Il «sistema Adriatico» da Rimini alle Marche
Senigallia e la sua fiera fra 1600 e 1700

Per terra e per mare i mercanti europei giungevano all'Adriatico nel corso del 1600. Dal cuore del continente arrivavano a Ferrara, poi scendevano in barca lungo la costa indirizzandosi a Senigallia e ad Ancona. Alla costa romagnola arrivavano pure, attraverso l'Appennino, i viaggiatori provenienti dalla Toscana. Quelli che pervenivano dal Tirreno meridionale e dall'Italia centrale facevano invece tappa a Senigallia.
Anche per tutto il 1700 Senigallia si presenta come luogo d'incontro tra l'industria europea ed il Levante. Le merci vi scendono dall'Italia del Nord (Lombardia, Veneto). I mercanti veneti che sono diretti a Senigallia debbono riunirsi a Chioggia e di lì partire in convoglio.
La fiera di Senigallia mette in ombra tutte le altre manifestazioni delle città romagnole più a settentrione che cercavano inutilmente di farle concorrenza. Rimini si trova nel XVIII secolo in una situazione di grave crisi economica nella quale precipita nel 1600 a causa dello scontro tra le fazioni politiche e per gli effetti negativi della dominazione pontificia. Le Marche sono invece favorite dalla presenza degli Ebrei. Quando nel 1569 Pio V dà il bando agli Israelti da tutte le sue terre, fa eccezione per Ancona e Roma. Nel 1631 cessa il dominio roveresco. Pesaro ed Urbino passano alla Santa Sede. Anche gli Ebrei di Pesaro diventano quindi sudditi pontifici e possono continuare a vivervi.
Circa le loro attività commerciali, essi frequentano le fiere annuali di Senigallia (a luglio) e di Fermo (in agosto), ma s'indirizzano pure verso il Ravennate dove tentano di sottrarre alla concorrenza degli Ebrei ferraresi l'attività commerciale attorno al Riminese. Il vescovo di Imola nel 1776 scrive al papa che gli Ebrei si dividono il territorio per non danneggiarsi reciprocamente come fanno i cappuccini quando vanno a cercar le «loro limosine».
La rivalità commerciale di Rimini con la fiera di Senigallia avviene già a partire da metà Seicento. A Rimini sin dal 1500 si teneva una «fiera delle pelli» per la ricorrenza di sant'Antonio dal 12 al 20 giugno. Nel 1656 nasce la nuova fiera di sant'Antonio sul porto. Nello stesso anno, non a caso, a «un tal Hebreo Banchiere» si concede di aprire un banco portando con sé la famiglia. Gli Ebrei erano stati cacciati da Rimini nel 1615 dopo una rivolta popolare con distruzione del ghetto. Nel 1666 il Consiglio cittadino rigetta a richiesta di crearne uno nuovo. Su questo sfondo avviene il passaggio per Rimini di mercanti ebraici, e poi il loro stabilirsi in centro, in un palazzo dell'estinta nobile famiglia Bandi.
Nel frattempo si è rafforzata la presenza di Ebrei marchigiani nella città romagnola. Nel 1796 gli «Ebrei dimoranti con negozio da lungo tempo in Rimini», come si legge negli atti comunali, gestiscono cinque ditte, intestate a Moisé di Bono Levi, Samuel ed Elcanà Costantini, fratelli Foligno, Samuele Mondolfo, ed Abram e Samuel Levi. Essi si dichiarano membri e dipendenti dal ghetto di Pesaro, non essendocene uno a Rimini. Abram Levi esporta pelli d'agnello verso il nord Europa. Egli ha per le mani la maggior parte di quel prodotto. È una specie di monopolio che suscita le proteste dell'«Università dei pellicciai».

Antonio Montanari
Nota pubblicata sul n. 11/2006 de «l’eco» di Senigallia


1206/20.11.2006