Politica. Articoli vari del mese di Agosto 2007, blog de "La Stampa"

31/08/2007/
Lo scippo è un reato?
Ci risiamo. Quando in Italia si deve affrontare un problema che interessa la vita collettiva, si cavilla argutamente, e si sposta il discorso. Una volta si diceva che occorreva risalire a monte del problema stesso. Oggi si suggerisce che c'è ben altro di cui preoccuparsi.
È puntualmente successo con la faccenda dei lavavetri. Premetto: ho già scritto qui il 14 agosto che ci vuole «Umanità anche per i clandestini». Quindi nessun pregiudizio da parte mia, soltanto un sano realismo (spero).
Prodi sposta il centro della discussione, come dice il titolo che campeggia in prima pagina de La Stampa di oggi: «I lavavetri? Un errore». Lui sarebbe partito dai writer (quei ragazzi che sporcano i muri con scritte e disegni) e dai posteggiatori abusivi.
Posteggiatori abusivi e lavavetri fanno sistema, sono sottoposti ad un racket che soltanto chi non vuol vedere non vede. Non comprendo la pericolosità sociale dei writer. Sporcano e danneggiano, ma sempre meglio loro dei loro coetanei che scippano le vecchiette e le mandano all'ospedale.
Lo scippo è un reato, presidente Prodi? Allora mettiamolo al primo posto delle emergenze sociali da colpire duramente con l'azione di polizia.
Ci sono zone nelle città che è vietato frequentare ad ogni ora del giorno, pena appunto subire uno scippo. Ma in quelle zone nessuno interviene, nessuno si attiva.
Forse è più facile colpire i lavavetri, ma da qualche parte bisogna pur cominciare. Poi non sempre il lavavetri è un artigiano onesto, ci sono quelli che adocchiano i sedili posteriori o quello anteriore libero con magari posata una borsa sopra, se ci sono i finestrini aperti. Possiamo avere le nostre paure senza dar fastidio a nessuno?
Da anni si discute di rendere vivibili le città. Nella mia, d'inverno arrivano ragazzi neri del racket di Ravenna e Ferrara, me lo hanno confidato loro, accettando di parlare civilmente, ed ammettendo alla fine che noi cittadini italiani non possiamo dare qualcosa a tutti gli stranieri questuanti, perché in una mattinata se ne incontrato parecchi.
Nella mia città sino a pochi mesi fa girava la favoletta che era stata combattuta e cancellata la prostituzione. Adesso si dice che le strade sono piene di ragazze provenienti dall'Est.
Per mettere a tacere le nostre inquietudini, le autorità dicono che quelle ragazze sostengono di agire liberamente, cioè di non essere schiave di nessuno. Così tutti dovremmo stare tranquilli.
Ci vuole «umanità anche per i clandestini». Cerchiamo di inserirli nel vivere civile con un lavoro, facciamo magari una legge su di un modo speciale di attività utile socialmente anche come prevenzione dei reati.
Ma per favore, smettiamo le discussioni che hanno l'effetto di riproporre la solita casistica della teologia medievale e del pensiero vetero-marxista. Diamo la caccia agli scippatori (che viaggiano in due sulle motorette) ed educhiamo i ragazzini alla legalità partendo da un fatto molto piccolo, sequestrando i motorini truccati che sono altamente pericolosi soprattutto per l'incolumità fisica di chi li guida. Questo come inizio del discorso. Poi per il resto, si cominci a ragionare seriamente attorno ad un piano che salvaguardi la dignità di chi cerca pane e il bisogno di serenità di chi cammina per le strade.

29/08/2007/
Veltroni in piena
Walter Veltroni è ormai un fiume in piena inarrestabile. Straripa, inonda, non si contiene. Se lo fa soltanto per far riempire colonne di giornale e spazi nei tg, grazie tante, ma si moderi.
L'eccesso di notizie (o fatterelli spacciati come tali) infastidisce, dà assuefazione e danneggia la nostra salute psichica.
Se lo fa per dimostrare che stando sulla scena oggi, guiderà la politica da palazzo Chigi entro breve, non si illuda. Sarebbe un tentativo da mago sprovveduto, quello di sbattere fuori Romano Prodi prima del tempo.
Dunque, dia un po' retta al vecchio adagio secondo cui «il troppo stroppia».
Quello che preoccupa è il conto alla rovescia rispetto al 14 ottobre. Se tanto mi dà tanto, ci attende un crescendo che oscurerà i primati del Cavaliere.
Il quale, guarda caso, in questi giorni, se ne sta zitto, un po' perché non vuol parlar male di amici fidati come Umberto Bossi, un po' perché lo avranno consigliato in questo senso, ricordandogli la favoletta della rana e del bove.
In questo momento la rana Veltroni vuole imitare il bove di Arcore.
Sappiamo come va a finire nella favoletta.
Walter fin che sei in tempo, fai un fioretto, un voto, una promessa alla tua famiglia: per cortesia, parla un po' meno, siamo frastornati.
Soprattutto perché nei tuoi discorsi si inanellano ovvietà come quella che occorre far rispettare le leggi, il che equivale a dire che se piove occorre l'ombrello, ma si dà il caso nella vita che si può uscire di casa senza ombrello in una giornata di tempo incerto e poi prendersi l'acquazzone improvviso. In Italia le leggi ci sono, ma le si fanno rispettare poco e male, lo sappiamo tutti. È un discorso che più vecchio e noioso non si può.
L'impressione che Veltroni lascia, è quella di chi ogni cinque minuti vuol presentare il "nuovo", nella vita, nella politica, nell'economia, nella cultura.
Purtroppo questo annunciare il "nuovo" come se si fosse un messia appena arrivato, è un vecchio trucco politico. Passati i comizi, tutto resta come prima. "Passata la festa, gabbato lo santo". Raccomandazioni, favoritismi, agganci e lanci di sassi a chi non sta in corteo o processione.
Il vero "nuovo" sarebbe non fare proclami, ma obbligare quanti confluiranno nel Pd a cambiare rotta sin da ora nell'amministrare il denaro pubblico.
Nella mia città (Rimini) l'assessore al bilancio Antonella Beltrami ci ha pensato: ridurre le spese pubbliche, all'insegna del motto: meno auto blu e più aerei per spegnere gli incendi.

26/08/2007/
CL, Silvio addio
L'Italia è «un Paese nel quale, davanti ai problemi, non ci si mette a risolverli, si grida». A conclusione del Meeting riminese di Comunione e Liberazione, l'autorevole parere di Giancarlo Cesana illumina la svolta del movimento e del momento.
Berlusconi, addio. Accomunato a Prodi in un disprezzo palese, il Cavaliere ha ricevuto un solenne benservito dai «ragazzi» giunti al loro classico incontro culturale di agosto. Dove come ogni anno si è parlato di tutto, compresa quindi anche la politica che, ha proseguito Cesana, «non è tutta la vita ma una società va avanti con la politica». (Ohibò, ce ne eravamo accorti anche noi.)
La delusione di Cesana per Forza Italia ed il suo leader deve essere molto forte se, alla proposta di Giulio Tremonti di fare l'alzabandiera nelle scuole, ha risposto con un commento che più velenoso non si può: «Ho il sospetto che l'unica bandiera da alzare sia quella bianca».
Faremmo torto all'intelligenza di Cesana, se attribuissimo la sua disillusione amara per la crisi della politica soltanto a quella dell'ultimo anno, cioè al governo di Romano Prodi. La battuta riservata a Tremonti ci conferma che disgusto e disincanto sono a 360 gradi. Con un «ma» che non è di poco conto. Nella visione religioso-filosofica di un movimento ecclesiale quale CL, la politica entra come un accidente della Storia, ovvero come qualcosa che deve aderire e mirare a valori eterni (la Verità di cui si discuteva quest'anno al Meeting).
Orbene, quando il contesto delle vicende umane (leggi i fatti della Politica) non risulta più rispondente alla Verità a cui si guarda, allora si gira pagina.
Detto in parole povere, né Pd né Pdl possono bastare, ed ecco infatti che localmente nascono proposte cielline in vista delle prossime elezioni amministrative sulle quali si pone il santino benedicente del leader lombardo Formigoni.
Queste proposte locali dimostrano che a CL non interessa nulla della discussione in corso sul Pdl di Silvio e Michela Vittoria Brambilla, soprattutto dopo le odierne dichiarazioni di Umberto Bossi: «Per i fucili c'è sempre la prima volta».
Quella bandiera bianca di cui ha parlato Cesana lasciando Rimini, richiama la classica vignetta del naufrago che sventola in cerca di aiuto le mutandone di un tempo. Però dietro il discorso di Cesana non c'è la disperazione del naufrago. Il tema del Meeting 2008 conferma la visione delle certezze: «O protagonisti o nessuno». Bello e difficile, il tema, con il rischio di avvilirci ancor più, ricordando il passo evangelico dei molti chiamati e dei pochi eletti.
Ovviamente non si parlava delle urne per le amministrative o per il parlamento.
Antonio Montanari

24/08/2007/
Mare od urne, per i vecchi?

Sono uno di quegli ultracinquantenni (ne ho 65, di anni) che non occupa nessuno spazio, oltre la sedia davanti al computer sul quale scrivo.
Quindi approvo e condivido la proposta appello di Barbara Palombelli apparsa sulla Stampa di stamani.
Credo che sia l'unico sistema, andare al mare il 14 ottobre, per far largo alle nuove leve nel Pd.
Nel testo della signora Palombelli mi ha impressionato un passaggio, quello in cui si legge: «Assenti e passivi, chiusi in una personale ricerca di lavoro che sempre più spesso viene affidata ai genitori e non alle associazioni sindacali, i nostri figli si chiamano fuori da tutto».
Vedo che Mario Adinolfi ha già risposto on line, difendendo la 'sua' generazione e offrendo un invito a Barbara Palombelli: «Allora, non andare al mare il 14 ottobre, vieni a votare per noi».
Adinolfi ha ragione, ma credo che la signora Palombelli volesse con il suo invito schiodare soprattutto i candidati resistenti ad ogni 'ripulitura' (insomma alla De Mita).
Se vanno a votare i giovani, di certo non ne scelgono di vecchi.
Il passaggio su giovani «nostri figli (che) si chiamano fuori da tutto», mi sembra molto realistico, guardando in giro (non ho né figli né nipoti).
Mi piacerebbe leggere brevi e numerosi pareri dei lettori. Insomma una specie di sondaggio fatto in casa.

20/08/2007/
Prodi, la pecorella smarrita

Adesso, eminenza Bertone, che Lei ha dato ragione a Romano Prodi, e che Prodi si dice d'accordo con Lei, adesso fate pagare l'Ici anche a chi non la pagava legalmente sinora..., cioè alle chiese (*) della Chiesa di Roma (intesa come Italia).
Post scriptum. L'on. Calderoli ha equivocato, l'eminenza Bertone non ha benedetto «la proposta di sciopero fiscale».
Ha dimostrato che la Chiesa ha cambiato rotta. Finora si era fidata dei pluridivorziati inneggianti all'evasione fiscale.
Da Rimini, dal Meeting di CL, ha cominciato ad avere un occhio di riguardo verso quel Prodi che era stato considerato una pecorella smarrita. Ma il Buon Pastore l'ha ritrovata...
Sinora aveva avuto la tentazione di lasciarla precipitare nel burrone di montagna verso cui era stata avviata con tante benedizioni.
Secondo post scriptum. (*) Vedere spiegazione di questa parola nel mio commento:
Quando parlo di «chiese» ovviamente non intendo il luogo di culto (la chiesa parrocchiale), ma tutti i contorni... che spesso sono preziosi investimenti miliardari.
Ci sono chiese ricche e chiese povere.
La mia parrocchia di un tempo, negli anni '60, ci rimise 600 e passa milioni prestati al famoso Giuffré. Ed era l'unico 'luogo' allora ad avere un campo in cemento per pallavolo, neanche il Comune se lo poteva permettere.
Poi dopo i sacerdoti passavano per le case a chiedere le offerte per i missionari. Spiegai queste cosette al cappellano, e finii subito nella lista nera degli eretici...

19/08/2007/
Prodi: Bertone gli dà ragione
All'inizio di agosto, Romano Prodi aveva chiesto l'aiuto della Chiesa per il problema delle tasse, in un'intervista a «Famiglia Cristiana»:
«Un terzo degli italiani evade. È inammissibile. Per cambiare mentalità occorre che tutti, a partire dagli educatori, facciano la loro parte, scuola e Chiesa comprese. Perché, quando vado a Messa, questo tema non è quasi mai toccato nelle omelie? Eppure ha una forte carica etica. Possibile che su 40 milioni di contribuenti sono solo 300 mila quelli che dichiarano più di 100 mila euro l'anno?».
Adesso Prodi può dire che aveva ragione.
Oggi dal Meeting ciellino di Rimini, il cardinal Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, gli ha dato ragione senza tanti se e tanti ma: «Tutti devono pagare le tasse» perché «è un nostro dovere» e questo deve essere fatto «secondo leggi giuste».

19/08/2007/
Come far la festa al Pd
Rincara la dose Filippo Andreatta, sul «Corriere di Bologna» di oggi, pensando al futuro Pd: «La Margherita si sta sfaldando di fronte alla granitica posizione dei Ds e in qualche modo oggi è già sciolta nel Pd. Mi sembra emergano due posizioni: da un lato chi china la testa di fronte ai Ds e viene unificato solo dalla sete di poltrone e di potere. E confluisce nella maggioranza del futuro Pd. Dall'altro lato c'è chi cerca ancora di mantenere una posizione autonoma».
Andreatta si rivolge anche a Veltroni: che partito vuole, una "caserma" con umori staliniani o quella nuova aggregazione di cui si parlava un tempo, ed alla quale lui stesso (Andreatta) ha dedicato tante energie?
La materia del contendere in apparenza è bizzarra: le «feste dell'Unità». Ma dietro ci sta invece il nocciolo del problema. Quando il Partito democratico si aggregherà in pubbliche manifestazioni, appunto la festa del partito stesso, dovrà indossare le vecchie magliette dell'organo del Pci?
L'ex sindaco di Bologna Renato Zangheri, che è stato anche docente universitario ed è uno storico di vaglia, rimette ogni decisione ai militanti.
Ma a quali militanti? Non a quelli del Pd nascituro ma ai fedelissimi delle «feste dell'Unità». Beh, insomma è un modo elegante per dire che nulla dovrà cambiare.
Modesta proposta: che si facciano le «feste dell'Artusi in unità sotto l'Ulivo».

18/08/2007/
Prodi, CL e Veltroni
Nelle pagine odierne di "Repubblica" di Bologna, Filippo Andreatta confessa tutto il suo sconforto per come stanno procedendo le cose in casa del nascituro Partito Democratico.
«La mia freddezza attuale dopo l'entusiasmo dei mesi precedenti», spiega, nasce dal fatto che Ds e Margherita stanno cercando di mettere ai vertici locali soltanto uomini loro: se ci riusciranno, «quella sarà la cartina di tornasole che il test del rinnovamento è fallito».
Intanto parte a Rimini il Meeting di Comunione e Liberazione, dove (come sempre) si parlerà (anche) di politica. Quest'anno sono attesi Fassino e Bersani.
Piero Fassino il 23 agosto discuterà con Mario Tremonti su «tre cose da fare assieme sul bene comune».
A Rimini, nel Meeting, si tratterà insomma di quei massimi sistemi che reggono il mondo della politica, e che proprio a Rimini hanno trovato applicazione nelle ultime elezioni amministrative, come in una specie di laboratorio privilegiato. Rimini non per nulla è la città che ha "inventato" il Meeting di CL.
Il voto riminese del maggio 2006 ha visto Forza Italia perdere il 52,13% dei suffragi, mentre AN saliva del 16,26.
Ovvero Forza Italia ha lasciato sul cammino 13.207 voti, mentre AN ne ha recuperati 1.422. E gli altri 11.785?
Molti (difficile capire quanti sono stati, dati i cambiamenti nei "simboli" avvenuti tra 2001 e 2006), molti certamente sono finiti a salvare il candidato (rieletto) di Centro-sinistra Alberto Ravaioli.
Il quale avrebbe acceso un cero alla Madonna se fosse riuscito ad andare al ballottaggio. Invece ce l'ha fatta al primo turno...
Il Centro-Destra era senza un candidato storico. Quello improvvisatosi all'ultimo momento, succedeva ad un altro gettatosi nella mischia e poi fermato. Ufficialmente dal cuore (problemi di salute), ma immaginiamo anche dal «portafoglio»: lui gridava troppo forte un «sogno» nuovo che avrebbe rovinato molti affari in corso.
Con la vecchia amministrazione, il Centro-Destra non se l'era passata poi così male. Due assessori dimessi (defenestrati) per la questione del troppo cemento non sono cosa da nulla.
Quindi ben vengano le tavole rotonde del Meeting sulle «cose da fare assieme sul bene comune». Ma ricordiamoci dell'esperimento amministrativo riminese del 2005. Semmai il Meeting riproporrà in sordina qualcosa che storicamente è già accaduto.
Quello che potrebbe accadere a livello nazionale, sarebbe soltanto il sacrificio di Romano Prodi fatto per mano di Fassino e Tremonti, con Veltroni che potrebbe accendere il suo cero «per grazia ricevuta», salendo a palazzo Chigi prima ancora di mettersi seduto a guidare quel Partito Democratico sulle cui sorti una persona perbene come Filippo Andreatta ha segretamente perso ogni speranza ed illusione.
A Rimini finì in giunta un assessore che dichiarò la sua non appartenenza politica: «Non sono mai stata iscritta né vicina ad alcun partito, e più che interrogarmi sul centro-destra o sul centro-sinistra, alla proposta di un impegno in giunta, mi sono chiesta se mi sentivo di tirarmi indietro davanti all'opportunità di operare, da un altro punto di vista rispetto a prima, per le persone e la città».
Ecco che cosa si intende per il «bene comune» di cui tratteranno Fassino e Tremonti. Come si vede a Rimini è già tutto accaduto. Nulla di nuovo sotto il sole, né con il bikini né senza...
La ciliegina sulla torta dell'assessore riminese indifferente alla Destra ed alla Sinistra, fu questa sua frase: «In giunta, sono considerata 'in quota' al mondo cattolico, più che a una coalizione». Se Buttiglione l'ha letta, ha avuto di certo i lucciconi agli occhi per la gioia.

16/08/2007/
Ingenuo, ma faccio il pernacchio
Sì, sono ingenuo come sospetta Maniero nel suo commento.
Sì, sono ingenuo come ho già confessato qui: «Ingenuo, mi hanno sempre detto certe persone, per sottintendere che sono uno che secondo loro si farebbe fregare facilmente. Beh, farsi fregare (da che mondo è mondo) non è un'arte che dobbiamo imparare. Semmai un serafico esercizio da apprendere soltanto per aspettare tempi migliori».
Mi scuso per l'autocitazione, che presento soltanto per dimostrare che sono consapevole del problema...
Sì, sono ingenuo nel senso che dà al termine il bel libro del «Grande Gram», ovvero Massimo Gramellini, intitolato (per consolarci?) «Ci salveranno gli ingenui».
Il libro di Gramellini è il mio «galateo», un livre de chevet che considero utile per tutti nei momenti in cui si crede di essere soli e presi per i fondelli soltanto per il fatto che rifiutiamo le machiavellerie e non usiamo il sorriso-ghigno romano alla Giulio Andreotti.
Andreotti con la solita battutina presentata quale ricetta capace di risolvere tutti i problemi, è l'anti-ingenuo per eccellenza, con quel suo adagio che insegna: «A pensar male si fa peccato, ma ci si prende sempre».
Ovvero diffidare sempre e con tutti. Non so voi, ma io credo che sia una ricetta abbastanza spaventosa.
Se provassimo a dire che se pensiamo bene, non ci "prendiamo", ma rendiamo a tutti la vita un po' migliore?
Forse (anzi certamente) potremmo essere presi in giro, ma alla fine anche presi in considerazione.
Non si può predicare l'eterno sospetto. Anche perché alla fine la teoria dell'eterno sospetto finisce per giustificare qualsiasi azione anche la più negativa, con un serafico: «Te l'avevo detto che poteva capitare...».
Al sorriso-ghigno romano alla Giulio Andreotti, preferisco «il pernacchio» alla napoletana. Dove c'è più la filosofia della plebe, senza il gusto sadico dei potenti che hanno sempre fregato il prossimo loro. E che alla fine a quello stesso prossimo hanno cercato di dimostrare: «La colpa è tua, se ti sei fatto fregare».
Buon pernacchio a tutti.

15/08/2007/
Messori/2
Il 12 agosto scrivevo qui che l'intervista concessa da Vittorio Messori mi aveva lasciato esterrefatto.
Sono lieto di constatare sulla «Stampa» di oggi 15 agosto, che qualcuno più autorevole di me, è intervenuto sulla faccenda dimostrando di aver reagito allo stesso modo. Antonio Scurati sotto il titolo «Chiesa nemica di se stessa», infatti scrive: «L'aberrante argomentazione di Messori - che io sinceramente mi auguro di aver frainteso...».
Nel mio post, avevo citato il Vangelo: «Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina girata da asino al collo e venga gettato in mare» (Mc 9, 42). Un commento al mio post mi precisava che io avevo sbagliato nell'identificare i «piccoli» nei «bambini». E mi invitava a leggere un passo del cardinal Caffarra (1996).
Ho risposto già al commento in questione.
Qui riprendo da esso la questione centrale.
La citazione evangelica era stata da me tolta dal pezzo iniziale della «lettera» papale dell'11 giugno 1993 indirizzata ai vescovi degli Stati Uniti ed intestata: «"Guai al mondo per gli scandali!" (Mt 18, 7)».
Scriveva dunque Giovanni Paolo II nel 1993: «Negli ultimi mesi sono venuto a conoscenza di quanto voi, Pastori della Chiesa negli Stati Uniti, insieme a tutti i fedeli, state soffrendo a causa di alcuni scandali provocati da membri del clero. Durante le visite "ad limina", spesso la conversazione ha riguardato il problema di come i peccati degli ecclesiastici abbiano urtato la sensibilità morale di molti e siano divenuti un'occasione di peccato per altri. La parola evangelica "guai!" ha un significato particolare, in special modo quando Cristo la usa nei casi di scandalo, e soprattutto di scandalo "dei piccoli" (cf. Mt 18, 6). Quanto sono severe le parole di Cristo quando parla di tale scandalo, quanto grande deve essere quel male se "chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare" (cf. Mt 18, 6).»
Antonio Montanari

14/08/2007/
Umanità anche per i clandestini
«Bisogna trovare un modo per trattare i clandestini con la decenza e il rispetto che l'umanità richiede». Così ha scritto Jagdish Bhagwati, docente di Economia e Legge alla Columbia University, nato nel 1934 a Bombay e laureato a Cambridge, in un articolo pubblicato dal «Sole-24 Ore» (12.8.), sul fallimento dei provvedimenti presi in merito dagli Usa. Il problema riguarda anche noi italiani. Quella decenza e quel rispetto, sono parametri universali, ammesso che si abbia ancora il senso di questo aggettivo illuministico.
Rimini ha la caratteristica di città aperta a tutti, una vocazione internazionale che nasce dalle sue antiche pagine di storia, non soltanto da quelle più recenti e legate unicamente al turismo. Per questo motivo, ogni avvenimento che succede a Rimini acquista subito un valore simbolico perché collega le vicende locali ad un più ampio contesto che si riflette nel bene come nel male nella vita cittadina.
Dolorosamente dobbiamo prendere atto che la parte più debole della realtà meno favorita delle popolazioni immigrate, al di là del discorso sui clandestini, è costituita dalle donne e dai bambini. Per loro occorrerebbe anche a livello nazionale un'attenzione continua e rafforzata, che deve però fare i conti spesso molto difficili con il senso di appartenenza ad una cultura diversa dalla nostra, la quale ne condiziona i comportamenti.
Qui la mediazione di operatori provenienti dalle etnie presenti in città, potrebbe essere forse utile, per aiutare donne e bambini a riacquistare speranza in condizioni non oppressive e meno violente di quelle di cui sono vittime, spesso sino allo spargimento del loro sangue. Non possiamo illuderci in miracoli che sanino e risolvano tutto, però non possiamo fingere che l'accattonaggio dei bambini e la prostituzione minorile della fanciulle non siano fenomeni di profonda gravità per la società a venire.
Problemi di mediazione culturale sarebbero da affrontare anche per persone che appartengono alla nostra nazione. La recente vicenda di Barletta dove un'anziana ha vegliato a lungo i cadaveri mummificati di due sorelle, perché illusa da un sacerdote con la teoria dell'immediata resurrezione dei corpi, può insegnarci a non giudicare le cose che non ci piacciono di persone provenienti da terre più lontane. Lasciando perdere il discorso sui servizi sociali di Barletta, sotto i cui occhi chiusi tutto è avvenuto.

12/08/2007/
Vittorio Messori
Forse perché nonostante l'avanzare dell'età sono rimasto ingenuamente legato al principio che se si predica bene non si deve razzolare male, l'intervista apparsa sulla «Stampa» di ieri a Vittorio Messori mi ha lasciato esterrefatto, con un senso di mal di stomaco come si può provare davanti ad una scena orripilante.
Il passaggio più scabroso e meno immaginabile dell'intervista a Messori, per me è stato questo: «È indubbio che nella storia della Chiesa una sessualità disordinata ha potuto convivere agevolmente con la santità. Sono legato al segreto richiesto dai Postulatori, ma potrei fare nomi celebri».
Messori prosegue citando il «fondatore di molte istituzioni caritative in Europa» che, a suo dire, «è stato proclamato Beato nonostante le turbe sessuali che per un istinto incoercibile lo spingevano a compiere atti osceni in luogo pubblico».
Spero che nei prossimi giorni qualche voce autorevole venga a spiegarci che tutto ciò non soltanto non è vero ma è impossibile stante la tanto declamata severità dei processi canonici delle cause di beatificazione.
Riporto un altro passo dell'intervista a Messori: «Queste storie sono il riconoscimento della debolezza umana che fa parte della grandezza del Vangelo. Gesù dice di non essere venuto per i sani, ma per i peccatori. E' il realismo della Chiesa: c'è chi non si sa fermare davanti agli spaghetti all'amatriciana, chi non sa esimersi dal fare il puttaniere e chi, senza averlo cercato, ha pulsioni omosessuali. E poi su quali basi la giustizia umana santifica l'omosessualità e demonizza la pedofilia? Chi stabilisce la norma e la soglia d'età?».
Mi permetto di ricordare a Messori, illustre scrittore e frequentatore di pontefici con i quali poi scrive libri, che non si tratta soltanto della giustizia umana che «demonizza la pedofilia». C'è anche il Vangelo: «Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina girata da asino al collo e venga gettato in mare» (Mc 9, 42).
Potrebbe dedicare due minuti del suo tempo, Vittorio Messori, a rileggere questo brano, ed a confrontarlo con le parole che ha pronunciato per «La Stampa» con Giacomo Galeazzi?

10/08/2007/
Se un assessore vede 'negro'
Dalle 17:25 del 9 agosto si legge in rete questa notizia non rispondente al vero, che riportiamo: «Rimini. Compare la foto del presidente del Consiglio Romano Prodi con un 'Vù cumprà' su alcuni giornali, dopo che l'assessore alla Polizia Municipale Roberto Biagini si è fatto promotore della campagna antiabusivismo commerciale. Diessini tutti e due, ma questo è sicuramente uno smacco all'impegno dell'assessore, tanto ribadito in questi mesi. [...] Anche se non è dimostrabile che Prodi abbia acquistato merce illegale, Biagini resta di sasso perché invece di chiamare i vigili, si è fatto fotografare sorridente con 'l'amico'. Insomma un brutto colpo per il pioniere delle spiagge senza 'bancarelle' abusive, dove tanti italiani comprano senza farsi scrupoli. Ma non lui, il presidente del Consiglio, che condivide con l'assessore l'ideologia politica».
A smentire la notizia è intervento stamani il deputato diessino Giuseppe Chicchi, con un duro articolo sul «Corriere Romagna», in cui non si fa però il nome dell'assessore interessato alla vicenda.
Ampio spazio vi è stato dato dall'edizione bolognese di «Repubblica». Che ne precisa i termini, sotto il titolo «L'assessore 'vede nero' e fa una gaffe».
Il signore africano, Thiam Barra, ritratto con Romano Prodi è un senegalese, lavoratore regolare in Italia. E soprattutto vecchia conoscenza di Romano Prodi con cui si è già incontrato nelle ultime tre estati. Stessa spiaggia, stessa foto.
Nel 2007 di nuovo c'è soltanto la notizia riportata sopra, che però non ha tenuto conto del fatto che l'assessore di Rimini si era precostituito un margine di dubbio: «Ammesso che quello sia un vuccumprà...». L'assessore ha perso la scommessa.

08/08/2007/
Storiacce
Le storiacce di cronaca che si leggono oggi, hanno come protagonisti uomini in abito talare, rei confessi di abusi, abituati a confessare ed a confessarsi, quindi pronti a giudicare ed a punire gli 'errori' altrui con la penitenza: essi non hanno mai compreso da soli che stavano sbagliando, che era terribile quello che facevano.
Ed allora la domanda non riguarda loro, ma il loro brodo di cultura. Sta scritto «non giudicare» non per poter fare tranquillamente i propri comodi più o meno porci. No, ma soltanto perché prima di giudicare gli altri, dobbiamo giudicare ancora più severamente noi stessi.
Ma in quale sistema di ipocrisia spaventosa sono stati educati, formati, istruiti ed avviati alla loro missione?
Li hanno forse abituati a far finta di niente delle piccole cose che succedono attorno. Poi c'è stato l'effetto valanga. Taci oggi, tacci domani sulle cose che sembrano un nulla, finisce che sembra un nulla anche l'azione più infamante.
Il vecchio adagio «bada a quel che il prete dice, e non a quello che il prete fa», è una stupidaggine. Lo slogan di Verona «Niente testimonial, ma testimoni» era efficace. Ma lo si ripete come un motto pubblicitario. Deve essere vissuto.
Ecco perché mi faceva rabbia, tremendamente rabbia, un ex amico e collega che lo diceva subito dopo aver dato dimostrazione (per lui consapevole) della sua ipocrisia (che io avevo chiaramente intravisto, per cose che mi riguardavano di persona).
È un discorso politico anche questo, perché se la formazione del cittadino avviene in quei contesti, siamo fritti.

07/08/2007/
Malaffari e politica
L'«Elzeviro» di Maurizio Viroli (La Stampa, 6.8.2007), intitolato «Antipolitica, la vecchia tentazione», m' ha fatto riaffiorare un ricordo tra il personale e lo storico.
Il fratello di mia madre, per meriti politici conquistati sul campo prima, dopo e durante la seconda guerra mondiale, doveva essere il sindaco della città subito dopo la Liberazione. Disse ai compagni del Pci, nel quale militava: «Burdèl, chi ruba va in galera». Scelsero ovviamente un altro.
Il prof. Viroli parla proprio di quegli anni (1945-1947), recensendo una raccolta di articoli apparsi su «Il Ponte», celebre rivista fiorentina. E ripropone il problema già affacciatosi allora, se «la politica non è affare per gli onesti».
Condivido la conclusione di Viroli: «bisognerebbe ricominciare», scrive, dalla «forza delle idee morali», riportando la formula apparsa su quella rivista.
Avevano ragione allora gli scrittore de «Il Ponte». Ha ragione oggi Viroli. Bisogna partire dalla «forza delle idee morali».
Ma se ci guardiamo intorno (e spero non sia considerata colpa nostra), vediamo che l'affarismo trionfa a più non posso sulla politica intesa come investimento morale. Non sono gli ideali a muovere la politica (Veltroni si illude), ma gli affari.
Mi piace girare per paesi e città, e leggere i giornali. Ed allora raccolgo appunti da luoghi diversi, e li inserisco qui tutti assieme.
1. Dove si costruisce un nuovo centro capace di raccogliere per varie settimane all'anno migliaia di frequentatori? Non nel luogo più acconcio dove ci siano strade e spazi necessari, ma in una zona dove si trovano i terreni del clero (e del loro istituto per il relativo sostentamento), quasi un miliardo di lire qualche annetto fa...
2. Un assessore all'edilizia di quel paese si è dimesso: protestando che prima concedevano le licenze per costruire e poi facevano (per forza di cose, e male) le strade. Un suo collega era stato defenestrato per l'opposizione dimostrata a certi programmi comunali in materia urbanistica.
3. E poi: vogliono uno stadio nuovo e chissà perché lo vogliono lì? Nel posto sbagliato (dove è ora, in pieno centro città), ma con una contropartita detta motore immobiliare che fa drizzare i capelli ai cittadini non interessati agli affari, perché quelli interessati hanno trovato l'ottima strada di tagliare la torta in parti uguali così non si beccano fra loro.
Potrei continuare, con la spartizione culturale, con la creazione «ex nihilo» (seguendo la dottrina ecclesiastica) di assessori messi lì non per loro crescita politica maturata con l'esperienza, ma per fare un favore a qualcuno spiritualmente molto in alto.
Non serve allungare la lista dei dispiaceri che la politica provoca a chi crede alla «forza delle idee morali».
Però non mi piace sentir dire che l'elenco delle cose malfatte dai politici, altro non fa che favorire l'antipolitica.
L'antipolitica è alimentata dagli stessi politici. Che dichiarano di volere le istituzioni come case di vetro, ma che alla fine le rendono sigillate. E chiuse, proprio in quel senso lì.

06/08/2007/
Blog, si Usa così
Invito a leggere l'articolo di Alessandra Farkas apparso sul «Corriere della sera» di ieri 5 agosto, argomento: i blog e la politica negli USA. Titolo: «Hillary, Edwards, Obama si inchinano ai blog».
Non provinciale la risposta americana, sottolineata pure nell'occhiello del pezzo: «I siti web dettano i temi della campagna democratica».
Inevitabile è la riflessione di confronto con quanto succede in Italia, non soltanto nella valutazione (quasi sempre negativa, come abbiamo visto...) del fenomeno dei blog, ma nella stessa campagna pre-elettorale del nascituro Partito democratico. Dove la corsa verso le primarie ad un osservatore neutrale sembra essere una specie di gara notturna ed illegale con motori truccati...
Quello che altrove è normale (l'offerta di più candidati al posto di segretario del Pd), da noi è stato sinora visto come una serie di sgarbi concorrenziali che lasciano in bocca qualcosa tra l'incredulo e l'amareggiato.

04/08/2007/
Grazie, Rosy Bindi
Grazie a Rosy Bindi. Mi ha fatto molto piacere leggere stamani sulla «Stampa» in un intervista questa sua opinione su Walter Veltroni: «E' cominciata con un concorrente unico, che si è presentato come il candidato di tutti. Chi ricorda il discorso di Veltroni al Lingotto, era un po' come se dicesse: "Io sono il tutto. Se poi qualcuno proprio vuole entrare in gioco lo faccia, ma insomma...". Non era affatto previsto che ci fossero competitori. Solo dopo s'è addirittura invocata una pluralità di candidati».
La sera del Lingotto, a caldo avevo scritto: «Veltroni ha parlato non da candidato ma da leader investito, da primo ministro non troppo in pectore, da uomo che sembrava uscire dal Quirinale dopo aver sciolto la riserva per l'accettazione dell'incarico».
Grazie Rosy Bindi, mi ha fatto sentire tanto intelligente.

04/08/2007/
Straordinario
Servitori Caro Max Giordani, non potendo sapere nulla di me, lei giudica graziosamente partendo da suoi convincimenti personali che ovviamente non si cura di verificare se corrispondano ai fatti.
Uno dei suoi convincimenti personali di fondo è il pregiudizio che io sono evidenziato nel blog dai padroni perché sono un loro servo.
Lei trova conferma nella sua opinione partendo dal fatto che io non ho partecipato alla disputa riguardante la presunta «denuncia» contenuta in un blog poi censurato dalla proprietà.
Le confesso: se fossi stato io il direttore di un giornale internettiano come in fin dei conti sono i nostri blog, non avrei pubblicato quel testo.
Se uno scopre degli illeciti, si rivolge alla magistratura. Punto e basta. Se lei prima di scrivere che sono un «servo dei padroni» avesse letto un mio commento di due giorni fa ai lettori intervenuti sul post «Tasse. Che predica!», avrebbe avuto valido ed esauriente motivo per meglio comprendere il carattere alquanto anarchico e ribelle del sottoscritto, sin dai più teneri anni.
Per non affaticarla troppo chiudo qui, e mi scusi se mi autocito riproducendo nuovamente quel commento. Non spero di convincere nessuno, comunque debbo riconoscerle un primato: lei è l'unico che in 48 anni di attività pubblicistica mi ha giudicato un «servo».
Non è un primato da poco, il suo. Che poi sia una frase ridicola (non penso nemmeno diffamatoria, date le circostanze estive che le offrono tutte le attenuanti), è un discorso che trova analogie con l'invidia di un illustre collega che, leggendomi sempre su questo blog, mi ha detto l'altra settimana: «Per forza ti segnalano, citi sempre la Stampa!».
Superior stabat lupus...
Saluti ed auguri: pulisca le lenti degli occhiali, e si sostenga con cibo acconcio, magari con la nostra piada. Tiro le orecchie anche all'esperta amica Cristella: di questa «piadina» vezzeggiata dalla pubblicità non c'è testimonianza nelle tradizioni romagnole.
È un pane ruvido, nato nei primi giorni di vita del mondo in Africa, ruvido come noi romagnoli, capaci di ridere anche quando qualcuno vuole offenderci, come ha cercato di fare (sbagliando obiettivo e sistema) il signor Max. Auguri per battaglie con migliori risultati.
Ecco il mio commento di cui dicevo e che ripubblico, onde il predetto signor Max possa capire che se lo avesse letto non avrebbe avuto la possibilità di pensare quello che ha pensato.
Si legga anche le pagine indicate dai link... sopra un sito intitolato "Appestato"!!
Guardate, cari amici: nello scorso mese di marzo, un quotidiano locale (di Rimini) ha scritto un articolo contro di me, perché qualcuno in «quegli» ambienti non gradisce le cose che produco. O che producevo.
L'occasione è stato un pezzo pubblicato un anno fa sul settimanale diocesano di Rimini, dove raccontavo di una biblioteca francescana posteriore al 1430.
A quel settimanale ho collaborato per 24 anni, tenendo una rubrica che poi ho cominciato a pubblicare anche su questo blog, quando l'ho aperto a dicembre 2005.
Il mio articolo sulla biblioteca francescana è stato definito da un anonimo che so però chi è, una bufala. Invece esistono da cinque secoli documenti precisi e ben noti. Ovvero l'articolo non fa una grinza. Tanto è vero che in altro luogo ho chiesto per questo anonimo il «trattamento sanitario obbligatorio» per i disturbati mentali.
Orbene, l'anonimo è semplicemente manovrato da persone che non vogliono tra i piedi (leggi: in città) persone indipendenti e disposte a dire la propria opinione controcorrente senza lasciarsi intimorire.
L'anonimo è conosciuto dalla redazione di quel giornale che lo ha presentato con un 'nome de plume', spacciando la sua mail per una pubblicazione a stampa...
Il giornale dove l'articolo era apparso NON mi ha offerto il diritto di replica. Perché? Semplicemente non si potevano disturbare i manovratori che avevano ordito la trama contro il pezzo sulla biblioteca francescana, utilizzato come cavallo di Troia per colpire chi stava sullo stomaco o su qualche altra parte del corpo in certi ambienti o tra certe persone potenti.
Tutta la documentazione, si legge qui:
ARCHIVIO
Patologie riminesi.
Notizie personali


Sul Corriere Romagna di oggi 24 luglio appare una mia breve nota dedicata ad un libro su Francesca da Rimini.
Un cortese amico, dopo averla letta, mi chiede per telefono perché essa sia apparsa su quel quotidiano, e torna sul fatto che da tempo (dieci mesi) ho lasciato il settimanale a cui ho collaborato per 24 anni esatti.
Gli riepilogo la situazione partendo da quanto scritto sul web il 15 febbraio scorso.
Poi aggiungo quanto riassumo qui, rispondendo al suo invito a continuare a lavorare sul web.
La chiusura del mio sito due anni fa e l'attacco contro di me per quell'articolo (Biblioteca francescana dei Malatesti), sono due particolari di un'azione che ha un ben preciso responsabile, il quale non è altro che una marionetta in mano a qualche altro.
Il Rasputin che ha spedito la mail alla Voce farà bene ad evitarmi se m'incontra per strada, ed a girare alla larga, non si sa mai che non mi venga la tentazione di dargli due pugni in faccia per pareggiare i conti.
Altre interruzioni ho dovuto subire: dicembre 2003, l'istituto di cultura fascista assume la direzione culturale del giornale, per cui non potevo più scrivere di argomenti dei quali mi ero sino ad allora impegnato.
L'anno scorso, per la presentazione del libro della storia della Colonnella, ci si è rivolti ad altra persona. Se si fosse trattato di persona più competente di me, non avrei trovato nulla da ridire.
Il buon *** ha fatto di tutto per farmi incazzare: prima dicendomi che il giornale perdeva abbonati per colpa del mio Tama, poi inventandosi discorsi che io non avevo mai fatto, o indicandomi come fonte di cazzate megagalattiche tipo quella del Monte di Pietà fondato dagli ebrei, quando quasi tutti i giorni passavo in redazione e potevo essere interpellato per una lettura preventiva del pezzo altrui.
Il buon *** ha sperato di prendere il posto del direttore attuale, illudendosi nell'arrivo di un vescovo della sua setta.
Adesso può stare contento, e dominare nel suo orticello dove lui è come Attila: appena si muove non cresce più l'erba. Ti ricordi la storia di Riminilibri? Il buon *** ha fatto ha fatto finché l'ha preso in mano lui, e lo ha annientato.
Queste le interruzioni che ho dovuto subire. Non mi meraviglierei di doverne vedere altre per l'ignavia e l'ipocrisia di chi guida e dispone, sa e finge di essere la verginella.
I fatti sono i fatti. La mail alla Voce è partita dal Rasputin che delinque contro di me dopo d'essere stato aiutato in passato.
Le informazioni qui contenute sono ovviamente riservate: non diffondetele in giro, ci possono essere delle persone vendicative pronte ad agire... Acqua in bocca!!!

03/08/2007/
Servono anche le serve (i blogger)
Nell'intervista a Piero Bassetti, pubblicata da «La Stampa» ieri, si legge che i blog «rappresentano oggi un po' quello che per noi una volta si diceva 'Radio serva'...».
Di recente è uscito un bel libro di Robert Darnton, «L'età dell'informazione. Una guida non convenzionale al Settecento» (Adelphi, 26,50 euro), un cui capitolo è dedicato alla diffusione delle notizie a Parigi.
Dove attorno all'albero di Cracovia, un castagno che doveva il suo nome forse alle discussioni accesesi alla sua ombra durante la guerra di successione polacca tra 1733 e 1735 (p. 42), si radunavano le più svariate persone, tra cui anche i servitori che divulgavano notizie segrete sul conto dei loro padroni.
Queste voci pubbliche («bruits publics») non erano del tutto trascurate se all'albero di Cracovia i diplomatici stranieri mandavano loro agenti a raccogliere o seminare notizie... (p. 43).
Come si vede, alla fine della storia, anche servi e serve svolgono un loro ruolo. Così speriamo di noi blogger.
Antonio Montanari

01/08/2007/
Tasse. Che predica!
Gli italiani non pagano le tasse?
Prodi ha un rimedio: le prediche della messa domenicale dovrebbero invitare i fedeli ad adempiere l'obbligo civico.
Abbiamo raccolto alcuni pareri.
Bertinotti: «Il Papato dovrebbe ammettere di predicare bene e razzolare male».
Berlusconi: «Abbiamo già rogne con i preti per le doppie o triple mogli, ci mancherebbe che ci sfilassero anche i soldi dal portafogli per le tasse in chiesa».
Fini: «D'accordo con Prodi se le prediche sono in latino».
Casini: «D'accordo con Fini, se lui è d'accordo con me circa l'obbligo di essere d'accordo con Prodi il quale dovrebbe mettersi d'accordo con Berlusconi».
L'on. Prodi in tarda serata si è detto tranquillo. Se tutti sono d'accordo, ha precisato il suo portavoce, siamo a posto, non cambia nulla. Ed il governo dura.

Antonio Montanari


2600/09.02.2018