Antonio Montanari
La "casta" e la giustizia
Lettera, 25 maggio 2007, Corriere Romagna

Nel linguaggio corrente di chi legge almeno i quotidiani, è da poco entrato con forza un termine imposto dal titolo di un libro di successo, la «casta» intesa come gruppo di persone privilegiate. Il libro di Stella e Rizzo denuncia un grave malessere della democrazia italiana. Cioè il fatto che, se siamo tutti uguali per principio, nei fatti qualcuno (ovvero gli «eletti» della classe politica) è un poco più uguale degli altri. E questo succede perché gli «eletti» godono di condizioni più favorevoli di quelle riconosciute ai «semplici» cittadini, come scrivevano una volta i giornali.
Il punto centrale della questione è chiaramente espresso da Lucia Annunziata nel suo editoriale di stamane martedì 22 sulla «Stampa»: l'opinione pubblica non ha la sensazione che il governo stia costruendo «un luogo in cui diritti e doveri valgono per tutti». Questo «luogo», aggiungo, dovrebbe poi essere «tutta» la vita sociale, secondo il dettame della Costituzione e delle leggi che la dovrebbero attuare. Non è un'utopia. Dovrebbe essere la prima regola della politica.
Non si riuscirà mai a cancellare la «casta» privilegiata dei politici, non c'è mai riuscito nessuno in nessun regime politico, in millenni di storia. Chi ottiene il potere, poi lo usa a suo piacimento. Ci accontenteremmo soltanto che la «casta» (sostantivo) fosse più «casta» (aggettivo), ovvero meno propensa a gestire il proprio gruppo di potere con quell'arroganza che degenera nell'oscenità.
Quando monsignor Angelo Bagnasco denuncia la povertà che si diffonde in grandi fasce della popolazione, fa un discorso che i nostri leader politici conoscono bene. E che avrebbero dovuto fare loro, soltanto loro. Bagnasco dice che ci sono i nuovi poveri (e questa non è una novità), i quali per tirare avanti vanno a chiedere la carità alla Chiesa. E pure questa non è una novità. I nostri leader politici di governo dovrebbero sapere che uno Stato in cui si ricorre alla elemosina (sotto lo forma di «pacchi alimentari»), non è degno del suo nome. La «giustizia» è ciò che la Costituzione indica come mezzo e fine della vita sociale, non la «carità» che è un gesto il quale dipende non da criteri oggettivi, ma da scelte arbitrarie.
Ieri sera Canale 5 ha trasmesso la storia di don Giovanni di Liegro, un apostolo della Carità cristiana. Era uno sceneggiato da servizio pubblico. Lo ha programmato la rete fondata da un uomo politico che ha sempre vantato, quand'era al governo, la ricchezza degli italiani in base al numero dei telefonini diffusi nel Paese. Lo si potrebbe giustificare con la sentenza dell'Ecclesiaste, «L'uomo è segno di contraddizione».
Ma non serve. Il fatto è che Bagnasco parlando del ricorso sempre maggiore ai «pacchi alimentari» non ha reso un buon servizio a chi lo ha maggiormente sostenuto contro il governo con il Family day, ma lo ha reso alla Verità.
Il che non è poco, in questi chiari di luna.
Antonio Montanari

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