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il Rimino - Riministoria

Così Rimini ricordò Kennedy
Il dramma di Dallas il 22 novembre 1963

Alle 19.58 di venerdì 22 novembre 1963 un lancio d’agenzia annuncia che il presidente degli Stati Uniti d’America John F. Kennedy è stato gravemente ferito mentre in auto attraversava Dallas (Texas), a fianco della moglie Jacqueline. Alle 20.34 giunge la notizia che Kennedy è deceduto. Il telegiornale della Rai, condotto dall’annunciatore Mario Raviart, in segno di lutto interrompe la trasmissione iniziata da pochi minuti. Parte il monoscopio e, come sottofondo per parecchi secondi, va in onda un valzer di Strauss.

A Kennedy succede Lyndon B. Johnson (rieletto nel 1964). L’anno prima nella stessa Dallas era stato diffuso un manifesto con le foto segnaletiche del presidente defunto, e sotto la frase: «Wanted for treason», ricercato per tradimento. Lo accusavano di non aver saputo difendere la sicurezza degli Usa e di aver dato appoggio alle rivolte razziali ispirate dai comunisti.

La Storia lo avrebbe ricordato in altro modo. Kennedy, figlio di una delle più ricche ed influenti famiglie cattoliche del Massachussets, nel novembre 1960 a soli 43 anni aveva battuto il candidato repubblicano Richard Nixon con il progetto politico della «nuova frontiera». Non assicurava «promesse, ma soltanto sfide». Il suo ingresso alla Casa Bianca fu salutato come una svolta nella vita non soltanto degli Stati Uniti ma dell’intero Occidente.


Cercare la pace,
aiutare i poveri

Kennedy voleva lottare per la pace e per ridurre le tensioni internazionali. Superare il colonialismo nei confronti del Terzo mondo. E, sul pianto interno, eliminare la povertà e le disuguaglianze razziali. Fedele al programma elettorale, aveva varato un piano di assistenza sociale per sostenere i lavoratori ed i ceti più disagiati. Aveva promosso una politica d’integrazione dei neri, aumentandone diritti civili ed abolendo le forme più gravi di segregazione razziale, presenti soprattutto negli Stati del Sud.

Gli eventi internazionali del 1961 avevano gettato un’ombra sulle speranze kennedyane. A Berlino era stato eretto il Muro. In ottobre era scoppiata la crisi di Cuba. Mosca stava installando missili sull’isola. Kennedy il 22 ottobre annunciò il blocco navale. Un accordo segreto fra Mosca e Washington previde che gli Usa rispettassero l’indipendenza di Cuba e del suo regime rivoluzionario; e che l’Urss smantellasse le rampe e ritirasse (come in effetti avvenne) i missili.

Kennedy lascia agli americani la pesante eredità del Vietnam. Quando muore, gli Usa vi hanno già inviato 15 mila uomini, definiti «consiglieri militari». Nel 1968 arriveranno a più di mezzo milione. Cinquantaseimila saranno uccisi o risulteranno dispersi. Nell’aprile 1975 la guerra d’Indocina finisce con la sconfitta americana e l’occupazione di Saigon da parte dei Vietcong.


Ricordato con
papa Roncalli

Il 1963 è l’anno della Pacem in terris, e della scomparsa di Giovanni XXIII. L’uccisione del presidente americano sembra chiudere il breve ciclo di un nuovo equilibrio internazionale, a cui aveva portato il suo fondamentale contributo anche papa Roncalli.

Pure a Rimini la preoccupazione per il futuro si associa al compianto per la morte di Kennedy. Il Municipio fa affiggere un manifesto in cui tra l’altro si legge: «Uno statista insigne, un democratico sincero, una personalità illuminata della storia, è caduta sull’aspro cammino della pace». Il cordoglio unifica le differenti forze politiche. I socialisti richiamando Lincoln, ammoniscono: «Non si arresta il corso della storia uccidendo un uomo. Raccolgano i successori di Kennedy questa eredità».

Nella cronaca cittadina dell’«Avvenire d’Italia», domenica 24 novembre si scrive: «Particolare rammarico è stato espresso negli ambienti cattolici, di ogni tendenza». Felice Marconi, pro presidente degli Uomini di Azione cattolica dice: «Nel giro di pochi mesi, due grandi lottatori per la pace, sia pure su piani totalmente diversi, sono venuti meno: l’umanità non può non sentire questi vuoti dolorosi e profondissimi». Enzo Cananzi dichiara: «Abbiamo perduto un grande politico, il rappresentante più moderno e più coerente dei principi cattolici applicati alla vita politica».

Nel pomeriggio della stessa domenica, promossa «dai sacerdoti che si occupano di attività sociali e religiose», è officiata in Duomo dal Vicario generale mons. Emilio Pasolini una Santa Messa di suffragio. Nell’annunciarla, «Avvenire» precisa che l’iniziativa «ha uno stretto carattere religioso ed intende ricordare, ai credenti, non solo la grande figura dello Scomparso, ma anche gli ideali per i quali si è battuto». Al proposito si citano le parole di Paolo VI: «Preghiamo affinché il sacrificio di Kennedy abbia a giovare alla causa da lui promossa per la libertà dei popoli e la pace nel mondo, affinché l’amore regni nella umanità». L’omelia di mons. Pasolini è pubblicata su «Avvenire» nella pagina settimanale «L’Antenna riminese» di domenica primo dicembre, simbolicamente sotto un ampio resoconto di una conferenza di padre Ernesto Balducci, intitolato «Magistrale analisi del mondo moderno».


Dal Vangelo
alla nostra società

Il Consiglio comunale si riunisce alle 10 di domenica 24 novembre in seduta straordinaria nel salone dell’Arengo. Il sindaco Walter Ceccaroni (pci) esprime «la più alta protesta e condanna del criminoso gesto che ha troncato la vita del giovane Presidente». Il capogruppo dc, Sebastiano Bianchini sostiene che Kennedy «seppe incarnare con coraggio e con dedizione giunta fino all’estremo sacrificio i princìpi del Vangelo, in una visione concreta delle esigenze della società moderna». Ricordando pure Giovanni XXIII, Bianchini aggiunge: «Accomuniamo queste due grandi figure nel nostro rimpianto e auguriamoci che l’umanità sappia far proprio il loro messaggio, per la sua dignità e per la pace». Le Acli scrivono che era morto «un simbolo di azione politica per tutti gli uomini che aspirano a costruire un mondo più umano, realizzato nella giustizia, vivificato dall’amore, attuato nella libertà».

«La voce del lavoratore» del 3 dicembre sotto il titolo «Kennedy vittima dell’intolleranza» osserva che è stata «una grande perdita per gli uomini che credono nei più alti valori umani»: è morto, prosegue il periodico della Cisl, «un simbolo di azione politica per tutti gli uomini che aspirano a costruire un mondo più umano, realizzato nella pace e per mezzo della giustizia». Si ricorda il primo messaggio di Kennedy appena era stato eletto: «Le speranze dell’umanità sono con noi: le speranze del contadino del Laos, del pescatore della Nigeria, dell’esule di Cuba. Dalla nostra parte è lo spirito che muove tutti gli uomini e tutti i Paesi che condividono le speranze per la libertà e per il futuro». La politica della «nuova frontiera», continua l’editoriale, «aveva scavalcato i confini americani per realizzare la pacifica convivenza fra i popoli diversi e combattere la ingiustizia, la fame, la dittatura». Kennedy era considerato dal foglio sindacale vittima «delle illusioni conservatrici, dei privilegi, della discriminazione razziale, della guerra fredda». La forza morale e la spiritualità della sua azione si presentavano come «un valido insegnamento sul come dobbiamo comportarci nell’adempimento del nostro compito sociale».

Il settimanale «La Provincia», diretto da Flaminio Mainardi e legato agli ambienti più conservatori del mondo economico riminese, il 28 novembre in prima pagina riporta il manifesto comunale e non scrive neppure una riga di commento sull’uccisione del presidente americano. In compenso nel numero successivo dedicherà quasi una pagina ad uno stravagante elzeviro firmato da Luigi Pasquini in morte di Pippo, il gatto del fotoreporter Davide Minghini.


Nuova frontiera
e centro-sinistra

Il foglio repubblicano «Il Dovere» sottolinea che Kennedy «aveva, mazzinianamente, inteso la politica come impegno morale». L’articolo costruisce un interessante parallelismo fra la politica americana dello scomparso e la situazione politica internazionale: il tema della «nuova frontiera» aveva dato forza e slancio «a quelli che, in tutte le parti del globo, lottavano per un mondo migliore, per una umanità più progredita, per più elevate e dignitose condizioni di vita, per la pace e la tranquillità tra i popoli». La politica italiana del centro sinistra, antecedente alla «nuova frontiera», «trovò nella nuova impostazione kennedyana la sua esaltazione, e si palesò ogni giorno di più come la ‘risposta italiana’ alle esigenze della democrazia degli anni sessanta». Accomunato a Kennedy è ancora una volta papa Roncalli: entrambi «hanno segnato rivolgimenti così radicali e profondi, da apparire vere e proprie rivoluzioni».

Per accennare al clima politico riminese di quegli anni, riprendiamo dal libro di Giorgio Giovagnoli (edito da Guaraldi nel 1993) dedicato al circolo culturale Gobetti (1962-63), un passo dove si parla della scarsa presenza di cattolici in quel nuovo sodalizio: «Va detto in tutta onestà che i cattolici furono un’invenzione. Quella di garantire la presenza di cattolici all’interno del Gobetti fu un’esigenza della componente comunista del circolo ed anche della federazione del Pci, dal momento che era iniziato il “dialogo coi cattolici”. Il tentativo di far aderire i cattolici praticamente fallì, anche perché disponevano di strutture loro. Qualcuno di iscrisse a titolo personale, come Enzo Pruccoli, che portava sempre all’occhiello un enorme distintivo dell’Azione Cattolica».

Sullo sfondo c’è un’Italia in cui si esaurisce il miracolo economico, e la crisi prende il nome meno spaventoso di «congiuntura». Emergono squilibri e distorsioni del tipo di sviluppo legato al basso livello dei salari, e permesso da una larga disponibilità di manodopera fuggita dalle campagne. Nel dicembre dello stesso 1963 nasce il primo governo di centro-sinistra Moro-Nenni.

Il modello americano della «nuova frontiera» di Kennedy, al di là della commozione del momento della sua scomparsa, non troverà molti seguaci tra i giovani. I quali invece resteranno affascinati dalla rivoluzione culturale cinese e dai temi della contestazione che negli Usa esplode contro la politica militare in Vietnam. In Europa sarà tutto un Sessantotto, per proporre, in modi diversi se non opposti, quelle idee che anche un ricco borghese americano aveva nutrito prima di passare lungo una strada di Dallas il 23 novembre 1963.

Antonio Montanari


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866/Riministoria-il Rimino/12.11.2003
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