Spioni e
spiati
Ci hanno insegnato che l'importante è
la certezza del Diritto. Berlusconi ha detto: la legge sulle
intercettazioni è la più desiderata dagli italiani. Come
Lorella Cuccarini, aggiungiamo sommessamente noi, rimandando ad un
vecchio slogan pubblicitario. Il Cavaliere ha spiegato: lo dicono i
sondaggi. Siamo a posto. Dopo le leggi su misura, dette ad personam,
che poi sono risultate essere abbondantemente al plurale cioè ad
personas, abbiamo i provvedimenti adottati dopo le ricerche di mercato.
A te che cosa fa più paura, hanno chiesto ai disoccupati (ormai,
come dice Lui, un genere introvabile), alle massaie al ritorno dalla
spesa, agli anziani alle prese con aumenti delle tariffe di acqua luce
e tra un po' anche aria. Loro in coro non hanno risposto: l'inflazione,
perché sanno che è un'invenzione dell'opposizione. Non
hanno risposto: il lavoro precario che è una palla al piede per
i giovani che intendessero formarsi una famiglia. No, hanno mirato al
cuore del problema: il guaio di tutti i guai sono le intercettazioni
telefoniche che, come suggeriscono certi telegiornali, sono una
depravazione italiana, una malattia genetica della nostra politica per
la quale finalmente è stata trovata la cura: basta proibirle. Se
poi si continuerà a praticarle comunque, i cittadini sanno che
il governo ce l'ha messa tutta. Il che è tutto l'opposto della
certezza del Diritto.
Che cosa c'entri inoltre tale certezza con le leggi suggerite dai
sondaggi d'opinione, noi non sappiamo. Ma noi non siamo né
politici né industriali, quindi non siamo nessuno. Siamo
soltanto il comodo paravento dietro il quale i nostri governanti
passano per togliersi un abito ed indossarne un altro, trasformandosi
come il famoso Leopoldo Fregoli e restando sempre però attaccati
alla poltrona.
La legge non riguarderà né lo spionaggio né il
controspionaggio, né i servizi segreti militari né gli
altri servizi che alla fine non sono né segreti né
militari. Per cui si faranno sempre intercettazioni tranquillamente in
nome della «sicurezza» dello Stato. Scandalizzarsene
sarebbe puerile. Francesco Cossiga ha raccontato a Maria Teresa Meli di
aver detto all'allora comunista Ugo Pecchioli: se dovete parlare con
l'ambasciata sovietica non fatelo per telefono perché noi
ascoltiamo tutto. Loro, i 'compagni', contraccambiarono quando
informarono in anticipo il governo sull'invasione di Praga (1968). Ma
Roma sapeva già tutto dalle intercettazioni tedesche. [928]
Antonio Montanari
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