Montefeltro, al centro dell'Italia
Mostra ad Urbino sulla corte di Federico, principe inquieto e saggio


Sino al 10 ottobre 2010 è aperta al Palazzo Ducale di Urbino una mostra documentaria su Federico di Montefeltro, la sua seconda moglie Battista Sforza e la nuora Elisabetta Gonzaga. Ne sono curatori Anna Falcioni, docente di Storia medievale nella Università della stessa Urbino, ed Antonello de Berardinis, direttore dell'Archivio di Stato di Pesaro. A loro si deve l'importante catalogo che contiene pure i contributi di Vincenzo Mosconi, Carolina Sacchetti e Giuseppina Paolucci.

Dire Montefeltro significa ricordare una fase importante della storia umanistica della Penisola, con un territorio posto al suo centro non soltanto per ragioni geografiche. Lo spiega Anna Falcioni ricordando una celebre affermazione di Federico, secondo la quale "de li denari non feci mai stima se non per spenderli". Siamo nel 1469. E la città vede fiorire una corte che secondo le testimonianze del tempo aveva ottocento bocche da sfamare, ovvero altrettanti "ingegni che aspiravano all'idea del Rinascimento urbinate e del suo simbolo, il palazzo, quale luogo di incontro non solo ideale, ma reale".

Quella corte non vive in una dimensione locale o regionale, proprio grazie al principe che, da protagonista inquieto ed abile nel contempo, agisce sullo scenario politico italiano. Indossa la "duplice veste di condottiero temuto e rispettato nei campi di battaglia, e di governante saggio, edificatore di pace".

Battista, donna colta e dalla forte personalità, sa gestire "con straordinario equilibrio" la politica interna ed estera del suo Stato quando il marito è impegnato fuori casa. Cura gli affari di famiglia, investendo in poderi e mulini. Segue la costruzione del palazzo ducale che diventa segno ed immagine delle aspirazioni di dominio da parte dei Montefeltro.

L'ultimo dei quali, Guidubaldo, sposa nel 1488 Elisabetta Gonzaga, nata nel 1471 da Federico marchese di Mantova e Margherita di Baviera. Anche lei è attenta amministratrice del patrimonio familiare ed attiva nella vita politica. Dopo la morte del marito (1509) sino alla propria (1526), Elisabetta regge le sorti dello Stato assieme ad Eleonora Gonzaga sua nipote.

Il direttore dell'Archivio di Stato di Pesaro de Berardinis osserva: "Le carte sono conservate proprio per essere indagate e continuano a rivelare sempre nuove sorprese e a svelare inaspettabili tesori". Come dimostrano gli altri scritti ospitati nel catalogo. Carolina Sacchetti tratta delle compagnie di ventura che agiscono "con una forza che anche se al limite della brutalità, rappresentò l'immagine vera del potere militare riflesso su quello politico". Vincenzo Mosconi riferisce sulle "monete urbinati nelle fonti archivistiche", con una notizia che documenta la circolazione ad Urbino di pezzi d'oro d'ogni parte d'Italia, grazie alle paghe riscosse da Federico come condottiero.

Antonio Montanari

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