Antonio Montanari
Tam Tama di Giugno 2003
Sommario
869. Le prove (29.6)
868. Cannonate (22.6)
867. Sbolognare (15.6)
866. Definizioni (8.6)
865. Chi si firma è perduto. Tama dal 1982... (1.6)


Tama 869. Le prove
I giovani si rovinano a scuola, non in discoteca. Alla prova di Latino della Maturità Classica è stato proposto un brano di quel sovversivo di Lucio Anneo Seneca, un comunista senz'altro se ha scritto: i posteri si meraviglieranno che noi ignorassimo cose tanto chiare per tutti. Allusione. Anzi, insinuazione del dubbio che i nostri figli potranno chiederci: ma dormivate? Non è questa una critica aperta all'attuale Governo? Alla Pubblica Istruzione hanno cercato di danneggiare l'immagine corrente del premier e della sua politica anche in altri modi. Eccone le prove.
La società del Benessere promossa meritoriamente dal Cavaliere è definita come qualcosa che ha uno sfondo cupo da quell'irresponsabile di Eugenio Montale, poeta, quindi economicamente non produttivo, cioè parassita e pertanto pericoloso bolscevico. Montale, che parlava nel 1975 al tempo del comunismo imperante, si permette di criticare la televisione accusandola di distruggere ogni capacità di riflessione. L'articolo di Massimo Gramellini sulla poesia dei nonni, è stato censurato: è scomparsa la parola Tangentopoli. Come dimostrano recenti vicende giudiziarie, Tangentopoli non fa paura a Berlusconi che accusa serenamente molti politici italiani di esserne stati da secoli abituali frequentatori.
Nel tema sull'acqua fonte di sicurezza alimentare, non è stato ricordato che il nostro Presidente ha ripetutamente assicurato con il sorriso sulle labbra di aver varie volte camminato sulle onde più tempestose degli Oceani, ricevendo dalle opposizioni l'accusa ingrata di non saper nuotare. Che dire infine dell'infamia più grossolana, quel titolo del pirandelliano «Piacere dell'onestà» capace di distruggere in un batter di ciglia un lungo, paziente lavoro educativo svolto presso le plebi per dimostrare ad esempio che il falso in bilancio, non essendo più (come invece risulta ancora negli Usa) un pericoloso reato sociale, può essere considerato una benemerita soddisfazione da prendersi almeno una volta nella vita, tipo gita a Montecarlo?
Immediato è stato il calo della popolarità del Cavaliere (dati Mannheimer), nonostante Giuliano Ferrara avesse scritto sulla Stampa che Lui ha vinto tutto, dalle partite di pallone a quelle giudiziarie facendo sospendere i processi a suo carico. Forse ha spaventato la conclusione in cui Ferrara, devoto ma non scemo, parlava dell'evidente grano di follia di Berlusconi come di una componente del suo successo. Grano? Diciamo, macigno.
Antonio Montanari [Ponte n. 25, 29.6.2003]

Tama 868. Cannonate
Sabato 14 e domenica 15 è avvenuto il passaggio di consegne fra il vecchio ed il nuovo direttore del Corriere della Sera. La cerimonia non è stata un minuetto di riverenze e d'inchini come in una commedia degli inganni. Ferruccio De Bortoli nel lasciare con la grazia dei salotti della buona società milanese, ha alzato il calice ma non la voce rammentando che, prima degli avvocati del premier, con lui se l'era presa qualcuno della Sinistra al potere. E che viviamo un grave declino politico, istituzionale e morale, anche se «per fortuna c'è un'Italia migliore, moderata, aperta, europea, in un polo e nell'altro». Il nuovo direttore, Stefano Folli, ha ricordato l'anomalia tutta nostra del conflitto d'interessi, e che sullo sfondo di maggioranza ed opposizione «si stagliano forze e movimenti [...] che vanno capiti in quanto espressione talvolta di nuovi diritti».
Qualcuno giura di aver sentito i fantasmi dei vecchi direttori imprecare contro questi successori lanciatisi in affermazioni azzardate, adatte non ad una gloriosa testata borghese ma più ad un organo del proletariato rivoluzionario. Per tanti anni, oltre un secolo, dire Corriere voleva significare la società dei capitalisti lombardi, tutti banca, governo e, perbacco, anche casa. La stessa domenica 15 sul Sole-24 Ore (edito da Confindustria) sono apparsi testi inediti del 1951, quando con la regìa occulta del presidente liberale Luigi Einaudi si cercò di svecchiare il giornale di via Solferino, chiamando a dirigerlo l'ambasciatore negli Usa, Alberto Tarchiani, il quale rifiutò non credendo alla svolta europeista che si voleva dare al Corriere.
L'articolo di Folli cominciava ricordando che il suo foglio ha aperto le porte del nostro Paese all'Europa. Nel 1951 in luogo di Tarchiani fu scelto Mario Missiroli, una «vecchia volpe» lo chiama il Sole-24 Ore. Di lui rimase celebre una frase: «Per parlare di certe cose, bisogna disporre di un giornale». Lui aveva sotto mano soltanto il Corriere.
A fianco del saluto di De Bortoli, c'era questo titolo: «Bossi si affida a Berlusconi», come se il primo fosse stato un fedele inginocchiato davanti ad un santo taumaturgo. Due giorni dopo, il leader della Lega era statuariamente in piedi a gridare dalla prima pagina: «Cannonate per fermare i clandestini». All'interno, poi se la prendeva con certe forze cattoliche che guadagnano miliardi con gli immigrati, vendendo Gesù Cristo. Dubbio: Corriere di Folli o dei folli?
Antonio Montanari [Ponte n. 24, 22.6.2003]

Tama 867. Sbolognare
La bella principessa Turandot, protagonista di una favola settecentesca e di un'opera lirica pucciniana, poneva tre enigmi ai candidati alla sua mano, minacciando il taglio della testa in caso di risposta sbagliata. Altri tempi, altri quiz, si dirà: è vero. Ma non sempre e non dovunque si nota la differenza.
Spesso la politica si comporta come quella fanciulla persiana, con la piccola differenza che ciò che in amore resta argomento sentimentale nonostante la sua crudeltà (se non addirittura grazie ad essa), nella vita dei partiti diventa il più semplice regolamento di conti, dove anche lo scorrere del sangue vero (non sugo di pomodoro come al cinema o sulla scena) non desta alcuna meraviglia e non provoca sconcerto.
Quando a Sergio Cofferati hanno offerto di diventare candidato alle elezioni comunali di Bologna nel prossimo anno, non occorreva particolare fantasia o perspicacia per comprendere che in quell'invito stava la sua condanna, con l'esortazione implicita a sbolognarsi dalla Grande Politica Italiana, e trovare una nicchia da cui non dar troppo fastidio al segretario nazionale dei Ds, Piero Fassino.
Quindi, nulla di nuovo sotto il sole: non era la glorificazione di chi aveva gettato qualche macigno nello stagno dell'ordinaria gestione, però frettolosamente nascondendo sùbito dopo la mano con la teoria che lui, il Cinese, avrebbe soltanto fatto il dipendente della Pirelli e mai esercitato la politica attiva.
Così come nulla di nuovo sotto il sole avevano raccontato le cronache politiche dei giorni precedenti: con il Commissario europeo Monti che tirava le orecchie al ministro Tremonti per la proroga delle agevolazioni alle industrie settentrionali, trovando d'accordo il presidente di Confindustria che accusava il governo di aver fatto ricorso a manovre elettorali, e trascurato le riforme necessarie per mantenere competitività sui mercati.
Altra sberla a Tremonti è venuta dalle urne giuliane, con la vittoria in Regione di quell'Illy che lui stesso aveva definito comunista, tanto per seguire l'esempio del Capo.
A proposito di soggezioni psicologiche. Commemorando la figura di Tito Sansa, La Stampa di Torino ne ha ricordato il disagio davanti al giornalismo attuale, ridotto ad «una negoziazione sbilanciata con le invadenze dei poteri politici», e con «orizzonti modesti, ossequiosi, spesso anche complici». Strano Paese il nostro che per scoprire i difetti dei vivi deve elogiare i pregi dei morti.
Antonio Montanari [Ponte n. 23, 15.6.2003]

Tama 866. Definizioni
Se tutto va bene, siamo rovinati. Parola del Governatore di Bankitalia, Antonio Fazio. Se le cose andranno male, non ci resterà che sperare nell'ottimismo del Capo del governo. Per Fazio l'Italia è sulla via del declino. Berlusconi gli risponde: la crisi economica pare superata, siamo in anticipo sui tempi della nostra agenda. Ancora Fazio: il declino della nostra competitività è iniziato a metà degli anni 90. Più generoso, Berlusconi allarga il tempo delle colpe: il Governatore avrebbe parlato di un movimento partito vent'anni fa.
Cinque anni fa c'era il governo D'Alema. Dieci, quello Ciampi. Venti, il primo gabinetto Craxi. Forse il Cavaliere non ha presente l'esatta successione dei fatti e dei presidenti del Consiglio, nel tentativo di salvare il ministro Tremonti, autore di «invenzioni geniali». Nelle definizioni ovviamente si trasferisce una qualità dalla cosa di cui si parla alla persona alla quale essa viene attribuita. Soltanto l'abuso di titolo è punito dal Codice, quello d'intelligenza al contrario spalanca molte porte. Prendete il caso di Bossi. In un pubblico comizio aveva definito i romani stronzi e banditi. Alla Camera degli Onorevoli Deputati, la Giunta per le autorizzazioni a procedere ha stabilito che quelle espressioni sono «insindacabili».
Su Canale 5 due comici di Zelig Circus, i siciliani Ficarra e Picone, si sono chiesti se parlando di un ministro leghista e cretino, fosse superfluo usare il secondo aggettivo. La Lega ha espresso sdegnata protesta per bocca di Cesare Rizzi «responsabile esteri» del partito. Gli attori sono siciliani, e quindi stranieri? A loro può rispondere soltanto un «responsabile esteri». Altro che Zelig.
L'arte della definizione rassomiglia alla facile virtù di certe persone. Il Cavaliere ha paragonato il Corriere della Sera al Manifesto, parlando del suo direttore De Bortoli (ora dimessosi). Querelato dall'on. Previti, De Bortoli si era già scontrato con D'Alema. L'indipendenza non paga. A proposito di soldi: anche Mediaset ha condonato (35 milioni di euro per evasione di 197 milioni). Il premier aveva garantito che le sue aziende non avrebbero usufruito del provvedimento.
Condoleeza Rice ci rassicura: Bush e Berlusconi vedono il mondo alla stessa maniera. Negli Usa chi critica il governo sulle bugie usate per attaccare l'Iraq (non s'è trovata la pistola fumante), non è giudicato comunista, ma liberal come Berlusconi. Voglio sentirmi soltanto liberal. [866]
Antonio Montanari [Ponte n. 21, 1.6.2003]
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