Ascolti. Tama 911 (20.04.2005)

Chi in tivù ed in politica riesce a far addormentare la gente, ha il successo assicurato. Se ad un certo punto il pubblico si sveglia, è il principio della fine. Pippo Baudo è tornato sul video con una trasmissione nostalgica: ah, come si rideva bene mezzo secolo fa. In pochi gli hanno creduto sin dalla prima serata. Alla seconda s'è giocato tutto, perdendo la scommessa, in un malinconico duetto con Gianni Morandi, ovvero il dialogo fra le due eterne anime del popolo italico, il ragazzo che andava a cantare alle feste dell'Unità, ed il signore distinto che è sempre stato dalla parte del potere e dei potenti. Morandi, forte d'una vecchia esibizione in mutande per deridere l'auditel, ha convinto Baudo a ripetere l'exploit. Ciò che era stato un divertimento ironico del cantante emiliano, è divenuto la patetica manifestazione d'impotenza del vecchio artista siciliano, incapace di rendersi conto che il tempo passa ed i tempi cambiano.
Come Pippo Baudo anche Silvio Berlusconi cerca di tornare ai vecchi allori, sogna gli applausi deliranti delle folle di dieci anni fa, non s'accorge che pure per lui le cose sono mutate, s'illude che l'orologio della Storia si sia fermato al momento del trionfo. Il Financial Times nel titolo di un servizio sulla crisi politica italiana ha giocato sul nome del partito del Cavaliere: «Farsa Italia». Meno male che qualcuno (all'estero) riesce a divertirsi. A Roma descrivono un Ciampi nero d'ansia impotente di fare con onestà il suo dovere costituzionale. Prima ha atteso inutilmente che Berlusconi salisse al Quirinale per annunziargli la crisi. Poi, una volta avutolo nelle antiche stanze, non ha potuto leggere l'annunciata lettera di dimissioni del governo. Nel frattempo il premier aveva cambiato idea decidendo di restare a Palazzo Chigi.
Il problema è lo stesso di Baudo: che fare per alzare gli ascolti? Ci auguriamo che non abbia un Morandi fra i suoi consiglieri. Uno spogliarello non gli procurerebbe il passo indietro di Follini e di Bobo Craxi. Ci vorrà ben altro per tenerli a bada, ammesso che sia possibile. C'è qualcosa di solenne e d'austero nell'ostinazione del Signore di Arcore che vuol restare in sella a tutti i costi. Non sappiamo fin dove arrivi la sua ammirevole tenacia e da dove invece cominci la sindrome da soldato giapponese che continuava a combattere dopo la fine della guerra. Ogni cosa ha un principio ed una fine. Si replicano soltanto i programmi di successo. [911]

Antonio Montanari


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