L'«impostura» dell'anfiteatro
Uno scavo del 1763: documenti inediti all'Archivio Comunale


DUE inediti documenti del 1763 (custoditi presso l'Archivio Storico Comunale di Rimini) raccontano di una sconosciuta e privata campagna di scavi nell'anfiteatro di Rimini. Il muratore Stefano Innocenti chiese ed ottenne in quel settembre «di poter aprire un muro della Città sotto la Clausura de' Padri Cappuccini», la cui chiesa risaliva ai primi del '600, quando vennero alla luce alcuni resti del monumento romano.
I lavori di Innocenti produssero «moltissima terra» che fu gettata in un terreno comunale dato in appalto al signor Giuseppe Antonio Fabri il quale si lamentò di non poter più seminare il fondo, coperto di quella terra «e dalli rottami».
A dicembre il muratore è invitato a concludere i lavori. Aveva infatti avuto abbastanza tempo per «fare quelle osservazioni, che bramava, ed appagare abbondantemente la propria curiosità», inoltre era «necessario impedire quei scandali sotto la Clau
sura […] di rigorosa esemplarità» dei Cappuccini. Scandali che derivavano dalla rottura del «volto reale, che la copriva», per cui rimaneva «aperta la communicazione dell'esterno delle mura della Città colla Clausura» medesima. I Cappuccini avevano presentato «giuste doglianze» per questa «disdicevole» situazione. Occorreva accontentarli.
Innocenti non si era mosso per proprio conto, dietro di lui c'era lo speziale Angelo Cavaglieri, il cui «genio», a suo stesso dire, era quello di studiare «le cose antiche» della città. Quando al muratore impongono di chiudere il piccolo cantiere archeologico, lo speziale si rivolge al Cardinal Legato perché ad Innocenti siano concessi altri sei mesi per indagare sul «supposto Anfiteatro», spiegando che «questa sua impresa non è di preg [iudizio, né ai muri della Città, né a verun altro». Attraverso quegli scavi, aggiunge, il muratore «non tende ad altro che a liberare la Città da un'impostura, che corre su questo Anfiteatro».
Lo speziale, parlando di «impostura», riassume bene il 'clima' dell'epoca a proposito dell'anfiteatro. Pochi anni prima, il Temanza (1741) e poi il Marcheselli (1754) avevano negato agli avanzi di quel sito archeologico ogni carattere di antichità.
Ripercorriamo brevemente la storia delle conoscenze sull'anfiteatro, con l'aiuto di Luigi Tonini. Nel 1486 un atto notarile lo cita impropriamente come «teatro antico», con fornici allora detti volgarmente «le tane». Nel 1543 si fanno scavi: si scoprono marmi ed una statua senza testa e senza gambe, giudicata di Diana. Nel 1606, erigendo il convento dei Cappuccini, si trovano «cellae, seu camerae pro balneis».
Tem [anza parla solo di «alcune muraglie di antico edificio […] creduto in altri tempi reliquie d'Anfiteatro».
Per dimostrare appunto che non si trattava di resti importanti, lo speziale avvia la sua personale campagna di scavi. La richiesta di proroga, secondo i Consoli di Rimini, non aveva valore perché la pratica (anche allora la burocrazia non scherzava) era stata aperta dal muratore Innocenti. Non sappiamo come sia andata a finire, questa piccola, ma forse significativa vicenda.
Gli scavi decisivi furono quelli del 1843-44 che convinsero «anche i più ritrosi», fra i quali Tonini inserisce se stesso. Altri scavi ci furono dopo il 1927, ma oggi, da quando (nell'immediato dopoguerra) parte del luogo (dove poi sorse l'«Asilo svizzero») è stata riempita di macerie, ci troviamo nella stessa situazione del 1844.
Antonio Montanari
Ponte 32/05.09.1999

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