Rispetto per i dissidenti, Corriere Romagna
20 aprile 2007

Rispetto per i dissidenti: questo è il titolo di un mio intervento pubblicato oggi sul Corriere Romagna. Riporto integralmente il testo da me spedito segnalando [tra parentesi quadre] le parti tagliate per esigenze di spazio.

Nei giorni di vigilia decisivi per le future sorti del Partito democratico, con lo svolgimento degli ultimi congressi di Quercia e Margherita, forse sono troppi i conti in sospeso per poter sperare in una serena gestazione della nuova formazione. La quale dovrebbe raccogliere con entusiasmo riformisti e moderati, insomma una specie di matrimonio d’interesse fra diavolo ed acqua santa, del tutto improbabile se non addirittura improponibile dal punto di vista logico. Ma si sa che spesso, nella storia e nella vita, non conta la logica.
[Talora vincono i buoni sentimenti ed in altre occasioni trionfa la capacità di reagire con durezza ai fatti che ci sono davanti. I buoni sentimenti sono spesso causa di forti delusioni e fregature. L’esperienza di ognuno potrebbe farne un catalogo illuminante.]
Figurarsi se andiamo a vedere le vicende collettive. Una per tutte, lo sconforto che dopo tangentopoli ha coinvolto tante persone perbene che s’erano illuse con il programma riformista socialista craxiano, per superare l’eterno dualismo fra biancofiore e bandiera rossa.
Ma anche la durezza ha le sue controindicazioni ed i suoi gravi effetti collaterali. La storia politica italiana ne ha tanti esempi, riassumibili in quella frase ironica e drammatica al tempo stesso, che usava Pietro Nenni: «Alla fine c’è sempre uno più puro che ti epura».
Il centro-sinistra sta navigando faticosamente fra due scogli, quello della conservazione sostenuta dai moderati e quello della fuga in avanti (per usare formule vecchie ma spero comprensibili) di chi non vuole accettare lo status quo, l’immobilismo e l’inerzia. E dicendo di non stare al gioco, se ne esce dalla casa-madre non più sbattendo la porta ma avvertendo in anticipo con un significativo galateo: guardate che ce ne andiamo.
Un tempo i moderati avrebbero risposto deridendo come Togliatti fece con Vittorini. Oggi questo non basta più o non è più possibile. Oggi ai moderati, proprio in virtù della loro posizione che dovrebbe essere elastica e non dogmatica, tocca il compito certo difficile di comprendere che il dissidente di casa propria non è un eretico, che la sua fuga indebolisce la possibilità di una gestione «ulivistica» (insomma, tutti assieme appassionatamente), e che si fa soltanto il gioco politico di una destra litigiosa, senza idee, in affanno costante per barcamenarsi tra il peronismo berlusconiano e la necessaria visibilità dei singoli leader delle piccole formazioni che però hanno grande capacità di ricatto. Come dimostra il fatto che nella discussione sulla riforma elettorale la soglia di sbarramento del 5 per cento è stata abbassata addirittura al 2 [(cioè praticamente a zero) per non scontentare nessuno].
Nelle settimane che passeranno tra gli ultimi congressi di Quercia e Margherita per arrivare alla fase costituente del Partito democratico, le ragioni dei dissidenti dovrebbero trovare ascolto, non per patteggiare alcunché ma per comprendere la posta in gioco [(drammatica) che richiama in un certo senso quella del primo dopoguerra del secolo scorso].
Nel 1920 socialisti e popolari vinsero elezioni comunali e provinciali, dopo che nel 1919 la vecchia maggioranza liberale era passata da 310 a 179 seggi. Nel 1919 socialisti e popolari ebbero 257 seggi contro i 251 degli altri partiti. Nel 1921 i socialisti persero 33 seggi, di cui 15 andarono al pci. I popolari con 108 seggi (+7) ed i fascisti al debutto con 35, furono collegati nel blocco nazionale che raccolse in tutto 274 deputati. Gli agrari scelsero l’aiuto dello squadrismo, e poi l’uomo di Predappio fece la marcia su Roma in carrozza letto.
Era lo stesso ottobre 1922 in cui i riformisti furono cacciati dal partito socialista. Si chiamavano Turati, Treves e Matteotti. [Il quale nel 1924, dopo aver denunciato le illegalità e le violenze compiute dal governo a danno dell’opposizione, fu rapito ed ucciso.]
Oggi i contesti sono fortunatamente diversi. Ma resta la lezione. I dissidenti non hanno torto per principio. [Soprattutto oggi che la regola della discussione democratica dovrebbe essere rispettata dai partiti per primi. Soprattutto da quelli che debbono ancora costituirsi.]

Antonio Montanari


2581/06.02.2018