Giovani senza più «Giovinezza»
L'esperienza nel mondo cattolico maturò molti cattolici verso scelte antifasciste. Benigno Zaccagnini alla Fuci in via Bonsi.

I giorni dell’ira, 15. "il Ponte", 09.12.1990
64. Radio Londra.
«La conversazione serale verte sulle armi segrete che la Germania starebbe apprestando per mettere in uso prima del sopraggiungere dell'inverno», annota nel suo diario Flavio Lombardini, il 12 giugno '44. (1)
I discorsi della gente sono inframmezzati dall'ascolto della mitica Radio Londra. L'emittente britannica «dà notizie di spaventosi stermini operati dai tedeschi nei campi di concentramento riservati agli ebrei». (2)
Radio Londra trasmetterà anche parole d'ordine per la Resistenza: «La luna è bella. Suonata di Mozart. Maria va al fosso. La terra è bruciata. Hanno rubato le galline. Il latte è bianco. Hanno preso mia moglie. Don Giovanni. Salvatore ha tradito. Torna maggio». (3)
Ci sono radio che ricevono e radio che trasmettono. Di una di questo secondo tipo, è fornito un giovane che «dirigeva i bombardamenti e diceva dove c'era da buttar bombe, cioè informava gli alleati di quello che era avvenuto nella città di Rimini», testimonia don Angelo Campana: «Aveva anche dei vocaboli strani che io pensavo fossero parole in codice, per non far capire quello che diceva... (...) stava qui in questi paraggi, non era di Rimini, era un italiano però». (4)


Note
(1) F. Lombardini, Fra due fuochi…, cit., p. 44.
(2) Ibidem.
(3) Ibidem, p. 89.
(4) Cfr. Ghigi, La guerra a Rimini…, cit., p. 242.



65. Incontri in parrocchia.
I «primi manifesti antifascisti, apparsi nel giugno '43 nelle sale d'aspetto delle stazioni ferroviarie fra Rimini e Imola», erano nati nelle riunioni della parrocchia di San Nicolò fra Ercole Tiboni, Renato Zangheri e don Angelo Campana, il quale «rappresentava il giovane mondo cattolico inquieto» che sfidava l'apparato della gerarchia fascista. (1)
«Oggetto degli incontri -ricorda Vincenzo Cananzi- sono temi vari: dal significato della democrazia, al valore dell'economia di mercato, dai rapporti fede e politica alla liceità della ribellione ai regimi totalitari, dalle differenze ideologiche tra i vari partiti politici ai mutamenti da introdurre nell'economia al termine della guerra». (2)
Tiboni diventerà socialista, Zangheri comunista. Zangheri «nella primavera del '43 organizza la lettura di un dattiloscritto che riproduce la vita di Gramsci scritta da Togliatti». (3)
Zangheri, nel 1942 aveva collaborato al periodico studentesco fascista riminese «Testa di Ponte». Sul numero 18 (mese di maggio), aveva scritto: «I vecchi sono tramontati con le loro vecchie idee e con le loro colpe vecchie e recenti. Noi, moralmente puri, li dobbiamo sostituire». E poi: «I vigliacchi di pensiero e dell'azione rimangano pure a muffire dentro ai loro gusci: noi intendiamo uscirne». Era una dichiarazione di fede nel fascismo, od un segno di timida fronda?
Zangheri aveva allora 17 anni. Nello stesso periodico fascista, in marzo, egli aveva esposto le sue idee che erano in antitesi rispetto a quelle di Glauco Jotti.
Jotti, firmandosi "Un fante", aveva proclamato in puro stile littorio: «Agli squadristi prudono le mani», aggiungendo che il manganello, con un ordine, poteva tornare in azione.
Replicava Zangheri: «Assaltiamo per ora noi stessi», «perché ognuno ha le sue colpe, e se qualcosa vi è ancora di lercio nella nostra coscienza, togliamolo». E concludeva: «Poi saranno altri assalti».
Osserva Liliano Faenza: «A ben riflettere... poteva esserci in Zangheri... un motivo cattolico, un desiderio di purezza, che spingeva semmai a segnalare al pubblico... i buoni "di ogni partito e di ogni idea..."». (4)
«E, con quel desiderio», aggiunge Faenza, c'era anche «un bisogno di scuotere... una gioventù che... stava "sguazzando in una vergognosa apatia". Con Zangheri intendeva farsi avanti una generazione diversa», quella che lo stesso Zangheri appunto chiamava dei «moralmente puri». (5)
Assieme a Zangheri, su «Testa di Ponte», aveva scritto anche Sergio Zavoli. Le sue parole suonano tonanti, nello stile allora in voga. Nel numero 9 dello stesso 1942, proclama: «Oggi più di ieri abbiamo bisogno di scuotere i famosi 'montoni belanti', 'pecore rognose'...Attorno a te c'è ancora troppa gente che non sà [sic, n.d.r.] e non è degna di vivere questo grande momento...Deve essere dato a tutti il privilegio di 'vivere' e 'vincere'. Con ogni mezzo».
In un altro articolo di Zavoli (febbraio '42), si legge: «Io non sono psicologo: pure con la fiducia nelle nostre idee e in quelle delle generazioni capaci di comprenderci, arriveremo!».
Queste citazioni, anteriori al momento che ci interessa nella nostra ricostruzione storica, sono utili per comprendere certi aspetti psicologici, culturali e soprattutto politici, che si andavano delineando lentamente, con il succedersi degli eventi traumatici e drammatici della storia italiana tra 1943 e 1945.
In mezzo a quegli eventi, la gioventù allevata al canto di «Giovinezza», è costretta a scegliere. La tragedia della guerra, con la constatazione di quanto fosse stato illusorio il sogno di un conflitto rapido, e con la scoperta di un'impreparazione militare che andava a scontrarsi con i miti del guerriero fascista, pone difronte a scelte di campo.
La nascita di Salò, con l'intrecciarsi della duplice violenza dei repubblichini e dei nazisti, quasi in gara tra loro per dimostrare una ferocia che cancellava ogni sentimento di umanità, costringono la gente a riflettere, pur nella stanchezza degli animi, nell'abitudine al dolore e alla malvagità che toglie spazio alla meditazione.
Al proposito, c'è una pagina interessante scritta da Liliano Faenza, che ci pare utile riproporre. Sono i giorni tra la fine del '42 e l'inizio del '43.
«Qualcosa allora aveva cominciato a muoversi nel sottosuolo della città, sia pure impercettibilmente... Alcuni giovani, toccati dalla resistenza armata russa e dalla sua capacità controffensiva a Stalingrado [novembre 1942-gennaio 1943, n.d.r.], avevano cercato contatti con elementi antifascisti. (...) Altri giovani tra cui lo Zangheri, allora attento lettore di scritti tomistici, si erano invece interessati agli incontri di studio sulla dottrina sociale della Chiesa e sul pensiero di don Sturzo, presso la Fuci di via Bonsi, a cui era presente l'ex popolare Giuseppe Babbi e qualche volta Benigno Zaccagnini. Presso l'oratorio di San Nicolò al Porto invece, era maturata una fronda sotto la guida di un sacerdote», quel don Campana che abbiamo già ricordato, e che allora insegnava Religione al liceo classico della città.
«Lì un giovane refrattario a "Testa di Ponte", Ercole Tiboni, compagno di liceo di Renato Zangheri, aveva fatto una specie di noviziato antifascista... C'erano poi i ragazzi sfollati dalle città del Nord. Un centinaio circa, disseminati per le varie scuole e nei due licei. Costoro avevano portato con sé, nelle classi, un'atmosfera diversa, il clima del dramma delle loro città che poteva per essi volgersi in tragedia, ma che intanto imponeva agli altri, anche ai meno sensibili, una pausa di riflessione, scuotendoli da una sonnolenta atmosfera provinciale, quella di una città la quale, dopo tutto, conosceva la guerra solo dai bollettini dell'Eiar e dai giornali, e si divideva tra una pausa estiva e un sonnacchioso lungo inverno, come nei tempi andati». (6)


Note
(1) Cfr. A. Montemaggi, Lo schieramento dei partigiani agli inizi della lotta armata, «Carlino», 22. 4. 1964. Cfr. pure L. Faenza, Fascismo e gioventù, in «Storie e storia», n. 5, pp. 89-90. Sui cattolici riminesi durante il fascismo, vedi ampia bibliografia nel nostro Rimini ieri, cit., p. 24.
(2) Cfr. Piergiorgio Grassi e Francesco Succi, Cattolici riminesi nella Resistenza, «Il Ponte», 9. 2. 1986.
(3) Ibidem.
(4) Cfr. L. Faenza, Fascismo e gioventù, cit., pp. 74-75.
(5) Ibidem, p. 75.
(6) Ibidem, pp. 84-85.



66. «Non obbedire».
L'ultima manifestazione del fascio riminese, è stata quella del 23 marzo '43, con un «entusiasmo di facciata». (1)
Tre mesi prima per dei volantini intitolati «Non credere, non obbedire, non combattere», erano stati arrestati, su segnalazione di una spia della Polizia, Guido Nozzoli e Gino Pagliarani. L'imputazione era di «attività politica contraria al regime».
Nozzoli fu preso a Bologna, dove svolgeva servizio militare: tra i capi d'imputazione, anche quello di essere detentore di libri proibiti dal regime, come il «Tallone di ferro» di London o «La madre» di Gor'kij, libri che peraltro «venivano venduti anche sulle bancarelle». (2)
«Gino e Guido, i nostri aedi inquieti e prediletti, erano finiti in galera, primi fra gli studenti di tutta la regione», ricorderà poi Sergio Zavoli. (3)
«I due giovani intellettuali riminesi... erano diventati due piccoli leader sui quali cominciava ad orientarsi un pò la bussola dell'antifascismo riminese. La notizia attraversò la città e fece correre, soprattutto in noi giovani, un piccolo brivido». (4)
Le singole vicende personali di quei giovani, sono le tessere di un più vasto mosaico su cui si svolge la storia collettiva di una città, nel travaglio dei cambiamenti che segnano gli eventi del nostro Paese.
Sono giovani nati attorno al 1920. Tra di loro, ha detto Liliano Faenza, c'era una minoranza che non cercava perché aveva già trovato, cioè si affidava al «credere, obbedire, combattere», e si segnalava «per zelo, per dedizione alle attività della Gioventù italiana del littorio». Dall'altro lato, c'era un'altra minoranza che tra '37 e '39 aveva cominciato a cercare confusamente, senza trovare. In mezzo, si trovava la grande maggioranza dei giovani riminesi, studenti intruppati, che non cercavano e non trovavano, ma si rassegnavano e si lasciavano trasportare. E che erano «lo specchio della maggioranza nazionale degli italiani di tutte le classi: borghesia, ceto medio, proletariato». (5)


Note
(1) Cfr. L. Faenza, Fascismo e gioventù, in «Storie e storia», n. 5, p. 85.
(2) Cfr. l'intervento di G. Nozzoli in Autobiografia di una generazione, cit., p. 26.
(3) Cfr. S. Zavoli, Romanza, Mondadori, Milano, 1987, p. 178.
(4) Cfr. l'intervento di S. Zavoli in Autobiografia di una generazione, cit., p. 16.
(5) Cfr. l'intervento di L. Faenza in Autobiografia di una generazione, cit., pp. 40-41.



Al capitolo precedente.

Antonio Montanari



Giorni dell'ira. Indice
Rimini ieri. Cronache dalla città. Indice
Riministoria - il Rimino
Antonio Montanari. 47921 Rimini.Via Emilia 23 (Celle). Tel. 0541.740173
"Riministoria" e' un sito amatoriale, non un prodotto editoriale. Tutto il materiale in esso contenuto, compreso "il Rimino", e' da intendersi quale "copia pro manuscripto". Quindi esso non rientra nella legge 7.3.2001, n. 62, "Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2001.
Pagina 1580. Creata, 31.12.2011. Modificata, 31.12.2011, 10:40