Blog Stampa/Novembre 2006

Cossiga
Caro Francesco Cossiga, ogni volta che cronisticamente mi sono occupato di lei, ho scritto che è una persona simpatica.
Adesso che leggo delle sue dimissioni da senatore a vita, confermo il vecchio giudizio, aggiungendo un particolare apprezzamento. Lei è uno dei pochi che danno le dimissioni, seguendo un esempio illustre ed ormai dimenticato, quello del presidente Enrico De Nicola, primo capo di Stato (provvisorio, ed anzi secondo perché le funzioni della più alta carica erano state prima assunte in via transitoria da Alcide De Gasperi).
De Nicola raggiunse un primato da Guiness. Lei lo eguaglia con un solo gesto, rumoroso ma forse inascoltabile nel chiasso mediatico che ci circonda.
Mi permetta di dire però che a volte dietro l'aggettivo «simpatico» si cela rispettosamente il riconoscimento di una geniale follia politica che forse è necessaria o forse potrebbe essere instradata verso diversi binari.
Comunque, caro Francesco Cossiga, le sue uscite che dovrebbero costringere parecchie persone a riflettere ed a parlare a modo, non hanno prodotto altro che silenzi eloquenti a dimostrazione che la politica è un imbroglio anche nel sistema democratico per cui il cittadino singolo conta poco anzi non conta nulla.
E questo è l'aspetto più miserabile e tremendo della nostra realtà politica. Se prendono a pesci in faccia una venerabile (non nel senso massonico...) figura come lei, si figuri cosa può accadere ai «semplici» cittadini.
«Semplici» a tal punto di «dover» credere nella democrazia anche per colpa di chi se ne dichiara artefice fregandosene bellamente di realizzarla come fa la maggior parte della classe politica nazionale o locale. La quale bada soltanto agli affari propri o dei propri amici.
Presidente emerito Cossiga, auguri per la salute, e ci tenga allegri, tanto di cose serie nessuno sembra oggi aver voglia.
27/11/2006

Visco gode con Fisco
Il Fisco di Visco sta bene in salute. La Stampa di stamani ci conforta: «C'è la ripresa. Il Fisco gode».
Si rallegrano gli italiani. Si agitano gli ambienti d'Oltretevere. Se il Fisco gode, è un atto lecito? L'on. Binetti si è chiesta: «Ma siamo preparati a questo tipo di nuovo piacere. Chi lo offre, è consapevole dei rischi che fa correre alla popolazione ignara? Non ne abbiamo ancora discusso a sufficienza, questo tipo di godimento non rientra nei nostri schemi mentali, non c'è stato sinora nessun pronunciamento ufficiale delle Commissioni interparlamentari, né di quelle internazionali (Roma-Vaticano), né del presidente del Circolo ricreativo di Melanzana Soprana autorevole esponente dei cattolici atei ispirati dal pensiero di Giuliano Ferrara».
Se i ricchi piangono ed il Fisco gode, c'è speranza in una maggior giustizia sociale? E poi il pericolo maggiore, si fa notare negli stessi ambienti, è che Visco goda con il Fisco assieme a Prodi. Una situazione zapatera davvero insopportabile.
26/11/2006

Una scuola...
Un quotidiano locale scrive oggi che in una scuola di Rimini c'è stata bufera: «Filmano il prof, lo doppiano e diffondono il video in rete. La classe sospesa per 3 giorni. Un insegnante ripreso da alcuni alunni col videofonino, poi doppiato con frasi ingiuriose e finito su internet. I ragazzi a casa per tre giorni. La preside: "Non è una punizione: studieranno la Costituzione e la legge sulla privacy"».
Io li avrei obbligati ad una settimana di studio supplementare tra le mura scolastiche proprio su Costituzione e privacy, per dimostrare che la scuola (o Scuola?) serve a qualcosa.
24/11/2006

Giudici ed educazione
Il Tribunale civile di Milano ha riassunto in una breve formula la concezione del mondo che dovrebbe sottostare ai comportamenti collettivi. Se i figli sono violenti la colpa è dei genitori che non hanno impartito loro un'«educazione sentimentale» che, se realizzata, li avrebbe invece portati sulla buona strada degli ottimi sentimenti e delle cordiali manifestazioni di affetto nei confronti delle persone di sesso diverso.
Sembra facile parlare di «educazione sentimentale», soprattutto in una società che dei sentimenti non vuol farsi carico, anzi li disprezza, ma non soltanto da oggi. Ricordo una scena del 1973, l'inverno dell'emergenza petrolifera e delle domeniche a piedi. Ero su di un autobus fermatosi per accogliere due anziani che faticosamente salivano. Una signora di media età vicino a me, chiese retoricamente alla figlia adolescente: «Ma perché vanno in giro, se ne stiano a casa».
Se adesso una nipotina di quella signora che così parlò alla ragazza, dovesse dimostrare disprezzo verso le persone giovani od anziane come quei due passeggeri dell'inverno 1973, non mi sentirei di dare nessuna colpa a lei, né a sua madre, penserei piuttosto a quella che biologicamente è la nonna, forse una parola che alla signora in questione fa drizzare i capelli.
Questo mio ricordo potrebbe far pensare che hanno ragione quei giudici di oggi che dalla famiglia pretendono l'«educazione sentimentale» dei figli. Non è così. L'educazione in generale (non soltanto quella sentimentale che ne è una parte ed una conseguenza), è un processo così difficile, complesso e contorto che soltanto negli Stati totalitari ci si illude di poterla impartire come una serie di dogmi in cui credere, a cui obbedire e per i quali combattere. E con quali drammatici risultati, lo sappiamo tutti (o perlomeno in parecchi).
18/11/2006

Televisione-religione
Alla «televisione-religione» Le Monde di ieri ha dedicato un'interessante intervista circa il libro di imminente pubblicazione «Quand des médias dévoilent l'intime».
Tra gli autori del volume c'è Jean-Michel di Falco, vescovo di Gap (Hautes-Alpes), che è stato interpellato dal quotidiano parigino.
Monsignor di Falco ha detto: «Un public voyeur et exhibitionniste. Ceux qui, d'eux-mêmes, viennent exposer à la télévision leurs situations ou difficultés de vie se livrent à un dégradant strip-tease. Je me refuse à mettre en cause ces hommes ou ces femmes, mais leur attitude en dit long sur l'état de notre société». L'intervista integrale si legge nel sito de Le Monde.
15/11/2006

A scuola di sesso
E dopo che la televisione italiana pubblica e privata nei reality mostra in continuazione fanciulli e fanciulle in calore come le bestiole che girano per strada, pretendiamo che nelle scuole le nuove insegnanti ed i nuovi allievi non cerchino di «recitare» le stesse cose?
Il senso del pudore è stato abrogato dalla legge commerciale del video.
Non lamentiamoci che poi in una classe della Media di Nova Milanese sia successo quello che è successo. Scuola Nova per la Nova società della Nova televisione.
Mi sento terribilmente reazionario nello scrivere queste cose, ma lo faccio per non far credere che sia colpa delle prof e degli studenti di oggi. La scuola è vittima dei palinsesti.
Sulla Stampa di oggi: «Ho fatto sesso con la supplente e me ne vanto».
14/11/2006

Studiare affranca
Nel discorso letto a Roma dal governatore di Bankitalia Mario Draghi per l'apertura del centesimo anno accademico della Sapienza , c'è un passaggio che i nostri politici dovrebbero mandare a memoria: «Una efficace politica dell'istruzione deve conciliare l'eccellenza con l'equa diffusione delle opportunità di istruirsi nella misura massima desiderata». Efficienza e qualità sono le due parole chiave di tutto il discorso.
La domanda che mi pongo, in riferimento anche a recenti polemiche sulla crisi dei nostri atenei e sul loro proliferare sia nelle sedi sia nei corsi, è: questa efficienza e questa qualità oggi come sono gestite e garantite in Italia?
L'altra mattina ho ascoltato nella rassegna stampa di «Prima pagina» (Rai Tre) la citazione di un articolo (non ne ricordo l'autore), in cui si elencavano tra le spese “politiche” anche quelle delle università o delle sedi periferiche costruite su misura per compiacere i potentati locali.
Sono finiti i soldi, dicono i rettori, e così non si può andare avanti: mancano i fondi anche per la cancelleria e la carta igienica.
Il governo è messo come è messo. Bambole, non c'è una lira.
Ma non tutto dipende dai soldi. Domanda: come sono gestite le sedi ed i corsi, come e chi insegna, e perché insegna?
Detto papale papale, le carriere universitarie sono in gran parte espressione di appartenenza a gruppi di potere: qua i vescovi, là i massoni (alla fine magari si danno anche una mano), lì un partito, là una fondazione bancaria...
E chi garantisce la serietà, l'efficienza, la qualità con questi chiari di luna?
Governatore Dragi, il suo è stato un gran bel discorso. Un'utopia, sia detto con rispetto, espressa senza tenere in conto la misera realtà d'ogni giorno.
Forse anche l'Università che abbiamo è quella che il nostro Paese si merita. Se le mafie culturali gestiscono tutto, anche l'Università è in loro potere.
Governatore, lei ha mai sentito parlare di questi aspetti? Altrimenti il suo gran bel discorso finisce per essere come la inutile recita di una ricetta gastronomica costosa e complessa in casa di un povero disgraziato che non sa come arrivare a fine mese.
Perché quel discorso non resti un'esercitazione retorica, esimio governatore, si dia da fare ogni giorno, non consideri chiuso l'argomento con la fine della cerimonia alla Sapienza.
10/11/2006

Bush, ombre cinesi sull'Italia
Ci sono lunghe ombre cinesi che dagli Usa di Bush si proiettano sull'Italia.
La vittoria dei democratici non significa ipso facto una rivalutazione di Prodi e della sua linea politica interna ed internazionale, ma le dimissioni di Ramsfeld dicono che là chi governa fa in fretta a prendere certe decisioni anche più dolorose.
Da noi, sul caso Pollari stiamo perdendo del tempo prezioso, pure se ormai maggioranza ed opposizione sembrano concordare sul fatto che bisogna cambiare il vertice del Sismi.
L'opposizione italiana non sa darsi pace della sconfitta di Bush. E spara a zero contro la maggioranza di governo.
Il prof. Pera (che ben conosce i problemi economici come ex bancario, e quelli teleologici come teologo nonché filosofo ora vicino al Vaticano) ha dichiarato stamani alla «Stampa» che Prodi dovrebbe usare «parole più misurate» verso il presidente degli Usa. Prodi ha detto soltanto che l'illustre collega d'oltre Oceano ha perso per colpa della guerra in Iraq.
Pera scambia per imprudente arroganza il calmo giudizio politico di gran parte degli osservatori internazionali e la convinzione personale dello stesso Bush. Il quale ha ammesso di avere capito come «molti americani» con il loro voto abbiano voluto «far comprendere il loro disappunto» per la situazione irachena di stallo.
«Le Monde» di stasera scrive che ci sono numerosi interrogativi «sur l'exercice du pouvoir dans la nouvelle configuration issue du vote du 7 novembre».
Circa Rumsfiel "dimissionato", osserva poi: «Donald Rumsfeld avait contre lui l'ensemble des démocrates, un certain nombre de républicains, l'ancien chef d'état major et ancien secrétaire d'Etat Colin Powell, le présidentiable John McCain, la plupart des néoconservateurs, une demi-douzaine de généraux à la retraite, l'Army Times, le Navy Times, l'Air Force Times, le Marine Corps Times, journaux les plus lus dans les forces armées... Jusqu'à Laura Bush qui, si on en croit le dernier livre du journaliste du Washington Post Bob Woodward, avait essayé de faire valoir dès 2004 à son mari l'inconvénient de conserver un ministre de la défense qui avait fini par symboliser l'enlisement en Irak.»
Perché opinioni simili, se espresse in Italia siano scambiate dall'opposizione per arroganza, è un fatto che risulta comprensibile se partiamo dall'idea che in politica da noi vige la regola dei campi di calcio, sfottere od offendere.
Ma che in tale clima fanatico faccia i suoi bagni di pensiero anche il prof. Pera, dispiace a causa dell'etichetta che solitamente si accompagna alla sua persona, di «studioso di Filosofia».
Pera sostiene che non è stato l'Iraq bensì è stata la corruzione a far perdere Bush. Gli «elettori di Dio» lo hanno abbandonato, concorda Alexander Stille su «Repubblica», appunto per scandali e corruzione.
Se scandali e corruzione per gente che dice di governare in nome di Dio siano fatti meno gravi della guerra, lo può sostenere soltanto chi vuol fare bilanci filosofici con il criterio di quelli amministrativi come il prof. Pera.
Il problema di domani, per l'Italia, non è la situazione irachena, nella quale da soli non possiamo mettere becco (c'è l'Europa, ce l'Onu), ma appunto il rapporto tra governo ed opposizione.
Bush dichiara di aver detto al leader del suo partito che è ora di mettere da parte le divergenze elettorali e lavorare assieme con i democratici e gli indipendenti «sulle questioni alle quali il Paese deve far fronte». Bush ha preso su di sé la responsabilità della sconfitta. «Hanno vinto loro», ha spiegato.
Alla democratica Nancy Pelosi, nuova presidente della Camera, ha dichiarato di essere «pronto a lavorare assieme».
Lui può dire queste cose. Che da noi né Berlusconi né Prodi possono accettare. Negli Usa non ci non sono né i Casini né i Follini né i Mastella.
Da noi un governo istituzionale da più parti invocato, in questo momento, non è possibile per un fatto semplice. Lo dovrebbe guidare il presidente della Camera, terza carica istituzionale.
E v'immaginate l'opposizione che accetta di far reggere l'esecutivo da Bertinotti? Per forza di cose bisognerebbe ritornare alle urne, anche nel tentativo di evitarle appunto con il governo istituzionale, se le vecchie parole e le antiche regole hanno ancora un significato.
09/11/2006

«La Stampa», carta e web
Mi piacerebbe che sulla prossima Stampa ci fosse un'integrazione fra strumento di carta (quello tradizionale) e mondo web, con la pubblicazione sul primo anche di qualcosa dei blog della Stampa on line.
La Stampa, grazie ad Anna Masera, ha il merito di essere stata completamente innovativa con il sistema dei blog e delle segnalazioni in pagina web.
Si potrebbe sperimentare la pubblicazione di brevi testi dai blog sulla Stampa
Auguri!!!
Sono un lettore da (...non di) 42 anni.
Antonio Montanari, Rimini

Questo il messaggio lasciato ieri sera (18:19) sul forum di StampaWeb ieri sera.
Pubblico anche la risposta di Anna Masera (che ringrazio):
«Grazie, caro Antonio.
Speriamo che il suo messaggio venga raccolto.
Anna Masera»
Aggiungo un particolare di cui ieri sera mi sono dimenticato scrivendo nel forum.
C'è un giornale straniero che nell'edizione su carta inserisce una selezione degli interventi apparsi nell'edizione on line. Non ricordo quale sia...
08/11/2006

Sinistra e nobiltà
Ringrazio quanti hanno partecipato in questi due ultimi giorni al mio blog con civili, intelligenti ed interessanti commenti ai post su Rula e su Saddam.
Mi preme sottolineare due aspetti: il primo riguarda il ruolo della televisione («ma sembra tutto stanco e trito»), anche in relazione ai problemi sociali.
E come secondo aspetto, c'è la presenza fra di noi (in tivù e nella vita sociale) di questi nobili che credevamo ormai tramontati.
«Ma come cavolo allevano i figli nelle famiglie nobili in italia?» si chiede giustamente mm.La risposta è implicita nella domanda.
Bene, ragazzi, continuiamo a discutere di questa nostra società e dei problemi concreti che dobbiamo affrontare noi che nobili non siamo (e ce ne vantiamo).
Il caso della signorina Borromeo (foto) mi sembra esemplare.
Una nobile romana era stata sdoganata da Antonio Socci per parlarci di religione (ne scrive anche su un mensile del Corsera, illustrando le banalità più ovvie, come la ricetta del pane degli angeli, e di come lo mangiano le dame del Santo Sepolcro...).
Adesso Santoro, rifattosi il capello, ha cercato di adeguarsi. Ma Santoro e la fanciulla forse vivono sopra una mongolfiera. Il mondo lo vedono da lontano. Ne capiscono qualcosa?
Santoro è intelligente e furbo. La Borromeo poverina l'hanno messa lì per fare etichetta, per dire che anche a Sinistra ci sono nobildonne da pareggiare il conto con Socci...
Ovvero, «Sinistra e nobiltà». Potrebbe essere il titolo di un bel film...
07/11/2006

Saddam, Blair e l'Europa
Crescono i no alla pena di morte «anche» per Saddam.
Nell'ultima ora le note d'agenzia ci hanno informato che pure Blair è contrario. Beninteso non in riferimento al caso specifico del dittatore irakeno, ma al problema in generale. «La Gran Bretagna è contraria alla pena di morte», leggo su StampaWeb: sul caso specifico, alle insistenze dei giornalisti, Blair ha risposto «con una certa irritazione»: «Mi scusi, vorrei potermi esprimere a modo mio».
Ieri, invece il ministro degli Esteri Margaret Beckett si era schierata a favore dell'impiccagione dell'ex presidente Saddam (condannato per il massacro di 148 sciit a Dujail nel 1982).
Oggi Blair non può smentire brutalmente un proprio ministro, deve accontentarsi della questione di principio, appunto: «La Gran Bretagna è contraria alla pena di morte».
Riassume l'agenzia Agr: «Il capo del governo di Londra oggi ha detto di essere contrario alla pena capitale e questo, ha precisato, vale "sia per Saddam sia per chiunque altro"».
La polemica ferve anche sui nostri blog della Stampa: si veda bizblog ed anche dragor.
Parto personalmente dal problema di carattere generale: come si pone la cultura europea di oggi davanti all'esecuzione capitale di un condannato? La accettiamo o la rifiutiamo per principio? Blair è stato chiaro, lui con tutto il suo passato bellicoso: «La Gran Bretagna è contraria alla pena di morte». E l'Europa?
06/11/2006

Rula Jebreal
Gentile Rula Jebreal,
la ormai famosa battuta goliardica («E' una gnocca senza testa») ascoltata in uno studio televisivo della Rai, mi sembra soltanto una forma di commento e risposta diretta non a lei in quanto donna ma in quanto giornalista che faceva seriamente il suo mestiere.
Lei si è meravigliata: «Dico solo che è strano che sia successo mentre incalzavo un ospite».
No, gentile Rula Jebreal, in Italia non è strano che mentre un/una giornalista «incalza» un politico, qualcuno se la prenda con lui/lei, cercando di offenderla.
I politici ed i gelosi ospiti di contorno (commentatori, analisti, ecc.) si considerano depositari di una verità che i giornalisti in tutto il mondo mettono in discussione con le loro domande. Questo sistema in Italia non piace.
Mi creda, quello che è successo, è avvenuto appunto perché lei «incalzava» un ospite. Perché lei pretende di sapere. Perché lei è donna. Perché lei è straniera.
Vede quanti perché ci sono dietro il perbenismo italiano che si riassume nella battuta: possiamo andare d'accordo, se la pensi come me.
E poi i politici nostrani non vogliono essere incalzati. Se chiede loro se piove o c'è il sole, non le danno la fotografia del tempo in quel momento, ma cominciato ad esaminare tutte le possibili variazioni nell'arco delle prossime 24 ore.
Era quello che stava facendo quel simpaticone di Antonio Di Pietro nel momento cruciale della frase mormorata «su di lei».
Lei aveva ragione di chiedere come si sarebbe comportato il ministro nell'esercizio delle sue funzioni. Di Pietro cercava di spiegarle con innocenza che lui la pensa in un modo, ed il governo in un altro. Lei incalzava, lui faceva melina. Non per colpa del ministro, ma perché così è la politica in Italia.
Quarant'anni fa ci lamentavamo che il bipolarismo italiano fosse imperfetto. Lo abbiamo riformato, ed adesso non sappiamo neppure se in Italia c'è ancora il bipolarismo.
Auguri, gentile signora, e non se la prenda. Questa filosofia che Di Pietro metteva in pratica quella sera parlando con lei, è servita ai nostri antenati a sopravvivere in situazioni peggiori, alle dominazioni straniere, alle invasioni dei barbari. Dovremmo avere paura di Calderoli e di una battuta goliardica?
Lei è bella, ma anche intelligente. E mi creda la bellezza esprime pure l'onestà dell'intelligenza. Guardi tante sue colleghe dotate nella mente ma acide nel cuore, potrebbero essere graziose ma hanno ghigni che fanno tremare. Sono brutte.
Mi permetta un post-scriptum d'attualità. È di oggi la notizia della condanna a morte di Saddam. Non so sino a qual punto pronunciata per caso alla vigilia delle elezioni americane di martedì prossimo, ma certamente non espressione di quella concezione democratica europea che è contro la pena di morte. Quale democrazia vogliamo esportare?
Ultimora. Leggo adesso su Internet:
"La Ue è contraria alla pena capitale in tutti i casi e in ogni circostanza e non dovrebbe essere applicata neanche al rais iracheno Saddam Hussein". Così la presidenza della Ue in un comunicato esprime la posizione dell'Unione sull'esecuzione del Rais.
05/11/2006

Bush e gli evangelici
Non c'è da scandalizzarsi, anzi viene da sorridere davanti alla storia del reverendo Ted Haggard, leader spirituale di 30 milioni di evangelici, che è stato accusato da tale Mike Jones, omosessuale, di averlo pagato per tre anni per avere rapporti sessuali con lui.
Leggendo la Bibbia, come scrisse Enzo Biagi su "Epoca" quand'ero ragazzino, cioè cinquant'anni fa, si trova l'elenco di tutti i peccati in circolazione (allora a. C. ed adesso). Quindi nulla deve meravigliare.
Ciò che stupisce invece è la "santa" ipocrisia di queste personcine che urlano e sbraitano da mattina a sera per annunciare le pene dell'inferno ai "peccatori", e poi alla fine neppure loro possono scagliare la pietra.

(«Lanciò la prima pietra?
Era senza peccato?
La gente non sapeva,
era uno smemorato.»)


La commistione fra religione e politica è un matrimonio contro natura (questo sì) che rovina l'una e l'altra.
Poi, quanto si grida inutilmente, conoscendo la fragilità della condizione umana (vedi ancora la Bibbia), al solo scopo di fare giochi politici. Quei giochi politici che il Vangelo consiglia (consiglierebbe) di evitare: date a Cesare quello che è di Cesare...
Come anche la recente storia politica italiana insegna, troppi Cesari hanno mescolato le carte. Con spirito di crociata vogliono ingraziarsi la Chiesa e poi passare all'incasso. Ma anche così la Chiesa perde dignità e forza. E poi non diamo la colpa agli infedeli d'Oriente. I nostri infedeli d'Occidente sono i responsabili di un oscuramento della religione che ignora così i propri doveri mescolandosi alle dispute materiali (io vi procuro i voti, voi sistematemi gli insegnanti di religione, ad esempio).
I cosiddetti «atei devoti» hanno ricevuto un'etichetta che nulla dice se non l'irrazionalità dell'operazione che essi conducono in porto (cioè verso l'urna).
Se Cristianesimo dev'essere testimonianza allo spirito del Vangelo, gli «atei devoti» ed i loro capi politici, ne sono completamente lontani come quel reverendo Haggard che tuonava e poi (stando all'accusa) faceva quello che proibiva agli altri.
04/11/2006

Ferrara maestro e felice
Ieri sera Giuliano Ferrara era contento come un bambino che avesse vuotato il barattolo della marmellata senza che nessuno se ne fosse accorto.
Nella sua rubrica su "la7" ci ha rallegrato sdoganando in tivù una dignitosissima ed austera parola che il bon ton dei programmisti ed i pruriti dei censori ha sempre evitato. Il titolo del suo appuntamento era appunto «Soliti stronzi e venerati maestri». Si discuteva di un volume recentissimo che Edmondo Berselli ha intitolato «Maestri d'Italia».
Berselli Come poi ha sùbito spiegato, alla base di tutto c'era Alberto Arbasino. Il quale ha descritto l'itinerario esistenziale compiuto dai massimi intellettuali, quei maestri dei pensiero che fanno venire il prurito a Ferrara, osservando che costoro passano dal ruolo di «giovane promessa», a quello di «solito stronzo» e per finire trionfalmente diventano un «venerato maestro».
Metà della trasmissione (si parlava anche di un testo di Giorgio Dell'Arti, presente in studio) è stata un vigoroso ed allegro dialogo fra Ferrara, Berselli e Sartori, con le uniche punte di serietà introdotte inutilmente dalla Armeni e da Maria Laura Rodotà. Il gruppo maschile ha deriso un po' tutto e tutti. Rodotà ha cercato di stare con i piedi poggiati per terra, ma non è riuscita a scalfire la retorica dell'antiretorica di Ferrara.
Il sorrisino di Berselli era tutto un programma. Bravo, intelligente, arguto, in fin dei conti pure lui è uno di quei «Maestri d'Italia» che prende per i fondelli nel libro.
A noi eterni alunni anche in vecchiaia, non restava da chiedere se è possibile giocare con le parole di Arbasino ed il titolo di Ferrara. Oltre ai Soliti Stronzi e a Venerati Maestri, non esistono forse altre categorie che possiamo generare incrociando aggettivi e sostantivi?
Ci sono Soliti Maestri e Venerati Stronzi, Stronzi Maestri e Maestri Stronzi, non mancano i Soliti Venerati ed i Venerati Soliti.
Insomma il campionario di quelli che comandano in un modo o nell'altro, è molto vasto.
Ieri sera Ferrara si è divertito, ho detto all'inizio. Ma una cosa è la risata ed un'altra è l'analisi (cosa seria e noiosa che difficilmente passa quando si parla della vita culturale). E così anche Berselli è apparso più un furbettino del cadreghino che un pungente osservatore di costume di quel mondo che sembra censurare ma al quale appartiene a pieno titolo.
Sarebbe utile sapere che cosa dicono di lui.
02/11/2006

Lavoro nero
Il lavoro nero sulla costa riminese è un classico che non passa mai di moda, scrive stamani Maria Patrizia Lanzetti sul Corriere Romagna, illustrando le ultime novità in un settore che unisce la tradizione all'innovazione.
Tradizione nel vero senso della parola, perché le radici del fenomeno sono ben piantate, come riconobbe circa due decenni fa l'Inps che definì Rimini la «capitale del lavoro nero».
Innovazione perché nel fenomeno sono coinvolti come vittime i nuovi arrivati, cioè persone che giungono in Italia da ogni parte del mondo. E che hanno sostituitogli italiani che migravano verso la costa adriatica dalle zone sottosviluppate, come le si chiamava un tempo.
Lanzetti racconta che il caso più clamoroso è avvenuto in un albergo di lusso a Riccione, nove o dieci ore di servizio per meno di venti euro.
Per non chi non è pratico della zona, va detto che oltre al pianto greco di letteraria memoria, esiste la classica lamentela degli operatori commerciali riminesi, un pianto romagnolo di chi regolarmente ogni anno dice afflitto che la «stagione» è andata male, ma nello stesso tempo aumentano i depositi bancari, gli investimenti, una ricchezza diffusa e palpabile in mille manifestazioni le quali soprattutto significano aver reso Rimini la città più cara (o una delle più care) d'Italia per affitti, valore degli immobili, e via discorrendo.
Se crescono gli affitti, cresce anche tutto il resto, compresa la malavita, il più classico dei fenomeni indotti.
Per affrontare la quale la giunta comunale di Centro-sinistra (per nulla malvista dall'opposizione, come hanno dimostrato i risultati elettorali dove Forza Italia ha perso il 52 %) ha deciso di dotare i Vigili urbani di spray al peperoncino e bastone (leggi: manganello).
Se lo avesse fatto un assessore leghista, avremmo letto titoloni sui giornali.
L'impressione è che la piccola ordinaria amministrazione spaventi i signori del Comune perché vorrebbero che tutto procedesse con gli stessi silenzi che hanno garantito evasione fiscale e lavoro nero in un'atmosfera di felicità collettiva. A scapito dei più deboli.
01/11/2006

Antonio Montanari


2503/24.10.2017