che persino il moderato Berlusconi odia a più non posso?
Una signora che con estrema sincerità e rivendicando una franchezza di linguaggio, che una volta era appannaggio soltanto delle donne di estrema sinistra, sentenzia: "Silvio è ossessionato da me. Non gliela do".
Abbraccio Inconsapevolmente, la signora della "fiamma" ha battuto una sua rivale di opposta fazione, la candidata Milly D'Abbraccio. La quale, per corrispondere al proprio cognome, costringe ad una specie di kamasutra elettorale. Se vi si avvinghia, almeno in immagine, vi sarà difficile guardarla negli occhi. Infatti, come avverte Gianluca Nicoletti, dai manifesti esibisce "terga scultoree che fuoriescono da un collant a rete rosa shocking".

Il candidato leader del Pdl propone un baratto: presidenza del senato al Pd, noi al governo ed al Quirinale. Dove, come ampiamente previsto nei piani non tanto segreti del Pdl, dovrebbe salire il cavaliere, lasciando a Fini la seggiolona di capo del governo.
Ma per dimostrare che nella vita tutto è più dovuto alla parte esibita dalla candidata D'Abbraccio che all'intelligenza, potrebbe occuparla, quella seggiolona, l'odiato Casini, amato dai cattolici di centro e di destra e pure da quelli riformisti, come si chiamano oggi, od adulti come li sbeffeggia Cossiga abusando dell'etichetta prodiana: insomma quelli che albergano more uxorio con Veltroni ma non maledirebbero un incarico al candidato vaticano in pectore.
[Anno III, post n. 109 (486)]

08/04/2008
Cossiga enfant, terrible
La lettera inviata oggi da Francesco Cossiga alla "Stampa" ("Parlando da cattolico infante") riapre un suo vecchio discorso. La straordinaria nonchalanche che egli mostra è più tagliente di un coltello da macellaio.
Quando si definisce "cattolico infante", manifesta un retrogusto che si coglie soltanto se si ricorda che la stessa etichetta l'ha usata altre volte, non tanto per spiegare se stesso ma per attaccare gli altri.
I quali erano rispettivamente il sindaco di Roma ed il presidente del Consiglio Romano Prodi (18 giugno 2007); ed il ministro Rosy Bindi (21 gennaio 2008).
Nel 2007 chiese scusa al papa per le offese arrecate alla Chiesa etc. dal Gay pride, aggiungendo una velenosa postilla su Romano Prodi: "Questa lettera aperta di scuse gliela avrebbe dovuta forse scrivere il Presidente del Consiglio dei ministri, cattolico e 'cattolico adulto': ma egli, e lo comprendo, non può perché ritiene che la politica e la religione debbano essere non solo distinte ma separate...".
Anche con Rosy Bindi citò i "cattolici adulti", infamandoli con la consueta grazia: "non sono un 'cattolico adulto', ma un 'cattolico infante'". I "cattolici adulti" hanno "la pretesa di parlare direttamente con Dio, anche bypassando il Vescovo di Roma e della Chiesa Universale, e cioè il Papa". E credono "di essere, come i catari, i Santi".
Cossiga invece sa soltanto di essere un "cattolico peccatore che si salverá per la Grazia di Dio, mosso dalla quale cerco di cooperare con le buone opere, anche obbedendo al Papa e ai Vescovi".
Nella lettera di oggi, Cossiga ribadisce la totale differenza fra i "cattolici adulti" o "cattolici democratici", e quelli come lui, gli "infanti" o quasi "teodem".
Da profondo conoscitore della teologia (anche se sostiene di saperne soltanto "qualcosa"), Cossiga conduce in porto una perfetta operazione per confondere le menti e le acque della politica.
Il suo gioco dialettico serve soltanto a gettare fango sul movimento di Veltroni, fingendone l'elogio: "Per quanto mi riguarda, forse io voterò per il Partito democratico, anche se ancora non ho ben capito cosa sia!: ma io non sono iscritto a questo partito, e in Parlamento voterò come mi pare, anzi, come appartenente alla Diocesi di Roma e quindi fedele del Vescovo di Roma, che è anche Papa".
A questo punto, caro presidente Cossiga, con tutta la simpatia che nutriamo per lei e che lei costantemente ci ispira (come pubblicamente le testimoniammo), non ci resta altro che dire: "Viva Porta Pia".
[Anno III, post n. 108 (485)]

07/04/2008
Cannoni e cannoli
Umberto Bossi non è nuovo a 'sparare' la minaccia del ricorso alle armi per imporre le sue ragioni.
L'ultima occasione è stata la sortita contro le schede elettorali (conseguenti alla "porcata" del suo colonnello Calderoli): "Se necessario, per fermare i romani che hanno stampato queste schede elettorali che sono una vera porcata, e non permettono di votare in semplicità e chiarezza, potremmo anche imbracciare i fucili".
Pochi hanno compreso il verso senso di quelle parole. Che cioè, un senso non ce l'hanno. È la solita carotina messa davanti al somaro per farlo camminare. In questo caso, anzi come sempre, nella parabola politica bossiana, il somaro sarebbe l'elettore... Per tenerlo dalla propria parte, le prova tutte, per cui mette in imbarazzo anche i colleghi del suo schieramento.
L'on. Berlusconi se l'è cavata con una frase molto infelice. Se fossi in Bossi la considererei offensiva. Il cavaliere ha detto testualmente: "Bossi ha avuto quello che ha avuto e si esprime per slogan".
A questo punto, dopo aver detto che da sempre non condivido nulla di quello che sostiene Bossi, mi sento moralmente dalla sua parte. Berlusconi lo fa passare per quello che non è. Bossi è capace di intendere e di volere. Dal punto di vista medico-legale. Da quello politico, è un altro paio di maniche (soggettivamente, dal mio punto di vista). Troppo comoda appare l'etichetta del malato appiccicata all'amico per svicolare dalla questione politica. Ma questa è la politica italiana.
Obiettivamente viene da chiedersi: c'è da allarmarsi per le minacce di cannoni che potrebbero scendere dalle valli alpine per marciare su Roma, o piuttosto non sono da temere di più le feste a base di cannoli?
Ieri Totò Cuffaro ha ordinato un vassoio di cannoli da offrire a Berlusconi in visita a Palermo. Il suo rivale Gianfranco Miccichè, presidente dell'Assemblea regionale siciliana, s'è premurato di spiegare alla stampa: "Mi risulta che Berlusconi non ami i cannoli".Cannoli
Va bene. Berlusconi forse non ama i cannoli, da quando sono passati alla storia della Repubblica per merito dello stesso Cuffaro. Il quale li ha usati durante i festeggiamenti dopo una condanna in primo grado a cinque anni di reclusione ma senza l’aggravante di aver favorito la mafia.
[Anno III, post n. 107 (484)]

06/04/2008
Villaggio insegna
Strepitosa intervista ieri sera a "Che tempo che fa" di Paolo Villaggio per la presentazione di un suo libro, "Storia della libertà di pensiero". Elegante, serio come deve recitare un comico serio, Villaggio ha impartito una bella lezione intellettuale a quanti dimenticano le piccole regole del "pensare rettamente". Tra cui c'è quella di non appiattirsi sulle ovvietà, e se possibile di marciare controcorrente, almeno un poco, se non sempre.
Una delle cose migliori che la cultura e la politica contemporanea potrebbero riservare a noi umilissimi spettatori dei giochi da circo romano ("panem et circenses": tanto per farci passare il tempo e la fame della verità), sarebbe un confronto fra Paolo Villaggio e Giuliano Ferrara.
Giuliano Ferrara, sì proprio lui, il candidato ad una beatificazione immediata e sponsorizzata dalle più belle menti del giornalismo italiano, oltre che dal cardinal Caffarra di Bologna.
"Repubblica" di ieri ospitava una lettera di Ferrara in cui spiegava di aver voluto evitare un confronto (il terzo) con il prof. Ignazio Marino perché costui è "un uomo molto noioso".
Il prof. Marino ha risposto nella stessa sede: Ferrara non si è presentato "perché sapeva di perdere, come è accaduto nelle due altre occasioni".
Il prof. Ernesto Galli della Loggia non deve aver letto la dichiarazione del prof. Marino prima di stendere un approfondito saggio apparso sul "Corriere della Sera" di oggi come articolo di fondo, intitolato "L'invenzione dei mostri".
Se l'avesse letta, forse avrebbe inserito lo stesso prof. Marino nella lista dei reprobi che usano disprezzo e manipolazione nei confronti di chi la pensa diversamente.
Certamente, Galli della Loggia non avrebbe cambiato la sua opinione, tanto saldamente arroccata sulla posizione avversa ai critici del "povero" Ferrara, martire della perfidia di tanti avversari. Che lo dipingono come "una sorta di orco antiaborista, uno che voleva ricacciare le donne nella clandestinità delle mammane".
Galli della Loggia non ricorda la definizione di "assassine" usata da Ferrara verso le donne che hanno abortito. Il termine, preso dal linguaggio giuridico, ha una sua valenza terribile, che non dovrebbe sfuggire ad un intellettuale raffinato come Galli della Loggia.
Il quale da storico sa bene che in tempi anche remoti la dialettica politica è stata sempre piuttosto violenta da tutte le parti, preti e frati compresi. Un ricordo di famiglia. Il fratello di mia madre ebbe un contraddittorio nel dopoguerra, per le prime elezioni democratiche, con il cappuccino padre Luigi Samoggia. Il quale, sconfitto nel confronto dialettico, gli scaricò addosso anatemi e maledizioni. Per chiudere elegantemente lì il discorso.
[Anno III, post n. 106 (483)]

05/04/2008
Voto vuoto
Walter Veltroni scopre soltanto ora che il suo avversario fa una campagna elettorale in «modo assolutamente incivile».
La risposta indiretta del cavaliere non tarda: è un appello al capo dello Stato perché garantisca la regolarità del voto, messa in forse dalla impostazione grafica delle schede elettorali.
Secondo Berlusconi, esse "inducono più facilmente all’errore che all’espressione di un voto regolare".
Dunque, finito il discorso sui contenuti tutto gira attorno a giochi retorici per distogliere l'attenzione della gente dai problemi reali del Paese. Prima si diceva attenti ai brogli, adesso attenti alle schede perché la gente non capisce nulla.
Non è che gli amici e colleghi di Veltroni (sarebbe esagerato dire compagni) non siano sintonizzati sulla stessa lunghezza d'onda dei giochi retorici.
Domani nel mio borgo selvaggio si tiene una grande manifestazione del Pd sul tema: "Le parole da non scordare".
Pensate un po': la gente è in crisi per i mutui, gli aumenti dei prezzi e delle tariffe, e qui si offre come massimo della discussione politica, ad una settimana esatta dal voto, questa convention sul dialetto: "E' un modo di esplorare la nostra cultura, ma anche, per chiunque interverrà, per portare le parole e il loro significato con sé, nel futuro. Potrà farlo sui due muri che verranno allestiti, di cinque metri, dove segnare pensieri, parole, figure importanti del nostro tessuto", ha spiegato Andrea Gnassi, segretario provinciale del Partito Democratico.
Citiamo dal sito ufficiale del Pd. Dove si legge che alla base della manifestazione c'è la coscienza che "la perdita di una parola non è solo la perdita di una sfumatura".
Utile spiegazione che si può fornire magari a chi perde il lavoro: "Ma che cosa vuoi che sia mai... Vuoi mettere in confronto con la perdita di una parola in dialetto nel nostro parlar quotidiano?".
In italiano la risposta potrebbe essere: "Ma va a c....". In dialetto, i nostri vecchi dicevano: "Ma va' in te dom", vai nel duomo. Chissà perché: non lo sappiamo, non siamo esperti. Attendiamo lumi domani dall'incontro del Pd, intitolato appunto "Us geva isé". Si diceva così.
Per non restare isolati ed incompresi, noi aderiamo toto corde all'espressione nazionale, tra Pasolini e Moravia, "Ma andate a c....".
[Anno III, post n. 105 (482)

04/04/2008
Messe cantate
Messe cantate, messe in piega o messe in opera che siano, le dichiarazioni a favore di Giuliano Ferrara pronunciate da quasi tutte le forze politiche di governo e d'opposizione (compresi Prodi e Bertinotti), suonano come ipocrite testimonianze di circostanza.
Ai funerali si va compunti, alle sfilate di carnevale si deve ridere per forza. Non si può essere se stessi.
Premetto: mi considero non-violento, se fossi stato più giovane avrai fatto obiezione di coscienza al servizio militare pur avendo avuto un antenato che ha combattuto nel 1859 per l'unità d'Italia, se fossi stato più vecchio avrei dovuto decidere da quale parte stare negli anni drammatici della guerra. Ricordo una frase di Furio Colombo ad una manifestazione commemorativa della Shoà: "Nella vita di tutti arriva il momento delle scelte".
Non sto con Ferrara non perché voglio stare con i violenti che alla fine sbagliano pure il bersaglio e tirano le sedie in testa ai giornalisti. Successo a Bologna. Non sto con Ferrara perché lui stesso dimostra di voler essere violento nel definire "assassine" le donne che hanno abortito. Non so che cosa gli frulli adesso in testa. Ferrara è sempre stato un amabile conversatore anche quando sosteneva tesi che non condividevo. È una penna eccezionale, un intellettuale di razza, uno che se non stai attento fa l'incantatore, come quelli che ipnotizzano i cassieri delle banche. Ponendosi sul limitare tra la convinzione esercitata lecitamente ed il plagio che un tempo era un reato, ma che possiamo considerare soltanto come un'opzione pericolosa nella economia sociale.
Ha ragione Mughini che stamani su "Libero" ha scritto un pezzo su di lui, intitolato "Se semini vento...". Ferrara ha sempre seminato vento, ma una volta aveva la grazia di un damerino salottiero, un giovin signore dai modi burberi che sapeva sdrammatizzare con una strizzatina d'occhio nel salottino televisivo in cui dominava con un pugno di ferro ben nascosto nel guanto di velluto. Adesso il guanto di velluto è diventato un guanto di sfida, con la violenza verbale che mette in pratica sopra un tema drammatico come è quello dell'aborto. Per questo non convince, non invita al dibattito, ispira un senso di distacco come lo ispiravano un tempo i predicatori di una neutralità armata condensata nel famoso motto "Nè con lo Stato né con le BR".
Ma non convincono neppure le messe cantate, messe in piega o messe in opera che siano, ascoltate nelle ultime ore per difendere il "diritto di parola" di Ferrara. Ha ragione Mughini: andando nelle piazze, Ferrara trova non soltanto sostenitori, ma "soprattutto quelli che per invidia e per mediocrità odiano" lui, la sua silhouette, la sua storia intellettuale, i suoi cangiamenti di opinione, i suoi redditi, "che odiano tutto questo più di ogni altra cosa al mondo. Basta saperlo, e uno di lungo corso come te non può non saperlo". Se si scende nell'arena, può vincere il torero, ma anche il toro può 'adirarsi'.
Viviamo una stagione in cui non si ha più il senso del ridicolo. Quando Follini dichiara che il Pd di Veltroni sarà la nuova Dc, scopre l'acqua calda.
Si scandalizza inutilmente Maria Giovanna Maglie che ricorda: "Com’era che dicevamo? 'Non vogliamo morire democristiani'. Era il nostro slogan di ragazzi comunisti...".
Un'altra allieva, la Maglie, della scuola di Ferrara, che si è nutrita di molte ovvietà ed adesso ha bisogno dell'oracolo di Follini per scoprire i misteri di Veltroni?
Una bella battuta: Ferrara accolto dalle "ovazioni" (copyright di Maurizio Crippa). Ma non di sole battute vive l'uomo. Serve anche l'intelligenza da usare sul terreno della vita sociale di ogni giorno. Sai che felicità creativa dare delle "assassine" alle donne che hanno abortito.
[Anno III, post n. 104 (481)]

03/04/2008
Risse rosa
Ieri sera all'Infedele di Gad Lerner, erano ospiti tutte signore della politica, a discutere più che dei problemi concreti del Paese, di un settimanale che ne ha intervistate altre appartenenti alla stessa categoria, per sapere segreti di seduzione e di comportamento nella vita d'ogni giorno.
Per un'oretta abbondante ho resistito al sonno, poi ho spento il televisore.
Caro Lerner, è vero che la definizione di "quote rosa" non piace a tutti od a tutte le interessate. Ma credo che serva ancor meno stare davanti al video per assistere a "risse rosa" di chi magari fa finta di non capire il nocciolo del problema.
In molti casi il nome di donna serve a mascherare le volontà dei capi-lista (ovvero dei capi-partito), tutti signori uomini. In altri il nome di donna serve per mascherare un rinnovamento che non c'è. E per accontentare poteri forti anche estranei alla vita politica, che impongono quella scelta.
Occorrerà riparlarne seriamente, ma prima bisogna modificare la legge elettorale, non potendo cambiare né costumi né usanze della vita del Paese.
[Anno III, post n. 103 (480)]

03/04/2008
Grazie, comunque
"Appartengo ad un partito che ha sempre dimostrato senso dello Stato". Giuseppe Pizza, segretario della Democrazia Cristiana, insomma si iscrive d'ufficio nelle liste dei benemeriti della Patria: "Rinuncio a far slittare le elezioni. Faremo una campagna elettorale simbolica e rinunceremo a correre alle prossime elezioni".
Forse ha ragione lui: non ne discutiamo né le ragioni di diritto né i meriti in teoria. Quello che è successo ci serve per dimostrare come il sogno veltroniano di cancellare 5.000 leggi con un colpo di bacchetta magica sia la più pericolosa utopia mai affacciatasi in una campagna elettorale.
Poteva bastare un ricorso e la messa in moto di tutti gli esperti ed azzeccagarbugli che affollano le nostre contrade, per coprirci di ridicolo: elezioni indette, elezioni bloccate prima di svolgerle secondo programma...
Suvvia, ma in quale altro Stato poteva succedere questa commedia strappalacrime, una specie di sceneggiata con il "perfido" che diventa "buono" per fare felici tutti, e che si accontenta di così poco: la campagna elettorale simbolica...
Simbolica, sì del degrado del diritto in un Paese che ha corso il rischio di avere come unico appuntamento non prorogabile il festival di Sanremo. Grazie, comunque, Giuseppe Pizza. Vedrà che la faranno senatore a vita, prima o poi.
[Anno III, post n. 102 (479)]

03/04/2008
Sindrome Ferrara
Giuliano Ferrara ha razzolato male 40 anni fa, ed adesso pretende di predicare bene. Se la prende con ragazzi molto giovani, e li accusa di essere gli stessi che tre decenni fa spaccavano le vetrine.
Suvvia, uno come lei, egregio Ferrara, non può cadere in questi tranelli retorici che da solo si prepara per difendersi, chiedendo ascolto dopo averlo negato a quanti dissentono da lei e dopo non aver voluto dialogare con nessuno.
A 17 anni, nel marzo 1968 a Valle Giulia, Ferrara aveva il loden ed un bastone in mano. Non era la "giannetta" da passeggio. Se avesse trovato la testa di un "avversario" da colpire, l'attrezzo sarebbe stato pronto per l'uso.
La lezione di Ferrara nel "mitico" Sessantotto, gli si è rivoltata contro. Faccia un mea culpa per allora, senza tanti timori. Soltanto così può acquistare credibilità come punto di partenza per quel dialogo che è indispensabile in una società che voglia essere democratica non soltanto a parole.
Ha ragione Achille Occhetto a sottolineare che anche Giuliano Ferrara è stato violento contro le donne. Come quelli che lo hanno zittito. Con l'aggravante, aggiungo, che Ferrara fa la vittima. Ma di che? Ha un giornale che vive con contributi pubblici, ed è di proprietà della moglie di un candidato leader alle prossime elezioni. Quindi l'avvenire è assicurato per il direttore del "Foglio". Non altrettanto si può dire di noi "semplici" cittadini, non garantiti da nessuno.
Mi sembra utile riportare al proposito il parere di Eleonora Gitto: "Per chi è schierato dalla parte della difesa della legge 194, della libertà delle donne e della laicità dello Stato, la contestazione a Ferrara non è letta come un attacco alla persona, ma come una manifesta contrarietà alla moralistica campagna antiabortista che criminalizza un atto di libertà consapevole e ragionato, una decisione difficile presa da ogni donna in considerazione di fattori personali, familiari, sociali ed economici".
[Anno III, post n. 101 (478)]

02/04/2008
L'onore del Colle
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, rispondendo duramente a Silvio Berlusconi, ha voluto che fosse rispettato l'onore della carica da lui rappresentata, non tanto quello della sua persona. Ed ha fatto bene.
Soprattutto perché la successiva replica di Berlusconi tendeva a salvare la figura di Napolitano ("Non create casi che non esistono", ha detto ai giornalisti), e di lasciare sotto tiro soltanto quella di Ciampi: "Quanto al fatto che ci sia stato un rapporto dialettico tra me e il presidente Ciampi lo sanno tutti. Abbiamo avuto molte occasioni di divergenze poi superate nel rispetto reciproco".
A sua volta Carlo Azeglio Ciampi ha smentito (ancora una volta) la leggenda metropolitana diffusa dalla destra di Berlusconi (e Calderoli) che lo vuole responsabile politico del "porcellum" (o "porcata"), cioè del premio di maggioranza al Senato nella legge elettorale in vigore.
In uno Stato "costituzionale" (con la divisione dei poteri), nessun leader politico può legittimamente spargere veleno come ha fatto ieri il candidato leader del Pdl sulla più alta carica che oltretutto rappresenta l'unità nazionale.
Purtroppo Berlusconi è avvezzo ad offendere chi non la pensa come lui. Anche se siede sul Colle. Nel febbraio 2005, il cavaliere accusò lo stesso Ciampi di essere condizionato prima della promulgazione delle leggi dalle "sirene della sinistra". Una nota del Quirinale parlò di "sorpresa" di Ciampi, per difendere la correttezza dell'operato del presidente.
In tempi precedenti (si legge in un libro del 1997, di Augusta Forconi), Berlusconi definì Napolitano "il peggiore perché sembra un inglese e invece si comporta da stalinista".
Passano gli anni e Berlusconi non perde il vizio. Quindi la difesa dell'onore del Quirinale fatta ieri sera da Napolitano, è stata quanto mai opportuna, anzi necessaria.
Documenti.
Queste parole di Berlusconi: "Sappiamo che ogni decisione del Consiglio dei ministri dovrà passare per le forche caudine di un capo dello Stato che sta dall'altra parte. Ricordo i rapporti con Carlo Azeglio Ciampi...".
Questa la dichiarazione del Quirinale di ieri sera: "La presidenza della Repubblica, chiunque ne fosse il titolare, ha sempre esercitato una funzione di garanzia nell'ambito delle competenze attribuitele dalla Costituzione senza mai sottoporre a interferenze improprie le decisioni di alcun governo, e considera grave che le si possano attribuire pregiudizi ostili nei confronti di qualsiasi parte politica".
Queste le parole di Ciampi: "L'obiezione da noi mossa al testo inviatoci allora da Palazzo Chigi, prima che fosse approvato al Consiglio dei ministri, riguardava solo l'incostituzionalità del premio di maggioranza nazionale per il Senato, che era in palese contrasto con l'articolo 57 della Carta. L'articolo, per intenderci, secondo il quale il Senato è eletto a base regionale. Da un punto di vista giuridico l'ostacolo era insormontabile, dunque lo segnalammo".
Ciampi, ha detto P. F. Casini oggi, è "un galantuomo che ha fatto onore all'Italia".
[Anno III, post n. 100 (477)]

01/04/2008
Ricchi senza saperlo
A proposito del post "Poveri per fare i ricchi". È appena uscita una notizia Ansa relativa sempre a Rimini.
Un rapporto della locale Camera di Commercio spiega che la provincia di Rimini è l'undicesima in Italia per il benessere economico: però la "percezione" di questo benessere è "più bassa rispetto alla crescita reale". Ovvero, siamo ricchi senza saperlo, o magari facendo finta di non esserlo.
Dunque, i riminesi sono ricchi ma non sapendolo s'indebitano e diventano poveri? Quindi sono (siamo) doppiamente scemi?
[Anno III, post n. 99 (476)]

01/04/2008
Poveri per fare i ricchi
Un giovane ed intelligente assessore della mia città (Rimini), Stefano Vitali, con delega alla Protezione Sociale e alle Politiche per la Famiglia, ha oggi commentato gli aumenti del costo della vita, segnalando che essi hanno "la famiglia come vittima principale". Non la famiglia "povera", aggiunge, quella "normale" che non riesce "più a mantenere il proprio stile di vita”.
"In questa situazione", aggiunge, "anche una famiglia con due redditi normali e figli a carico, vede restringersi notevolmente la propria gamma di consumi".
La difficoltà di arrivare a fine mese, spiega, "si sta insinuando nel cuore della civiltà occidentale, dell’Europa, del Paese, delle città, tra adulti che lavorano e giovani che studiano".
Vitali, che proviene dalla scuola del compianto don Oreste Benzi, precisa: "Sono sempre più infatti le persone che fanno ricorso ad acquisti a rate per poter 'restare a passo con i tempi', e mantenere uno stile di vita che, fino a qualche anno fa, potevano permettersi senza tanti problemi e, anzi, risparmiando anche qualche cosa per il futuro dei figli. Anche se dal benessere diffuso non sembra, sono tante le persone che, nell’illusione di un miglioramento futuro, si indebitano per comprarsi a rate il televisore nuovo, cambiare auto o l’ennesimo modello di telefono cellulare. Ci sono anche quelli che, per permettersi questi acquisti, risparmiano addirittura sui beni primari, come il cibo, e non mancano quelli che si rivolgono alle mense. Anche la povertà allora cambia, da quella tradizionale legata alle difficoltà primarie di casa e cibo, a quella odierna legata agli 'status symbol'".
Insomma, i nuovi poveri lo sono perché vogliono fare i ricchi.
"Oggi, anche se sembra il contrario, è molto più facile essere tagliati fuori dalla normalità. È questa nuovo tipo di società che mi preoccupa. Perché le famiglie povere hanno in sé una grande capacità adattiva che, con aiuti mirati, gli permettono di riuscire a cavarsela con sacrificio e flessibilità. Le famiglie oggi in difficoltà, sono invece impreparate a gestire il cambiamento, ed esposte a rischi che, da economici, rischiano spesso di sfociare in crisi relazionali, educative, sociali".
Vitali conclude con queste parole: "Quella in atto è una vera e propria rivoluzione che dobbiamo imparare al più presto a gestire con servizi nuovi, idee, e una diversa lettura delle dinamiche sociali e familiari, sempre più diverse e incompatibili con quelle a cui storicamente abbiamo sempre fatto riferimento. Non dobbiamo soprattutto compiere l’errore di continuare a gestire queste dinamiche come emergenza, ma rimboccarci le maniche per affrontare quella che, sempre più, si sta affermando come una ‘crisi della normalità’".
Mi sembra da sottolineare quest'ultimo passaggio dell'assessore Vitali. Abbiamo una 'crisi della normalità', una "rivoluzione" sociale davanti alla quale i politici debbono fare uno sforzo per una "diversa lettura" dei fenomeni che accadono.
Quei cittadini che diventano poveri per apparire ricchi, sono il riflesso di una filosofia dei consumi instillata da certi politici come il Cavaliere che considera oggi l'Italia in miseria per colpa delle tasse di Romano Prodi, e che ai suoi tempi esaltava il benessere (immaginario) di un Paese in cui c'era il più alto numero di telefonini per persona (parole sue), non so se a livello europeo o mondiale (magari inserendoci nella classifica anche di quegli Stati poveri dell'Africa dove la gente continua a morire di fame e di sete).
Sul tema segnalo l'inchiesta oggi apparsa su "Repubblica", dal titolo "I nuovi poveri d'America", dove si racconta che 28 milioni di cittadini Usa vivono con il sussidio di Stato.
[Anno III, post n. 98 (475)]

01/04/2008
Leggi sloggiate
Se Walter Veltroni riuscisse a metter in pratica il suo progetto di tagliare cinquemila leggi, l'Italia finirebbe nel caos più totale. Il sistema legislativo italiano è basato su di un intricato collegamento di norme che l'onnipotente burocrazia statale ha partorito a getto continuo dal 1861 ad oggi.
Impossibile che WV non sappia tutto ciò. Molte leggi premettono un rinvio a tante altre norme, ne introducono collegamenti, modificano frasi, cancellano parole, aggiungono precisazioni che rendono talora incomprensibili i testi agli stessi esperti.
Dalla sera alla mattina, con cinquemila leggi in meno, l'Italia non avrebbe più modo di gestirsi...
Possibile che un politico che è stato sindaco e parlamentare non sappia ciò?
[Anno III, post n. 97 (474)]

Antonio Montanari


2722/20.02.2018