Ciriaco d’Ancona quando venne a Rimini?

La Storia dev’essere «aperta»: al «momento certosino della competenza» deve seguire «quello della verifica pubblica» [1]. Applichiamo questa grande massima ad una «piccola» vicenda. Quando venne a Rimini Ciriaco d’Ancona?
Ciriaco de Pizzecolli d’Ancona (1390-1455), un «bizzarro e geniale archeologo» che frequenta i circoli umanistici di Firenze, ed è un «lettore di Dante» che per la sua ansia di sapere ama «presentarsi nei panni d’Ulisse» (Garin), ha ripetuti incontri con Sigismondo Pandolfo Malatesti signore di Rimini.
Su invito di Sigismondo («Sigismundo Pandulphi filio Malatesta principe clarissimo favitante» [2]) visita Rimini nel 1441 o forse due anni dopo (1443) come indica altra fonte [3].
Queste due date sono accettate da tutti, tranne che da un autore riminese che riporta tutt’altra indicazione («1435», «o comunque in un momento non lontano»!).
Questa indicazione non risulta da nessuna fonte, ed è spacciata in nota come «versione corrente», ripresa «in modo acritico».
Ma «versione corrente» letta e tramandata dove?
Nello stesso libro leggiamo con altro autore che la visita di Ciriaco è avvenuta «prima del 1441».
Ovviamente non fa nessuna differenza fra 1441 o «prima del 1441», «o meglio nel 1443» (come si spiega in un ampio testo dedicato al Tempio malatestiano).

La curiosità della «verifica pubblica» è relativa soltanto a quella «versione corrente» che, stando alla nostra personale ignoranza, tanto «corrente» non dovrebbe essere, dal momento che non è citata né dall’altro autore del libro cesenate né nell’imponente tomo del cattedratico sullodato.
Ma l’autore riminese in un altro punto non convince, quando parlando di Giovanni Di Marco, lo dichiara morto il 23 febbraio 1474. Da Angelo Battaglini [4] apprendiamo che Giovanni Di Marco «morì in Roma nel 1474, e fu sepolto a dì 23. Febbrajo».
Battaglini non scrive che Giovanni Di Marco morì e fu sepolto il 23 febbraio, ma (ripetiamo) che «morì in Roma nel 1474», e che alla data del 23 febbraio «fu sepolto».
Battaglini riporta un documento riminese che è la sua fonte, il testo latino del notaio Nicolino Tabelioni del 5 marzo 1474, l’inventario dei beni di Giovanni Di Marco.
Qui leggiamo che il medico riminese Giovanni Di Marco «obiit & ab hac vita migravit ac sepultus fuit…».
Qui poi va notata la differenza, temporale in questo caso, che comporta quell’«ac» che non congiunge soltanto ma puntualizza («morì, e precisamente fu sepolto»), come ben comprese Battaglini quando (ripetiamo) scrisse: «morì in Roma nel 1474, e fu sepolto a dì 23. Febbrajo».

NOTE
[1] Alberto Melloni, Il diavolo non abita la storia. E non ci servono i tribunali, «Corriere della Sera», anno 103, n. 26, 01.02.2005, p. 31.
[2] Cfr. il suo Itinerarium edito da L. Mehus (Giovannelli, Firenze 1742).
[3] Cfr. Corpus inscriptionum latinarum, XI, I, p. 80, n. 365.
[4] Cfr. Angelo Battaglini, Dissertazione accademica sul commercio degli antichi e moderni librai, 1787, p. 51, nota 105.

10 Agosto 2005


Riministoria-il Rimino/Antonio Montanari Nozzoli/10.08.2005/[Pagina 2443, 09.09.2017]/