Antonio Montanari

BIBLIOTECA MALATESTIANA DI SAN FRANCESCO A RIMINI
Notizie e documenti, nuova edizione (2012)


Scheda 2.


La biblioteca del Petrarca,
di Girolamo Tiraboschi.


[Fonte: G. Tiraboschi, «Storia della Letteratura Italiana», V, 1, Milano 1823, pp. 171-175]

XV. Storia della biblioteca del Petrarca.
Ciò che abbiam detto della sollecitudine del Petrarca e del Boccaccio, nel ricercar da ogni parte e nel correggere gli esemplari delle opere degli antichi scrittori, basta a persuaderci che dovean essi non meno raccogliere avidamente nella lor casa quanto più fosse possibile di libri di ogni maniera. E per ciò ch'é del Petrarca, egli ne parla spesso con quel trasporto medesimo con cui udimmo già Cicerone parlar della sua. Scrivendo al suo Simonide, cioé a Francesco Nelli, lo esorta a mandar alcuni libri, che gli avea promessi, alla sua biblioteca che ei chiama unico sollievo del suo animo, e unico sostegno della sua vita; gli dice che si fidi pure del suo scrigno; che non verrà meno alla spesa; che se otterrà ciò che brama, appena gli rimarrà più che bramare; e che, ove ancor non l'ottenga, quei soli libri che già possiede, i quali non son né pochi né spregevoli, fanno ch'ei si creda più ricco de' più ricchi uomini che mai furono al mondo (Senil. l. I, ep. 2). Somiglianti espressioni troviam più volte nelle sue opere (De Vita solit. I. 1, sect. 10, c. 1; Senil. l. 14, ep. 2; De Ignor. sui ipsius, ec. p. 1162, ec.), e nelle sue lettere singolarmente ne ragiona assai spesso, sì che ben si raccoglie che la sua biblioteca era il più caro oggetto delle sue sollecitudini, e che nulla stavagli più a cuore quanto l'andarla ogni di più accrescendo e arricchendo di nuovi libri. E nondimeno il Petrarca dodici anni innanzi alla sua morte, cioé l'an. 1362, pensò a disfarsene, forse perché ne' frequentissimi viaggi ch'egli facea, recavali non poco imbarazzo il recarla seco, come raccogliamo da una sua lettera scritta l'anno precedente (De Sade Mem. de Petr. t. 3, p. 561). Egli adunque, trovandosi l'an. 1361 in Venezia e non essendo alieno dal fissare ivi stabil soggiorno, fece a quella repubblica la generosa offerta di tutti i suoi libri, chiedendo per se e per essi una casa in cui poterli disporre, e dare in tal modo cominciamento a una pubblica biblioteca che poi avrebbe col tempo e colle altrui liberalità acquistata gran fama (*). Gradì il senato il cortese animo del Petrarca, e con suo decreto, dei 4 di settembre del detto anno 1362, ordinò che col denaro pubblico si prendesse una casa a tal fine opportuna, e si facesser le spese tutte per ciò necessarie, e diede insieme a vedere in quale stima avesse il Petrarca, chiamandolo uomo, cujus fama hodie tanta est in toto Orbe, quod in memoria hominum non est, jamdiu inter Christianos fuisse vel esse philosophum moralem et poetam, qui possit eidem comparari. Cosi la richiesta del Petrarca, come il decreto del senato, si posson vedere nella edizion cominiana delle rime dello stesso poeta (an. 1712,, p. 56) e presso il P. degli Agostini [frate Giovanni degli Agostini, bibliotecario in San Francesco della Vigna a Venezia, sua patria] (Scritt. venez,. t. I, pref. p. 28 [Notizie istorico-critiche intorno la Vita, e le Opere degli Scrittori Viniziani]). Il Petrarca ebbe certamente stanza in Venezia assegnatagli dal senato, e fu il palazzo delle due torri nel sestiere di Castello, che da lui stesso ci vien descritto (Senil. l. 2, ep. 2), e l'ab. de Sade pensa (Mem. de Petr. t. 3, p. 616) che ivi pure ei collocasse i suoi libri. Al contrario alcuni scrittori veneziani, citati dal p. degli Agostini (l.c. p. 30), credono che essi fosser riposti in una picciola stanza sopra la chiesa di S. Marco, e se ne reca in prova il trovarsi che ivi si é fatto l'an. 1635 alcuni codici antichi, ma assai mal conci, che poi l'an. 1739 furono uniti alla pubblica biblioteca. Intorno a che veggasi l'erudita dissertazione pubblicata di fresco intorno alla libreria di S. Marco dal sig. d. Jacopo Morelli. Se ne posson vedere i titoli nel Catalogo della medesima Libreria (t. 2, p. 207). Il vedere però quanto scarso é il lor numero, ci fa credere che il Petrarca non tutti ivi lasciasse i suoi libri. Un passo del libro de Ignorantia sui ipsius et multorum, ch'egli scrisse nell'an. 1367, in cui Urbano V. venne a Roma (Petr. Op. t. 2, p. 1148), mi sembra che indichi chiaramente ch'egli partendo da Venezia lasciò i suoi libri a Donato da Casentino soprannomato l'Apenninigena, a cui é indirizzato quel libro, e di cui altrove diremo: perciocché egli dice: Bibliotheca nostra tuis in manibus relicta (ib. p. 1162). Io credo perciò, che in man di Donato lasciasse il Petrarca gran parte de' suoi libri, finché il pubblico assegnasse loro stanza più opportuna, e che l'essersi indugiato più ch'ei non avrebbe voluto ad assegnarla, fosse cagione ch'ei più non pensasse a compiere interamente il suo disegno. Perciocché egli è certo che in una lettera, scritta l'an. 1371 (Variar, ep. 42.), ei fa menzione de' suoi libri cui dice di esser pronto a vendere, o ad impegnare, quando cosi faccia d'uopo, per fabbricare un oratorio in onor della Madre di Dio. In fatti nella lettera che il Boccaccio scrisse a Francesco da Brossano, quando udì la morte del Petrarca, ch'è stata data alla luce dall'ab. Mehus (Vita Ambr. camald. p. 205), istantemente gli chiede come abbia egli disposto della sua preziosissima biblioteca. Di essa nel testamento del Petrarca non si fa, motto, onde ella dovette passare alle mani del suddetto Francesco che n'era l'universale erede. Ma l'autor dell'Elogio di Niccolo Niccoli, citato dal p. degli Agostini (l.c. p. 31), afferma che i libri del Petrarca, poiché ei fu morto, andaron dispersi; il che forse avvenne ancora di quelli che egli avea lasciati presso Donato. In fatti fino a' tempi del card. Bessarione non troviam vestigio in Venezia di alcuna pubblica Biblioteca, e al Petrarca si dee solo la lode di aver conceputo il pensiero, e fatta ciò che, in lui era, per eseguirlo.

(*) Tra le lettere inedite del Petrarca nel codice morelliano la XXIX è diretta al gran cancelliere Benintendi de' Ravegnani, dalla quale si scorge che di lui si valse singolarmente il Petrarca nell'ideare e nell'eseguire il disegno di aprire una pubblica biblioteca in Venezia, e ne parla in modo, come se la gloria di ciò tutta dovesse essere di Benintendi.


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