Palazzinari e politica
Lettera pubblicata dal Corriere Romagna il 2 febbraio
Contro il cemento, Rimini ha reagito così

Con il titolo "Se la politica strizza l’occhio ai palazzinari" il Corriere Romagna di ieri 2 febbraio 2007 pubblica questo mio intervento:

Caro Corriere, ieri sera sono andato a letto con l’idea di scriverti sulla gestione della cosa pubblica a Rimini negli ultimi cento e passa anni, partendo da una notizia del luglio 1876, quando il «Corriere della Sera» scrisse che da noi regnava «la miseria», e sottolineava il contrasto fra la gestione appunto pubblica della stazione balneare (da cui traeva «profitto tutta la città»), e la mancanza d’investimenti sociali.
Volevo collegare quel discorso alla realtà odierna, in cui discutiamo della temuta colata di nuovo cemento su questa Rimini ridotta ad un immenso mostro urbanistico dove tra case e case non ci sarà, anzi non c’è già più spazio per circolare, perché il problema viabilità è sempre affrontato “dopo” come dimettendosi meditò l’assessore Tiziano Arlotti: prima fate le case e poi “dopo” mi fate costruire le strade. Quando magari (aggiungo) lo spazio per le strade appunto non esiste perché tutto consumato per un’edilizia che è la più cara d’Italia (vedi costo degli affitti e degli immobili).
Stamattina ho cambiato idea. Lasciamo stare il passato (semmai ci ritorniamo sopra un’altra volta, se acconsentirai), e guardiamo il presente, ma non ripetendo (oso sperare) discorsi già fatti, bensì toccando una questione inedita che risulta indigesta anche a me che me la sono posta, e che quindi offro alla discussione di persone più esperte del sottoscritto, cioè a chi conosce le contorte vie della Politica, del Diritto, soprattutto nel caso in esame, cioè le strade ardue del Diritto costituzionale che sta alla base delle concezioni relative sia alla pubblica Amministrazione sia alla gestione della Politica stessa.
Il problema è tutto qui: una Giunta eletta con un certo programma, e messa ora in discussione da un’intera città, può far finta di niente davanti alla ‘rivolta’ collettiva? Un sindaco, un vicesindaco, gli assessori competenti e tutti gli altri che alla fine debbono reggere le sorti della città, possono credere che nulla sia successo, ed andare avanti senza rendersi conto che, oltre alla rovina della città ipotizzata sia dagli esperti (vedi Campos Venuti) sia da chi ci vive ogni giorno, c’ è questo interrogativo che pesa (direbbero in tivù) «come un macigno»: è «democratico» l’eroico furore dei signori di Palazzo Garampi nel raggiungere il loro traguardo?
Alle precedenti elezioni il sindaco Ravaioli incamerò buona parte delle perdite di Forza Italia (52,13% dei voti, mentre AN salì del 16,26). Poi (luglio 2006) ci fu la scelta dell’ex candidato sindaco Alberto Bucci di non votare contro Alberto Ravaioli e la sua giunta, ma di astenersi sulle linee programmatiche del governo cittadino. Una scelta che suonava ampiamente innovativa, per cui sembrò (in apparenza) aver ragione il capogruppo di Forza Italia Alessandro Ravaglioli: «È come se Berlusconi si fosse astenuto sulla fiducia di Prodi». Forse l’andare avanti verso il motoraccio immobiliare è la dimostrazione che Ravaglioli aveva torto e che avrà ragione Ravaioli: la politica che corteggia i palazzinari, premia.
Grazie, caro Corriere, se mi ospiterai.
Antonio Montanari

In questa lettera ho inserito alcuni passi di una precedente missiva che avevo inviato il 29 luglio 2006 al Corriere di Rimini, e che non era stata pubblicata. La presento integralmente si seguito:

Bucci, inciucio o preveggenza?

La scelta dell’ex candidato sindaco Alberto Bucci di non votare contro Alberto Ravaioli e la sua giunta, ma di astenersi sulle linee programmatiche del governo cittadino, suona ampiamente innovativa, per cui sembra (in apparenza) aver ragione il capogruppo di Forza Italia Alessandro Ravaglioli: «È come se Berlusconi si fosse astenuto sulla fiducia di Prodi».
Ma per comprenderne il vero significato, forse non è inutile ascoltare le voci romane dai giornali di oggi sabato 29 luglio. Il presidente della Camera Bertinotti ha detto alla «Stampa»: «Le difficoltà si possono superare allargando la maggioranza di governo» con una discussione franca che «sotto traccia è già in corso». Il presidente del Senato Marini ricorre ad una contorta formula per invocare più confronto con l’opposizione e meno voti blindati per addivenire a scelte condivise. Anna Finocchiaro ha detto no allo «stress da voto di fiducia» per arrivare a scelte bipartisan su «questioni d’interesse nazionale».
Intanto Silvio Berlusconi (che sarà a Rimini in agosto al Meeting di CL) secondo Francesco Verderami («Corriere della sera»), promette un radicale cambiamento: farà «l’uomo di confine» allo scopo di ‘bruciare’ Casini, e quindi non sarà più l’oppositore irato di Prodi come sinora è fermamente stato.
Dunque Bucci potrebbe aver anticipato Berlusconi ed aver avviato da Rimini un esperimento nazionale, per un diverso «clima» di governo della cosa pubblica. Insomma una specie di rivoluzione che in sede locale ha la sua premessa nel risultato elettorale amministrativo della scorsa primavera, quando Forza Italia perse il 52,13% dei voti, mentre AN salì del 16,26. Un risultato che dimostrava come con la vecchia amministrazione di Ravaioli il Centro-destra (od almeno una sua parte) non se la fosse poi passata così male. Due assessori erano stati… defenestrati per la questione del troppo cemento. Tutto ciò aveva fatto prevedere non il ballottaggio per Ravaioli, ma addirittura la sua sconfitta al primo turno. Invece… Per la serie: l’orco non è poi brutto come lo si dipinge.
Adesso Bucci debutta con l’astensione. Se si tratta di una rivoluzione, essa ha un precedente nella scelta fatta da Massimo Conti il 13 giugno 1989: la sostituzione dell’antico legame fra Pci e Pci con un pentapartito che vince le elezioni del 1990 forte di 26 seggi su 50 (Psi +2, Pci –3, altri 2 li aveva persi nel 1985). Divenne sindaco Marco Moretti che alla parola pentapartito sostituì la formula di «bicolore fra laici e Dc». L’anno dopo proprio a Rimini al XX congresso del Pci nasceva il Pds.
Forse Bucci entrerà nella storia per una mossa preveggente che oggi a molti della sua stessa parte politica appare invece come un classico inciucio.

Antonio Montanari


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