Un libro di Eraldo Baldini

RITI ROMAGNOLI

Quando il mondo era (in apparenza) più semplice, la nascita era l'avventura più bella. «Nella nascita di un figlio… l'uomo ha visto la possibilità di superare la morte… anche in una concezione di trascendenza individuale che cerca nella discendenza genealogica il proprio tramite, e che presuppone l'esistenza di un'"altra" dimensione».
Poi, c'era la credenza che, nella prospettiva di quest'«"altra" dimensione», ogni nascita fosse il «ritorno in vita» di un progenitore defunto: ecco perché, con il neonato, si rinnovavano i nomi degli avi scomparsi. Nelle antiche società contadine, la nascita era accostata simbolicamente alla vegetazione. Come il seme moriva nella terra per tornare a vivere, così ogni nuova nuova creatura rappresentava l'anello ideale della catena esistenziale, ed anche la riconferma di quella che Mircea Eliade chiama la «speranza della rigenerazione».
Eraldo Baldini c'introduce nei Riti del nascere con un discorso affrontato con ottica moderna. Non è, il suo libro (pubblicato da Longo di Ravenna nella collana «Mondo popolare»), la consueta antologia di citazioni proverbiali o narrative, ma l'analisi di quelle che il riminese Battarra, sul finire del 1700, chiamava le «vane osservanze», e che uno studioso romagnolo, Michele Placucci, nel 1818, definiva i «pregiudizj de' contadini» delle nostre terre.
Il libro raccoglie, spiega ed intreccia notizie ed usanze con una visione scientifica che ricorre a diverse discipline.
A quello che sopra ho chiamato il mondo (apparentemente) semplice di una volta, il volume applica un modo complesso di capire le cose, per evitare i rischi del (vecchio) folklore a buon mercato. L'interesse dell'opera deriva proprio da questo continuo interrogare la realtà, per descrivere con attenzione le ipotesi sui comportamenti che la gente adottava.
Un esempio di questo intelligente procedere analitico, lo ricaviamo a proposito di un'usanza citata dal sarsinate Vittorio Tonelli: mentre si assisteva la partoriente, si recitavano le stesse preghiere e le litanie che si dicevano davanti al forno per propiziare la buona cottura del pane. Baldini riprende da Piero Camporesi (il docente bolognese che ha dedicato ampi studi al problema del cibo), l'immagine del forno come sinonimo del ventre materno. Il pane cresce nel forno come un sole miniaturizzato, allo stesso modo in cui la creatura si forma nella madre. Pane e bambino sono entrambi immagini di fecondità, di nuove vite che sostituiranno quelle "mietute".
E l'idea del mietere è tipicamente traslata, spiega Camporesi, dall'agricoltura all'esistenza, per spiegare la «potenza opposta (che non necessariamente significa nemica), la morte», cioè.
Oggi stiamo forse perdendo il senso del misterioso legame, che esisteva nella dotta ignoranza delle antiche credenze, tra noi e quell'universo in cui veniamo calati con la nascita.
Mons. Francesco Lanzoni (1862-1929), citato da G. L. Masetti Zannini ("Vane osservanze" e pratiche magiche in Romagna nei secoli XVI-XVIII, n. 1/1981 di «romagna arte e storia»), scriveva: «È istintivo nell'animo umano il bisogno di ammettere qualche cosa di soprannaturale… La vera causa della superstizione non è dunque la religione, ma la mancanza, più o meno intera della religione».
Spiega Baldini: «È ovvio che il momento del parto/nascita fosse contrassegnato dal ricorso a numerosi riti di ordine difensivo e propiziatorio», come il suonar le campane. Ma proprio nel Sinodo di Rimini del 1577, tale pratica viene proibita e condannata come una superstizione.
Ma tutte queste credenze popolari, sono poi superstizioni magiche? Il vescovo di Modena nel 1635, a proposito di una presunta fattura, parlava di un caso di malattia nervosa. Sono magici i riti per propiziare la nascita di un figlio maschio (narrati nel cap. III, dove si spiegano anche «Motivi e forme della discriminazione»)? È scienza la convinzione recente che mangiando cibi salati, si possono generare maschi?
La strada scelta da Baldini, in consonanza con la cultura più attenta ai fenomeni collettivi, interpreta ed analizza. Non dimenticando quel «bisogno di soprannaturale» di cui parlava mons. Lanzoni.
Antonio Montanari

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Pagina 2831. Creata 07.12.2018.