Pier Damiani tra Rimini e Morciano 25 aprile 2007 La famiglia riminese dei Bennoni fece a varie riprese donazioni a Pier Damiani, fondatore dellabbazia di san Gregorio in Conca di Morciano. I componenti della famiglia dei Bennoni sono citati ripetutamente ed in modo sparso sia nei documenti medievali sia in opere di studiosi riminesi del XVII e XVIII secolo. Il ruolo politico svolto dai Bennoni nel nostro territorio va collocato nel contesto internazionale che vede la rinascita economica, la crisi del sistema feudale e la riscossa spirituale della Chiesa. La rinascita economica in sede locale è testimoniata dalla costruzione del nuovo porto del Marecchia (1059) e dallallargamento della cinta muraria. La crisi del sistema feudale è ravvisabile nella posizione di autonomia di Rimini nei confronti dellarcivescovo di Ravenna al quale spettava, per volere degli imperatori tedeschi, una specie di principato ecclesiastico anche sulla nostra città. Infine, la riscossa della Chiesa è attestata dalla fioritura di iniziative tra le quali va annoverata nel 1061 la fondazione, da parte di Pier Damiani, del monastero intitolato a san Gregorio e posto «nel territorio riminese, in località che è detta Morciano». Sullo sfondo di tutte queste situazioni e vicende si colloca la storia della famiglia riminese dei Bennoni. Il padre, Benno «venerabile figlio del fu Vitaliano Benno», era un grande feudatario, proprietario di vaste estensioni di terre. Sua moglie Armingarda, «figlia del defunto illustre signore Tebaldo», gli aveva recato in dote altre proprietà fondiarie. Dal loro matrimonio nacquero tre figli. Uno soltanto, Pietro Bennone, sopravvisse al padre. I territori assoggettati al loro controllo o di loro proprietà sestendevano tra Rimini, lentroterra riminese e quello marchigiano. Benno prima e poi Armingarda fecero donazioni a Pier Damiani per il monastero di san Gregorio, sorto così in terra appartenuta alla famiglia riminese. Dagli atti, sappiamo che sia Benno sia Pietro Pennone, suo figlio, furono tra i cittadini nobili ed importanti, non soltanto grazie alla loro rilevanza economica bensì anche per la partecipazione alla vita pubblica della nostra città. Quando Benno morì nel 1061, fu ricordato da Pier Damiani in un carme in sua memoria. In esso Benno è definito «onore del regno, e gloria della stirpe romana, padre della Patria, luce dellItalia». Nel tono di commossa esaltazione usato da Pier Damiani per commemorare lamico scomparso, non cera soltanto la gratitudine per la donazione ricevuta, bensì pure (e luso della definizione di «padre della Patria» lo conferma), la descrizione del ruolo politico e civile svolto da Benno in Rimini. Padre della Patria o della città era chiamato il rappresentante della vita municipale che doveva vegliare alla difesa del Comune sotto il dominio della Chiesa romana. Era una figura ben distinta dal conte che era un delegato pontificio od imperiale. Uomo giusto e pio, severo con gli oppositori ma dolce con gli indifesi, Benno è dato da Pier Damiani per ucciso nel corso di una «guerra»: «lui, per merito del quale fiorì la pace», fu forse vittima di una lotta sulla cui origine possono essere avanzate soltanto alcune ipotesi connesse al ruolo politico svolto dallo stesso Benno. Uomo di fede e difensore degli interessi della Chiesa (altrimenti Pier Damiani non lavrebbe glorificato), mentre la feudalità laica mirava ad una sostanziale autonomia politica ed aumentavano i sostenitori dellindipendenza cittadina, Benno probabilmente non riuscì a pervenire ad una sintesi originale tra mondo laico ed ecclesiastico che potesse conciliare gli interessi «particulari» cioè cittadini con quelli della sede di Pietro. Per cui i riminesi possono aver visto in Benno un capo che finiva per essere più il rappresentante del pontefice (come il conte) che della loro comunità. E quindi possono aver cessato di considerarlo come unespressione della giustizia e dellequilibrio nei rapporti fra la città e Roma. Nelladditarlo pubblicamente come un traditore, si sarebbe così cominciato a scrivere la sua condanna a morte. Portata ad esecuzione nellanno stesso della fondazione del monastero di San Gregorio, il 1061. Rimangono molti dubbi sulla figura e sullopera di Benno, così come resta probabile il fatto che la sua vicenda possa rappresentare una tappa nella trasformazione della realtà locale della Romagna nellXI secolo. La morte violenta di Benno potrebbe inserirsi nella serie di azioni che precedono la nascita del Comune, e testimonierebbe una serie di fermenti che coinvolsero la Chiesa, limpero e la realtà cittadina. a morte.
Pier Damiani tra Rimini e Morciano 26 aprile 2007, su "Corriere Romagna" Il ricordo di san Pier Damiani organizzato a Morciano (27-29 aprile) nel millenario della nascita, riguarda anche Rimini. Dove abitava la famiglia dei Bennoni che gli fece varie donazioni tra cui quella della terra su cui fu fondata, nel 1061 dallo stesso Pier Damiani, labbazia di san Gregorio in Conca a Morciano. Il padre Benno era un grande feudatario, proprietario di vaste estensioni di terreni. Sua moglie Armingarda gli aveva recato in dote altre proprietà fondiarie. Dal loro matrimonio nacquero tre figli. Uno soltanto, Pietro Bennone, sopravvisse al padre. I territori assoggettati al loro controllo o di loro proprietà sestendevano tra Rimini, lentroterra riminese e quello marchigiano. Quando Benno morì nello stesso 1061, fu ricordato da Pier Damiani in un carme. Benno vi è definito «onore del regno, e gloria della stirpe romana, padre della Patria, luce dellItalia». Padre della Patria o della città era chiamato il rappresentante della vita municipale che doveva vegliare alla difesa del Comune sotto il dominio della Chiesa romana. Era una figura ben distinta dal conte che era un delegato pontificio od imperiale. Uomo giusto e pio, severo con gli oppositori ma dolce con gli indifesi, Benno è dato da Pier Damiani per ucciso nel corso di una «guerra»: «lui, per merito del quale fiorì la pace», fu forse vittima di una lotta sulla cui origine possono essere avanzate soltanto ipotesi connesse al ruolo politico svolto dallo stesso Benno. Uomo di fede e difensore degli interessi della Chiesa (altrimenti Pier Damiani non lavrebbe glorificato), mentre la feudalità laica mirava ad una sostanziale autonomia politica ed aumentavano i sostenitori dellindipendenza cittadina, Benno probabilmente non riuscì a pervenire ad una sintesi originale tra mondo laico ed ecclesiastico, per conciliare gli interessi «particulari» cioè cittadini con quelli della sede di Pietro. I riminesi possono aver visto in Benno un capo che finiva per essere più il rappresentante del pontefice (come il conte) che della loro comunità. E quindi possono aver cessato di considerarlo come unespressione della giustizia e dellequilibrio nei rapporti fra la città e Roma. Nelladditarlo pubblicamente come traditore, sarebbe stata così scritta la sua condanna a morte. Antonio Montanari 2580/06.02.2018 |